RUFFO, Luigi
– Nacque a Sant’Onofrio, attualmente in provincia di Vibo Valentia, il 25 agosto 1750 da Guglielmo Antonio Ruffo, principe di Scilla, e da Lucrezia Riggio e Branciforte dei principi di Campoflorito e Aci. I genitori ebbero altri due figli: Francesco Fulco Antonio, che sarebbe succeduto al padre nel principato di Scilla, e Giovanna, che si dedicò alla vita religiosa e divenne monaca.
Dopo avere compiuto i primi studi in Calabria, dove la famiglia di origine possedeva numerosi feudi, compreso lo stesso principato di Sant’Onofrio, essendo destinato alla carriera ecclesiastica quale figlio cadetto, Luigi nel 1762 fu inviato a Napoli a proseguire la sua formazione culturale e religiosa nel collegio dei gesuiti, dove dimostrò particolare inclinazione per il greco e il latino. In questa lingua compose anche dei versi molto apprezzati dai superiori e per i brillanti risultati ottenuti nello studio meritò la qualifica di ‘benemerito’ del collegio napoletano.
Per completare gli studi, nel 1772 si trasferì a Roma presso la Sapienza, dove approfondì la preparazione in filosofia, teologia e discipline giuridiche, della cui conoscenza diede prova in parecchie occasioni. Il 20 maggio 1780 Pio VI lo consacrò sacerdote, prima significativa tappa di un percorso caratterizzato da crescente impegno in campo ecclesiastico. Fu promosso infatti arcivescovo titolare di Apamea di Siria l’11 aprile 1785 e a questa nomina seguì, il 24 dello stesso mese, la consacrazione episcopale. La fiducia del papa nei confronti del neoarcivescovo, del quale erano specialmente apprezzate presso la S. Sede le doti diplomatiche, si espresse concretamente con la successiva nomina a nunzio apostolico in Toscana, carica tenuta da Ruffo dal 1785 al 23 agosto 1793. A decorrere da questa data, gli fu assegnato da Pio VI l’incarico ancora più prestigioso di nunzio in Austria, dove sarebbe rimasto fino al 1800, periodo come è noto particolarmente travagliato per la Curia romana.
Sul finire del Settecento si era infatti diffuso in gran parte d’Europa il giurisdizionalismo, corrente ostile alle tradizionali prerogative della Chiesa e di cui la corte di Vienna era tra i principali fautori. Ruffo si trovò quindi in prima fila a lottare in difesa degli interessi ecclesiastici minacciati dapprima dalla politica giurisdizionalistica asburgica e poi dalla dura legislazione anticlericale sostenuta militarmente dalle truppe napoleoniche. La capacità dimostrata nello svolgimento delle funzioni diplomatiche e la dedizione alla S. Sede, la cui autorità fu da lui strenuamente sostenuta in alcune controversie giurisdizionali, gli valsero il gradimento del nuovo pontefice, Pio VII. La stima del papa fu dimostrata a Ruffo con il conferimento della porpora cardinalizia nel concistoro del 23 febbraio 1801 e la conseguente assegnazione del titolo di cardinale presbitero dei Ss. Silvestro e Martino ai Monti.
La sua brillante carriera ecclesiastica culminò con la nomina ad arcivescovo di Napoli, che Pio VII gli conferì il 4 agosto 1802. Della cattedra arciepiscopale napoletana prese possesso quindici giorni più tardi con il beneplacito del sovrano Ferdinando IV e della regina Maria Carolina d’Asburgo – sorella del defunto imperatore Giuseppe II. La sua gestione fu caratterizzata dalle frequenti visite pastorali con cui volle rendersi direttamente conto delle criticità presenti nei diversi centri e delle esigenze materiali e spirituali del clero e dei fedeli.
