SACCONI, Luigi
– Nacque a Santa Croce sull’Arno in provincia di Pisa il 28 febbraio 1911, da Giuseppe e da Adele Di Mattia.
Il padre, maestro elementare e poi direttore didattico, ebbe a subire violenze e persecuzioni negli anni Venti a causa delle sue idee antifasciste. Tali idee furono abbracciate dal giovane Luigi che, terminati gli studi superiori, nel 1928 entrò all’Accademia navale di Livorno, perché lì non era previsto un giuramento di fedeltà al regime.
Lasciata dopo due anni l’Accademia navale per motivi di salute, si iscrisse al corso di laurea in farmacia all’Università di Firenze. Non accettando di sottostare alle varie forme di adesione al fascismo, se non sempre obbligatorie certo caldamente consigliate all’epoca, quali l’iscrizione ai Gruppi universitari fascisti o la camicia nera per sostenere gli esami, trovò molte difficoltà nel proseguire la carriera universitaria. Nel frattempo dal 1937 era entrato a far parte di una cellula clandestina del partito comunista. Laureatosi infine in farmacia nel giugno del 1941, per ottenere la laurea in chimica scelse di trasferirsi all’Università di Parma, dove le pressioni politiche, grazie a docenti quali Adolfo Ferrari e Antonio Nasini, apparivano meno pesanti.
A Parma, dopo la laurea, fu assistente fino al novembre del 1942, quando si trasferì all’Università di Torino, come assistente e professore incaricato di chimica analitica, al seguito di Nasini. Il suo impegno politico si intensificò dopo la caduta di Benito Mussolini. Tornò a Firenze e partecipò attivamente alla Resistenza. Anche dopo la Liberazione per alcuni anni proseguì nel suo impegno civile ricoprendo il ruolo di condirettore della Nazione del popolo.
Solo nel 1947 Sacconi iniziò la sua attività di ricerca nell’istituto di chimica fisica diretto da Giorgio Piccardi. Di quest’ultimo fu assistente fino al 1954, ma c’è da dire che, dal punto di vista scientifico, egli fu un autodidatta, non coinvolto nelle discusse e discutibili elucubrazioni di Piccardi sui cosiddetti fenomeni fluttuanti.
Gli interessi di Sacconi si collocarono sin dall’inizio nel campo della chimica inorganica, reso assai vivace in quegli anni dalla diffusione delle idee sul legame chimico introdotte soprattutto da Linus Pauling. Particolarmente degno di attenzione appariva lo studio della geometria e delle proprietà dei composti di coordinazione, così detti in quanto formati da uno ione metallico positivo in grado di coordinare intorno a sé molecole, chiamate leganti, in un numero, definito appunto numero di coordinazione, variante da due fino a nove.
Per separare i diversi complessi tra ione cobalto e ammoniaca Sacconi utilizzò la cromatografia su allumina e questo lo portò a formulare ipotesi sul meccanismo di adsorbimento dei cationi metallici su questo substrato. Fu invitato a presentare tali ipotesi a un Congresso internazionale tenuto a Reading nel 1949 e pubblicò quindi i suoi risultati sulla rivista Nature (Buffer action of alumina in inorganic chromatography, CLXIV (1949), pp. 70 s.). Fin dagli esordi egli avvertì la necessità per la chimica italiana di affrontare l’internazionalizzazione, presentando le proprie ricerche su periodici anglosassoni di grande rilevanza.
Con una bilancia magnetica già presente presso l’istituto di chimica fisica dell’Università di Firenze che egli, con pazienza e abilità, riuscì a trasformare in un’apparecchiatura adeguatamente precisa e dai risultati riproducibili, Sacconi poté così proseguire le sue ricerche sui composti di coordinazione. Mediante le misure di suscettività magnetica studiò il blu di molibdeno e l’equilibrio tra forma monomera e dimera degli ioni Mo(V) in soluzioni acide (L. Sacconi - R. Cini, Magnetic evidence of monomer-dimer equilibrium of molybdenum(V) ions in hydrochloric solution, in Journal of the American Chemical Society, LXXVI (1954), pp. 4239 s.) anticipando risultati confermati in seguito da altri ricercatori.
