GRASSI, Luigi Maria (al secolo Luigi Giuseppe)
Nacque a Mondovì il 7 marzo 1887, da Domenico e Maddalena Morelli. Frequentate le classi elementari e parte delle ginnasiali nella città natale, entrò nel seminario diocesano.
Qui compì gli studi liceali e teologici, coltivando interessi personali quali lo studio di musica, pittura e disegno, e tradusse dal francese alcune opere pedagogico-ascetiche del gesuita J. de Guibert.
Fu ordinato sacerdote il 19 febbr. 1910: destinato viceparroco a Lesegno (nel Cuneese), vi arrivò nell'agosto 1910 e vi rimase tre anni, occupandosi particolarmente della gioventù.
Fondò il circolo giovanile (uno dei primi della diocesi), riorganizzò le scuole di catechismo, favorì lo sviluppo della Cassa rurale, prese parte alle lotte sociali di quegli anni anche attraverso la collaborazione al settimanale diocesano Unione monregalese.
Nel 1913 decise di entrare nell'Ordine dei barnabiti per dedicarsi all'educazione della gioventù. Professati i voti temporanei il 21 maggio 1914, fu destinato alla parrocchia di S. Martino in Asti dove giunse il 31 agosto.
Il G. vi incrementò l'impegno formativo e ricreativo, aggiungendovi quello caritativo con l'assistenza ai poveri e la visita ai malati dell'ospedale; fondò il circolo per i giovani più maturi e curò la pubblicazione di un Annuario parrocchiale (1915) che uscì sempre rinnovato negli anni successivi, fino a che, nel 1921, si trasformò in bollettino (L'Eco di S. Martino).
Scoppiata la prima guerra mondiale, fu chiamato al servizio militare in sanità: il 4 giugno 1916 ritornò ad Asti come aiutante medico all'ospedale di riserva S. Chiara e poi all'ospedale militare Maria Ausiliatrice, dove ricevette la destinazione per l'ospedale da campo in formazione nell'alta Macedonia, che raggiunse alla fine di ottobre. Il 15 luglio 1917 venne nominato cappellano militare del 45° sanità, con sede a Pianezze, presso Vicenza.
A Pianezze poté svolgere varie iniziative pastorali per la truppa e la popolazione; il 27 dicembre partì volontario col 145° reparto someggiato destinato all'altipiano di Asiago, in luogo assai battuto dall'artiglieria austriaca. Successivamente, il 26 marzo 1918, venne traslocato al 24° reparto fanteria di linea, alle pendici nordorientali del Grappa; qui condivise la vita di trincea coi suoi soldati e fu decorato con croce di guerra e medaglia d'argento al valor militare.
Congedato il 29 sett. 1919, tornò alla sua comunità in Asti, dove riprese il lavoro pastorale ed educativo e professò i voti solenni (13 ott. 1920). Fu prefetto dell'oratorio e del circolo giovanile, assistente al doposcuola, docente di religione nelle scuole tecniche e alle educande della Purificazione. Assunse pure la cura della chiesa di S. Rocco, quindi fu nominato assistente diocesano della gioventù femminile di Azione cattolica. Dopo un periodo di malattia, riprese l'attività il 5 ott. 1925 presso il collegio Alla Querce di Firenze, dapprima come aiutante del vicerettore poi, dal settembre 1926, come vicerettore. Nel settembre 1928 fu trasferito a Moncalieri, come vicerettore del collegio Carlo Alberto, di cui nel 1929 divenne rettore. Nei mesi di giugno e luglio 1932 il G. accompagnò il superiore generale F.M. Napoli nella visita canonica alle case di Francia e Belgio.
Nel marzo 1933, a Roma, venne preconizzato vescovo di Alba e quindi, nel maggio, consacrato dall'arcivescovo di Torino card. M. Fossati.
Il suo magistero non si cimentò con sottigliezze teologiche o spirituali, ma fu piano ed essenziale. Nelle lettere pastorali raccomandò l'incremento della vita parrocchiale, come linfa che dal ceppo si deve estendere a tutte le ramificazioni dell'organismo; da ciò l'idea di un congresso sulla "parrocchialità", annunciato dalla pastorale del 1937 (Speranze e promesse del Congresso della parrocchialità), preparato da una serie di iniziative e realizzato poi, il 2-4 sett. 1937, alla presenza di 50.000 congressisti e 11 vescovi: la parrocchia era per lui al centro della vita ecclesiale e ne diede quindici nuove alla diocesi, dove impiantò pressoché ovunque la Conferenza di S. Vincenzo. Nel suo ministero pastorale il G. dette particolare cura alla formazione del clero, seguendo personalmente la vita dei due seminari.
L'episcopato del G., tra i tardi anni Trenta e i Quaranta, si segnalò particolarmente per la conflittualità insorta sia col federale fascista di Alba sia col prefetto di Cuneo, particolarmente infastiditi dal proselitismo nell'Azione cattolica che aveva tesserato il 17% dei diocesani; già non buoni in precedenza, nel biennio 1937-39 questi rapporti divennero pessimi: nella quaresima 1938 il G. pubblicò la pastorale Invito alla verità in cui, sia pur ancora con qualche diplomatica lode al regime, stigmatizzava gli errori dogmatici e morali tendenziosamente diffusi; nel fascismo egli vedeva "la presuntuosa ostinazione di una minoranza non vagliata dal suffragio popolare e non confortata dal viatico ecclesiastico a reggere da sé sola le sorti del paese" (Mola). Il giornale diocesano La Gazzetta d'Alba, che godeva molto credito nell'opinione locale, scendeva spesso in polemica aperta contro il regime. Quando venne il divieto di portare in pubblico il distintivo dell'organizzazione cattolica il G. invitò esplicitamente i giovani alla disobbedienza; ciò provocò, nel settembre 1939, l'intervento dell'ambasciatore d'Italia presso la S. Sede e un richiamo al G. da parte della segreteria di Stato vaticana.
