GRILLI, Luigi
Nacque a Mondavio, presso Pesaro, il 6 sett. 1858, da Antonio e da Maria Gaudini. Primogenito in una famiglia di agiati artigiani, il G. compì i suoi primi studi nel seminario vescovile di Fano.
Qui studiò filosofia e retorica e si cimentò nelle prime prove poetiche, con odi e sonetti di argomento religioso, da cui i suoi superiori trassero buoni auspici per una futura carriera ecclesiastica. Accortosi di non possedere autentica vocazione, il G. preferì invece terminare i suoi studi nelle scuole pubbliche.
Nel 1879 il padre, per facilitarne l'ammissione ai corsi universitari, lo fece entrare nell'esercito, nella 9ª compagnia di sanità di Bologna, ma il periodo di ferma in qualità di infermiere recluta presso l'ospedale militare si rivelò più lungo e difficile del previsto. Dopo sei mesi, nel 1880, le dure condizioni di vita spinsero il G. a chiedere il trasferimento presso il 62° reggimento di fanteria di stanza a Verona. Fu successivamente trasferito a Peschiera del Garda e a Pieve di Cadore.
Terminato il servizio militare, il G. si sposò e si trasferì, fino al 1885, in Calabria, come impiegato comunale presso alcuni centri della Sila. Tornato nelle Marche intraprese la carriera scolastica, insegnando lettere nelle scuole secondarie di Ancona - dove fu anche segretario del provveditore agli studi -, di Perugia e infine di Roma, dove concluse l'attività come preside dell'istituto Buonarroti.
Gli entusiasmi degli anni di seminario, la vita snervante delle caserme e i sacrifici del difficile periodo calabrese rivivono nelle pagine autobiografiche di Tempi andati. In collegio e fuori (Torino 1896).
Alla carriera nella pubblica amministrazione e nella scuola il G. affiancò costantemente la passione per gli studi e la vocazione poetica. Formatosi nel clima della scuola carducciana, collaborò nel corso della sua vita con numerose riviste e giornali. Dopo aver esordito sul Pungolo della domenica di L. Fortis, diede il suo contributo a Lettere e arti di E. Panzacchi e a La Settimana di Matilde Serao. Inoltre, dal 1895 al 1897, fu redattore capo de La Lettura di Torino e, nei primi anni del Novecento, della Favilla di Perugia, rivista sorta nell'ambito del cenacolo letterario che faceva capo alla poetessa Vittoria Aganoor Pompilj, conosciuta dal G. a Venezia nel 1897 e poi assiduamente frequentata durante il periodo di permanenza in Umbria.
Suoi scritti, poetici e critici, apparvero anche in: Conversazioni della domenica, Cordelia, Fanfulla della domenica, Gazzetta letteraria, L'Illustrazione italiana, Minerva, Natura e arte, Nuova Antologia, Nuova Rassegna, Rassegna nazionale, Rivista d'Italia, Scenaillustrata, Secolo illustrato, Serate italiane, Varietas, Vita e pensiero e Vita italiana.
Le prime prove poetiche del G., presentate in Iuvenilia (Fano 1882), Otia (Mondovì 1884; poi, in ed. accr., Milano 1886), Due odi barbare (Teramo 1887) e Quinquennalia (Milano 1888), furono accolte con interesse dalla critica che vi colse una certa spontaneità di versificazione, nonostante la presenza troppo insistita di elementi ripresi da L. Stecchetti. Nella produzione successiva, di cui si ha una esaustiva silloge nel volume postumo Poesie scelte (Firenze 1934), il G. seppe stemperare l'iniziale vena anticlericale e satirica, raggiungendo un più autentico e personale tono poetico.
La sua ispirazione trae spunto dalla quotidianità familiare o dal paesaggio per dare sfogo a una vena intimistica che risente del patetismo di A. Aleardi, di cui peraltro il G. curò una importante edizione (A. Aleardi, Canti scelti, Torino 1918). Le numerose raccolte sono generalmente strutturate sul modello del canzoniere che disegna un percorso biografico e morale: i momenti di equilibrio e di appagamento si incrinano, spesso sotto la spinta di una nostalgia e di una inquietudine che portano l'autore a riflettere sulla caducità dell'esistenza (di qui il frequente ricorso al topos delle rovine, alla descrizione di particolari momenti della giornata o di una particolare stagione, quali la sera e l'autunno). L'aspirazione a un carattere più volitivo ed eroico si arresta di fronte alla consapevolezza di un'indole malinconica, portata al ripiegamento interiore. La poesia e la ricerca del bello diventano allora una richiesta di quiete e di oblio, mentre il richiamo a una misura latamente classica, che trae spunto da modelli sia antichi sia più vicini nel tempo (l'elegia latina, Petrarca, Poliziano, Foscolo, Carducci), acquista significato proprio in quanto tentativo di ricondurre il senso di smarrimento generato dalla fugacità delle cose a un ordine stilistico e formale, sottolineato viepiù dal ricorso ai metri canonici della tradizione italiana e alla auctoritas della metrica barbara. In questa direzione la critica ha individuato più di un motivo di consonanza tra l'ispirazione del G. e quella appunto di Vittoria Aganoor, di cui il G. curò l'edizione integrale delle poesie (V. Aganoor, Poesie complete, Firenze 1912), accompagnandola con un saggio che risulta uno dei primi accurati lavori sulla poetessa.
