FABRIS, Luigi Maria
Nacque a Vicenza il 6 dic. 1805, da Antonio ("detto Fiorindo mercatante, il quale fino a che visse seppe tesaurizzare per la terra e per il cielo") e da Maria Rossi. Non si sa quasi nulla degli anni della sua formazione. Compiuti gli studi in patria e ordinato sacerdote, fu elevato a canonico onorario della cattedrale nel 1844 dal vescovo G. G. Cappellari. Appena si trovò in possesso del pingue patrimonio legatogli dal padre, volle servirsene per opere filantropiche: avendo constatato che esistevano a Vicenza vari istituti per l'educazione dei giovani meritevoli, ma nessuno che si occupasse dei traviati, decise di dedicarsi specialmente a loro. Fatto acquisto di un grande e salubre edificio con cortile ed orto in contrada Ss. Apostoli, lo attrezzò, e diede inizio alla sua attività il 31 ott. 1836 (altre fonti indicano il 24 novembre), ottenendo l'approvazione dell'imperial regio governo di Venezia il 14 dicembre successivo, rinnovata il 17 maggio 1838 ed ampliata il 12 nov. 1840, nonché quella di Gregorio XVI il 21 genn. 1841, mentre l'arciduca viceré si nominò "protettore" dell'iniziativa con dispaccio 21 giugno 1841. I giovani inizialmente assistiti furono dodici, ma già nel 1839 erano saliti a ventiquattro.
L'organizzazione dell'istituto ed i metodi adottativi sono minuziosamente illustrati dal F. stesso in un opuscolo contenente i regolamenti statutari, che dovette anche servire da veicolo pubblicitario per la raccolta di aiuti, per cui fu largamente diffuso nel Lombardo-Veneto e all'estero. Si tratta del Piano organico fondamentale del nuovo istituto di educazione dei figlipoveri abbandonati, vagabondi, scostumati, che si dicevano berecchini, ora figlidella Carità, e di correzione pei giovani civili pressoché incorreggibili, aperto in Vicenza dal sacerdote Luigi-Maria Fabris l'anno 1836-37, Vicenza 1838 (esiste una seconda edizione accresciuta, Padova 1840).
Le regole dell'istituto, di cui il F. si definisce "istitutore [fondatore], direttore e proprietario", sono abbastanza singolari. Anzitutto, come già accennato, vi erano ammessi giovani solo se "abbandonati e ribaldi", dell'età di 8-14 anni, che sarebbero stati ospitati fino ai 18, a condizione di poter presentare un certificato di "quasi incorreggibilità", rilasciato dal parroco e dal capocontrada. Essi avrebbero ricevuto lettol vitto e uniforme (bottoni con l'immagine di S. Gaetano e il motto "Figli della Carità"), nonché vari tipi di istruzione. Le punizioni contemplate erano relativamente miti, andando da un massimo di sei ore di reclusione e un giorno a pane e acqua (raddoppiabili per recidiva) alla semplice privazione della ricreazione, mentre erano assolutamente vietate "le penitenze di verga e di bastone". L'istruzione era mista, in parte all'interno della casa ed in parte (quella letteraria per i più dotati) presso le scuole cittadine, con l'accompagnamento di un "custode". L'insegnamento interno era molto curato per le arti ed i mestieri, per cui esistevano nell'istituto sei officine (fabbro, falegname, stipettaio, calzolaio, sarto, tornitore), con la possibilità per chi preferisse altre specializzazioni di fare apprendistato all'esterno, purché desse prova di buona condotta, e, per i lavori agricoli, di essere sistemato in campagna, dopo aver frequentato le due prime classi. Erano contemplati anche una scuola di disegno, una di musica vocale ed un corso di preparazione premilitare. I guadagni ottenuti con i lavori o con i premi di merito venivano consegnati ai giovani al momento del congedo; in compenso questi dovevano a turno occuparsi del funzionamento della casa e della cucina, assumendo alcune responsabilità. Esisteva un'infermeria organizzata, ed il trattamento era generalmente ispirato ad una "ferma dolcezza" e contemplava premi di merito abbastanza rilevanti (fino a lire 100), anche se poi, in linea con la pedagogia corrente, vi era, per esempio, l'obbligo di ringraziare per le punizioni.
Con il F. collaborarono gratuitamente il sacerdote G. Bernardi, vicedirettore e catechista, P. Menegotto, medico chirurgo, A. Alverà, medico fisico, G. Marangoni, oculista e istruttore militare, e il sacerdote B. Anzetti per la musica. La maggior parte delle spese era sostenuta dal F., con l'aiuto di qualche contribuzione, e del gettito di un'altra sezione dell'istituto, riservata ai "giovani civili" che venissero internati per correzione dalle loro famiglie, dietro pagamento della retta giornaliera di una lira austriaca.Il governo fu largo di encomi, ma non di sovvenzioni: l'arciduca viceré Ranieri onorò l'istituto di due visite, il 28 apr. 1838 e il 30 apr. 1840, mentre l'imperatore Ferdinando I vi si recò il 30 sett. 1838, conferendo al F. una "medaglia al merito civile con nastro". Ma proprio le difficoltà economiche portarono l'istituzione a languire, fino all'estinzione avvenuta fra il 1846 e il 1848.