L’incarico nella diocesi di Napoli fu però bruscamente interrotto agli inizi del 1806 dall’arrivo dei francesi che, depostolo dalla cattedra arcivescovile, lo espulsero dalla capitale e lo rinchiusero nella fortezza di Gaeta. Nel tentativo di evitare le luttuose conseguenze che sarebbero potute derivare alla popolazione dalla contrapposizione ai conquistatori, Ruffo cedette alle sollecitazioni dei napoleonidi e il 16 maggio 1806 emanò una lettera pastorale al clero e al popolo napoletano per rassicurarli nei confronti del nuovo governo transalpino. Se i sudditi erano perciò invitati a obbedire ai francesi, tale condotta non fu però seguita da Ruffo che si rifiutò di giurare fedeltà al nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte e per tale motivo venne dapprima arrestato e poi mandato in esilio in Francia. Ruffo fu infatti trasferito prigioniero a Saint-Quentin e successivamente a Fontainebleau e fu costretto pertanto a rimanere lontano dalla capitale per tutto il decennio 1806-15 di governo francese del Regno di Napoli, sul cui trono, nel 1808, a Giuseppe Bonaparte era subentrato Gioacchino Murat.
In seguito alla disfatta napoleonica e alla Restaurazione sancita dal Congresso di Vienna, con il ritorno a Napoli dei sovrani borbonici nel 1815 Ruffo fu ricollocato alla guida della diocesi della capitale. In sintonia con la S. Sede e la corte napoletana, l’arcivescovo profuse subito le sue energie per ripristinare le prerogative ecclesiastiche abolite dal regime francese. Non trascurò però, nel contempo, di riaccogliere benevolmente quegli esponenti del clero che avevano ceduto al timore o alle lusinghe dei francesi e si dichiaravano pentiti del loro precedente comportamento filofrancese. Fedele, anche per tradizione familiare, alla dinastia borbonica, mantenne un ruolo abbastanza defilato durante gli avvenimenti politici che si svolsero nel Regno di Napoli nel 1820, sfociati poi nel nonimestre costituzionale e nel successivo colpo di Stato di Ferdinando I, che con il decisivo intervento della Santa Alleanza ripristinò il suo potere assoluto.
Con decreto dell’11 luglio 1826 Ruffo fu autorizzato dal nuovo sovrano Francesco I a istituire una prelatura perpetua a favore dei discendenti della sua famiglia, denominata appunto Ruffo di Calabria, e a tale proposito redasse quattro testamenti olografi negli anni 1826, 1827, 1828 e 1831. Il diritto alla sua eredità fu tuttavia oggetto di un’aspra e complessa disputa giudiziaria, contesa che alla fine vide prevalere Beniamino Ruffo, secondogenito del nipote Fulco Giordano, principe di Scilla.
Rimase alla guida della diocesi napoletana fino alla morte, avvenuta a Napoli il 16 novembre 1832; fu seppellito nel sepolcro che egli stesso negli ultimi anni di vita aveva provveduto a farsi costruire.
Fonti e Bibl.: Notizie sui Ruffo di Calabria in Napoli, Biblioteca nazionale, XV.D.4; A. di Beauchamp, Storia delle sciagure del S. P. Pio VII, Torino 1824, pp. 146 s.; D. Zelo, Orazione funebre dell’Eminentissimo Cardinale L. R. dei Principi di Scilla, Napoli 1832, pp. 1-41; Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, I, Napoli 1833, p. 86; Decisione profferita dalla 2.ª Camera della G. C. Civile di Napoli nella causa tra il Signor D. Fulco Ruffo di Calabria, Principe di Scilla [...] suo figlio D. Beniamino ed altri, concernente la Prelatura e l’eredità del Cardinale D. L. R. di Calabria, Napoli 1836, pp. 3-29.
G. Cingari, Giacobini e sanfedisti in Calabria nel 1799, Messina-Firenze 1957, p. 17; R. Orefice, L’archivio privato dei Ruffo principi di Scilla, Napoli 1963, pp. 24, 46, 47, 57, 83, 95; G. Cingari, Mezzogiorno e Risorgimento. La restaurazione a Napoli dal 1821 al 1830, Roma-Bari 1976, pp. 92 s.; G. Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria dal XIII al XIX secolo, Torino 1995, pp. 197, 203.