MARANGONI, Luigi
Figlio dell'avvocato Giovanni Giorgio, che aveva collaborato con Daniele Manin all'epoca della Repubblica veneta di S. Marco, e di Ida Brenna, nacque a Venezia il 1° marzo 1872.
Dopo aver completato gli studi classici al liceo Foscarini di Venezia e conseguito la laurea in ingegneria civile il 20 luglio 1894, presso la Regia Scuola di applicazione per gli ingegneri di Padova, il suo padrino, il senatore S. Breda gli offrì subito un posto di lavoro come collaudatore di caldaie a vapore.
Contemporaneamente il M. maturò una vera passione per l'arte e per i monumenti antichi e divenne amico di noti pittori veneziani quali A. Milesi, L. Nono, G. Ciardi, E. Brugnoli, con i quali frequentò l'ambiente delle prime Biennali di Venezia di fine Ottocento.
Dopo pochi anni di matrimonio, perse la prima moglie, Rina Priuli Bon, vedova Nono, e nel 1939 sposò Elena Allegri, vedova Foscolo, che gli sarà compagna fino alla fine.
Fu socio dell'Ateneo veneto dal 10 giugno 1911; in seguito ricoprì la carica di vicepresidente, dal 22 dic. 1929 al 2 febbr. 1934, e quindi fu presidente dell'Ateneo fino al 10 ott. 1937, quando si dimise dall'incarico. Dal 1922 fu membro dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti, del quale fu vicepresidente dal 1946 al 1950.
Impiegato, inizialmente come ingegnere aggiunto presso la Compagnia generale delle acque, ne divenne direttore e ingegnere capo nel 1917, quando morì F. Lavezzari, che ne era stato a lungo responsabile e che tra il 1885 e il 1891 aveva risolto il problema dell'acqua potabile veneziana decidendo di avvalersi di una sorgente sotterranea individuata nel sottosuolo del comune di Trebaseleghe.
Come conseguenza delle conoscenze acquisite sui problemi della laguna, nel 1905 aveva elaborato, con E. Luzzatto e M. Oreffice, un progetto per il nuovo porto di Venezia, che fu pubblicato a cura dei tre autori (Il porto di Venezia: studio di nuove opere marittime, Venezia 1905).
Quale assistente di Lavezzari, nell'estate del 1911, il M. si era attivamente impegnato per la Compagnia lavorando alla sistemazione radicale di tutto l'impianto idrico, danneggiato dall'urto di un barcone contro una delle principali tubature sublagunari. Molti anni dopo, durante la seconda guerra mondiale, il suo intervento fu risolutivo, allorquando, interrotto a causa dei bombardamenti aerei l'impianto sublagunare, fece mettere in opera una gigantesca conduttura provvisoria a cielo aperto lungo il ponte Littorio.
Ma la figura del M. è legata soprattutto alla storia dei restauri della basilica di S. Marco a Venezia.
Pochi mesi dopo il crollo del campanile, avvenuto il 14 luglio 1902, il nuovo proto di S. Marco, M. Manfredi scelse il M. come ingegnere aggiunto, nomina che fu ufficializzata dalla Procuratia il 29 febbr. 1904 con decorrenza retroattiva. Dal 1906 il M. seguì personalmente il cantiere di restauro, intrattenendo una fitta corrispondenza sull'avanzamento dei lavori con il proto Manfredi, che nel frattempo era stato chiamato a Roma per sovrintendere al cantiere del Vittoriano.
La Procuratia di S. Marco lo elesse proto il 14 marzo 1910. Si dimise dall'incarico nel 1948 dopo che il 30 dic. 1947 era stata ricusata la sua proposta di chiamare l'ingegnere Nono come aiuto ai restauri della basilica.
Durante il lungo periodo che vide il M. a servizio del più importante monumento veneziano, si lavorò al rifacimento delle volte dell'Apocalisse e del Paradiso, alla ricostruzione interna ed esterna dell'angolo di S. Alipio, una delle parti più antiche della basilica, che aveva subito il distacco quasi completo dalla facciata, e si studiò il modo di contrastare il lento, ma continuo movimento di quest'ultima verso la piazza.
Nel 1931 si preoccupò della sistemazione del Tesoro di S. Marco. Come piena attuazione della sua capacità di controllare l'antinomia restaurare-conservare, egli sperimentò il restauro dei mosaici senza rimuoverli dalla posizione originaria, dopo aver tolto le murature alle loro spalle. Il "restauro da dietro", che evita di creare l'evidenza dei quadrati di mosaico staccati e riapplicati, è conosciuto come "metodo Marangoni".
Il M. pubblicò diversi scritti sui restauri di S. Marco e sulla storia della basilica, tra i quali Condizioni statiche della basilica (Venezia 1904), una dettagliata e approfondita dissertazione sulle condizioni generali del monumento e sui programmi di restauro, elaborata all'indomani del crollo del campanile, e Opere di restauro, che consiste nel resoconto dei lavori eseguiti negli anni 1905, 1906, 1907, ambedue in collaborazione con M. Manfredi (ibid. 1908); nel 1910, nella collezione di monografie del Touring Club italiano, uscì a Milano La basilica di S. Marco in Venezia; e, verso la fine del suo lungo incarico di proto, nel 1946, pubblicò a Venezia la relazione sull'Urgenza dei provvedimenti per la conservazione della basilica.
