GRAZIANI, Luigi
Nacque a Bagnacavallo, presso Ravenna, il 14 dic. 1838 da Agostino e da Teresa Pozzetti.
Tra il 1850 e il 1860 frequentò il seminario di Ravenna dove due esperti sacerdoti, poi vescovi, F. Baldassari e G. Cantagalli, lo avviarono allo studio del latino che divenne il fulcro dei suoi interessi umanistici. Trasferitosi nella vicina Lugo, fu chiamato nel 1872 a insegnare materie letterarie nel locale ginnasio; ma nel 1885, non essendo in possesso del titolo abilitante richiesto dopo il riconoscimento regio della scuola, dovette lasciare l'incarico. La perdita dell'insegnamento e le necessità della numerosa famiglia lo indussero allora ad avviare un commercio di vini, peraltro senza grande fortuna. Finalmente nel 1891, per intervento di G. Carducci, fu richiamato all'insegnamento nel ginnasio di Lugo (Chiorboli, 1931, pp. VIII s.).
Il G. aveva già acquisito fama di elegante latinista con le traduzioni, quasi contemporanee dell'Inno a Giove del ravennate P. Costa (Lugo 1874), all'epoca figura di grande rilievo e influenza, e soprattutto de I sepolcri di U. Foscolo (Bagnacavallo 1874). Quest'ultima versione ebbe un quasi generale apprezzamento da parte dei latinisti del tempo.
In particolare N. Tommaseo inviò al G. una lunga lettera, ricca di osservazioni e di suggerimenti, tra i quali quello di scrivere latino "di suo". In una seconda lettera (26 marzo 1874) il Tommaseo sollecitò il G. ad affrontare temi originali, evitando, se orientato verso le traduzioni, le poesie di V. Filicaia e quelle di G. Leopardi, "tutte artifizio e senza affetto sincero", e dedicandosi, semmai, ad alcune canzoni di F. Petrarca (In memoria del prof. L. G., pp. 53 s.).
Sulla traduzione foscoliana del G. non mancarono però le voci critiche, tra le quali, particolarmente severa, quella di L. Mazzotti, un sacerdote insegnante nel ginnasio di Faenza, che sottopose il testo a un serrato esame, rilevando numerose sviste metriche e stilistiche ed errori anche grammaticali. Accanto a quelle di Tommaseo queste osservazioni, in gran parte esatte, dovettero indurre il G. a una profonda rielaborazione della prima versione, che poi pubblicò a Faenza nel 1879, dedicandola ai genitori (I sepolcri di Ugo Foscolo, versione latina con commenti). Nelle ampie note al testo il G. chiariva le proprie scelte poetiche, commentando anche passi delle precedenti traduzioni latine de I sepolcri.
In quegli anni il G. si dedicò anche allo studio del greco cimentandosi nella traduzione in latino di 32 epigrammi (Saggio di versione latina di alcuni epigrammi greci, Bologna 1878, con testo a fronte e con note di L.A. Michelangeli). Negli anni successivi tradusse in italiano anche alcuni idilli teocritei, che pubblicò con il titolo di Parvula a Lugo, nel 1898. Una felice versione del poemetto catulliano Le nozze di Teti e Peleo apparve in pochi esemplari a Faenza nel 1879 e fu poi ripubblicata a Imola, nel 1899, a cura del senatore E. Bonvicini, come omaggio per le nozze Codronchi-Dell'Abbadessa.
L'ammirazione per Carducci, che esercitò sul G. una forte influenza, si manifestò con un primo esperimento di versione latina di due Odi barbare, Mors e Ruit hora, che, accompagnata da una dedica in tre distici e da un entusiastico proemio in versi saffici, venne data alle stampe nel 1891, a Lugo, presso la casa editrice Melandri (Medri, pp. 183 ss.).
Il G. continuò nel suo tentativo traducendo altre dodici Odi barbare (Preludio, Ideale, Fantasia, In una chiesa gotica, Nella piazza di S. Petronio, Su l'Adda, Alla stazione in un mattino d'autunno, La torre di Nerone, Alle fonti del Clitumno, Alla Vittoria, Dinanzi alle terme di Caracalla, Nell'annuale della fondazione di Roma). Le versioni, che il Carducci giudicò "bellissime" (In memoria, p. 57), nel 1900 furono in parte ripubblicate, con altri saggi di traduzione del Crivellucci, di G.B. Giorgini, del Michelangeli, nella seconda edizione zanichelliana dei primi due libri delle Odi (Ragazzini, 1918, p. 15).
Nella traduzione delle Odi barbare il G. si concesse notevole libertà nella scelta dei metri, che non sempre corrispondono ai versi carducciani (Bione, pp. 131 s.). Per conservare il ritmo originario innovò perfino lo schema oraziano dell'asclepiadeo, e di un'ode, Nell'annuale della fondazione di Roma, dette una doppia traduzione con metri diversi, spiegandone le ragioni in una nota in calce al testo (Chiorboli, 1931, pp. 308 s.). Infine nel 1898 diede alle stampe, a Faenza, il promesso, ampio e dotto commento dell'ode carducciana Alle fonti del Clitumno, ponendo, in premessa, uno studio sul metro saffico e, a conclusione, la propria versione latina. Fautori e detrattori dell'opera si confrontarono, con polemica vivacità, sulle gazzette locali (ibid., p. 304).
