MANFREDINI, Luigi
Nacque a Bologna il 6 dic. 1771 (non il 17 settembre, come in De Boni e bibliografia successiva) da Giuseppe e da Anna Ruggi (Turricchia, p. 3). Allievo fra il 1794 e il 1796 dello scultore G. De Maria presso l'Accademia Clementina, esordì nel 1797 realizzando in collaborazione con G. Putti le statue erette il 9 ottobre nella piazza Maggiore di Ravenna, in occasione della festa patriottica per il primo anniversario della Repubblica Cisalpina (ibid., pp. 3, 10 s.).
Al 1798 risale l'inizio della sua attività di incisore di medaglie e monete presso la Zecca di Milano, dove fu assunto in via provvisoria il 21 novembre di quell'anno, entrandovi stabilmente il 15 aprile del successivo, per un salario annuo di 1200 lire. Sospeso dal suo incarico il 14 giugno, fu riassunto il 2 ag. 1800, in seguito alla ricostituzione della Repubblica Cisalpina, e si trasferì definitivamente a Milano nell'ottobre 1801, quando ottenne un alloggio gratuito presso la Zecca. Qui il M. lavorò fino alla morte, affermandovisi come coniatore e fonditore fra i maggiori artisti della lunga stagione neoclassica vissuta da quella che fu la capitale dapprima della Cisalpina e poi della Repubblica Italiana (1802-05), del Regno d'Italia (1805-14) e del Regno Lombardo-Veneto. Conservate in numerosi esemplari nei musei europei e in particolare nelle Civiche Raccolte numismatiche di Milano al Castello Sforzesco, le sue medaglie si collocano fra i più alti esiti formali dell'epoca.
Agli inizi della sua attività risalgono la medaglia di Napoleone con, al rovescio, la Repubblica Cisalpina, su disegno di A. Appiani; quella In memoria di Enea Caprara Montecuccoli; la Correria nazionale della Repubblica Cisalpina e l'Insegna di ispettore di polizia della piazza di Milano (Turricchia, pp. 3, 11, 27-38, nn. 1-4). Seguirono la Correria nazionale della Repubblica Italiana e le medaglie dedicate alla Costituzione della Repubblica Italiana a Lione e al medico Luigi Sacco, che aveva introdotto a Brescia il vaccino inventato da E. Jenner. Risalgono al 1802 gli esemplari riferiti a G. Bodoni e alla Pace d'Amiens; e al 1804 quelli relativi all'Incolumità di Napoleone, a Napoleone imperatore e a Giuseppina imperatrice (Pellegri; Turricchia, pp. 21, 39-66, nn. 5-15). Il 4 giugno 1808 fu nominato incisore-capo della Zecca. Fra le numerose medaglie da lui coniate durante il Regno d'Italia particolare importanza rivestono quelle dell'Incoronazione di Napoleone a re d'Italia, della Fondazione del Regno d'Italia e della Presa di Vienna (del 1805); quelle della Battaglia di Jena (del 1806) e della Battaglia di Ratisbona (del 1809); nel 1809 e nel 1810 vennero eseguite, su disegno di Appiani, la medaglia della Battaglia di Wagram e quella del Matrimonio di Napoleone e Maria Luisa (Bertarelli; Turricchia, pp. 21 s., 67-76, 80-84, 114-118, 120-129, nn. 16 s., 20-22, 34 s., 37 s.).
Negli stessi anni ebbe inizio la sua attività di fonditore, e più precisamente dal 1806, quando il viceré Eugenio di Beauharnais ordinò il trasferimento a Milano della fonderia già stabilita a Parigi nel 1803 dal fratello del M., Francesco, noto gioielliere, fabbricante di orologi e scultore. Sita presso l'ex convento della Fontana, fuori porta Comasina, la fonderia Manfredini, specializzata nella produzione di busti e oggetti d'arredo in bronzo, fu diretta dal M. dopo la morte di Francesco (1810), in collaborazione con i fratelli Giovanni e Antonio, conoscendo presto grande celebrità (Viscardi, pp. 4, 10; Colle - Griseri - Valeriani, p. 288).