Il 1848 determino un repentino mutamento delle posizioni politiche e della vita del F., che fino ad allora si era sempre mostrato devotissimo all'imperial regio governo. Nelle giornate susseguenti al 13 aprile di quell'anno, infatti, ebbe luogo a Vicenza l'uscita allo scoperto di un nutrito gruppo di moderati che, pur favorevole alla rivoluzione antiatistriaca, non condivideva le posizioni repubblicane autonomiste assunte dal Manin a Venezia e preferiva l'unione del Veneto alla Lombardia con la creazione di un'unica Assemblea parlamentare, sotto l'egida dei Savoia. Questo movimento, che sfocierà poi nella costituzione del Circolo vicentino dell'Unione italiana, ebbe la sua nascita proprio in casa del canonico F. la sera del 24 aprile: vi si riunirono una cinquantina di maggiorenti, che affidarono la presidenza del circolo a C. Pradella. Alla seconda riunione, due sere dopo, i congregati erano già un centinaio e vennero fissate adunanze ordinarie due volte alla settimana.
Questa svolta politica del F. fu giudicata negativamente da alcuni, i quali - come il cronista G. Da Schio - manifestavano dubbi sulla sincerità dei suoi sentimenti patriottici ("non so se per opinione vera, o per paura, o per vendetta nel vedersi dal governo austriaco onorato ma non soccorso nel suo Istituto che lo rovinava").
Comunque, il 4 maggio, abbandonata ogni prudenza, il F. scese in piazza con un proclama a stampa, Cittadini! Viva la libertà. Lettera ai suoi concittadini, 4 maggio 1848 (Vicenza 1848), e ancora più vivacemente il 10 maggio con Cittadini! vincere o morire. Lettera ... (ibid. 1848), accompagnando questa volta il foglio con l'offerta della medaglia d'oro avuta in dono dall'imperatore nel 1838; concluse infine il giorno 20 con Decisione estrema. Lettera del 20 maggio 1848 (ibid. 1848).
Alla restaurazione austriaca non risulta che il F. si sia più occupato di politica. Dopo la chiusura dell'Istituto dei figli della Carità la sua attività filantropica si indirizzò con passione all'assistenza e all'educazione dei sordomuti e all'Asilo della Carità per l'infanzia, di cui divenne direttore e che seguì fino a che gli bastarono le forze.
Poté così coltivare altri interessi e curiosità, che lo porteranno dopo l'Unità alla pubblicazione di alcune opere, come Diario sacro perpetuo per la città e diocesi di Vicenza, ad utilità spirituale dei fedeli, coll'indicazione delle funzioni e delle indulgenze per tutto l'anno diviso in quattro trimestri, Thiene 1860; Panegirico di s. Girolamo Miani (o Emiliani) fondatore dei chierici regolari somaschi, recitato agli alunni del pio istituto Manin di Venezia il 20 luglio 1862, Vicenza 1863; Sermone sacro. A don Giovanni Viviani di Vicenza che celebra il suo primo sacrificio, ibid. 1866; Predizione sul tempo buono e cattivo per l'anno 1869, ibid. 1869; ... per l'anno 1870, ibid. 1869, ... per l'anno 1871..., coll'aggiunta delle fiere venete ... e dell'orario sopra il suono delle campane vespertine, ibid. 1870; Predizione sopra le variazioni atmosferiche per l'anno bisestile 1872 in base agli studi e ai sistemi del celebre astronomo prof. Herschel, ibid. 1871; ... per l'anno 1873, ibid. 1872; ... per l'anno 1874 ... con l'aggiunta dei santi d'ogni giorno, ibid. 1873.
Il F. morì a Vicenza più che ottuagenario la notte del 10 giugno 1887., legando per testamento lire 4.000 all'asilo d'infanzia e lire 2.000 al patronato dei fanciulli di S. Pietro.
Fonti e Bibl.: Vicenza, Bibl. civica Bertoliana, mss. G.5.9.5-6, G.6.10.1-11, vol. IV (3390): G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza, cc. 44v-45r; Ibid., Mss. Gonz., 27.5.6 (1849), vol. III: V. Gonzati, Catalogo degli scrittori vicentini, c. 2v; Ibid., ms. 25.9.61: A. Magrini, Diario ined. dei fatti del 1848 (alla data del 24 aprile); Ibid., 25.4.29 (3470): autografo del Panegirico di s. Girolamo Emiliani del F.; G. Formenton, Casa di educazione pei figli della Carità in Vicenza, in Gazz. privilegiata di Venezia, 15 genn. 1839, p. 2; necrologi in IlBerico, 10-11 giugno 1887, p. 3; La Provincia di Vicenza, 10-11 giugno 1887, p. 3; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secoli XVIII e XIX, I, Venezia 1905, pp. 547 s.; G. Fantoni, Reminiscenze vicentine negli anni precursori immediati al 1848, Vicenza 1913, p. 11; S. Rumor, Bibliografia stor. della città e provincia di Vicenza, Vicenza 1916, p. 163; A. M. Della Pozza, Lettere del carteggio dei marchesi Gonzati su Vicenza nel Quarantotto, Firenze 1941, pp. XLI ss., 39 s.; E. Franzina, Vicenza, storia di una città, Vicenza 1980, p. 671; Diz. del Risorg. naz., III, pp. 22 s.; Enc. catt., V, col. 949.