La fama del G. è comunque legata soprattutto a due originali poemetti, in esametri latini, aventi per oggetto la bicicletta, che aveva acceso la fantasia di scrittori e poeti del tempo e ispirato già gli esametri latini di Giorgini. I carmina, presentati al concorso di poesia latina dell'Accademia Hoeufftiana di Amsterdam rispettivamente nel 1900 e 1902, furono entrambi magna laude ornata.
Bicyclula (Amstelodami 1900) è una rappresentazione riuscita della vita ciclistica con la sua pittoresca folla, le sue gare, il duello finale tra i campioni regionali, i deliziosi viaggi in tandem, l'invasione allegra della città ospitante, la descrizione dei paesaggi e dei luoghi attraversati; non manca l'omaggio all'Olanda, il paese organizzatore del concorso. Il poemetto è un inno alla velocità, alle conquiste scientifiche e allo spirito patriottico, che vede nella nuova macchina uno straordinario mezzo di difesa e di nuove glorie militari. Il G. rielaborò l'originaria redazione portando a 400 gli iniziali 557 versi, eliminando anche parti ben riuscite, come la descrizione degli ingranaggi meccanici della bicicletta, che il Ragazzini recuperò, riproponendo nel 1932 il testo originario. Il Carducci ne giudicò "terso e sincero il latino"; da Monaco W. Christ, in una elegante epistula, ne lodò la vena e la bellezza poetica; e favorevole fu il giudizio di molti altri latinisti italiani (In memoria, pp. 64 ss.). Il secondo carme, In re cyclistica Satan (Amstelodami 1900), composto per partecipare ancora al concorso di Amsterdam, traeva spunto da una curiosa notizia proveniente da San Pietroburgo, apparsa sul Resto del carlino del 22-23 ag. 1901, in cui si raccontava della moglie di un pope costretta dal vescovo del luogo ad abbandonare l'uso della bicicletta perché ritenuta strumento del diavolo. Il carme, di circa 800 versi, ha l'ambizione di scuotere le coscienze dalla superstizione e porta, appunto in premessa, il celebre incipit del poema lucreziano. Racconta poi la complicata e mefistofelica vicenda di un giovane, Norberto, che stringe un patto con il diavolo vendendosi l'anima in cambio di una bicicletta. Fa contrasto con la fosca storia il cordiale contesto familiare che costituisce la parte più riuscita e gradevole, apprezzata anche da Christ (In memoria, p. 67), dell'assurda e tortuosa vicenda.
Dopo un lungo periodo di silenzio, il G. ritornò nel 1911 alla poesia latina con un inno celebrativo del Natale di Roma e dell'Unità d'Italia: In Romam Natalem Diem nunc quidem magnificentissime renovantem (Faenza 1913), dedicato a E. Nathan. Vi erano ripercorse, seguendo lo schema carducciano della gloria e della servitù d'Italia, le tappe della storia di Roma dalla fondazione fino al recente riscatto per mano di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II.
Il G. fu anche autore di poesie dialettali e soprattutto di idilli, traduzioni, componimenti, italiani e latini, offerti in occasione di nozze di famiglie amiche. Ottenne riconoscimenti e diplomi da varie accademie di ogni parte d'Italia. Esponente di quel filone classicista fiorito in Romagna, dove intenso era il mito di V. Monti e numerosi erano i traduttori e i poeti in lingua latina, il G. fu indubbiamente uno dei più dotati e felici per la fluidità, sonorità e anche arditezza dei suoi versi latini. Dedicò gli ultimi anni a correggere e a raccogliere i suoi scritti, che pubblicò, in un volume unico, a Faenza nel 1915 con il titolo Traduzioni e poemetti originali.
Morì a Lugo il 22 nov. 1916.
Fonti e Bibl.: Manoscritti inediti, diplomi, lettere, appunti sono depositati presso la Biblioteca F. Trisi di Lugo; L. Mazzotti, Osservazioni di un insegnante sulla versione latina dei "Sepolcri" di Ugo Foscolo, fatta da L. G., Faenza 1874; A. Masetti, "Alle fonti del Clitumno", in Il Ravennate. Corriere di Romagna, 19 marzo 1899; Polemica letteraria, ibid., 25 mag. 1899; Gattabigia, "Alle fonti del Clitumno", recati in latino da L. G., in Faro romagnolo, 4 marzo e 27 maggio 1899; A. De Gubernatis, Dict. international des écrivains du monde latin, Rome-Florence 1905, p. 765, e Suppl. avec Index, p. 119; In memoria del prof. L. G. per cura dei colleghi, Lugo 1917; V. Ragazzini, L'umanesimo di L. G., Rocca San Casciano 1918; E. Chiorboli, Il G., "I sepolcri" del Foscolo latini e il Tommaseo, Bologna 1927; V. Cian, L'ora della Romagna, Bologna 1928; Lira classica, versioni e poemetti originali di L. G., a cura di E. Chiorboli, Bologna 1931; C. Bione, Di L. G. poeta latino e della tradizione umanistica in Romagna, in Atti del III Congresso naz. di studi romani, IV, Bologna 1935, pp. 129-133; Scuola classica romagnola. Atti del Convegno di studi, Faenza… 1984, Modena 1988, ad ind.; S. Medri, Cultura e società a Lugo dal '600 al '900, Imola 2000, pp. 169-191.