Ai primi anni della sua direzione risalgono la riduzione in bronzo del Napoleone come Marte pacificatore di A. Canova (Milano, Museo dell'Ottocento), del busto del Viceré Eugenio di Beauharnais del 1811 (Milano, Civiche Raccolte d'arte: secondo alcuni su modello di G.B. Comolli) e il raffinato tripode neopompeiano realizzato per la nascita del re di Roma (Vienna, Weltliche und Geistliche Schatzkammer), fedelmente copiato dall'antico e arricchito di cesellature e lapislazzuli e replicato nel 1813 in più esemplari (Londra, Victoria & Albert Museum, e Nizza, Musée Masséna: Hubert, p. 235; Caramel - Pirovano, p. 352 n. 1707; Brignoli; Paolini - Ponte - Selvafolta; Milano neoclassica, pp. 365, 562; Colle - Griseri - Valeriani, pp. 290 s.).
Fra 1810 e 1814, secondo fonti non reperite, a causa di un errore occorso in alcune monete circa il nome di Napoleone, il M. fu rimosso dal suo incarico alla Zecca (Toderi - Vannel). Tentò allora di accreditarsi come scultore, presentando nell'agosto del 1811 un modello per l'arco del Sempione, che però non fu accettato dalla commissione di scultura, così come non furono accettati i suoi progetti per il foro Bonaparte, fra i quali il modello di una statua equestre di Napoleone (Hubert, p. 235; Milano neoclassica, p. 500). E proseguì, come dimostra un pagamento ricevuto nel 1813, a coniare per la Zecca le medaglie di premiazione per i concorsi dell'Accademia di Brera, un'attività iniziata nel 1807, in collaborazione con G. Bossi, contestualmente alla nomina a professore dell'arte della medaglia presso la stessa istituzione (Turricchia, pp. 4, 14, 22-24, 93-110, 131-139, 149-156, 205 s., nn. 26-31, 40-46, 52-56, 80 s.).
Il M. "incisore della R. Zecca ha formato i Conj di quasi tutte le medaglie ordinate a celebrare l'epoche de' prodigi, e delle glorie operate da Napoleone il Massimo", ricordava un Rapporto del direttore generale della Pubblica Istruzione diretto al principe Eugenio il 14 giugno 1811, affermando che l'artista godeva "molta reputazione in quest'arte come nel disegno" (ibid., p. 15 n. 26). Al fratello Francesco lo stesso documento assegna diverse opere di scultura, oggi disperse, realizzate su commissione del governo del Regno d'Italia e normalmente attribuite al M. dalla bibliografia: un gruppo colossale di Napoleone incoronato dalla Vittoria, una statua colossale di Napoleone in abito consolare, statue della Vittoria, della Fama, della Repubblica Francese e della Repubblica Italiana (ibid.).
Sotto la dominazione austriaca, coniò per la Zecca le medaglie dedicate al Ritorno a Modena di Francesco IV del 1814; al Giuramento delle Province venete all'imperatore e al Giuramento delle Province lombarde; all'Ingresso di Francesco I a Milano del 1815; all'Arrivo dell'arciduca Ranieri a Milano come viceré del 1818 (ibid., pp. 22 s., 140-146, 157 s., nn. 47-50, 57).
Grande incremento ebbe l'attività della sua fonderia, cui dal 1821 si aggiunse un negozio di vendita al minuto di gioielleria e oggetti di fusione destinati all'arredo domestico, aperto con i fratelli in piazza S. Paolo e noto come magazzino Manfredini (ibid., pp. 5 s., 15).
Esempi dei lussuosi arredi Impero prodotti dalla nuova società, fondata nel 1823 con il genero G.B. Viscardi, sono i grandiosi centri tavola per l'arciduca Massimiliano e per la collezione di A. De Pecis (donati all'Ambrosiana nel 1827), una serie di alzate ornate da motivi naturalistici e classici (Milano, Pinacoteca Ambrosiana), le decorazioni in bronzo con grifi e vasi per i cassettoni del mobiliere G. Maggiolini, i candelabri per il duomo di Pisa (1823-38), gli arredi sacri realizzati per la cappella di villa Melzi a Bellagio e per S. Gaudenzio a Novara, Ss. Nazaro e Celso a Brescia e S. Antonio a Trieste (Paolini - Ponte - Selvafolta; Rossi - Rovetta; Milano neoclassica, pp. 133, 563).
All'affermazione della fonderia come scuola e luogo di apprendistato di fonditori, cesellatori e doratori contribuì la sua preminente attività in campo monumentale, iniziata nel 1827 con la commissione della fusione in bronzo delle statue di coronamento dell'arco della Pace.
