GONZAGA, Luigi
Nacque a Luzzara il 20 apr. 1494, secondogenito di Rodolfo, signore di Luzzara e Castiglione delle Stiviere, e della sua seconda moglie, Caterina Pico della Mirandola. Fu battezzato con il solo nome di Alessandro, tuttavia è meglio noto, anche fra i suoi contemporanei, con quello di Luigi.
Suo padre, valoroso soldato, lo lasciò orfano, cadendo in combattimento nella battaglia di Fornovo del 6 luglio 1495 contro Carlo VIII; sua madre di lì a poco seguì il consorte, morendo strangolata il 6 dic. 1501, vittima innocente di un'oscura vicenda passionale che aveva coinvolto all'interno della corte le sue stesse damigelle (gli atti processuali dell'episodio sono nell'Archivio di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 1869). Il G. si ritrovò quindi sotto tutela del cugino Francesco II Gonzaga marchese di Mantova, il quale si prese cura della conservazione dei suoi feudi contro le minacce della confinante Repubblica veneziana. Francesco II tutelò altresì il G. nell'esecuzione testamentaria paterna, allorché fece valere i diritti ereditari del G. su Castel Goffredo, occupata nel frattempo dal cugino Ludovico di Gazzuolo, mentre il fratello del G., Gianfrancesco, era venuto regolarmente in possesso dell'altro feudo di Luzzara. Altro compito del marchese di Mantova fu di addestrare il G. al mestiere delle armi, incamminandolo sulla strada già valorosamente percorsa dal padre. Il debutto in tale veste avvenne in occasione della difesa di Asola contro i Veneziani nell'ottobre 1515; continuò poi l'anno successivo al servizio del duca di Urbino, Francesco Maria Della Rovere quando venne spodestato da papa Leone X. Riavvicinatosi in seguito al pontefice, dopo aver fatto la spola tra Roma e la Francia negli anni fra il 1516 e il 1520, nel 1521 il G. partecipò con le truppe pontificie capitanate dal cugino Federico Gonzaga, gonfaloniere della Chiesa, all'assedio di Parma occupata dai Francesi. In quest'occasione il G. riportò una grave ferita a una gamba, che lo costrinse poi a zoppicare per il resto della sua vita. Allineato fra le fila imperiali, il G. contribuì nell'aprile del 1522, al fianco dei marchesi Ferdinando e Alfonso d'Avalos, alla successiva definitiva cacciata dei Francesi dal Milanese.
Rientrato a Castel Goffredo, nel maggio 1523 il G. accompagnò poi nel viaggio verso la Spagna il giovane Ferrante Gonzaga quando questi iniziò la sua lunga militanza al servizio imperiale, che lo avrebbe poi portato a essere viceré di Sicilia e governatore di Milano. Il G. rimase in Spagna fino al novembre, servendo Carlo V quale cameriere di corte e ricevendo per questo l'assegnazione di un beneficio annuo di 1000 ducati nello Stato di Milano. Tornato in patria, nei primi mesi del 1524, si mise al servizio dei Veneziani, in quel periodo alleati dell'Impero; tuttavia non prese parte ai successivi avvenimenti che si conclusero con la battaglia di Pavia del 24 febbr. 1525 e con la cattura di Francesco I, che fu visitato qualche giorno dopo dallo stesso G. nel castello di Pizzighettone, poiché Venezia, in seguito alla precedente vittoriosa discesa del re di Francia, si era prudentemente astenuta dal partecipare alle operazioni belliche. La calata in Italia dei lanzichenecchi nell'autunno del 1526, avvenuta in opposizione alla Lega di Cognac tra l'Inghilterra, la Francia, il Papato, Venezia, Firenze e il duca di Milano contro l'imperatore, vide il G. impegnato a ostacolare sul Po la loro discesa verso Roma al fianco di Giovanni de' Medici detto dalle Bande Nere. Il Medici, colpito a morte a Governolo, venne soccorso e curato nella residenza mantovana del G., dove tuttavia di lì a qualche giorno spirò. Dopo il sacco di Roma del maggio 1527 il G. abbandonò il servizio veneziano, non condividendo probabilmente la condotta tenuta in quell'occasione dal comandante le forze di Venezia, il duca di Urbino Francesco Maria Della Rovere. Messosi dunque al servizio di Federico II Gonzaga, allora allineato nella sua politica alla Lega, rimase tuttavia a Castel Goffredo ad amministrare i propri territori fino a quando, riavvicinatosi il marchese di Mantova all'Impero, il G. fu inviato nell'estate del 1529 in Spagna a omaggiare Carlo V, in attesa della sua prossima venuta in Italia. Questa missione fu il preludio al conseguimento del titolo di duca per il marchese di Mantova, poiché all'incoronazione imperiale di Bologna nel febbraio 1530 seguì la sontuosa visita dell'imperatore a Mantova, durante la quale venne concessa la dignità ducale a Federico Gonzaga.
