CAMPOFIORITO, Luigi Reggio e Branciforte principe di
Nacque a San Giovanni de' Tartari (Catania) il 5 nov. 1677, da don Stefano Reggio Saladino e Dorotea Branciforte Romano-Colonna. All'età di nove anni gli fu concesso il titolo di duca di Valverde. Nel 1696 fu investito del titolo di principe della Catena, per disposizione testamentaria dell'avo Luigi. Nel 1704 ereditò dal padre i titoli di principe di Aci Sant'Antonio e Aci San Filippo, principe di Campofiorito, marchese di Ginestra, barone di Valguarnera, Campofiorito e Rachali. Questi feudi coprivano territori estesi da Palermo a Catania. Intanto, il 28 luglio 1698 aveva sposato Caterina Gravina e Gravina, figlia del principe di Palagonia Ignazio Sebastiano.
Agli inizi del Settecento fu ambasciatore del Regno di Sicilia presso Filippo V. Capitano generale del Regno di Sicilia nel 1713, trasmise al nuovo re, Vittorio Amedeo II di Savoia, una serie di relazioni sullo stato generale e sugli impieghi del Regno, sullo stato e il governo di Palermo, e sui porti e le fortificazioni di Palermo, Messina, Siracusa, Trapani e Milazzo. Grande di Spagna di prima classe, cavaliere dell'Ordine di Calatrava, comandante generale dell'esercito spagnolo, ottenne nel 1718 la commenda di S. Calogero, con una rendita di 1.180 scudi. In Spagna ricoprì alti incarichi, prima capitano generale della provincia di Guipuzcoa e poi viceré di Valenza. Accusato di malversazioni compiute nell'amministrazione del viceregno, subì un processo per concussione, screditandosi agli occhi degli Spagnoli e dei diplomatici stranieri, che pur lo stimavano - come tempo prima aveva riferito a Parigi il conte di Rottembourg - "de beaucoup d'esprit et de connaissance".
Protetto dalla regina Elisabetta Farnese, in quanto italiano di talento, il C. fu inviato in seguito come ambasciatore di Spagna presso la Repubblica di Venezia, dove giunse il 15 sett. 1737.
Oltre alla normale tutela degli interessi spagnoli nel territorio veneto, ricevette precise istruzioni dalla corte di Madrid riguardo al Regno di Napoli, per cui - scriveva al primo segretario di Stato napoletano Montealegre il 5 ottobre 1737 - "il mio principale incarico si riduce a promuovere e sollecitare gli interessi del Re delle Due Sicilie, così come devo fare per quelli delle Maestà Cattoliche, e di far comprendere a questa Repubblica, che qui S. M. Napoletana avrà un amico che difenderà i suoi interessi come i propri; per cui risulta opportuno accreditarmi con preciso obbligo al servizio delle due Corti" (Arch. di Stato di Napoli, Esteri, Venezia, filza 2245).
In effetti Carlo di Borbone, intento al rafforzamento interno del Regno, non aveva ancora ricoperto tutte le sedi diplomatiche. Soltanto il 17 dic. 1737, dopo numerosi inviti del C. - su cui premeva il Senato della Repubblica che aveva già destinato a Napoli Alvise (IV) Luigi Mocenigo -, era inviato a Venezia come ambasciatore straordinario di Napoli l'abate spagnolo Giuseppe Baeza di Castromonte. Ma questo non impedì al C. di continuare ad avere una sorta di patronato sulla rappresentanza napoletana, interessandosi della concessione di passaporti, accogliendo i nobili napoletani, organizzando il soggiorno della regina Maria Amalia. Segno tangibile della sua posizione è la fitta corrispondenza dal 6 aprile 1737 al 12 marzo 1740 col primo segretario di Stato napoletano, cui il C. inviava dettagliate relazioni sulle condizioni della Repubblica e delle rappresentanze diplomatiche accreditate, oltre a numerose notizie di fonte veneta sull'Impero, la Turchia, i pirati. In riconoscimento dei suoi servizi gli giungeva, nel 1740, la nomina a cavaliere dell'Ordine di S. Gennaro.
Intanto una serie di incontri, nel 1738, col principe Pio, ambasciatore austriaco, gli aveva procurato l'accusa del ministro degli esteri francese Amelot di negoziare un accordo separato tra la Spagna e l'Impero, cui il C. replicò, sostenuto dalle maestà cattoliche, rigettando ogni responsabilità sull'iniziativa del rappresentante imperiale. Questo incidente non gli alienò comunque il gradimento di Luigi XV quando, nel 1740, fu scelto da Filippo V per sostituire il marchese de Las Minas. Iniziava così a Parigi un lungo servizio, che dovevaaccrescergli il favore della regina Elisabetta Farnese, da lui costantemente informata - attraverso una corrispondenza segreta inviata al marchese Scotti - di tutti gli eventi e gli intrighi della corte di Versailles.
Nell'ag. 1740, il C. ricevette da Filippo V - preoccupato dei formidabili armamenti approntati dagli Inglesi per attaccare l'America spagnola - i pieni poteri per la firma dei trattati di alleanza e di commercio in discussione da oltre due anni col governo francese. In un dispaccio successivo, Villarias, ministro degli Esteri spagnolo, ordinava al C. di sostenere i diritti dell'infante don Filippo su Parma, Piacenza e la Toscana. Se non proprio un intervento diretto a sostegno delle pretese spagnole sull'Italia, il C. avrebbe dovuto ottenere, quanto meno, la neutralità francese; ma in effetti le quotidiane visite al Fleury non sortirono effetti.
