PENNAZZI, Luigi
PENNAZZI, Luigi. – Nacque all’Avana il 5 febbraio 1838 da Luigi e da Francesca Nakeige, di origine giapponese.
La famiglia era originaria di Cortemaggiore, nel Piacentino: il nonno, Salvatore Giuseppe, ricevette dal duca Ferdinando I di Borbone-Parma il titolo di conte per sé e per i discendenti maschi; il padre, Luigi Sr, dopo essersi arruolato nella guardia imperiale napoleonica, prestò servizio prima come capitano dell’esercito parmense all’epoca di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena e poi in qualità di comandante degli alabardieri ducali al ritorno dei Borbone, nel 1847.
Dopo essersi trasferito giovanissimo in Italia, fra il 1853 e il 1855 Pennazzi fu mandato a studiare presso l’École polytechnique di Bruxelles prima e di Marsiglia poi; nel 1857 attraversò a cavallo la Cordigliera delle Ande da Valparaiso a Rosario di Santa Fè, compiendo anche alcune escursioni sulle Pampe argentine.
Più difficili da provare e da datare con precisione sono invece altri avvenimenti della sua vita, riportati solo da alcune fonti, come la sua attività di minatore in California, quella di farmacista e di ingegnere e la sua partecipazione ai moti nicaraguensi del 1855; come pure non si sa quando collocare il suo viaggio in Giappone, dove, secondo alcune indicazioni fornite dal poeta Enrique Onufrio, scambiato per un missionario cattolico, sarebbe stato percosso e costretto ad abiurare.
Sposatosi con Albertina Ferrari, originaria del Parmense, si stabilì a Cortemaggiore ed ebbe con lei due figli – Garibaldi detto Gino (1863), Lincoln detto Walter o Gualtiero (1865) – e una figlia, Alice.
Eredi dello spirito di avventura e delle aspirazioni colonialiste del padre, entrambi i figli combatterono nella seconda battaglia di Agordat del 21 dicembre 1893, dove perse la vita Lincoln. Garibaldi cadde, invece, ad Adua il 1° marzo 1896.
Fra il 1859 e il 1867, Pennazzi indossò la camicia rossa garibaldina a Solferino, in Aspromonte, in Trentino e a Mentana, e nel 1870-71 prese parte alla guerra franco-prussiana. Nel 1869 risultava, tuttavia, essere in Egitto, dove sarebbe giunto già due anni prima, per dirigere un giornale ebdomadario, La Cravache, redatto in opposizione al khedivè Ismail Pascià, e da dove inviò una lunga lettera alla Società geografica italiana per essere aggregato alla spedizione ai laghi equatoriali di sir Samuel White Baker (Balboni, II, 1906, p. 280).
Secondo una sua affermazione che non trova però riscontro in nessun’altra fonte, nel 1875 avrebbe risalito il corso del Nilo fino a Gondokoro (Dal Po ai due Nili, I, Milano 1882, pp. 1 s.).
Nel 1878 comandò una colonna di volontari italiani al fianco degli insorti epiroti, che cercarono invano di ottenere l’unione alla Grecia indipendente, recandosi poi a visitare il Messico e la Mesopotamia. Assieme al figlio Garibaldi e a un amico di famiglia, il tenente torinese Giuseppe Bessone, il 24 aprile 1880 partì da Genova per sbarcare a Massaua e proseguire alla volta di Keren, raggiunta il 21 giugno, Kassala (14 luglio) e Ghedareff (8 agosto). A quel punto la stagione delle piogge lo obbligò a una sosta forzata, che si protrasse fino all’inizio di gennaio 1881, quando, a causa delle cattive condizioni di salute di Bessone, che imponevano il rientro in Italia, i due raggiunsero prima, il 2 febbraio, Kassala e poi, il 26 febbraio, Suakim, dove furono testimoni oculari degli ultimi giorni di vita di Romolo Gessi, che cercava di far ritorno in Europa.
Nonostante gli scadenti risultati ottenuti da quella spedizione, appena rientrato in patria Pennazzi si dedicò con successo a un’intensa attività di conferenze e pubblicazioni che ne accrebbero notevolmente la fama e l’autorità. Un particolare successo, anche per il suo stile vivace apprezzato dai lettori, ottenne il volume in due tomi Dal Po ai due Nili che conobbe quattro edizioni: nel 1882 e 1885 a Milano presso Treves, nel 1887 e 1888 a Modena per i tipi di Soliani. Dedicato a Manfredo Camperio, che aveva da poco promosso la Società di esplorazione commerciale in Africa, il libro fu recensito favorevolmente da diverse riviste, anche straniere, e contribuì notevolmente ad accrescere la notorietà di Pennazzi.
