MATTEUCCI, Luigi
– Nacque a Livorno il 24 genn. 1772 da Silvio Antonio, medico e possidente, e da Anna Rossetti. Studiò dapprima nel collegio dei barnabiti della sua città e poi giurisprudenza nell’ateneo di Pisa. Laureatosi, si trasferì a Firenze, per fare pratica forense presso lo studio di T. Magnani, e successivamente, nel 1796, a Lucca. La sua preparazione come giurista, insieme con il desiderio dei dirigenti dell’antica Repubblica di allargare le basi del ceto oligarchico atto al governo, gli valsero la concessione, il 20 sett. 1797, della cittadinanza originaria, cioè di un titolo nobiliare. Nella relazione dei deputati proponenti si legge «che [il M.] esercitava con lode la sua professione ed aveva famiglia comodamente provveduta di beni di fortuna». Fu quindi ammesso nella classe di governo e nel 1798 inviato a Milano, capitale della Repubblica Cisalpina, con il delicato compito di tentare di salvare l’indipendenza della Repubblica lucchese dall’espansionismo francese.
Fallita la sua missione, il M. continuò ugualmente a partecipare alla vita pubblica nella nuova Repubblica, democratizzata e posta sotto protettorato francese. Nel giugno 1805 Napoleone decise di assegnare Lucca e il suo territorio, trasformati in principato, alla sorella Elisa, sposata con Felice Baciocchi e già (dal marzo di quell’anno) principessa di Piombino. Secondo la Costituzione emanata il 24 giugno, il governo doveva essere retto da due soli ministri, che avrebbero dovuti essere, la prima volta, scelti da Napoleone. Il 27 dello stesso mese Napoleone nominò titolare della Giustizia, dell’Interno e degli Esteri il M., cui toccò anche la reggenza dello Stato e, dunque, il compito di instaurare il nuovo regime, in attesa dell’arrivo dei principi. Tra le varie competenze del M. rientravano anche l’istruzione, l’agricoltura e il commercio. Il 31 dic. 1807 assunse il titolo di «gran giudice», da quella data spettante ai titolari del dicastero della Giustizia. Dal 1810, inoltre, gli fu attribuita anche la competenza sulle forze armate e sulla polizia, cariche che mantenne fino alla sconfitta di Napoleone.
Nel 1807 venne promulgato nel Principato un codice penale, che precedette di tre anni quello francese.
Il testo lucchese, compilato da alcuni giuristi e avvocati, tra cui il M., era ispirato alle più illuminate dottrine del tempo, in primo luogo quella di C. Beccaria, e migliorava in modo significativo l’antica legislazione. Le pene erano fortemente mitigate, erano abolite la forca, le mutilazioni, la tortura, la confisca e il diritto d’asilo.
Ma, nello stesso 1807, il Principato, insieme con il resto della Toscana, fu annesso all’Impero francese pur rimanendo di fatto il governo granducale affidato a Elisa Baciocchi: così, approvato nel 1810 il codice penale napoleonico, quello lucchese, per effetto di un decreto imperiale del 30 novembre, venne ridotto a norma residuale e alcune delle sue leggi più avanzate svanirono nel nulla.
Nel 1811 il M. fu inviato da Elisa a Parigi per portare i suoi auguri al fratello in occasione della nascita del re di Roma. In quell’occasione riuscì a convincere il ministro della Guerra francese, il generale H.-J.-G. Clarke, a mantenere per Lucca l’esenzione dalla coscrizione obbligatoria.
Il 3 marzo 1814 gli Inglesi guidati da lord W. Bentinck sbarcarono a Livorno costringendo i sovrani a fuggire. Il Senato lucchese si fece allora promotore della formazione di una deputazione di governo, composta da nove membri; alcuni di essi rinunciarono all’incarico e così il M., in un primo momento rimastone fuori, entrò nell’esecutivo. Fu dapprima titolare della deputazione della Giustizia, poi anche presidente del governo che rimase in carica fino al 4 maggio dello stesso anno. Nel marzo 1815 J. von Werklein, rappresentante dell’imperatore d’Austria e di fatto governatore di Lucca, nominò un nuovo esecutivo e al M. furono affidati gli Interni e la Giustizia.
Alla caduta di Napoleone, il nuovo governo lucchese aveva sequestrato diversi beni della famiglia Baciocchi che però ne chiese la restituzione, dichiarando che facevano parte del proprio patrimonio privato. A decidere della questione fu investito il magistrato C.G. Londonio, il quale, pur non avendo accolto in pieno le richieste dello Stato, che erano state formulate dal M., inflisse agli ex principi pesanti condanne.
In quello stesso periodo il M. svolse anche il delicatissimo compito di rappresentare le istanze di Lucca, desiderosa di conservare la sua secolare autonomia, al congresso di Vienna. Qui fu stabilito che i Borbone di Parma, costretti a cedere il loro Ducato a Maria Luisa d’Austria, avrebbero avuto, fino alla morte di questa, il governo di Lucca, che in seguito sarebbe stata riunita alla Toscana: l’autonomia era, dunque, conservata solo temporaneamente.
Maria Luigia di Borbone, nuova duchessa di Lucca, ricevette prima del suo arrivo in città una lunga lettera anonima che la esortava a diffidare del M., che venne così escluso dal governo e si ritirò a vita privata.
Nel 1824 si trasferì a Firenze, chiamatovi dal granduca Leopoldo II che lo inviò come ambasciatore a Parigi; nel 1825, però, fu costretto a rinunciare all’incarico e a ritornare in Italia per la grave malattia di uno dei figli, Francesco. Fu quindi nominato dallo stesso granduca membro del Consiglio di giustizia e incaricato di compilare un nuovo codice civile, che, però, non entrò mai in vigore. I lavori preparatori svolti dal M. furono tuttavia ripresi nel 1847 dalla commissione di giuristi formata per la redazione di un nuovo codice.
Il M. morì a Firenze, mentre era vicepresidente della Consulta di Stato, il 7 ag. 1841. Sposato con Angiola Tomei Albiani di Pietrasanta, fu padre dello scienziato Felice.
Fonti e Bibl.: Necr., in Gazzetta di Firenze, 2 sett. 1841; Boll. officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, I (dal 4 giugno al 31 dic. 1805), Lucca 1807; C.G. Londonio, Risposta a favore dello Stato di Lucca alle dimande avanzate dagli ex-principi, Lucca 1816; A. Mazzarosa, Storia di Lucca dall’origine fino a tutto il 1817, in Id., Opere, IV, Lucca 1833, p. 303; C. Sardi, Lucca e il suo Ducato dal 1814 al 1859, Firenze 1912, p. 5; Storia del diritto italiano, diretta da P. Del Giudice, II, Legislazione e scienza giuridica dal XVI sec. ai giorni nostri, Milano 1923, pp. 169, 239; S. Bongi, Inventario dell’Archivio di Stato in Lucca, Lucca 1999, pp. 103-106; F. Colao, Progetti di codificazione civile nella Toscana della Restaurazione, Bologna 2000, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, p. 532.