Il M., che era anche membro della commissione accademica incaricata del collaudo finale del monumento, inventò una nuova tecnica di giunzione delle varie parti fuse separatamente, rivelatasi di grande efficacia nella realizzazione della famosa Sestiga, completata entro il settembre 1836 (Reina; Caimi, 1862, p. 206; Mongeri, p. 521; La città di Brera, p. 61 n. 30). Opposto al tradizionale metodo a cera persa, il "sistema di fusione a forma solida" adottato dalla fonderia Manfredini comportava, come riferì un contemporaneo, "tempo maggiore, più lunga opera di ceselli e di lime, ed una quantità di metallo forse doppia" (Arrivabene, pp. 47 s.; Colle - Griseri - Valeriani, p. 326 n. 6).
Dopo il medaglione per il Monumento commemorativo ad Andrea Appiani, realizzato nel 1826 per il palazzo di Brera su modello di B. Thorvaldsen in collaborazione con l'architetto G. Moraglia, il M. si occupò, fra il 1829 e il 1833, della fusione in bronzo del disperso Monumento commemorativo a Vincenzo Monti per lo stesso ciclo, modellato da A. Sangiorgio su progetto architettonico di P. Palagi (Mongeri, p. 326; Hubert, p. 445; Pescarmona; Mazzocca, 1989).
In seguito alla realizzazione della medaglia per l'Incoronazione di Ferdinando I, il 9 ott. 1838, lo stesso imperatore re del Lombardo-Veneto conferì al M. la medaglia d'oro al merito civile con nastro e nel 1839 incaricò la sua fonderia della fusione in bronzo della statua colossale dell'Imperatore Francesco I destinata a Graz, modellata da P. Marchesi dopo la bocciatura del progetto presentato dal M. (La città di Brera, p. 20; Turricchia, pp. 6, 15 s., 23, 190-194 n. 74).
Il M. morì a Milano il 22 giugno 1840, nel corso dei preparativi per la fusione della statua equestre del re di Sardegna Carlo Alberto modellata da A. Sangiorgio e destinata a Casale Monferrato, e fu sepolto nel cimitero di porta Comasina (Barbiano di Belgioioso, p. 139; Turricchia, pp. 6, 17).
Scelti dal M. presso l'orfanotrofio di S. Pietro in Gessate, i suoi allievi fonditori si costituirono nel 1880 in una Società di mutuo soccorso che prese il nome del maestro (Viscardi, p. 5), commissionando a C. Cantù l'epigrafe per la lapide a lui dedicata: "Lavorando di bulino e di fusione / nei conii delle monete e dei fasti patrii / nei rifornimenti delle reggie / nei trionfi di mense principesche / nella riproduzione di monumenti / nella insuperabile sestiga della Pace / come nei vezzi del mondo muliebre / mostrò studio costanza gusto / restando stimolo ed esempio / a noi bronzisti e cesellatori" (Turricchia, p. 7).
Gaetano, primogenito del M. e di Teresa Bernabei, nacque a Bologna (secondo altri, erroneamente, a Milano: Panzetta, 1994) il 15 sett. 1800 (Turricchia, p. 4). Trasferitosi a Milano con la famiglia nel 1801, fu allievo all'Accademia di Brera del rinomato C. Pacetti, campione del neoclassicismo romano, avviandosi sotto la sua guida alla carriera di statuario (Caimi, 1862, p. 162). Al periodo della sua formazione accademica risalgono probabilmente la sua prima opera di cui si ha notizia - un gesso di Flora esposto a Brera nel 1827, oggi disperso (Panzetta, 1994) - e il bassorilievo di Saffo che canta in casa di Eutichio (Milano, Museo dell'Ottocento, depositi), opera che riprende nel fondo il gruppo delle Grazie di B. Thorvaldsen e che ottenne il premio governativo nel concorso accademico del 1832 (Atti dell'Accademia(; Nicodemi - Bezzola, n. 412; Caramel - Pirovano, p. 352 n. 1705). Sposatosi con Maria Villa, ebbe due figli: Giovanni Battista, nato il 22 apr. 1832, ed Eugenia, nata nel 1834, in anni segnati dal raggiungimento di una certa stabilità economica (Turricchia, p. 11 n. 15).
Al 1834 risale il suo esordio in ambito monumentale, con la statua di Re David (altrove attribuita al padre: ibid., pp. 5 s.) per la facciata della chiesa milanese di S. Fedele, allora completata sotto la direzione dell'architetto P. Pestagalli (Mongeri, p. 280; Thieme - Becker; Bénézit; Mackay). Seguirono le due statue degli Dei Consenti (altrove attribuite al padre: Turricchia, pp. 5 s.) per la facciata di palazzo Tarsis, realizzate tra 1836 e 1838 sotto la direzione dell'architetto L. Clerichetti (Panzetta, 1994).
