GUALDO, Luigi
Nacque a Milano il 9 febbr. 1844 da Alessandro, proprietario terriero bergamasco, e dalla nobile Bianca Taccioli. Nel 1848 la famiglia lasciò la Lombardia, trasferendosi prima in Svizzera e poi in Inghilterra; il rientro a Milano ebbe luogo nel 1853. Alternando viaggi europei e soggiorni lombardi, il G. trascorse il resto dell'infanzia e dell'adolescenza tra il palazzo milanese di via Bagutta e la residenza della famiglia materna di villa Mirabello a Varese.
Nella primavera del 1863 il G. s'iscrisse alla facoltà giuridica dell'Università di Pavia. Allo scoppio della guerra per la liberazione del Veneto (1866) tentò di arruolarsi con i volontari garibaldini, ma fu riformato a causa delle crisi epilettiche di cui soffriva. Nel frattempo, mentre gli studi e gli esami procedevano con lentezza, durante un soggiorno a Nizza nell'estate del 1865 aveva scritto il primo dei suoi racconti, La canzone di Weber, confluito poi nel volume delle Novelle (Torino 1868).
In questi primi tentativi letterari, "troviamo un giovane scrittore non ancora sicuro dei propri mezzi e molto incerto sui suoi propositi" (Bo, 1959, p. 3). Fu solo durante i frequenti soggiorni parigini degli anni a venire che il G. pervenne ad acquisire una chiara fisionomia di artista.
All'inverno del 1868-69 va fatto risalire l'inizio di quel rapporto privilegiato con la capitale francese che lo distinse e caratterizzò come intellettuale e scrittore. Lì il G. ebbe probabilmente le sue prime relazioni letterarie con H. Cazalis e C. Mendès, capifila dei parnassiani e primo tramite coi letterati vicini a questo gruppo, come J.-M. de Heredia, A. Villiers de L'Isle-Adam, F. Coppée - del quale tradusse in versi il dramma Deux douleurs (Due dolori), Milano 1872 -, S. Mallarmé, ma anche con Th. Gautier, con cui strinse una feconda amicizia. Nel salotto di quest'ultimo il G. poté conoscere i maestri della sua generazione: G. Flaubert, Ch.-M. Leconte de Lisle, Th. de Banville. Diviso tra la capitale francese e Milano, dove viveva insieme con la madre nel palazzo di via Bagutta, il G. fu un assiduo frequentatore dei principali salotti dell'alta borghesia e dell'aristocrazia lombarda e parigina, scegliendo per sé il ruolo spesso generoso di mediatore tra le due culture.
È del 1871 il suo primo romanzo italiano, Costanza Gerardi, nel quale, come già nelle prime novelle, metteva in scena le illusioni, i sogni e le speranze di personaggi destinati al fallimento.
Nella casa parigina in cui Coppée riceveva gli amici letterati il G. conobbe nel 1872 P. Bourget, al quale rimase legato da una lunga amicizia. Tra il 1873 e il '74 entrò in relazione con A. Boito e, grazie alla mediazione di G. Camerana, con G. Giacosa, dai quali divenne pressoché inseparabile. A questo rapporto di reciproco spalleggiamento, di mutuo aiuto e di incoraggiamento all'attività letteraria prese parte anche il siciliano G. Verga, che dal 1872 viveva a Milano.
Il Verga stesso racconta, in una celebre lettera a L. Capuana del 25 febbr. 1881, l'entusiasmo del G. per i Malavoglia: "venne a trovarmi Gualdo, a dirmi un mondo di bene dei Malavoglia, dell'impressione che gli avevano lasciata … una impressione di melanconia soffocante, mi diceva lui, quasi voi vedeste la vita come una gran tristezza. Ed è vero" (G. Verga, pp. 163 s.). Successivamente il G. tradusse in francese la novella La lupa e si impegnò nel ruolo di intermediario tra il Verga ed É. Rod, il suo traduttore in lingua francese.
Tra il 1873 e il 1879 apparvero su riviste (Rivista minima, Serate italiane, Illustrazione universale) le poesie del G., poi raccolte nel volume Nostalgie (Torino 1883).
Era una poesia, la sua, in cui i critici avrebbero scorto "anzitutto una buona preparazione tradizionale, quindi un'ottima conoscenza dei testi che allora costituivano l'avanguardia (soprattutto di Francia) e infine la conquista di un accento personale attraverso una ben graduata variazione di temi" (Bo, 1959, p. 1134).
La presenza parigina dello scrittore, ospite gradito dei martedì letterari del Mallarmé, s'intensificò dopo la pubblicazione a Parigi del primo romanzo francese, Une ressemblance, nel 1874; un altro, Un mariage excentrique, seguì, anche edito a Parigi, nel 1879 (del 1894 la versione italiana); nel frattempo a Milano nel 1877 era apparsa, nel volume intitolato La gran rivale e altri racconti, la ristampa delle novelle con l'aggiunta di una inedita, La villa d'Ostellio.
