GIGLIO (Lilio), Luigi (Aloisio)
Nacque intorno al 1510 a Cirò, presso Crotone, in Calabria, da una famiglia di modeste condizioni. Ebbe almeno un fratello, Antonio, con cui condivise il gusto per gli studi scientifico-matematici. Delle vicende della sua vita ben poco si sa, tanto che in passato ne è stata persino messa in dubbio l'origine calabrese e il nome di battesimo è stato indicato nella forma di Alvise Baldassarre.
Solo congetture possono essere fatte per gli anni della prima gioventù, in quanto le più antiche notizie certe risalgono agli anni Trenta del XVI secolo. Da una lettera, datata 28 febbr. 1532, a lui indirizzata dall'umanista cirotese G.T. Casopero e da quest'ultimo inserita nei suoi Epistolarum libri duo (Venetiis, J.B. De Vitali, 1535, p. 24), si ricava che il G. allora non era più in Calabria, ma a Napoli, dove stava conducendo degli studi superiori, presumibilmente di medicina, dato che Juan Salon nel suo De Romani calendarii nova emendatione, ac Paschalis solennitatis reductione (Florentiae, G. Marescotti, 1576, p. 16) lo qualifica come medico, oltre che come matematico. Nella città partenopea era agli stipendi della famiglia Carafa, feudatari di Cirò, non essendo sufficienti le magre sostanze paterne per potere attendere agli studi.
A fornirci ulteriori notizie sul G. è ancora una lettera (Bibl. apostolica Vaticana, Vat. lat. 6178, cc. 25r-26v, autografa) indirizzata dal cardinale M. Cervini, poi papa Marcello II, al cardinale G. Sirleto. L'epistola, del 25 sett. 1552, attesta che a quella data "messer Aluigi Gigli" era lettore di medicina presso lo Studio perugino e che disponeva di potenti protettori, se, al fine di garantirgli un aumento del compenso percepito, il Cervini pregava il Sirleto ("molto bene informato" sul G.) di intervenire presso il cardinale G. Dandini.
A quanto sembra (Maffei, p. 270), il G. dedicò l'ultimo decennio della vita a perfezionare la sua proposta di riforma del calendario, ma morì prima che questa fosse presentata al papa.
È incerto se la morte del G. sia avvenuta a Roma o a Cirò. Quanto alla data, il terminus ad quem è stato indicato nel 1576, anno in cui la proposta fu posta all'attenzione del pontefice. Con buona probabilità, tuttavia, si può anticipare questa data di un paio d'anni. Risale infatti al 1574 un periodo di breve residenza in Roma di A. Piccolomini, durante il quale il letterato senese ebbe modo di farsi illustrare l'ipotesi di riforma da Antonio Giglio e discuterne a più riprese con lui (Piccolomini, p. 70), circostanza questa che induce a pensare che l'ideatore della stessa fosse già defunto.
Se le vicende biografiche del G. sono per lo più oscure, incerta nei particolari è la conoscenza della proposta di riforma del calendario da lui avanzata, dato che il manoscritto autografo e le tavole delle epatte (cioè i numeri che indicano i giorni che intercorrono tra l'ultimo novilunio e la fine dell'anno) da lui elaborate sono, allo stato, da ritenersi perduti. È acclarato, infatti, che l'autore del libello riassuntivo della proposta (Compendium novae rationis restituendi kalendarium, Romae, s.i.t., 1577), che per volontà della corte pontificia venne fatto circolare in Europa tra il 1577 e il 1578, è lo spagnolo A. Chacón, un membro della commissione che fu incaricata dal pontefice Gregorio XIII di occuparsi della delicata questione, strettamente collegata al calcolo della ricorrenza pasquale (lettera di V. Lauro a G. Sirleto del 31 maggio 1581, in Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 6194, cc. 67r-68v). Le sottili differenze riscontrabili tra questa proposta e quella che fu fatta propria dalla commissione al termine dei lavori, nel 1580 (ibid. 5695; in copia di mano del sec. XVII, Roma, Bibl. Casanatense, ms. 649, cc. 164r-167v), sono con tutta probabilità da attribuirsi al