Al sepolcro Zumalli, realizzato nel 1834-35 su disegno di P. Palagi per la parrocchiale di Tormo, presso Lodi, seguì la prestigiosa commissione del busto per il monumento funerario di Francesco Sabatelli, realizzato nel 1838 per il chiostro della basilica di S. Croce a Firenze in collaborazione con E. Santarelli ed E. Torre (Pescarmona; S. Croce(). Sempre nel 1838 espose a Brera i busti in bronzo del Principe di Metternich e del Conte di Kolowrath (Arrivabene; Colle - Griseri - Valeriani, p. 326 n. 6).
Membro dell'Accademia di Brera, della Clementina di Bologna e di quella d'Urbino, fu attivo nei maggiori cantieri della Milano austriaca, entrando al servizio della Fabbrica del duomo nel 1823. Vi realizzò all'esterno le statue di Curoto e Primitivo (1842-45), di S. Angelo di Acrio (1855) e del Beato Amedeo di Savoia (1857: consegnata il 30 apr. 1859) per il tamburo della guglia maggiore; di S. Marino (1863), approvata da una commissione accademica presieduta da F. Hayez dopo la sua esposizione nel cortile dell'arcivescovado, per il fianco meridionale (Nebbia; Il duomo di Milano; Panzetta, 1994).
Specializzatosi come scultore di monumenti commemorativi, nel 1843 realizzò, grazie alla pubblica sottoscrizione, quello del padre Luigi Manfredini (Milano, Museo dell'Ottocento), esposto a Brera nello stesso anno (Esposizione 1843; Nicodemi - Bezzola, n. 413; Caramel - Pirovano, p. 352 n. 1706); e nel 1847 quello di Gaetano Vacani per il palazzo di Brera (La città di Brera, pp. 100, 105 n. 3). Rispetto a questi, e in particolare alla statua in piedi del proprio padre, il busto retrospettivo di Camilla Litta Lomellini (1846: Milano, ospedale Maggiore) mostra un'interpretazione più aggiornata del tema ritrattistico, in linea con le nuove tendenze romantiche affermatesi a Milano con V. Vela (Musei e Gallerie().
Uno stesso orientamento testimonia del resto la produzione di sculture di piccolo formato, nella quale egli si specializzò verso la metà del secolo, mostrando un aggiornamento sul nuovo gusto borghese considerato piacevolmente dagli stessi contemporanei come un allontanamento dalla severità della sua formazione neoclassica. Caimi (1862, p. 171) riferiva a questo proposito che il "valente scultore", oramai estromesso, in epoca postunitaria, dalle commissioni pubbliche, "si acquistò buon nome con varie esimie produzioni, e appalesò speciale maestria nel modellare putti. I suoi gruppi rappresentanti trastulli, gare od altri simili esercizii sono composizioni geniali e leggiadre, le quali mostrano come i precetti della severa scuola classica, a cui attinse la sua istruzione, non lo rendessero insensibile alle attrattive della grazia". Aveva partecipato, nel 1851, all'Esposizione universale di Londra e alla Mostra della Società promotrice di belle arti di Torino, con, rispettivamente, le statuette intitolate Narciso al fonte e Il primo dispiacere (Catalogo della X Esposizione(; Panzetta, 2003). Nel 1860 espose, nuovamente a Torino, il gruppo in marmo La cavalcata puerile, in vendita per 1200 lire (Catalogo della XIX Esposizione(). Importante fu, secondo le fonti, il suo ruolo nella formazione delle nuove leve della romantica Scuola di Milano: ruolo, esercitato soprattutto in riferimento alla sua prolungata presenza nel grandioso cantiere del duomo: "sotto scorta di lui - riporta Caimi (1862, p. 171) - parecchi giovani artisti si avviarono all'arte plastica". Importante fu anche, in questo senso, la decorazione monumentale della cappella funeraria di villa Carlotta a Tremezzo, portata a termine verso il 1865, su commissione di G.B. Sommariva, con le statue della Religione, dell'Amor divino, della Carità e della Giustizia (Hubert, p. 424; Mazzocca, 1983; Villa Carlotta().
Morì a Milano il 13 genn. 1870 e fu sepolto accanto al padre nel cimitero di porta Comasina (Forcella).