Queste e altre analoghe ricerche di assoluto valore internazionale gli consentirono nel 1954 di vincere il concorso per la cattedra di chimica generale e inorganica all’Università di Palermo. Nel capoluogo siciliano egli restò fino al 1960. In questi anni si occupò con efficacia dell’aggiornamento dell’attrezzatura scientifica dell’istituto. Riuscì inoltre a formare attorno a sé una vera scuola, creando i presupposti per un suo più ampio sviluppo. A Palermo Sacconi restò un anno di più, malgrado fosse già stato deliberato il suo trasferimento a Firenze per il novembre del 1959. Egli stesso chiese e ottenne questa dilazione motivandola con l’impossibilità di poter usufruire per molti mesi di locali e di un minimo di attrezzature che consentissero di trasferire da Palermo le apparecchiature di ricerca di proprietà del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), quali un elettromagnete del peso di alcune tonnellate, due spettrofotometri per l’infrarosso e il visibile e così via. In tali condizioni una comunità di lavoro già organizzata e funzionante a pieno rendimento, che comprendeva, oltre a Sacconi, assistenti e tecnici, non avrebbe potuto efficacemente operare, con il conseguente arresto di ogni produzione scientifica e relativo danno e pregiudizio di carriera per tutti (Firenze, Università di Firenze, Amministrazione del personale docente, f. 650, L. Sacconi).
In effetti, allorché l’anno successivo il trasferimento a Firenze divenne operativo, l’istituto universitario di chimica generale che Sacconi era chiamato a dirigere ebbe come sede dei nuovi locali a cui successivamente se ne aggiunsero altri che ospitavano l’istituto del CNR per la stereochimica e l’energetica dei composti di coordinazione, di cui Sacconi era parimenti direttore. Complessivamente le due strutture poterono contare, grazie al prestigio e alle capacità dirigenziali di Sacconi, su risorse adeguate per il loro funzionamento e sviluppo in termini di strumentazione, di fondi e di personale impiegato.
Utilizzando praticamente tutte le tecniche all’epoca disponibili, la scuola di chimica dei composti di coordinazione fiorentina riuscì a ottenere nel settore molti notevoli risultati. Tra essi si può citare lo studio e la caratterizzazione di molti complessi pentacoordinati del cobalto e del nichel, mostrando come a volte leganti sintetizzati ad hoc fossero in grado di imporre allo ione metallico geometrie fino ad allora considerate inusuali. Del livello universalmente riconosciuto di tali ricerche furono testimonianza il premio Presidente della Repubblica attribuitogli dall’Accademia dei Lincei, i ripetuti inviti a tenere conferenze e lezioni in molte università di tutto il mondo, la presenza del premio Nobel per la chimica del 1973 Geoffrey Wilkinson al Simposio organizzato nel 1981 a Firenze per il compimento dei suoi settant’anni.
Anche dopo il collocamento a riposo e la nomina a professore emerito, Sacconi continuò la sua attività scientifica, partecipando a meeting e congressi fin quasi alla sua morte, avvenuta a Firenze il 1° settembre 1992.
Per iniziativa della moglie, anch’essa chimica, Maria Bencini, sposata nel 1952, e dei suoi allievi, nel 1996 fu creata la fondazione Luigi Sacconi, per promuovere la ricerca scientifica nelle scienze molecolari. La fondazione, insieme alla divisione di chimica inorganica della Società chimica italiana, ha tra l’altro istituito una medaglia Sacconi con cui annualmente vengono premiati scienziati, italiani o stranieri, che hanno ottenuto risultati particolarmente significativi nel campo della chimica inorganica.
Opere. Luigi Sacconi ha pubblicato circa 240 opere. L’elenco completo si trova in http:// www.cerm.unifi.it/fondazione/luigi-sacconi-biography (15 giugno 2017).
Fonti e Bibl.: I. Bertini, L. S., in Coordination Chemistry Reviews, CXX (1992), pp. IX-XII; R. Ugo, L. S., in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti, Supplemento, s. 9, 1996, vol. 7, pp. 63-68. Ricordi autobiografici sulla sua militanza politica e di partigiano sono riportati in https://toscano27.wordpress.com/i-compagni-di-firenze/luigi-sacconi/ (15 giugno 2017).