Il periodo più tormentato del suo episcopato, comunque, fu quello tra l'8 sett. 1943 e il 26 apr. 1945, quando il G. si trovò a fronteggiare le ingerenze nella vita della diocesi, sia degli esponenti della Repubblica sociale italiana e delle truppe tedesche d'occupazione, sia quelle della Resistenza partigiana. In particolare il G., il 10 sett. 1943, favorì con il suo intervento la liberazione dei soldati del presidio di Alba, rinchiusi dai Tedeschi in carri bestiame alla stazione ferroviaria, pronti alla deportazione; dal luglio 1944 partecipò a numerosi scambi di prigionieri, fungendo da mediatore in varie e diverse occasioni fra Tedeschi e partigiani, finché il 10 ott. 1944 i nazifascisti, per mancanza di un presidio sufficiente a proteggerli, grazie alla mediazione del G. si risolsero ad abbandonare ai partigiani senza danni e senza spargimento di sangue Alba e i suoi immediati dintorni; ma il 22 ottobre, tornati in forze, pretesero di rioccuparla. Stavolta l'intervento del G. non ebbe successo e la città, il 2 novembre, venne presa d'assalto. Dopo il 25 apr. 1945 il G. si prodigò, invece, per salvare i fascisti prigionieri che i capi partigiani locali, contro gli ordini del Comitato di liberazione, volevano sottoporre a giustizia sommaria (l'intera vicenda del periodo 1943-45 è narrata nel libro del G. La tortura di Alba e dell'Albese, Alba 1946; 2ª ed., ibid. 1973). Nel corso di questi anni il G. aveva anche indetto un sinodo diocesano, che non si teneva da più di cento anni, e che ebbe luogo il 12-13 apr. 1944, seguito dalla pubblicazione degli atti (Synodus dioecesana Albensis a.D. 1944, Albae 1944).
Il G. morì ad Alba il 5 apr. 1948.
Fonti e Bibl.: Alba, Arch. stor. dei vescovi, Visite pastorali, cartt. 2272-2346; Ibid.,Vescovi e vicari generali, cartt. 2629-2715 (specialmente le cartt. 2663, 2665, 2695); Firenze, Arch. del Collegio Alla Querce, Acta Collegii Florentini S. Mariae ad Quercum, II, passim (5 ott. 1925 - 13 sett. 1928); Milano, Arch. provinciale dei barnabiti, Atti di accettazione, vestizione e professione, b. 45, f. 12; Moncalieri, Arch. del Real Collegio Carlo Alberto, Acta Collegii S. Francisci Montiscalerii, III, passim (13 sett. 1928 - 31 dic. 1929); IV, passim (1° genn. 1929 - 11 giugno 1933); Roma, Arch. dell'Ordinariato militare, Rapporti informativi, 27 giugno 1918; Schede matricolari (Stato di servizio), G. L.; Ibid., Arch. stor. dei barnabiti, Acta Collegii Astensis S. Martini ab anno 1913 ad annum 1929, cc. 36-82, 99, 102 s., 113, 137-278, 303; Documenti personali di mons. L. G., GG. 524; Epistolario dei prepositi generali, s. 2, 1922-33 (71 lettere del G. a B. Fraccalvieri e F. Napoli, 28 ag. 1922 - 22 luglio 1933); Status personarum, X.9/d, pp. 391 s.
Per il periodo albese, cfr. in particolare i giornali locali del tempo, quali Sentinella d'Italia (Cuneo), Unione monregalese (Mondovì) e specialmente La Gazzetta d'Alba; necr. in Boll. della Diocesi di Alba, XXVII (1948), 3, pp. 2-5. Vedi ancora: Boll. ufficiale dell'Esercito, 1920, disp. 14, p. 686; R. Segala, Palinodia di un "homo novus", in Vita nostra, novembre 1930, pp. 40-44; [D. Bassi], S.e. mons. L. G. vescovo eletto di Alba, ibid., marzo 1933, pp. 161 s.; G. Boffito, Scrittori barnabiti, II, Firenze 1933, pp. 277 s.; IV, ibid. 1937, p. 408; C. Argenta, S.e. mons. L. G. barnabita, vescovo di Alba, in Eco dei barnabiti, XXVIII (1948), 5-6, pp. 58 s.; Id., Mons. L.M. G. vescovo di Alba, Alba 1950; F. Marchisio, Cappellani militari 1870-1970, Roma s.d., p. 173; A.A. Mola, Introduzione a L.M. Grassi, La tortura di Alba e dell'Albese, 1973, cit.; S. De Ruggiero - V. Colciago, Menologio dei barnabiti dal 1539 al 1976, Roma 1977, p. 129; Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, III, 1, sub voce.