Fonti e Bibl.: O. Arrivabene, Della pubblica Esposizione di opere di belle arti e d'industria fatta in Milano nel settembre 1838, Milano 1838, pp. 47 s.; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1852, p. 602; G. Reina, Descrizione dell'arco della Pace in Milano, Milano 1856, p. 12; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti nelle provincie di Lombardia dal 1777 al 1862, Milano 1862, pp. 162, 171, 206; G. Mongeri, L'arte in Milano, Milano 1872, pp. 280, 326, 521; A. Caimi, L'Accademia di belle arti in Milano, Milano 1873, pp. 34, 40; A. Viscardi, Discorso pronunciato nella festa della Mutua Società operaja Manfredini in occasione dell'inaugurazione del busto in rame battuto a L. M. titolare della Società l'8 febbraio 1880, Milano 1880; E. Barbiano di Belgioioso, Guida del famedio nel cimitero Monumentale di Milano, Milano 1888, pp. 138 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, VII, Milano 1891, p. 97; A. Bertarelli, Iconografia napoleonica, Milano 1903, p. 39; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, pp. 235, 253, 424, 445; L. Caramel - C. Pirovano, Musei e Gallerie di Milano. Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, Milano 1975, p. 352 nn. 1705-1707; D. Pescarmona, Pelagio Palagi scultore, in Pelagio Palagi artista e collezionista (catal.), Bologna 1976, p. 217; F. Mazzocca, Villa Carlotta, Milano 1983, p. 63; M. Pellegri, Il Museo Glauco Lombardi, Parma 1984, p. 54; F. Mazzocca, in Bertel Thorvaldsen 1770-1844 scultore danese a Roma (catal.), a cura di E. di Majo et al., Roma 1989, pp. 190-192 n. 56; M. Brignoli, L'Esercito italiano (1796-1814), in Esercito e società nell'Italia napoleonica (catal.), a cura di M. Brignoli et al., Milano 1990, p. 44; C. Paolini - A. Ponte - O. Selvafolta, Il bello "ritrovato", Novara 1990, pp. 29, 94; G. Toderi - F. Vannel, Medaglie italiane barocche e neoclassiche, Firenze 1990, pp. 17 s.; La città di Brera. Due secoli di scultura (catal.), Milano 1995, pp. 20, 61, 100, 105; M. Rossi - A. Rovetta, La Pinacoteca Ambrosiana, Milano 1997, p. 243; Villa Carlotta il giardino e il Museo. Guida storico-artistica, a cura di P. Cottini - P. Zatti, Cinisello Balsamo 2000, p. 83; Milano neoclassica, a cura di F. Mazzocca et al., Milano 2001, pp. 133, 365, 500, 502, 559, 561-563, 621; E. Colle - A. Griseri - R. Valeriani, Bronzi decorativi in Italia. Bronzisti e fonditori italiani dal Seicento all'Ottocento, Milano 2001, pp. 288, 290 s., 326; A. Turricchia, L. M. e le sue medaglie, Roma 2002. Per Gaetano si veda: Atti della R. Accademia di belle arti di Milano, Milano 1832, p. 35; Esposizione delle opere degli artisti e dei dilettanti nelle Gallerie dell'I.R. Accademia di belle arti per l'anno 1843, Milano 1843, p. 44 n. 341; Catalogo della X Esposizione della Società promotrice, Torino 1851, p. 24 n. 255; Catalogo della XIX Esposizione della Società promotrice, Torino 1860, p. 27 n. 397; U. Nebbia, La scultura nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 266, 277, 293, nn. 111, 582, 610; G. Nicodemi - M. Bezzola, La Galleria d'arte moderna. Le sculture, Milano 1938, nn. 412 s.; Il duomo di Milano, II, Milano 1973, p. 136; S. Croce nell'800 (catal.), a cura di A. Calvani - M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, Firenze 1986, p. 158; Musei e Gallerie di Milano. Ospedale Maggiore, Ca' Granda, III, Collezioni diverse, Milano 1988, pp. 154 s., 175. Si vedano infine: L. Forrer, Biographical Dictionary of medallists, III, London 1907, pp. 552-554; E. Bénézit, Dictionnaire des peintres, Paris 1976, VII, p. 138; J. Mackay, The Dictionary of sculptors in bronze, Woodbridge (Suffolk) 1977, p. 248; A. Panzetta, Diz. degli scultori dell'Ottocento e del primo Novecento, I, Torino 1994, p. 175; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, II, Lodi 1994, p. 659; A. Panzetta, Nuovo Diz. degli scultori dell'Ottocento e del primo Novecento, II, Torino 2003, p. 565; U. Thieme - F. Becker, XXIV, p. 10.