"La trama del Mariage excentrique] appare pirandelliana: il marchese d'Astorre sposa Elisa, all'unico scopo di salvarla da un borghese arricchito destinatole dalla famiglia, ma poi se ne innamora, così come in lei la riconoscenza diviene affetto fino a sacrificargli il suo primo amore per Giulio. Il marchese d'Astorre è uno dei primi personaggi "inimitabili" del nostro secondo ottocento: ricchissimo, dai gusti squisiti, dotato di ogni possibile qualità fisica e intellettuale, ovviamente scettico, ma fatalmente vuoto e annoiato. Il romanzo è la storia della sua conversione ai veri valori della vita, per lui recuperabili perché il suo scetticismo ha avuto di mira l'artificiale società moderna e non l'essenza più vera dell'uomo: per questo, pur nella somiglianza del punto di partenza, il percorso non guarda verso il Piacere dannunziano" (Bigazzi, p. 295).
Da sempre abituato a trascorrere lunghi periodi di vacanza sulla Riviera ligure o nel Sud della Francia, il G. decise di passare a Roma le primavere del 1882, '83 e '84. In questo periodo, preannunciato dalla collaborazione del 1881 alla rivista romana Cronaca bizantina, si colloca l'amicizia con Matilde Serao e con G. D'Annunzio, che al dandy milanese dedicò un arguto ed efficace ritratto in forma di sonetto (riprodotto da P. de Montera, p. 130).
Preoccupato soprattutto di inserirsi nelle relazioni mondane e letterarie della società contemporanea, il G. trovò un fedele compagno con cui scambiare opinioni e informazioni sui salotti parigini nel nobile e scrittore R. de Montesquiou, preso a modello da J.-K. Huysmans come prototipo ideale del decadente raffinato e inutile. Nel 1887 fu a Venezia con Bourget e H. James: abituato a raccontare e "regalare" agli amici scrittori i suoi soggetti per eventuali narrazioni, il G. fece impressione sul romanziere americano, il quale anni dopo chiese a Bourget se una di queste storie non fosse già stata utilizzata dal G., e finì poi per sfruttarla in parte nella novella Maud-Evelyn.
Nello stesso anno il G. consacrava all'amico francese un importante articolo nell'Illustrazione italiana del 4 dic. 1887; a sua volta, in una novella del 1888, Bourget tracciava, con le sembianze del personaggio Michel Steno, un ritratto fisico e morale del G.: "un sentimental et un romanesque - un sentimental très voluptueux, un romanesque passablement ironique, qui n'avait pas pour rien pratiqué les clubs de Londres et ceux des Paris" (Mansuy, p. 70).
Mentre la continua opera di mediazione tra la cultura francese e quella italiana si concretizzava in articoli nelle principali riviste letterarie, nel 1892 usciva a Milano il romanzo più significativo dell'intera produzione del G., Decadenza.
Vi si narrava la storia dell'avvocato Paolo Renaldi "ambizioso parlamentare e uomo di successo, calcolatore cinico e arrivista, che va incontro infine allo scacco delle sue aspirazioni di politico, di amante, di marito, di padre", il cui crollo sopravviene "per la paralisi della sua carica vitale, per il senso di vacuità, di mollezza, d'inerzia che lo invade e lo spinge a tentare la sorte nelle sale da gioco della Riviera" (Tellini, p. 205). Della crisi psicologica del protagonista il G. faceva l'emblema di un momento storico, anche se, come è stato notato, "il modo di raccontare quella vicenda è piuttosto tradizionale, condizionato da quel tipo di narrazione psicologica tardo-naturalista che nel decennio precedente era stata resa celebre da Paul Bourget" e di conseguenza "lo sfacelo del soggetto è ridotto a un caso di patologia privata, e non comporta una mutata percezione dei rapporti fra io e mondo" (Giovannetti, pp. 50 s.).
Il 9 apr. 1893 morì a Milano la madre del G. che pochi mesi dopo, durante l'estate, fu colpito in pieno centro da un primo grave attacco di epilessia che lo costrinse al forzato riposo nella villa di Varese. Tentò poi di rituffarsi nella mondanità parigina, ma nei primi giorni del 1894 fu afflitto da un'improvvisa paralisi alle gambe. Alla diagnosi di mielite sifilitica che non lasciava speranze di guarigione reagì partendo per la stazione balneare di Aix-les-Bains, per rientrare a Milano nel mese di ottobre. Trascorse gli ultimi anni di vita a Parigi, sempre sperando di riprendere l'attività e le relazioni letterarie. Qui, oltre ai soliti amici italiani a cui si era negli ultimi anni aggiunta l'attrice Eleonora Duse, fu assiduo di E. de Goncourt, F. Coppée, É. Zola.
Il G. morì a Parigi il 15 maggio 1898.
