MERELLO, Luigi
– Nacque a Zoagli, nella Riviera Ligure di Levante, presso Rapallo, il 12 marzo 1849 da Matteo Gaetano, marinaio, e Angela Denegri, tessitrice di seta.
Dopo aver compiuto gli studi a Chiavari, intorno alla metà degli anni Sessanta si trasferì a Sassari, dove intraprese il commercio di prodotti agricoli.
Il M. si inserì in un ambiente che si era venuto strutturando prima dell’Unità, quando numerosi negozianti e mercanti liguri avevano compiuto importanti investimenti nel sistema dei trasporti marittimi, nel commercio dei prodotti agricoli, nei lavori pubblici, nelle risorse minerarie e anche nelle foreste, nelle saline, nelle tonnare, ponendo le basi, con il passare del tempo, di un controllo pressoché monopolistico delle principali risorse dell’isola.
Nel 1868 il M. passò a Cagliari, avendo ereditato l’impresa commerciale del suocero. Fu, probabilmente, in quegli anni che si specializzò nel commercio dei grani, decidendo tuttavia di integrare il commercio cerealicolo con la trasformazione del prodotto. Nel 1879 rilevò un vecchio molino in stato di abbandono alla periferia della città e lo ristrutturò, impiantandovi macchinari a vapore di tipo anglo-americano con 5 palmenti e una forza motrice di 140 cavalli. Per far funzionare queste nuove tecnologie di produzione, il M. assunse alcuni esperti tecnici tedeschi che sovrintesero al lavoro di alcune decine di operai. Nel corso degli anni successivi la produzione raggiunse i 110.000 quintali di farina di grano tenero e di grano duro e furono macinati anche grandi quantitativi di grani importati. Il molino dell’Annunziata rappresentò uno fra gli stabilimenti industriali più importanti di Cagliari e una delle realizzazioni di punta dell’ancora debole sviluppo industriale dell’isola; nonché uno degli episodi di rilievo della timida modernizzazione dell’industria molitoria italiana.
Le iniziative imprenditoriali del M. si estesero anche verso altre regioni. Nel 1885, infatti, a La Spezia fu costituita la società in accomandita Luigi e Giacomo frat. Merello e C. per l’esercizio di un moderno impianto molitorio, che entrò in funzione nel 1886, riproponendo la fortunata esperienza cagliaritana in un’area portuale strategica per la facilità del rifornimento di grano via mare. Nel 1889 la società si sciolse e il M. rimase unico proprietario della Ditta Luigi Merello.
Il M. seppe cogliere le favorevoli opportunità che a partire dal 1887 furono concesse anche al settore molitorio con l’introduzione della forte protezione doganale che, per quanto riguarda il «macinato», fu aumentata nell’ultimo decennio del secolo addirittura del 128%. Gli alti prezzi garantiti ai produttori di farine, anche a quelli meno efficienti, consentirono alti livelli di profitto all’impresa del M. che produceva con impianti moderni, ancora potenziati nel corso degli anni Novanta.
I profitti crescenti furono investiti in altre attività, alcune delle quali connesse con quella molitoria. Tra il 1892 e il 1893 il M. costituì la Società delle strade ferrate del Campidano, che costruì una linea tranviaria entrata in funzione nel settembre 1893, che collegava Cagliari con i cinque maggiori Comuni del Campidano. Essa favorì lo sviluppo della commercializzazione non solo dei grani ma anche del vino e del formaggio, che rappresentavano le principali risorse agricole dell’area, oltre che la formazione di un’unica grande conurbazione e l’afflusso di manodopera in città. Il M. gestì la linea tranviaria sino al 1911, quando la cedette all’imprenditore Amsicora Capra, proprietario della società Vinalcool.
Negli stessi anni sono documentati interessi del M. anche nel settore minerario dell’Iglesiente, nella gestione delle tonnare di Carloforte e dell’isola di Sant’Antioco e nel Banco Solla & Deplano, istituto di credito cagliaritano.
La rete d’affari creata dal M., soprattutto nella provincia di Cagliari, gli valse l’ingresso nel consiglio di amministrazione della filiale cagliaritana della Banca d’Italia e in quello della locale Camera di commercio. Egli si impegnò anche in campo politico, schierandosi con i gruppi della sinistra sarda, facente capo a Francesco Cocco Ortu. Fu eletto per la prima volta al Parlamento nel 1890, in rappresentanza del I collegio di Cagliari. Successivamente fu deputato di Lanusei dal 1892 sino al 1904.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo il centro degli interessi economici del M. si spostò in Liguria, in particolare a La Spezia. La cittadina ligure stava vivendo un periodo di forte crescita economica e demografica, legata allo sviluppo dell’attività portuale e delle attività industriali che ivi si erano localizzate. Il M. fu uno tra i maggiori protagonisti di questa trasformazione, sia come esercente di uno dei principali opifici cittadini, sia giocando un ruolo fondamentale nell’organizzazione degli interessi economici. Egli, infatti, fu uno dei promotori della Camera di commercio di La Spezia, costituita nel 1902, e ne divenne il primo presidente.
