GRIMALDI, Luigi (Ludovico)
Figlio di Barnaba (II), signore di Boglio (Beuil), e di Beatrice di Glandèves, nacque intorno al 1360.
Fratello minore del più celebre Giovanni, svolse un ruolo determinante nelle trattative diplomatiche che condussero alla dedizione di Nizza al conte Amedeo VII di Savoia nel 1388. Con il fratello fu un fedele vassallo di Giovanna I d'Angiò, regina di Sicilia e contessa di Provenza e, alla sua morte (1382), si schierò in favore di Carlo di Durazzo.
Tale scelta, comune a tutto il lignaggio dei signori di Boglio, fu seguita dalla quasi totalità delle Comunità provenzali, ostili all'erede designato dalla defunta regina, Luigi d'Angiò, la cui vittoria avrebbe significato l'affermazione in Provenza dell'influenza francese. Luigi, fratello del re di Francia Carlo V, aveva ottenuto l'iniziale adesione di Marsiglia e di Arles, ma una opposizione legittimista, legata alla casa angioina di Napoli (e quindi al ramo ungherese, o durazzesco, di essa) si manifestò fin dall'inizio nella città di Aix-en-Provence che, già nel gennaio 1382, si fece promotrice di un'unione tra numerose Comunità provenzali in difesa dei diritti della regina Giovanna. Nell'estate di quell'anno si diffuse in tutta la Provenza la notizia della morte della sovrana: l'unione riconobbe allora come erede Carlo III di Durazzo, sebbene fosse sospettato di essere il mandante dell'uccisione della regina. Carlo, nel marzo 1383, inviò a Nizza (prima città provenzale a inalberare la bandiera durazzesca) un nuovo siniscalco nella persona del genovese Baldassarre Spinola. In breve tutta la Provenza fu sconvolta da una feroce guerra civile tra i due partiti e i Grimaldi di Boglio si distinsero come i più accesi fautori della fazione durazzesca, almeno nella parte orientale della Contea.
In queste vicende il G. non appare come protagonista; è infatti suo fratello Giovanni a figurare quale vero capo della consorteria, operando attivamente sul piano politico e militare per l'affermazione di Carlo III, dal quale i due fratelli ottennero l'investitura di vari castelli adiacenti alla loro baronia (Roure, Tourette, Rigaud e parte di Levens), sequestrati ai fautori del partito filofrancese. Nonostante gli iniziali successi e l'improvvisa morte, nel 1384, di Luigi d'Angiò, le fortune della causa durazzesca in Provenza cominciarono però ben presto a declinare. L'impossibilità di Carlo III di inviare da Napoli aiuti militari e le capacità diplomatiche della vedova del duca d'Angiò, Maria di Blois (reggente per conto del figlio Luigi II), portarono infatti alla progressiva defezione delle Comunità componenti l'unione, culminando nella resa di Aix alle forze angioine. Così, quando anche Baldassarre Spinola si decise ad abbandonare il campo, soli a rimanere fedeli ai Durazzeschi furono i signori di Boglio e la città di Nizza. Giovanni, che già aveva svolto le funzioni di luogotenente dello Spinola, ricevette nell'ottobre 1387 i poteri (ma non il titolo) di siniscalco in tutto il territorio che ancora si riconosceva fedele ai Durazzo; nelle settimane seguenti egli inviò a Napoli il G. e alcuni oratori nizzardi per chiedere aiuti militari. La sola cosa che ottennero da Margherita di Durazzo (reggente in nome del figlio Ladislao: Carlo III era morto nel febbraio 1386) fu il permesso di far ricorso all'alleanza di qualche potente principe affinché i Grimaldi potessero impedire l'occupazione del Nizzardo da parte delle truppe nemiche. Tale autorizzazione era però proprio quello che occorreva ai due fratelli; questi, infatti, ormai convinti dell'impossibilità di una vittoria di Ladislao, apparivano soprattutto preoccupati di conservare le terre acquistate nel corso della guerra civile a spese dei loro rivali. Essi decisero pertanto di ricorrere al conte Amedeo VII di Savoia, per offrirgli quanto restava della Provenza durazzesca, col patto di essere lasciati nel possesso delle terre e degli uffici conquistati. Nel gennaio 1388, di ritorno da Napoli, il G. fu così inviato a Chambéry per proporre la cosa a Ottone di Grandson e al tesoriere André Belletruche che, in assenza del conte (allora a Parigi) fungevano da suoi luogotenenti. Le trattative presero subito un andamento favorevole, tanto che Amedeo si accollò, fin da maggio, il pagamento dei partigiani dei Grimaldi e delle milizie assoldate dal Comune di Nizza. Così, il 2 agosto di quell'anno, fatto ritorno a Chambéry, lo stesso G. stipulava con Amedeo VII due successive convenzioni. Con la prima lui e il fratello si riconoscevano suoi vassalli, facendogli l'omaggio di tutte le loro terre e impegnandosi a trasferire sotto la sua sovranità il territorio da essi ancora tenuto in nome di re Ladislao. La seconda convenzione, invece, impegnava i Grimaldi a operare presso lo stesso sovrano perché questi rinunciasse a favore del conte di Savoia a ogni diritto sulla Provenza orientale. In autunno il conte, con un seguito di armati, venne a ricevere la dedizione di Nizza e volle manifestare la sua riconoscenza a Giovanni confermandolo nella carica, ottenuta pochi mesi prima da re Ladislao, di siniscalco.