Accanto a precise indicazioni sull’ambiente e sul territorio delle zone esplorate, che andavano dall’idrografia ed etnografia della regione compresa tra il Sennaheit e Cassala alla struttura geologica della Nubia, da alcuni utili dati sulle strade ferrate sudanesi a una serie di preziose indicazioni per chi avesse voluto intraprendere dei viaggi nel Sudan, le parti più significative e interessanti del resoconto erano le informazioni e i suggerimenti, piuttosto specifici e circostanziati, sulle potenziali ricchezze di alcuni territori del Sudan e dei modi più opportuni ed efficaci per metterle a profitto.
Nell’ottobre del 1882 Pennazzi cominciò a interessarsi alla spedizione partita da Napoli l’11 gennaio 1883 e promossa da Gugliemo Godio nel Sudan Orientale. Una «semplice gita di piacere e di istruzione» la definì in una lettera del 18 febbraio 1883 inviata da Cassala a Camperio, poi pubblicata in presa diretta su L’Esploratore (VII, 1883, pp. 148-150). Pennazzi prese parte alla spedizione guidando un manipolo di turisti-viaggiatori italiani, assieme ai quali percorse più o meno gli stessi territori visitati in precedenza, ma in senso inverso, vale a dire da Suakim a Cassala, risalendo poi il Gasch fino ai monti Soydas e attraversando il Paese dei Basen fino al Tacazzè. Entrato però in conflitto con i compagni di viaggio quando si trovava a Metemma, alla fine di marzo 1883 venne allontanato sulla base di pesanti accuse e fu costretto a tornare a Massaua per la via di Sabderat. Rientrato a Piacenza, dette vita alla Società di ginnastica Vittorino da Feltre, di cui divenne presidente, e trovò impiego, come insegnante di francese, presso la Scuola militare di Modena.
La rivolta del Madhi in Sudan gli offrì l’opportunità di sfruttare le sue conoscenze di quella realtà con conferenze e scritti sull’argomento e a cominciare a schierarsi apertamente, come fece nelle Considerazioni sull’avvenire dell’Italia, capitolo conclusivo del volume Sudan e Abissinia (Bologna 1885), a favore dell’insediamento italiano ad Assab come alternativa alla chiusura del mercato sudanese, che avrebbe costretto le potenze europee a ricorrere alla vicina Etiopia alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Nell’opuscolo L’Italia nel Mar Rosso (Milano 1885), dal significativo sottotitolo Intendiamoci sulla politica coloniale, precisò gli obiettivi che quella politica avrebbe dovuto perseguire e i metodi da adottare per raggiungerli senza trascinare il Paese in una politica di avventure. In particolare, suggeriva di far giungere a Massaua, anziché a Suakim, i prodotti del basso Sudan che erano soliti concentrarsi allora a Cassala, solo ottenendo dal Negus il permesso di inviare all’interno dell’Abissinia, senza un’eccessiva spesa, una spedizione non ufficiale, ma operante in sintonia con il governo, in grado di stipulare con i capi di quelle tribù dei trattati di pace e di amicizia intesi a garantire il libero passo alle carovane, ai negozianti e ai viaggiatori.
In quel contesto, dopo il fallimento di un tentativo di dar vita, nel 1885, a una ‘spedizione pacifica’ in grado di giovare al commercio e all’industria italiani in Africa orientale e di favorire lo sviluppo del porto di Massaua, fondò a Napoli, diventandone il presidente, un Comitato di propaganda commerciale con l’Africa, una sorta di centro di documentazione e promozione costituito allo scopo di fornire informazioni e consigli a chi era interessato al mercato africano. Il 2 dicembre 1888 presentò al consiglio della Società africana d’Italia il progetto di una Società commerciale con l’Africa orientale che, in seguito al blocco delle relazioni commerciali con l’Etiopia provocato dall’episodio di Dogali, fu trasformato nel progetto di una Società commerciale per la pesca delle perle nel Mar Rosso, respinto però dal ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio.
Nel maggio del 1889 fu posto a capo di una spedizione che però si sciolse prima di raggiungere i propri obiettivi (l’Harar, lo Scioa e i paesi dei Galla); Pennazzi venne accusato da uno dei suoi componenti, Gennaro Marchetti, di aver sperperato la cifra messa a disposizione per l’impresa. Allora trovò impiego, con uno stipendio annuo di dodicimila lire, come direttore delle saline di Aden, di proprietà dei fratelli trapanesi Agostino, Gaspare e Silvestro Burgarella Ajola, incarico che mantenne fino al 1892.