Nell'estate del 1532 il G. si unì alle forze imperiali di Carlo V dislocate in Austria per fronteggiare l'avanzata turca e riconquistare l'Ungheria, ma, svanito il pericolo ottomano, egli ritornò già in ottobre in Italia insieme con tutto il contingente italiano. Il successivo impegno lo vide nell'agosto dell'anno successivo in Spagna per perorare presso l'imperatore la causa del Monferrato a favore del cugino Federico II duca di Mantova; ma la missione non dette frutti immediati poiché la pratica fu demandata a una commissione giuridica, la quale, a ogni modo, nel 1536 sentenziò il definitivo possesso del Monferrato a favore del duca di Mantova.
Con il trascorrere degli anni, le condizioni di salute del G. andarono aggravandosi costantemente, a causa non solo dei sempre più numerosi acciacchi e delle frequenti ricadute della sua ferita alla gamba, ma anche per i continui attacchi di gotta che lo costrinsero, negli ultimi anni della sua esistenza, a trascorrere buona parte del tempo immobile su una sedia. Per questa ragione, con il tempo dovette ridurre la propria attività di soldato, ma, seppur sofferente, prese parte ai fatti militari che si svolsero in Piemonte tra il 1536 e il 1537, in una campagna che rientrava nel più vasto scontro tra Carlo V e Francesco I scoppiato in seguito alla morte di Francesco Sforza e all'annessione del Ducato di Milano all'Impero. Conclusosi militarmente il conflitto nel 1537, il G. ritornò nei suoi territori, non prendendo poi più parte in modo diretto alle successive azioni belliche.
Negli anni che seguirono fu invece coinvolto direttamente in due gravi fatti di sangue che fecero circolare il suo nome nelle corti e nelle cancellerie di tutta Europa: l'uccisione del duca d'Urbino Francesco Maria Della Rovere nel 1538 e l'assassinio di Pierluigi Farnese, duca di Parma e Piacenza, nel 1547. In entrambi gli episodi il Gonzaga si vide implicato insieme con il cognato Cesare Fregoso. Per il primo, il G. e il Fregoso erano accusati di essere i mandanti dell'avvelenamento del duca d'Urbino, eseguito dal barbiere dello stesso duca; un delitto per il quale vennero poi scagionati dalla Repubblica di Venezia e dall'imperatore, ma le cui reali circostanze non vennero mai del tutto chiarite. Certo è, invece, il suo coinvolgimento nella congiura contro Pierluigi Farnese, in quanto egli fece da tramite tra Ferrante Gonzaga, mandante del delitto, e Giovanni Anguissola, uno dei congiurati e cognato dello stesso Gonzaga.
Personaggio dal carattere deciso e dalla controversa personalità, il G. manifestò questi aspetti non solo in occasione degli episodi criminali di cui venne accusato e nella conduzione delle operazioni belliche cui prese parte, ma persino in quel suo personale interesse per l'arte e le lettere, verso le quali non disdegnò di volgere le proprie energie nonostante la sua trentennale attività di soldato. Lo testimoniano la cura che pose nell'abbellimento e nel potenziamento difensivo di Castel Goffredo, dove tra il 1520 e il 1532 fece edificare una efficiente cinta muraria e un sontuoso palazzo decorato alla maniera di Giulio Romano. Il G. era cresciuto in una famiglia sensibile al gusto delle arti, e ancor più a quello delle lettere: Giovanni Pico della Mirandola era fratello di sua madre; sua nonna materna Giulia, figlia di Feltrino Boiardo conte di Scandiano, era zia di Matteo Maria Boiardo. Naturale, quindi, che anch'egli fosse particolarmente amico di letterati e poeti e che amasse circondarsi della loro presenza. Tra coloro che entrarono in contatto con il G. i più noti furono Pietro Aretino, con il quale scambiò una fitta corrispondenza, e Matteo Bandello. Quest'ultimo si pose al suo servizio già nel 1525, seguendolo anche in alcune campagne militari e rimanendo poi suo ospite fisso dal 1537 al 1541, quando il letterato era al seguito di Cesare Fregoso, cognato del G., e fu suo ospite insieme con il suo signore. Numerosi sono, nelle novelle del Bandello, i riferimenti ai soggiorni a Castel Goffredo di quegli anni. Lo stesso G., come si ricava da una sua missiva a Federico Gonzaga, si dilettò nel comporre alcune commedie (Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 1860), così come proverbiale sembra fosse la sua oratoria. Egli era inoltre considerato uno dei più esperti conoscitori delle norme cavalleresche, acquisite nel corso degli anni con l'esperienza diretta, avendo avuto modo in più di una circostanza di affrontare degli avversari in duello. In conseguenza di queste sue conoscenze, fu chiamato in più di un'occasione a dirimere con la propria autorità dispute insorte tra vari gentiluomini dell'epoca.