Per quasi sette anni i Grimaldi furono i signori pressoché assoluti della Contea di Nizza, consolidando il loro potere con l'acquisizione di nuovi feudi (nel 1391, Puget e Cros, confiscati a partigiani degli Angioini), e il G. continuò a svolgere presso il fratello le funzioni di consigliere diplomatico, sostituendolo anche, come vicegerente, nel governo di Nizza. Tra i due fratelli regnava una perfetta intesa e un'eguale ambizione a estendere il proprio potere; essi pensarono pertanto di approfittare del disordine esistente nei vicini territori genovesi per recuperare alla famiglia Grimaldi il possesso di Monaco (che Genova aveva rioccupato nel 1354), estendendolo se possibile anche a Ventimiglia. È probabile che a spingerli verso tali obiettivi fosse anche Amedeo VII, che anni prima aveva stipulato vari accordi con alcune famiglie feudali della Riviera di Ponente e del Genovesato.
Nel dicembre 1395 i due fratelli si impadronirono a tradimento della rocca di Monaco e da qui mossero alla volta di Ventimiglia. L'impresa riuscì a metà perché, dato l'assalto al castello, le loro avanguardie riuscirono a penetrarvi, ma il crollo improvviso del ponte sul Roia trascinò in acqua numerosi soldati, così che i Genovesi poterono contrattaccare con successo, facendo prigionieri il G. e il fratello. Il doge Antoniotto Adorno, avuta notizia della loro cattura, subito spedì a Ventimiglia il fratello Giorgio, per proporre loro, in cambio della libertà, di cedere il contado di Nizza a Luigi d'Angiò (di cui l'Adorno era alleato) o, quanto meno, di mettere nelle sue mani il possesso dei castelli di La Turbie, di Eza e Villafranca. Sebbene minacciati di essere condotti a Genova per venire giustiziati come ribelli (in quanto cittadini genovesi) i due fratelli non cedettero, sicché il doge ordinò di trasferirli nel castello di Pietra Ligure che, all'epoca, era la sua principale residenza nella Riviera di Ponente. Qui essi restarono detenuti sedici mesi finché, nel maggio 1397, pervenuta Genova sotto il dominio di Carlo VI di Francia, il governatore, conte di Saint Pol, ne ordinò il rilascio, dietro la promessa di restituire Monaco al Comune di Genova.
Riacquistata la libertà, il G. e il fratello raggiunsero Mentone, ospiti di Raniero (II) Grimaldi e di qui scrissero al conte di Savoia per lamentare gli oltraggi che, durante la loro prigionia, erano stati inflitti dalle autorità sabaude di Nizza alla loro casata.
Era infatti accaduto che il nuovo siniscalco, chiamato a sostituire Giovanni Grimaldi, avesse operato per distruggere ogni influenza della famiglia sul governo del contado, occupando alcuni castelli dei Grimaldi nella valle del Varo e giungendo a cacciare i loro parenti da Nizza. Non avendo ottenuto adeguate risposte alle proprie richieste, agli inizi del 1398 Giovanni lasciò Mentone alla volta dei suoi feudi, da dove diede inizio a una rivolta che insanguinò il Nizzardo per quasi due anni.
