MONTI, Luigi
MONTI, Luigi. – Nacque a Napoli il 18 settembre 1838 da Pietro e da Giulia Alberti, entrambi attori, e fu registrato anche con i nomi di Ferdinando, Napoleone, Gennaro, Giovanni Battista (Comune di Napoli, Atto di nascita, 1838, n. 325).
Predestinato al mestiere del teatro come molti figli d’arte, esordì sulla scena come fanciullo prodigio; nel 1854 entrò come ‘generico giovane’ nella compagnia di Adamo Alberti e Antonio Colomberti formatasi al teatro dei Fiorentini di Napoli; anche la madre, rimasta vedova nel 1851, nel ruolo di ‘caratteristica’, e la sorella Angiola, ‘seconda amorosa giovane’, affiancavano i primi attori Fanny Sadowsky e Achille Majeroni (Colomberti, 1872).
Grazie alla predisposizione naturale alla recitazione e allo studio approfondito dei personaggi, i progressi del giovane furono rapidi. Dopo aver ricevuto la medaglia d’argento al valor militare per aver partecipato al seguito di Garibaldi alla campagna di Sicilia del 1860, l’anno seguente fu scritturato da Alamanno Morelli come ‘primo attore giovane assoluto’ nella sua rifondata compagnia Lombarda. In questa recitò fino al 1870. Gli anni trascorsi con la prestigiosa formazione rappresentarono per Monti il periodo della piena affermazione; arrivò, infatti, a essere considerato il miglior ‘amoroso’ dell’epoca accanto all’attrice Pia Marchi, entrata diciottenne nella compagnia nel 1864. Per sei anni i due attori formarono una coppia d’innamorati molto gradita al pubblico e diedero vita ad apprezzate interpretazioni nelle opere Fragilità e La verità di Achille Torelli; Il romanzo di un giovane povero di Octave Feuillet; Giovanni Baudry di Auguste Vacquerie; Sogni d’amore di Eugène Scribe; Il figlio di Giboyer di Émile Augier; Figlio naturale e Demi-monde di Alexandre Dumas figlio. Il periodo fu straordinario sia per Monti, che era inarrivabile «per la delicatezza del sentimento, la soavità della dizione, l’aristocrazia de’ modi» (Rasi, 1905, p. 150), sia per la Marchi, che visse a fianco dell’attore il «suo vero periodo di gloria» (ibid., p. 74).
Nel 1870-71 Monti entrò in qualità di ‘primo attore assoluto’ nella nuova compagnia formata da Giacinta Pezzana con Guglielmo Privato e Carlo Romagnoli. Fu poi ‘primo attore’ e direttore della compagnia Sadowsky ‘numero due’, in attività dal 1873 al 1877, accanto agli attori Carlo Lollio, Giuseppe Rodolfi, e alle attrici Enrichetta Zerri Grassi, Teresa Boetti, Enrichetta Lollio. Con questa formazione, dopo Alamanno Morelli (1850), Ernesto Rossi e Tommaso Salvini (1856), Monti affrontò Amleto.
Il 16 luglio 1873 l’attesa prima andò in scena all’anfiteatro Corea di Roma, suscitando l’interesse del pubblico e della critica non solo per il paragone con gli inarrivabili precedenti, ma anche per le novità introdotte; oltre alla maggiore fedeltà al testo, sulla stampa fu sottolineata l’umanità del personaggio rispetto all’Amleto di Rossi, che impersonava «un essere quasi sovranaturale» (D’Arcais, 1873, p. 3). Nel 1875 Giovanni Emanuel decise di incarnare il principe di Danimarca anche sulla scia di Monti, attore al quale veniva talvolta accostato come stile recitativo e, inevitabilmente, confrontato (Pessimista, 1876, p. 1). Luigi Rasi (1905, p. 150), anch’egli membro della compagnia Sadowsky, segnala altresì le «magistrali interpretazioni» di Monti in Nerone di Pietro Cossa e, in particolare, in I vassalli di Riccardo di Castelvecchio; Il duello di Lodovico Muratori; Chatterton di Alfred de Vigny; La satira e Parini di Paolo Ferrari, uno dei suoi cavalli di battaglia insieme a Povero Piero di Felice Cavallotti. Tra le interpretazioni più importanti della maturità, anche I Fourchambault di Émile Augier e Lantenac di Stefano Interdonato.
Nel 1877 divenne capocomico con un complesso di artisti tra cui le attrici Enrichetta Zerri Grassi, Giulia Zoppetti e gli attori Angelo Zoppetti, Florido Bertini, Achille Tellini. Dopo aver condotto per molti anni la sua formazione, con la quale portò al successo in Italia L’amico delle donne di Alexandre Dumas figlio e Il matrimonio di Figaro di Riccardo di Castelvecchio dal testo di Beaumarchais, nel 1884 entrò come primo attore nella compagnia diretta da Angelo Diligenti a fianco, ancora una volta, di Giacinta Pezzana. Inizialmente impegnata nelle migliori piazze d’Italia, la compagnia fu poi costretta a ripiegare su quelle periferiche fino allo scioglimento nel 1887. All’inizio dello stesso anno Monti ritentò le sorti del capocomicato, fu poi direttore della compagnia Diligenti e nel 1890 formò una compagnia sociale con Angelo Zoppetti. Ma, nonostante i buoni elementi che sempre si alternavano nelle sue formazioni, le difficoltà economiche lo costrinsero a interrompere l’attività. Alla fine del 1890 fu scritturato come primo attore, insieme a Enrico Belli Blanes, nella compagnia Gustavo Modena diretta da Adelaide Tessero e Pier Giacinto Giozza.
