PERNIER, Luigi
PERNIER, Luigi. – Nacque a Roma il 23 novembre 1874 da Giuseppe, agiato proprietario terriero, e Agnese Romanini nobildonna romana.
Rimasto ben presto orfano di padre, fu educato dalla madre e compì i primi studi nel Collegio degli Orfani di S. Maria in Aquiro. Nel 1888 si iscrisse al liceo-ginnasio Ennio Quirino Visconti, dove si diplomò nel 1893. Iscrittosi alla facoltà di lettere e filosofia dell’università romana, si laureò con il massimo dei voti nel luglio del 1897, discutendo una tesi storica con il professor Rodolfo Lanciani.
Nel novembre dello stesso anno ottenne una borsa di studio triennale presso la Scuola italiana di archeologia a Roma. Come allievo della Scuola compì diversi viaggi d’istruzione in Grecia in compagnia di Antonio Taramelli, Lucio Mariani, Luigi Savignoni, Gaetano De Sanctis, Giuseppe Gerola e altri, al termine dei quali fu chiamato a partecipare alla Missione archeologica a Creta diretta da Federico Halbherr. Qui eseguì numerosi saggi di scavo nell’area del palazzo di Festòs e altri nella necropoli di Curtes, curò lo studio dei monumenti anepigrafi venuti alla luce a Lebena e visitò i siti archeologici delle eparchie di Pediàda di Messarà, di Mirabello e di Hierapetra. Il 26 gennaio del 1901, innanzi al Consiglio direttivo della Scuola italiana di archeologia, composto da Ettore De Ruggero, Halbherr, Rodolfo Lanciani, Emanuele Loevy e Luigi Pigorini, conseguì il diploma di maturità negli studi archeologici, entrando a far parte della prima generazione di archeologi italiani di formazione europea.
Le prime ricerche del neodiplomato archeologo si rivolsero al mondo romano con la pubblicazione di uno studio sulle strutture interne del Teatro di Marcello a Roma, monumento al quale si interessò anche nei decenni successivi. Nel 1902 ottenne la nomina ministeriale di ispettore dei Monumenti, Musei, Gallerie e Scavi di antichità di Firenze, carica che ricoprì fino al 1916. In questi anni effettuò scavi e ricerche a Bolsena, Ferento, Lucca, Tarquinia, Asciano, Orvieto, Lustignano, Vetulonia e Arezzo.
Nel 1903, al ritorno da Creta in Italia, il giovane Pernier fu invitato da Halbherr a visitare la Cirenaica, per documentare la situazione archeologica locale. Le sue frequenti permanenze all’estero non gli impedirono di sposare, nel novembre 1906, Tonina Falchi, figlia di Isidoro – medico e archeologo autodidatta, scopritore di Vetulonia e della necropoli di Populonia – dalla quale ebbe tre figli, Marcella (1907), Maria Pia (1910) e Arnolfo (1912).
Nel triennio 1906-09 sostituì Halbherr alla guida della Missione archeologica italiana a Creta, aprendo un nuovo cantiere di scavo a Priniàs. Nel luglio 1908, durante gli scavi del palazzo di Festòs, rinvenne il famoso disco fittile con geroglifici impressi su entrambe le facce.
Nel 1909, allorché fu fondata la Scuola archeologica italiana ad Atene (SAIA), fortemente voluta da Halbherr – che accolse fra i primi allievi Giorgio Levi Della Vida, Amedeo Maiuri, Biagio Pace, Gaspare Oliverio e Carlo Anti – Pernier ne fu nominato direttore. Tale titolo in Italia non era riconosciuto e Pernier, per non essere penalizzato nella progressione della carriera, partecipò ai concorsi nazionali: per direttore del Museo archeologico di Napoli (1910) e del Museo archeologico di Palermo (1914). Dal 1911 al 1914 diresse, sempre a Creta, gli allievi della Scuola archeologica di Atene nello scavo di Gortina, dapprima nell’Odeon presso il Leteo e poi nel cosiddetto Pretorio. Nel 1912 inviò Gian Giacomo Porro a Rodi e nelle isole Sporadi – appena occupate dall’Italia, vincitrice nella guerra contro la Turchia – per una ricognizione archeologica generale.
Dopo la morte di Luigi Adriano Milani (1914) – filologo, archeologo e numismatico, direttore del Museo archeologico di Firenze e degli scavi d’Etruria dal 1982 – Pernier partecipò al concorso per quella direzione e, dopo alterne vicende concorsuali, finalmente ottenne la direzione fiorentina (1915) e il sospirato ruolo stabile nell’amministrazione statale.