Il G. si sposò una prima volta nel luglio 1519 con Ginevra Rangoni, sorella del noto condottiero Guido, ma dopo oltre vent'anni di matrimonio Ginevra si spense nell'estate del 1540 senza avergli dato eredi. Trascorso qualche mese, il G. contrasse quindi seconde nozze con la piacentina Caterina Anguissola Trivulzio, dalla quale, scongiurando una ormai quasi certa estinzione dinastica, ebbe in pochi anni tre maschi: Alfonso, nato nel 1541, Ferrante nel 1544 e Orazio nel 1545, destinati a succedergli rispettivamente su Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere e Solferino.
Il G. morì il 19 luglio 1549 a Castel Goffredo, dove venne sepolto in una cappella, per essere poi tumulato nel 1595 nella chiesa delle Grazie presso Mantova insieme con il figlio Alfonso.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, bb. 585, 1069 bis, 1860, 1861, 1862, 1869, 1908, 2109, 2110, 2915, 2916; Arch. Gonzaga di Castiglione delle Stiviere, bb. 20, 67, 159, 169; P.E. Marcobruni, Raccolta di lettere di diversi principi e altri signori, Venezia 1595, pp. 1 s.; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, II, Mantova 1955, pp. 322, 628-636; P. Giovio, Lettere, a cura di G.G. Ferrero, I, Roma 1956, pp. 110, 255; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di S. Seidel Menchi, Torino 1971, ad indicem; P. Aretino, Dialogo della Nanna e della Pippa, in Opere di Pietro Aretino e di Anton Francesco Doni, a cura di C. Cordié, Milano-Napoli 1976, p. 203; Id., Lettere, a cura di P. Procaccioli, I, Libro I, Roma 1997, pp. 54, 160 s., 171, 175, 294 s.; II, Libro II, ibid. 1998, pp. 76 s., 125, 198, 201, 209 s., 360; A. Morosini, Historiae Venetiae, Venezia 1719, I, p. 98; II, pp. 179-181; I. Affò, Vita di Luigi Rodomonte Gonzaga, Parma 1780, pp. 10-20; L.C. Volta, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova, II, Mantova 1827, p. 256; III, ibid. 1831, pp. 44 s.; B. Arrighi, Storia di Castiglione delle Stiviere sotto il dominio dei Gonzaga, I, Mantova 1853, pp. 14 s.; G. Sommi Picenardi, Castel Goffredo e i Gonzaga, Milano 1864, pp. 12-22; O. Iozzi, Cenno storico genealogico dei marchesi Gonzaga di Castiglione delle Stiviere, Pisa 1890, pp. 10-12; G. Scardovelli, Luigi, Alfonso e Rodolfo Gonzaga marchesi di Castelgoffredo, Bologna 1890, pp. 5, 7-19; E. Viani, L'avvelenamento di Francesco Maria I Della Rovere duca d'Urbino, Mantova 1902, passim; F. Bonfiglio, Notizie storiche di Castelgoffredo, Brescia 1922, pp. 20 s., 50-52, 63 s., 66; G. Coniglio, I Gonzaga, Varese 1967, pp. 480, 482 s.; Mostra iconografica aloisiana, a cura di L. Bosio, Mantova 1968, ad indicem; E. Ondei, Storia di Castiglione delle Stiviere, Brescia 1968, pp. 74, 79-81, 86 s.; P. Gualtierotti, Pietro Aretino, L. G. e la corte di Castel Goffredo, Castel Goffredo 1976, passim; Id., Chi ha ucciso il duca d'Urbino?, in Il Tartarello, giugno 1977, n. 2, pp. 11-17; Id., Matteo Bandello alla corte di L. G., Castel Goffredo 1978, passim; G. Amadei - E. Marani, I ritratti gonzagheschi della collezione di Ambras, Mantova 1978, pp. 72, 74, 185-191, 195; C. Berselli, Castelgoffredo nella storia, Castel Goffredo 1978, pp. 33 s.; G. Amadei - E. Marani, Signorie padane dei Gonzaga, Mantova 1982, pp. 108, 125, 127 s.; M. Marocchi, Storia di Solferino, Solferino 1984, pp. 47, 50-54; Id., I figli di Rodolfo Gonzaga, in Il Tartarello, dicembre 1985, nn. 1-4, pp. 16-19; L. Zoppè, Itinerari gonzagheschi, Milano 1988, pp. 77, 82 s., 159, 282; P. Gualtierotti, L. G. e la sua corte di Castel Goffredo, in Postumia, 1989, n. 1, pp. 132-139; G. Margini - R. Castagna, Monete mantovane dal XII al XIX secolo, Mantova 1990, pp. 335, 350; M. Marocchi, I Gonzaga di Castiglione delle Stiviere, Verona 1990, ad indicem; R. Tamalio, Ferrante Gonzaga alla corte spagnola di Carlo V, Mantova 1991, ad indicem; Id., Federico Gonzaga alla corte di Francesco I di Francia, Paris 1994, ad indicem; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gonzaga, tav. XVII.