Era in tournée quando fu chiamato all’Accademia dei filodrammatici di Milano per sostituire Giuseppe Giacosa nella carica di direttore della Scuola di recitazione; costretto dai debiti, accettò l’offerta e all’inizio del 1891 abbandonò prematuramente il teatro per assumere i nuovi impegni (fu nominato istruttore e poi direttore) «non lasciando ogni tanto, di mostrarsi al pubblico sotto le spoglie di quei personaggi che più gli acquistaron fama di eletto artista» (Rasi, 1905, p. 150). Nell’ottobre del 1898 fu, infatti, al politeama Gerbino di Torino con la compagnia del Teatro d’arte per alcune «recite straordinarie» (Povero Piero e La satira e Parini) organizzate nell’ambito dell’Esposizione internazionale. Dal 1892 assunse anche l’incarico di insegnante di arte scenica, materia obbligatoria per gli alunni di canto, al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.
Morì a Milano il 16 giugno 1903. Lasciò la moglie Anna Stokes e i figli Guglielmo e Alberto.
Privo della prestanza fisica di molti suoi colleghi a causa della «statura un po’ bassa» e della «costituzione fisica un po’ gracile» (Leonelli, 1944, p. 112), dotato di «una voce che al tempo veniva considerata sgraziata» (Livio, 2004, p. 214), Monti dovette sopperire «coll’intelligenza ai mezzi» (J. Weelman di Terranova, 1880, p. 19; la mancanza dei mezzi scenici di Monti era già stata rilevata da F. Verdinois, A teatro, in Corriere del mattino, 1878, p. 3). «Attore misurato e tranquillo», secondo G. Pozza (Cronache Teatrali, p. 28), fu apprezzato soprattutto per la «finezza della recitazione» (Enc. dello spettacolo). Questa caratteristica lo allontanò dallo stile recitativo precedente e lo pose tra i protagonisti del processo di rinnovamento che investì il teatro italiano alla fine dell’Ottocento. Ruggero Ruggeri, che incontrò Monti nella compagnia Gustavo Modena nel 1890, lo considerò un maestro dal quale trarre gli atteggiamenti signorili, distaccati, di correttezza, di perfetta dizione, in contrapposizione all’enfasi grandeattorica. Si impose all’attenzione non solo per gli indiscussi meriti artistici, ma anche perché furono riconosciute dai critici del tempo, anche se non sempre apprezzate (per G. Pozza la sua recitazione era monotona), le novità introdotte nello stile recitativo, nell’uso della voce, nella fedeltà ai testi, che verranno sviluppate in modi e con esiti diversi dalla generazione successiva.
Fonti e Bibl.: Necr. in Corriere della sera, 16 giugno 1903; L’arte drammatica, XXXII (1903), 34, p. 2; Il Piccolo Faust, XXIX (1903), 24, p. 4; A. Colomberti, Memorie di un artista drammatico (1872), a cura di A. Bentoglio, Roma 2004, pp. 612, 616, 639; Id., Dizionario biografico degli attori italiani: cenni artistici dei comici italiani dal 1550 al 1780 ... continuati fino al 1880 (1880), a cura di A. Bentoglio, II, Roma 2009, pp. 74 s.; Pasquino, Spettacoli nella capitale, in L’arte drammatica, II (1873), 39, p. 2; F. D’Arcais, Amleto- M., Amleto-Rossi, ibid., p. 3; Pessimista [F. Cameroni], M. ed Emanuel ossia i due giovani Amleti, ibid., V (1876), 49, p. 1; F. Verdinois, A teatro, in Corriere del mattino, VI (1878), 345, p. 3; J. Weelman di Terranova [G. Emanuel], Rossi o Salvini? Risposta ad un articolo del giornale Lo Sport di Napoli, Bologna 1880, pp. 8, 18 s.; G. Pozza, «Contagio» di E. Augier, in Corriere della sera, 6-7 gennaio 1887, ora in Cronache teatrali di Giovanni Pozza (1886-1913), a cura di G. A. Cibotto, Vicenza 1971, pp. 28 s.; Lettera di L. M. a I. Polese, in L’arte drammatica, XIX (1890), 44, pp. 3s.; L. Rasi, I comici italiani, II, Firenze 1905, pp. 149 s.; G. Cauda, Astri e meteore della scena drammatica, Savigliano 1911, pp. 17-20; Id., Nel regno dei comici, Chieri 1912, pp. 48-52; F. Mompiello, Il R. Conservatorio di musica «Giuseppe Verdi» di Milano, Firenze 1941, p. 106; Enc. biografica e bibliogr. Italiana, N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, II, Roma 1944, pp. 111 s.; S. Bajini, Accademia dei Filodrammatici di Milano. Due secoli 1796-1996, Milano 1996, pp. 198 s., 207 s.; A. Petrini, Attori e scena nel teatro italiano di fine Ottocento. Studio critico su Giovanni Emanuel e Giacinta Pezzana, Torino 2002, pp. 38, 43 s.; G. Livio, Mito e realtà dell’attore primonovecentesco, in Ariel, XIX (2004), 2-3, pp. 214-218; L. Mariani, L’attrice del cuore. Storia di Giacinta Pezzana attraverso le lettere, Firenze 2005, pp. 62 s., 607 e passim; Enc. dello spettacolo, VII, col. 795, s.v.; Enc. Italiana, XXIII, p. 769.