Dopo otto mesi di grave malattia, si ritirò presso la figlia Alice a Madrid, dove morì il 22 ottobre 1895.
Scritti e discorsi. Oltre ai testi citati, si segnalano: Lettera ai miei concittadini. Parole del conte L. P., Roma 1877; La Grecia moderna. Ricordi del conte L. P. comandante gli insorti Epiroti nel 1878, Milano 1879; Massauah (Mar Rosso): il suo suolo, la sua popolazione, i suoi dintorni, in Nuova Antologia, s. 2, 15 luglio 1880, pp. 322-330; Dal Sudan Orientale, ibid., 1° dicembre 1880, pp. 562-567; Popolazioni dell’Alta Nubia. I Bogos e il Padre Stella, ibid., 1° aprile 1881, pp. 502-508; Il Sudan Orientale. Il suo commercio e i suoi abitanti, in Conferenze tenutesi in Milano presso la Società di Esplorazione Commerciale in Africa, Milano 1882-83, pp. 25-55; Carlo Piaggia e Romolo Gessi e la loro opera in Africa, ibid., pp. 159-189; Spedizione Godio-P. nell’Africa orientale. Lettere, in Bollettino della Società africana d’Italia, II (1883), pp. 4-8; Delle ragioni che consigliano un’azione verso l’altipiano Mensa e il Sennahit (bogos, Keren) anziché verso l’Asmara ed il Tigré, Roma 1887; Commerci ed industrie dell’Africa Orientale. Sudan orientale. Harar. Kilimangiaro, Napoli 1888; I nostri possessi africani ed il loro avvenire, in Bollettino della sezione fiorentina della Società africana d’Italia, 1888, vol. 4, pp. 5-26; Romolo Gessi in Africa, ibid., pp. 205-228; Osservazioni sul commercio di Adua, in Bollettino della Società africana d’Italia, VIII (1889), pp. 267-288. Si vedano, infine, le brevi note apparse, fra il 1880 e il 1885, su L’Esploratore e su L’esplorazione commerciale e l’Esploratore.
Fonti e Bibl.: Lettere e documenti di Pennazzi sono rinvenibili presso l’Archivio storico del Ministero dell’Africa italiana, a Roma presso l’Archivio storico diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in particolare nei fondi Sudan. Campagna anglo-egiziana contro i dervisci 1884-1894 e Società Africana d’Italia, su cui si può consultare: Archivio storico della Società africana, I, Inventario, a cura di C. Intartaglia - C. Scaramella, Napoli 1992.
G. Godio, Vita africana. Ricordi d’un viaggio nel Sudan Orientale, Milano 1889, ad ind.; L.A. Balboni, Gl’Italiani nella civiltà egiziana del secolo XIX, II, Alessandria d’Egitto 1906, pp. 252, 280; C. Bertacchi, Un esploratore italiano dell’Africa orientale nel secolo passato: il conte L. P. (1838-1895), in La Rassegna italiana, s. 3, 1930, vol. 27, pp. 481-484; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, p. 239; G. Corradi - G. Sitti, Glorie parmensi nella conquista dell’Impero, Parma 1937, pp. 57 s., 89 s.; A.M. Ferrari, Africa attrazione fatale, in Almanacco Parmigiano 1992-1993, Parma 1992, pp. 165-170; F. Surdich, Il contributo di L. P. al dibattito sull’espansione coloniale italiana in Africa Orientale, in La conoscenza dell’Asia e dell’Africa in Italia nei secoli XVIII e XIX, a cura di U. Marazzi, I, 2, Napoli 1984, pp. 1059-1084; C. Intartaglia - C. Scaramella, Alcune lettere inedite nell’Archivio della Società Africana d’Italia, in Africa, XLVII (1992), 2, pp. 237-262; G.L. Podestà, Sviluppo industriale e colonialismo. Gli investimenti italiani in Africa Orientale, 1869-1897, Milano 1996, ad ind.; M. Zaccaria, Il viaggio imperfetto. La spedizione Godio-P. nel Sudan Orientale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XXIII (1998), pp. 295-311; Id., Le avventure africane di un conte piacentino, in Studi piacentini, XXIV-XXV (1998-99), 1, pp. 47-76 (contributo fondato su un’ampia documentazione inedita); C. Filesi, L’Archivio del Museo Africano in Roma. Presentazione e inventario dei documenti, Roma 2001, ad ind.; G. Scala, Orme parmigiane in Africa, in La presenza italiana in Africa, 1870-1943, a cura di M. Bonati, Parma 2003, pp. 33-36; G. Romanato, L’Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L’esperienza di Daniele Comboni (1831-1881), Milano 2003, ad indicem.