Per questo nuovo ruolo, all’inizio del 1916, cessò dalla carica di direttore della Scuola archeologica italiana di Atene, cosa che comunque in cuor suo aveva già deciso, amareggiato dalla scarsa considerazione mostrata dal governo italiano per quel posto e in generale per tutta l’attività archeologica all’estero.
Tra l’altro, a causa degli eventi bellici di quegli anni, la Scuola non operò e l’ingegnere Massimiliano Ongaro ricoprì incarichi di rappresentanza nel semestre marzo-settembre del 1916; soltanto nel maggio 1919 avvenne la riapertura postbellica con la consegna ufficiale della direzione della Scuola ad Alessandro Della Seta.
Dopo lo sgravio dalla direzione della Scuola gli venne affidato (1919) l’Ufficio della Sovrintendenza per gli Scavi e i Musei archeologici d’Etruria, annesso alla direzione del Museo archeologico di Firenze, con il compito di coordinare gli ispettorati delle varie circoscrizioni delle province toscane. Nello stesso anno conseguì la libera docenza in archeologia nell’Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze, dove fu subito chiamato a sostituire il compianto Luigi Savignoni. L’incarico interno di insegnamento di archeologia gli venne confermato per i successivi quattro anni accademici, nonostante il parere contrario della Direzione generale delle Antichità e Belle Arti, la quale non riteneva opportuno concedere a un funzionario della sua amministrazione un cumulo di incarichi tanto diversi e onerosi.
Ma il massimo riconoscimento gli giunse nel 1922, allorché, come professore straordinario, ottenne la cattedra di archeologia presso l’Istituto di studi superiori di Firenze – che in questi anni andava assumendo un assetto universitario – dopo che l’anno precedente, al concorso di Padova, era stato preceduto da Carlo Anti, suo allievo ad Atene, e da Ettore Galli, suo subordinato al Museo di Firenze.
Contemporaneamente al passaggio dall’amministrazione pubblica all’insegnamento universitario, Pernier resse ancora per pochi altri mesi la Sovrintendenza ai Musei e Scavi d’Etruria, allo scopo di completare la documentazione delle ricerche da lui eseguite a Orvieto e Perugia, sbrigare gli atti burocratici in sospeso e presentare la sua proposta di riordinamento del museo perugino.
L’insegnamento universitario non lo distolse tuttavia dalla ricerca archeologica sul terreno, nella quale era considerato un ‘maestro’, attività che continuò nell’isola di Creta ed espanse alla vicina Cirenaica. A causa degli eventi bellici e dei successivi problemi riorganizzativi della Scuola archeologica di Atene, poté tornare a Creta soltanto nel 1921. Nel frattempo proseguì i suoi studi, rielaborando la messe di dati archeologici raccolti in Oriente, scrivendo articoli divulgativi per varie riviste e tenendo conferenze su tutto ciò che riguardava la civiltà minoica e la Grecia arcaica.
Continuò inoltre a occuparsi ancora della civiltà etrusca pubblicando i resoconti degli scavi effettuati a Castellina in Chianti, Costamurata, Vetulonia, Arezzo, Orvieto e Cortona. In questo ambito di studi costituì, insieme con Antonio Minto, Giulio Quirino Giglioli e Pericle Ducati, un Comitato permanente, da cui nacque poi l’Istituto di studi etruschi.
Nel 1923 il ministro della Pubblica Istruzione, Giovanni Gentile, lo invitò a far parte della Commissione speciale, presieduta da Della Seta, che doveva eseguire l’esame tecnico-scientifico sullo stato dei servizi archeologici della Soprintendenza ai Musei e Scavi di Napoli e sull’ordinamento di quello di Pompei, prima della nomina del nuovo commissario straordinario alle Antichità e Belle Arti.
Nel 1925 si aprì per Pernier un nuovo settore di ricerca in Libia, dove gli archeologi italiani stavano riportando alla luce le imponenti rovine delle antiche città della Tripolitania e della Cirenaica. Infatti, nell’aprile del 1925, il soprintendente Gaspare Oliverio, epigrafista e già suo allievo alla Scuola archeologica italiana di Atene, lo invitò a partecipare alla nascente Missione archeologica a Cirene, per dirigere i grandi scavi del santuario di Apollo. Le garanzie di sicurezza da parte del governo italiano e soprattutto il ruolo universitario gli permisero di accettare la proposta e, nell’estate dello stesso anno, compì la sua prima missione archeologica in Cirenaica. Nominato direttore della Missione speciale, fu affiancato da Anti quale esperto di scultura classica e coadiuvato dagli architetti Italo Gismondi e Luigi Giammiti. L’attività archeologica a Cirene gli procurò ben presto incarichi e onorificenze di prestigio in campo nazionale e internazionale. Nonostante gli impegni in Italia e a Cirene non arrestò la sua attività a Creta, dove tornò, negli anni 1928 e 1929, per ricerche supplementari in vista dell’edizione scientifica finale del palazzo minoico di Festòs, il cui primo volume apparve nel 1935, mentre il secondo uscì postumo (1951), a cura di Luisa Banti, sua collaboratrice nelle campagne di scavo a Creta fin dal 1932.