In questa impresa il G. non lo seguì, ma andò invece a prendere il comando di Monaco, rifiutando per il momento di restituirlo ai Genovesi, come si era invece impegnato a fare. Con il ritorno della pace, sancita dagli accordi del 17 genn. 1400, il G. ottenne, oltre alla conferma dei suoi antichi possedimenti, l'investitura della valle di Massoins e delle terre di Rigaud e di Cros, oltre a una pensione di 300 fiorini annui sulla gabella del sale di Nizza e il riconoscimento dei diritti da lui rivendicati sul territorio di Eza. Recuperati così i suoi possessi il G., con il consenso del fratello, accettò di restituire la rocca di Monaco al governatore francese di Genova, maresciallo di Boucicaut, cosa che avvenne però solo nel 1402.
Sebbene i rapporti con il conte di Savoia fossero tornati buoni, permaneva tuttavia nei due fratelli Grimaldi un forte malcontento per non essere più riusciti a recuperare tutta la loro antica influenza sul governo di Nizza, ora retta esclusivamente da ufficiali savoiardi. Per questa ragione, quando agli inizi del 1409 si verificò un'insurrezione filoangioina nella valle di Massoins e lungo i confini occidentali del Nizzardo, anche il G. vi aderì e, nel maggio di quello stesso anno, si impadronì con la forza del castello di Villars, cacciandone la guarnigione sabauda. La nuova ribellione ebbe vita breve, perché nel giro di poche settimane il castello ritornò nelle mani del governatore di Nizza. Il G. fu punito con la confisca della valle di Massoins, anche se Amedeo VIII volle parzialmente indennizzarlo concedendogli in beneficio le rendite del feudo di Menthon, nel Genevese. Rientrò in possesso delle terre sequestrate solo nel 1422 ma anche in seguito egli fu costantemente un tenace oppositore del dominio sabaudo, rivendicando in ogni occasione i diritti del Nizzardo e i diritti quasi sovrani sulla baronia di Boglio; un esempio di tale atteggiamento si ebbe nel 1429, quando il G. capeggiò, sia pure senza successo, l'opposizione al donativo richiesto da Amedeo VIII per il matrimonio della figlia con il duca di Milano Filippo Maria Visconti.
Il G. morì a Nizza nel 1435 e il suo funerale, celebrato nella chiesa di S. Domenico, fu turbato da incidenti che videro la violenta irruzione di Francesco Cays, nemico acerrimo dei Grimaldi, che cacciò i presenti e si impadronì degli arredi funebri.
Dal suo matrimonio con Astietta Astrua, di Marsiglia, non ebbe alcuna discendenza, per cui tutte le sue terre (e in particolare la valle di Massoins e Puget de Tinée) furono ereditate dal fratello Giovanni.
Fonti e Bibl.: G. Saige, Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le quinzième siècle, I, Monaco 1891, pp. XXXVIII s.; E. Cais de Pierlas - E. Meyer, Mémoire en provençale présenté en 1389 au comte de Savoie par les Grimaldi de Beuil, in Romania, XXII (1893), pp. 405-421; P. Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime, in Monumenta historiae patriae, Scriptores, II, Augustae Taurinorum 1839, coll. 852, 905, 912, 915, 938, 947, 952, 955, 972, 1014, 1058; E. Cais de Pierlas, La ville de Nice pendant le premier siècle de la domination des princes de Savoie, Turin 1898, pp. 23 s., 44, 58, 62 s., 67, 70 s., 84, 87; G. Rossi, I Grimaldi in Ventimiglia. Memoria storica e documenti, in Miscellanea di storia italiana, s. 3, V (1899), pp. 13-18; F. Cognasso, Il conte verde, Torino 1925, p. 288; Id., Il conte rosso, Torino 1931, pp. 119 ss.; E.P. Wardi, Le strategie familiari di un doge di Genova, Torino 1996, pp. 42, 45, 64, 69-77, 160, 166; J.B. Toselli, Biographie niçoise ancienne et moderne, I, Nice 1860, pp. 350-352.