Nel 1933 il M. aveva dato alle stampe L'architetto ignoto di S. Marco (Venezia), un compendio delle conoscenze acquisite in trenta anni di studio di ogni dettaglio architettonico, delle fonti e dei testi, delle iscrizioni nascoste nei particolari architettonici e nei mosaici che ricompongono la storia del monumento fin dalle origini, anche attraverso gli interventi di restauro.
Il M. fu inoltre impegnato nella realizzazione di due opere architettoniche: lo scalone del palazzo di Venezia a Roma e la chiesa evangelica a Venezia.
Nell'autunno del 1924 era stato chiamato dal ministro A. De Stefani a far parte di una commissione, presieduta dal conte G. Volpe di Misurata, che aveva il compito di occuparsi della sistemazione del palazzo di Venezia a Roma, passato da pochi anni al Demanio italiano. La direzione di tutti i lavori concernenti il consolidamento del palazzo fu affidata al M., il quale si occupò anche della costruzione della cosiddetta Scala nova, che doveva sostituire quella realizzata da F. Pistrucci nel 1911. I lavori si svolsero in sei anni, dal 1924 al 1930. Lo scalone, situato nell'androne quattrocentesco del palazzo, poggia su pilastri ottagoni sormontati da ricchi capitelli e si compone di cinque rampe che conducono al primo piano e di due rampe e mezzo che portano al secondo.
Nel 1926 progettò e realizzò la piccola chiesa evangelica dedicata a S. Giorgio in memoria dei soldati inglesi caduti sul fronte italiano durante la prima guerra mondiale. Si trova al centro di campo S. Vio, nel cuore di Venezia. Il portale di ingresso fu ornato con battenti in bronzo, statue e un rilievo di S. Giorgio, opera dello scultore N. Martinuzzi.
Come membro del Consiglio superiore di belle arti, nel 1930 fece parte della commissione giudicatrice del concorso per la cattedrale di La Spezia.
Profondo conoscitore dell'architettura d'Oriente, nel 1910 era stato invitato dal governo turco a Costantinopoli per giudicare le condizioni statiche di S. Sofia. Nel 1934 fu chiamato a Gerusalemme dalla Custodia della Terrasanta per valutare lo stato delle strutture della basilica del S. Sepolcro. La relazione, ricca di dati, di disegni e proposte pratiche, fu pubblicata nel volume dedicato a La chiesa del S. Sepolcro in Gerusalemme: problemi della sua conservazione (Venezia 1937). In seguito, nel 1940, con l'architetto A. Barluzzi gli fu richiesto di predisporre un progetto per la realizzazione di una nuova basilica del S. Sepolcro, che fu approvato e pubblicato (L. Marangoni - A. Barluzzi, Relazione del progetto di costruzione di una nuova basilica del S. Sepolcro, in Il S. Sepolcro di Gerusalemme…, Bergamo 1949, pp. 133-145).
Considerato dai contemporanei un grande maestro nell'arte del restauro dei monumenti, fu consulente per la soluzione di problemi di monumenti storici quali: il palazzo di Diocleziano a Spalato; i palazzi comunali di Bologna, Parma, Modena, Trento; la loggia del Capitanato e il palazzo Colleoni-Porto a Vicenza; i palazzi Contarini del Zaffo, Dandolo, Balbi, Lezze, Cavalli a Venezia; la cattedrale di Fano; le chiese del Crocifisso a Taranto, di S. Francesco a Mirandola, di S. Ambrogio a Genova, di S. Stefano a Bologna, dei Ss. Apostoli a Verona, la basilica del Santo a Padova, di S. Andrea a Vercelli; la basilica Eufrasiana di Parenzo; il duomo di Grado; il Castelnuovo (Maschio Angioino) di Napoli; la porta fortificata di Borgo a Sirmione.
Il M. morì il 25 ag. 1950 nella sua casa di vacanza a Mas di Vallada, in provincia di Belluno. Nel 1939 era stato nominato accademico d'Italia.
Fonti e Bibl.: G. Lorenzetti, In memoriam. L. M., in Arte veneta, IV (1950), p. 146; A.A. Micheli, Commemorazione del membro effettivo ing. L. M., in Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CIX (1950-51), pp. 33-52; F. Fausto, Commemorazione di L. M., in Ateneo veneto, CXLIII (1952), 2, pp. 1-10; A. De Benvenuti, L. M. e la scala nova del palazzo di Venezia, in Dalmatia, ottobre-dicembre 1962, pp. 59-66; F. Borsi - M.C. Buscioni, M. Manfredi e il classicismo della Nuova Italia, Milano 1983, pp. 34-36, 152-161.