Dopo la morte di Halbherr, avvenuta nel 1930, Pernier gli successe nella direzione della Missione di Creta, dove già occupava di fatto una posizione di primo piano. L’anno seguente iniziò a porre mano al restauro conservativo dei complessi archeologici di Festòs e di Haghia Triada. Non ritenendo di dover emulare la vasta opera di ricostruzione architettonica intrapresa dagli inglesi a Cnossòs, optò per un intervento più conservativo che ricostruttivo, nell’obiettivo di «voler coprire il meno possibile» e segnando in tal modo una costante metodologica dell’attività italiana a Creta.
La direzione della Missione archeologica italiana a Creta lo portò a diradare la sua presenza a Cirene, necessaria per completare lo studio e l’edizione scientifica del tempio di Artemide (1931) e del tempio di Apollo (1935).
La sua fama di archeologo e di studioso lo fece presto conoscere e apprezzare in Italia e all’estero, procurandogli frequenti incarichi e inviti a prestigiosi congressi nazionali e internazionali: nel 1929 partecipò al convegno di Berlino in occasione del giubileo dell’Istituto archeologico germanico; nel 1935 fu invitato al IV Congresso nazionale di studi romani, promosso sotto gli auspici del ministero della Pubblica Istruzione e dedicato ai rapporti tra Roma e l’Oriente; nel 1936 fu inviato a rappresentare l’Università italiana a Londra per il cinquantesimo anniversario della fondazione della British School of archaeology, e l’anno successivo fu chiamato a rappresentare l’Italia alla celebrazione del centenario dell’Università di Atene.
Nel giugno 1937 fu a Rovereto, patria di Halbherr, impegnato nella cerimonia di commemorazione, organizzata dalla locale Accademia degli Agiati, per onorare la memoria dell’amato maestro, che lo aveva iniziato allo studio dell’archeologia a Creta e Cirene.
Nell’agosto dello stesso anno, mentre si trovava a Rodi per tenere un corso di alta cultura sulla civiltà minoica, organizzato della Società Dante Alighieri, nella notte fra il 17 e il 18 del 1937 venne colto da improvviso malore – probabilmente una sincope cardiaca – e morì «in servizio», così come recitò un suo necrologio.
Le spoglie mortali, dopo la cerimonia funebre nell’ospedale di Rodi, vennero traslate a Roma e tumulate nella tomba di famiglia.
Nel corso della sua breve ma intensa attività scientifica ricevette un crescendo di titoli, onorificenze e diplomi: membro ordinario dell’Istituto di studi etruschi e socio dell’Istituto archeologico germanico, della Società Colombaria, dell’Accademia nazionale dei Lincei, della Pontificia Accademia romana di archeologia. L’ultimo titolo accademico gli fu conferito dall’Università di Atene, che lo insignì del Diploma di dottorato honoris causa.
Fu altresì un instancabile divulgatore della sua attività archeologica in Italia e all’estero come provano le numerose e affollate conferenze tenute su tali argomenti non soltanto presso gli addetti ai lavori, ma anche in accademie, istituti e associazioni culturali di semplici appassionati di archeologia.
Fonti e Bibl.: Il suo archivio privato è stato acquistato dal Dipartimento di scienze archeologiche e storiche dell’antichità dell’Università di Macerata nel 1997.
E. Catani, L’attività archeologica di L. P. a Cirene dal 1925 al 1936, in Quaderni di archeologia della Libia, 2003, vol. 18, pp. 235-255; Id., Les objects sacrés du sanctuaire d’Apollon à Cyrène dans les journaux des fouilles de L. P. effectuées au cours des années 1925-1936, in Karthago, XXVII (2007), pp. 103-129; Id., Note bio-bibliografiche su L. P. tratte dal suo archivio privato, in Atti del Convegno di Archeologia italiana in Libia: esperienze a confronto, a cura di E. Catani - A. Di Vita, Macerata 2007, pp. 47-67; S. Berutti, L. P.: direttore “pel bene e l’avvenire”, in Annuario della Scuola archeologica italiana in Atene, LXXXVII (2009), pp. 69-77; L. P.: bibliografia, a cura di I.M. Bartolini, in Thiasos. Rivista di archeologia e architettura antica, 2012, n. 1, pp. 39-44.