Lo scarso interesse dei Borbone di Francia per gli ambiziosi progetti di Elisabetta Farnese convinse la corte di Madrid a inviare, alla fine del settembre 1741, i pieni poteri al C. per negoziare con la regina d'Ungheria Maria Teresa l'attribuzione degli Stati farnesiani a don Filippo; ma anche queste trattative non giunsero a conclusione. Pertanto il C. tornò a premere, nel giugno, sulla corte francese per ottenere un rinforzo di cinquemila uomini per l'infante, ma anche questa volta con scarso successo. Intanto, nell'agosto successivo, egli informava il Montealegre - il quale si trovava a fronteggiare la squadra inglese venuta a imporre il ritiro del contingente napoletano inviato in appoggio a don Filippo - delle notizie ricevute dall'abate Pompona, membro del Consiglio del re di Francia, e da lord Saniper circa i contatti che molte famiglie nobili napoletane avevano con inglesi e austriaci, pronte a suscitare tumulti all'apparire di un principe straniero. Alla sua corte il C. poi riferì nel settembre un pesante giudizio del Fleury su Carlo di Borbone che si era "disgradato"e aveva preso una "precipitata determinazione... in vista di una squadra di tanto poca forza".
Morto Fleury, il C. fu ricevuto il 1º marzo 1743 da Luigi XV per concludere l'unione "vera" tra Francia e Spagna. Questo colloquio preludeva al trattato di Fontainebleau, firmato dal C. dopo dieci soli giorni di discussioni, il 25 ott. 1743.
Nel gennaio 1744 il C. ricevè una sollecitazione dalla corte di Madrid per il matrimonio tra il delfino e l'infanta Maria Teresa. Le nozze si celebrarono il 23 febbr. 1745, ma l'attesa per la nascita dell'erede del delfino fu rotta dalla morte di Filippo V il 9 luglio 1746.
Il C. annunciò la scomparsa del re di Spagna, il 16 luglio, a Luigi XV, che, pur scosso dalla morte dello zio, lo pregò di non informare la delfina, ormai in procinto di partorire. Ma la delfina non sopravvisse che pochi giorni al parto, e il C. ne diede, il 22 luglio, annuncio al Villarias, informandolo peraltro d'aver già suggerito al conte di Maurepas il matrimonio del delfino con la terzogenita di Filippo V e Elisabetta Farnese, la diciassettenne Maria Antonia Fernanda. Questo tempestivoprogetto di riannodamento dei legami tra i due Regni era dettato al C. anche dalla necessità di difendere la sua posizione, compromessa dalla scomparsa politica di Elisabetta Farnese. Esisteva però un ostacolo d'ordine canonico, perché il concilio di Trento aveva vietato il matrimonio fra cognati, salvo dispensa "per motivi di pubblico interesse". Ben oltre questo motivo formale, si sviluppava però una decisa azione antispagnola del marchese d'Argenson.
Intanto il C., assicuratosi della buona disposizione della regina e del delfino, si munì d'un gran numero di memorie teologiche, di cui una preparata dal famoso giurista spagnolo Melchior de Macañaz, e quasi era riuscito nell'intento quando, il 18 ag. 1746, giunse a Parigi il duca di Huescar, nuovo ambasciatore di Spagna.
La rimozione del C. era la conseguenza degli intrighi di palazzo che agitavano la corte di Madrid dopo la morte di Filippo V e tendevano all'allontanamento del personale italiano legato alla regina madre e alla prevalenza d'un partito spagnolo favorevole alla pace. La sostituzione del C., profondo conoscitore della corte di Versailles, dotato di tatto e prudenza, con l'impetuoso duca di Huescar, diede un colpo decisivo alle trattative, troncate bruscamente il 24 ott. 1746 dall'annuncio del matrimonio del delfino con la principessa di Sassonia Maria Giuseppina. Alla partenza da Versailles giungeva al C. la nomina a cavaliere dell'Ordine reale di S. Spirito e S. Michele di Francia.
Il 21 ott. 1747 era aggregato per voto spontaneo alla mostra nobile di Catania. Tornava quindi in Sicilia a trascorrervi gli ultimi anni. Morì ad Aci Catena (Catania) il 29 ott. 1757. È sepolto nella chiesa della Madonna di Valverde di Aci Sant'Antonio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Esteri, Venezia, filze 2245, 2246, 2247; Ibid., Manoscritti Livio Serra, VII, p. 209; Recueil des instructions données aux ambassadeurs et ministres de France, XII, Espagne, a cura di A. Morel Fatio-H. Leonardon, Paris 1899, III, p. 433; F. M. Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo 1754, I, p. 117; G. Carignani, Iltempo di Carlo III re del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1865, pp. 60, 64; A. Baudrillart, Philippe V et la cour de France, Paris 1890, IV-V, passim;M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Milano-Roma-Napoli 1923, pp. 350-53; P. Revelli, Vittorio Amedeo II e le condizioni geogr. della Sicilia, in Rivista geografica ital., XVII (1910), pp. 224-230, 315-317; F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, Palermo 1924, I, pp. 3-4; II, pp. 179, 444 s.; IV, p. 106; D. Ozanam, Un projet de mariage entre l'infante Maria Antonia, soeur de Ferdinand VI, et le dauphin fils de Louis XV (1746), in Estudios de historia moderna, I (1951), pp. 129-177.