Come ha scritto uno dei suoi biografi, "chez certaines écrivains, l'individu présente plus d'attraits que l'oeuvre qu'ils laissent. Gualdo est incontestablement de ceux-là" (de Montera, p. X). Ma per quanto i suoi critici abbiano presto rilevato le carenze formali e stilistiche della sua opera ("Peccato che tutte quelle trovate, spesso assai felici d'arte, non abbiano la consacrazione della forma", ha osservato B. Croce), l'attenzione ai suoi romanzi si è di generazione in generazione rinnovata attraverso riedizioni, biografie e, negli ultimi anni, monografie critiche.
Una bibliografia degli scritti del G. e delle prime recensioni a lui dedicate è in P. de Montera, L. G. (1844-1898), Roma 1983, pp. 357-362.
Fonti e Bibl.: Il Journal di F. Coppée è conservato nella Bibliothèque J. Doucet di Parigi, Collection Henri Mondor; Parigi, Institut catholique, Bibliothèque de Fels: Journal intime di P. Bourget; Ibid., Bibliothèque nationale, N.a.f., 13718: Memoranda di P. Bourget. Testi inediti, lettere del G. provenienti dal Fondo Gualdo degli archivi privati della famiglia Litta Modigliani a Portoferraio, sono conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano e in parte pubblicati in P. de Montera, cit., che pubblica anche trentacinque lettere a F. Coppée (conservate in parte nella Bibl. J. Doucet) e trentatré lettere del G. a vari parenti e amici (provenienti dal Fondo Gualdo, ma anche dagli Archivi Giacosa di Colleretto e dalla Biblioteca Marucelliana di Firenze); quarantasette lettere sono edite in V.D. Ramacciotti, L. G. e Robert de Montesquiou con lettere inedite, in Atti dell'Accademia delle scienze di Torino, CVII (1972-73), pp. 281-367; sei lettere a Mallarmé sono edite da C.P. Barbier, Documents Stéphane Mallarmé, Paris 1968, pp. 99-107; tre lettere di C. Mendès sono state pubblicate da G. Mirandola, Inediti francesi nell'archivio di Giacosa, in Studifrancesi, 1968, n. 36, pp. 458-468.
Per altri materiali e informazioni cfr. P. Nardi, Vita di Arrigo Boito, Milano 1942, pp. 359, 431, 664; D. Petaccia, Un sonetto inedito di G. D'Annunzio a L. G., Brescia 1948, poi, a cura di F. Gerra, in Quaderni dannunziani, XIV-XV (1959), pp. 378-381; P. Nardi, Vita e tempi di G. Giacosa, Milano 1949, pp. 225, 377-379, 486, 512 s., 518 s., 543-545, 549, 590, 592, 597, 610, 630, 644, 646, 657, 780; E. de Goncourt - J. de Goncourt, Journal: mémoires de la vie littérarie, a cura di R. Ricatte, Monaco 1956-57, XV, p. 128; XXI, pp. 140, 206, 232; M. Mansuy, Prélude et suite de "Cosmopolis", Paris 1962, pp. 43-84; G. Verga, Lettere a Luigi Capuana, Firenze 1975, pp. 163 s., 176; R. Radice, Eleonora Duse - Arrigo Boito. Lettere d'amore, Milano 1979, pp. 699-702; H. James, Taccuini, ed. ital. a cura di O. Fatica, Roma-Napoli 1986, pp. 280, 343, 361, 387, 392. Cfr. inoltre L. Capuana, Gli "ismi" contemporanei, Catania 1898, pp. 72-82; B. Croce, L. G., in La Critica, XIX (1935), pp. 248-256; C. Bo, I romanzi di L. G., in Riflessioni critiche, Firenze 1953, pp. 79-103; G. Spagnoletti, Gilet bianco. Ritratto di L. G., in Paragone, VII (1956), 82, pp. 13-33; C. Bo, Introd. e Note a L. Gualdo, Romanzi e novelle, Firenze 1959, pp. XI-XXXI, 3, 225, 401, 659, 907, 1113; E. Montale, L. G., in Corriere della sera, 27 apr. 1960; M. Praz, Classico della noia, in Il Tempo, 9 luglio 1960; M. Guglielminetti, L. G., uno scrittore senza stile, in Sigma, II (1965), pp. 21-59; Id., "Le Nostalgie" di L. G., in Lettere italiane, XVIII (1966), pp. 279-295; G. Mariani, Storia della scapigliatura, Roma 1971, pp. 585-605, 841-843; R. Bigazzi, I colori del vero, Pisa 1978, pp. 293-297; M. Giammarco, Le forme della decadenza: itinerari nella narrativa di L. G., Roma 1987; E. De Troja, L'amico di Robert. L. G. e la sua opera narrativa, Pisa 1990; P. Giovannetti, Decadentismo, Milano 1994, pp. 50 s.; G. Tellini, Il romanzo italiano dell'Ottocento e Novecento, Milano 1998, pp. 204 s.