Negli anni successivi egli incrementò i suoi investimenti in Liguria. Scarsi sino al 1906, ammontando complessivamente a circa 230.000 lire, crebbero notevolmente arrivando a superare nel 1910 i 5,7 milioni di lire, spaziando dal settore alimentare a quello metalmeccanico, al settore tessile della iuta, a quello chimico, a quello bancario. Tuttavia, tali investimenti rimasero concentrati in misura largamente prevalente nel settore della macinazione del grano, dei cui aspetti produttivi, commerciali e politici il M. aveva una conoscenza approfondita. Tra il 1905 e il 1906 egli decise di fondare, di concerto con altri importanti esponenti dell’industria molitoria genovese, come i gruppi Ravano e Bozano, una società che ebbe una posizione centrale nel mercato italiano delle farine, la Esercizio Molini, con sede a Genova, dotata, all’atto della fondazione nel 1906, di un capitale di 10 milioni.
La Esercizio Molini, cui i diversi gruppi industriali affidarono la gestione dei loro numerosi stabilimenti, compresi anche gli impianti di Cagliari e La Spezia, il cui valore al momento della creazione della società fu stabilito in 3 milioni di lire, rappresentò una holding di settore, che aveva il preciso compito di limitare la concorrenza tra le imprese, nel quadro di un mercato che assumeva sempre più caratteri oligopolistici. La Esercizio Molini – il cui capitale fu sottoscritto dal M., che ne divenne uno dei vicepresidenti, dalla Molini liguri, dalla Molini Alta Italia e dalla Semoleria italiana – controllava a sua volta altre aziende quali la Molini veneto-emiliani, la Società meridionale di macinazione, il Pastificio ligure già Cassanello & C. In quegli anni il settore molitorio, insieme con la siderurgia, la meccanica pesante e il settore zuccheriero, rappresentò uno dei pilastri del capitalismo genovese.
Parallelamente il M. approfondì i suoi interessi nel settore del credito e della banca, presumibilmente per fornire adeguati sostegni creditizi alle imprese della Esercizio Molini. Il suo rapporto con il Banco di Chiavari, importante istituto locale della Riviera di Levante, era nato nel 1898, quando aveva ottenuto l’accesso allo sconto cambiario e l’apertura di un conto corrente. Nel 1905, dopo una serie di contatti con il direttore del Banco Nicola Dall’Orso, sottoscrisse interamente le 32.000 nuove azioni che costituivano l’aumento del capitale del Banco, per un valore superiore a 1,7 milioni di lire, diventandone il principale azionista. Nel 1906 il M. entrò quindi a far parte del consiglio di amministrazione e nel 1907 assunse la carica di presidente, che conservò sino alla morte.
L’ingresso del M. rappresentò un salto di qualità nella dimensione operativa del Banco, poiché inserì l’istituto in una rete di relazioni che travalicò l’orizzonte locale. In particolare fu rilevante il coinvolgimento del Banco nel settore molitorio, soprattutto a partire dal 1910, con aperture di credito in conto corrente e allo scoperto verso società facenti capo alla Esercizio Molini.
Il M. morì a Genova il 10 genn. 1916.
Grazie alla rilevante ricchezza accumulata, la cui sola quota mobiliare era stimabile intorno al 1910 a oltre 9 milioni di lire, il M. operò un’intensa attività di beneficenza. A partire dal 1913, per esempio, fece costruire una colonia elioterapica a Bergeggi, presso Savona, donandola alla Società per la lotta contro la tubercolosi di Genova e, alla sua morte, lasciò alla città di Cagliari l’Opera pia Luigi e Luigia Merello, dotandola di un consistente capitale.
Fonti e Bibl.: Notizie biografiche sul M. in T. Sarti, Il Parlamento italiano nel cinquantenario dello statuto, Roma 1898, p. 374; In memoria di L. M.: discorsi e commemorazioni, Genova 1916; La morte di un benefattore. L’on. comm. L. M., in Il Secolo XIX, 11 genn. 1916. Sull’attività del M. in Sardegna: A. Marongiu, L’opificio arriva in città, in Almanacco di Cagliari 1977, XII (1977), pp. n.n.; G. Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l’Unità, Bari 1986, ad ind.; G.G. Ortu, Economia e società rurale in Sardegna, in Storia dell’agricoltura italiana in Età contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, Venezia 1990, pp. 353 s.; L. Del Piano - A. Sirchia - P. Fadda, Uomini e industrie. Settant’anni di storia dell’Associazione provinciale degli industriali di Cagliari nell’evoluzione dell’economia sarda, Cagliari 1995, passim; G.G. Ortu, Tra Piemonte e Italia. La Sardegna in età liberale (1848-1896), in Storia d’Italia (Einaudi), Le Regioni dall’Unità a oggi, La Sardegna, a cura di L. Berlinguer - A. Mattone, Torino 1998, p. 257; M.L. De Felice, La storia economica dalla «fusione perfetta» alla legislazione speciale (1847-1905), ibid., pp. 321, 348. Sugli interessi del M. a La Spezia, qualche spunto in R. Cassanelli, La Spezia. Fotografia e immagine pubblicitaria 1860-1915: una pagina dello sviluppo economico italiano, a cura di E. Di Marini - M. Sassetti, Milano 2002, ad indicem. Sugli investimenti del M. in Liguria: G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, II, 1883-1914, Milano 1973, pp. 11, 239-243, 420, 698-700. Sul M. e il Banco di Chiavari: M. Doria, Il Banco di Chiavari e della Riviera Ligure. Storia di una banca nel suo territorio 1870-1954, Genova 2001, pp. 55, 83-87.
R. Tolaini