più dotato dei componenti della stessa dal punto di vista delle conoscenze matematiche e astronomiche, il gesuita C. Clavio. Ma, se si assume quella presentata nel Compendium come la più vicina alla originaria proposta liliana, è evidente che due sono gli assunti intorno ai quali quest'ultima si articola: la preferenza accordata al cosiddetto anno alfonsino - ovvero al computo dell'anno tropico che discende dalle tavole astronomiche alfonsine, basate sul tradizionale modello tolemaico dell'Universo - e la scelta della data fissata dal concilio di Nicea, il 21 marzo, come quella dell'equinozio di primavera. Da ciò deriva la correzione proposta al calendario giuliano, riassumibile in quelle che furono indicate come le due "equazioni": la "grande equazione solare" (la soppressione eccezionale, che per l'Italia venne effettuata nell'ottobre 1582, di dieci giorni per ovviare alla differenza cumulatasi nel tempo tra anno astronomico e anno civile) e l'"equazione solare" (la soppressione del giorno bisesto per gli anni centenari le cui prime due cifre non fossero multiple di quattro, volta a evitare che la correzione fosse eccessiva). Inoltre, al fine di una più corretta misurazione delle lunazioni, essenziale per indicare il termine pasquale, il G. propose di sostituire al sistema del ciclo metonico (che prevedeva l'intercalazione, in un periodo di 19 anni composti ciascuno di 12 mesi, di altri sette mesi) un nuovo metodo basato sul calcolo delle epatte, di cui redasse delle tabulae.
Fonti e Bibl.: A. Piccolomini, De nova ecclesiastici calendarii pro legitimo Paschalis celebrationis tempore restituendi forma libellulus, Senis 1578, p. 70; G.P. Maffei, Annali di Gregorio XIII, Roma 1742, p. 270; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 2, Napoli 1752, pp. 465-470; B. Chioccarello, De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis ab orbe condito ad annum usque 1646 floruerunt, Neapoli 1780, pp. 19-21; G.B. Grossi, L. G., in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, VI, Napoli 1819, pp. n.n. (ma 99-102); G.F. Pugliese, Descrizione ed istorica narrazione dell'origine e vicende politico-economiche di Cirò, I, Napoli 1849, pp. 222-228; N. Morelli, Vite dei re di Napoli, II, Napoli 1852, p. 154; A.M. De Lorenzo, I Calabresi e la correzione del calendario, in Gli Studi in Italia, II (1879), pp. 167-177; F. Kaltenbrunner, Beiträge zur Geschichte der gregorianischen Kalenderreform. Die Kommission unter Gregor XIII nach Handschriften der Vatikanischen Bibliothek, in Sitzungsberichte der philosophisch-historischen Klasse der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften, XCVII (1880), pp. 7-54; J. Schmid, Zur Geschichte der gregorianischen Kalenderreform, in Historisches Jahrbuch, III (1882), pp. 388-415, 543-595; V (1884), pp. 52-87; C. Giuranna, La patria dell'immortale astronomo calabrese Lilio, in Riv. calabrese di storia e geografia, I (1893), pp. 223-229; L. Boccardini, L. G. di Cirò, ibid., pp. 246-261; D. Marzi, Giovanni Maria Tolosani, Alessandro Piccolomini e L. G., in Miscellanea stor. della Valdelsa, V (1897), pp. 202-212; J. Mayr, Das Kunstwerk des Lilius, in Astronomische Nachrichten, CCXLVII (1933), pp. 429-444; G. Aromolo, Papi, astronomi, epatte. L. G. astronomo "primus auctor" della riforma gregoriana del calendario, Napoli 1963; G. Moyer, L. Lilio and Gregorian reform of the calendar, in Sky and telescope, LXIV (1982), pp. 418 s.; Id., Aloisius Lilius and the "Compendium novae rationis restituendi kalendarium", in Gregorian reform of the calendar. Proceedings of the Vatican conference to commemorate its 400th anniversary, 1582-1982, a cura di G.V. Coyne - M.A. Hoskin - O. Pedersen, Città del Vaticano 1983, pp. 171-188; F. Maiello, Storia del calendario. La misurazione del tempo 1450-1800, Torino 1994, pp. 102-105.