Fra gli interessi preminenti del G. vi fu anche quello per la tradizione classica nella letteratura italiana, concentrato in particolare sullo studio dei poeti in lingua latina dell'umanesimo e del Rinascimento. Con l'intento di diffonderne la conoscenza al di fuori della cerchia degli specialisti, a più riprese il G. curò svariate traduzioni con esiti che gli fruttarono la lode di studiosi quali G. Mazzoni, I. Del Lungo e G. Carducci.
Dopo il primo volume di Versioni poetiche dai lirici latini dei secoli XV e XVI (con Prefazione di C. Trabalza, Città di Castello 1898), il G., incoraggiato dagli apprezzamenti ricevuti, curò una seconda e più ricca edizione di Poeti umanisti dei secoli XV e XVI (Lanciano 1908), in cui offrì un panorama di ventiquattro autori, dal Poliziano ad A. Tebaldeo e A. Beccadelli. Le traduzioni delle Ecloghe pescherecce di I. Sannazaro (Città di Castello 1899), degli Epigrammi idillici di M.A. Flaminio (ibid. 1900) e delle Selve del Poliziano (ibid. 1902) assumono poi la funzione di veri e propri studi monografici, insieme con alcuni saggi (per esempio Il Poliziano latino, in Rassegna nazionale, 16 giugno 1915, pp. 373-392).
Nella sua attività di traduttore il G. cercò, spesso riuscendovi, di restituire in lingua italiana la vivacità e la naturalezza con cui gli scrittori umanistico-rinascimentali utilizzavano il latino come lingua poetica lontano dalla pura erudizione. Da notarsi, in particolare, le molteplici opzioni che, nella scelta di soluzioni metriche appropriate alla trasposizione delle forme strofiche latine, il G. adottò grazie alla sua familiarità con la metrica barbara carducciana e alla pratica poetica in proprio (per esempio l'esametro viene reso con l'endecasillabo sciolto, la strofa saffica con una quartina di tre endecasillabi seguiti da un quinario in forma non rimata, il distico elegiaco prevalentemente con un verso di sedici sillabe).
Il G. tradusse anche Ovidio (Tristezze, Badia Polesine 1897), in terza rima, e J.-J. Rousseau (Passi scelti dell'"Emilio", a cura di N. Valeri, Torino 1932).
Il G. morì a Roma il 5 dic. 1931.
Fra le opere si ricordano ancora: Per un salice piangente, Mondavio 1886; Rime sparse, Parma 1890; Cielo. Memorie liriche, Teramo 1892; La buona fata, Torino 1894; Dall'Adige, Legnago 1897; Visioni e sogni, Torino 1902; Lauri e mirti, Perugia 1904; Il libro dell'anima, ibid. 1904; Odi varie, ibid. 1906; Sonetti e ballate, Firenze 1910; Poeti umanisti maggiori, a cura e con introd. di L. Grilli, Città di Castello 1914; Il sogno dell'imperatore, Pistoia 1916; Versioni poetiche con una notizia sul Poliziano latino, Firenze 1918; Ultime luci, Torino 1923; Monte Luco, con versione latina di G. Morici e prefaz. di G. Pavoni, Spoleto 1925; Le rime del riposo, Roma 1925; Rivoli dispersi: nuove rime del riposo, ibid. 1926; Luci nel vespro, Firenze 1927; Nella vita e nel sogno, Milano 1928; Le rime del silenzio, Perugia 1929.
Fonti e Bibl.: C. Trabalza, La nuova poesia latina e le versioni di L. G., in Studi e profili, Torino 1903, pp. 34-71; L. Morandi, Letture educative facili e piacevoli, Città di Castello 1913, p. 339; M. Sticco, La mestizia e un suo poeta, in Vita e pensiero, XIV (1928), 10, pp. 608-613 (poi in Arte e sincerità, Milano 1940, pp. 221-236); C. Pellizzi, Le lettere italiane del nostro secolo, Milano 1929, pp. 158, 475; F. Sesler, L. G., in Rendiconti dell'Istituto marchigiano di scienze, lettere e arti, VII-VIII (1931-32), pp. XXIV s.; E. Allodoli, L. G., in La Cultura, s. 5, XI (1932), 2, p. 406; A. Galletti, Storia letteraria d'Italia. Il Novecento, Milano 1951, pp. 342 s.; P. Zincada, Bio-bibliografia generale italiana, Firenze 1887, s.v.; A. De Gubernatis, Piccolo diz. dei contemporanei italiani, Roma 1895, s.v.; T. Rovito, Letterati e giornalisti italiani contemporanei, Napoli 1907, s.v.; Chi è? 1931, s.v.; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, s.v.; E.M. Fusco, Scrittori e idee, Torino 1956, sub voce.