GENTILI, Luigi
Nacque a Roma il 14 luglio 1801 da Giuseppe, procuratore legale originario di Città Ducale, e da Anna Maria Gnaccarini, romana. Compiuti i primi studi nelle scuole pubbliche e poi al Collegio romano, a 17 anni si iscrisse alla Sapienza, dove si laureò nel 1822 in diritto canonico e civile. Dopo un breve praticantato in alcuni studi privati, abbracciò la professione di avvocato; ma intanto coltivava gli studi letterari, la musica, il canto e il disegno, e otteneva buoni risultati in vari campi: nella poesia, con l'ascrizione (1820) all'Arcadia e all'Accademia romana; nelle lingue, con l'apprendimento dell'inglese; nell'insegnamento, con le lezioni d'italiano date ai turisti inglesi. Appunto da una di queste frequentazioni nacque la delusione amorosa che nel 1828 provocò nel G. la crisi interiore che lo indusse a riconsiderare tutta la propria esistenza e che alla fine lo distaccò dall'avvocatura indirizzandolo sulle vie della fede religiosa.
Cominciò così una vita fatta di preghiere, letture sacre, presenza nelle opere di carità quali la Pia Unione del S. Cuore di Gesù e l'Oratorio del Caravita. Una grave malattia e una costituzione abbastanza gracile gli costarono il rifiuto dei gesuiti di ammetterlo nel loro Ordine: lungi dallo scoraggiarsi, il G. si diede allo studio della teologia e della dogmatica, infervorandosi sempre più nella decisione di arrivare al sacerdozio. Decisivo in tal senso fu l'incontro che sul finire del 1829 ebbe con A. Rosmini Serbati, giunto a Roma per ottenere l'approvazione delle costituzioni dell'Istituto della carità, la cui prima casa era stata aperta vicino Domodossola: alla richiesta del G. di entrare nel suo Ordine il Rosmini replicò che era prima necessario un periodo di noviziato lontano da Roma, condizione indispensabile per conseguire l'umiltà prevista dalla regola monastica. Il G. ebbe qualche difficoltà ad accettare la prescrizione, cui accompagnò la lettura del rosminiano Nuovo saggio sull'origine delle idee (Roma 1830): poco portato per temperamento alla vita contemplativa, era impaziente di darsi all'apostolato e non sempre si assoggettava alla severa mortificazione di sé predicatagli dal Rosmini, il quale dal canto suo non gli avrebbe risparmiato i rimbrotti anche duri. Tuttavia tra i due si sviluppò una grande confidenza, attestata dalla fitta corrispondenza che li tenne legati per 18 anni e in cui il punto d'incontro fu rappresentato dalla possibilità di lavorare all'evangelizzazione dell'Inghilterra.
Tale prospettiva si aprì quando il G. conobbe l'inglese A. Phillipps de Lisle il quale, approvato da poco l'Emancipation Act (1829) che riconosceva ai cattolici britannici i diritti civili prima negati, aveva concepito il proposito di chiamare alcuni predicatori nella sua regione, il Leicestershire. Un'idea simile era venuta anche a P.A. Baines, vescovo di Siga, che intanto stava aprendo un collegio a Prior Park, vicino Bath. D'accordo con il Rosmini, il G., che sul finire del 1830 era stato ordinato sacerdote, offrì la propria disponibilità e, rafforzata la conoscenza della lingua con una permanenza annuale nel Collegio irlandese di Roma, raggiunse nell'agosto 1831 la casa generalizia dell'Istituto. Mentre compiva il previsto noviziato e diventava a sua volta istruttore, meritando la piena fiducia del Rosmini, nuove richieste e sollecitazioni arrivavano dall'Inghilterra, e la preferenza veniva accordata al vescovo Baines.
Ottenuto infine dal papa il breve di approvazione (17 dic. 1834), il 22 maggio 1835 il G. si mise in viaggio, accompagnato da due confratelli francesi: lo attendeva l'insegnamento della filosofia e dell'italiano e, a partire dal 1837, dell'eloquenza sacra, finalizzato alla formazione di un clero autoctono e, in prospettiva, al ristabilimento della gerarchia cattolica in Inghilterra.
L'esperienza di Prior Park durò fino al dicembre 1838 e non fu molto serena: incaricato come prefetto generale degli studi di scrivere i regolamenti del collegio, il G. diede ai corsi un'impronta assai rigida e non esitò a contrapporre la conoscenza del pensiero del Rosmini alla consolidata tradizione del sensismo, né riluttò dall'imporre agli allievi incessanti pratiche di pietà e di culto, di quello mariano soprattutto. Oltre a suscitare più di una resistenza e di una protesta, tutto ciò produsse presto un conflitto con il vescovo Baines, che non apprezzava i contenuti emotivi e talvolta esteriori della devozione quale la intendeva il G., una devozione "dal fare largo, espanso, accalorato" (Pagani, p. 205), che apriva la strada a una morale ignaziana estremamente rigoristica, incompatibile con il lassismo e con la freddezza congeniali al carattere inglese. Alla fine del 1837 i regolamenti tracciati dal G. erano cancellati, l'insegnamento modificato, annullate le premiazioni con croci, medaglie e immagini sacre, soppresse le preghiere in latino; di poco successivo era un primo distacco del G. verso il monastero della agostiniane di Spettisbury, dove cominciò a profilarsi la sua grande attitudine alla predicazione delle missioni e alla somministrazione degli esercizi spirituali.
Nel frattempo Gregorio XVI approvava in modo definitivo le costituzioni dell'Istituto della carità: convocato dal Rosmini, il G. fece parte del gruppo che nell'estate del 1839 si recò a Roma per essere ricevuto in udienza dal papa e sancire quindi, con la solenne professione dei voti nella basilica di S. Sebastiano (22 ag. 1839), l'avvenuta creazione dell'Ordine. Al ritorno in Inghilterra (maggio 1840), dopo un nuovo periodo di malattia chiusosi con una convalescenza a Stresa, il G., affidato a un superiore nella persona di G.B. Pagani e incaricato di fondare una sede dell'Istituto rosminiano a Grâce Dieu, residenza del Phillipps de Lisle, si mise all'opera con tutto l'ardore di cui era capace. Nel corso della sue molte missioni, che non di rado suscitarono l'opposizione anche fisica dei protestanti (il G. fu il primo prete cattolico a indossare l'abito talare in pubblico), condusse molti anglicani all'abiura e fu protagonista di moltissime conversioni. Resosi popolare come predicatore dai toni caldi e ispirati, entrò in contatto con il movimento di Oxford e divenne amico di A.W. Pugin, l'architetto che aveva riscoperto il gotico, e di W.B. Ullathorne, vescovo di Birmingham. A compiacere il G. fu però soprattutto il successo riscosso presso i ceti poveri, cui con il passare degli anni prese a rivolgersi con una frequenza che finì per provocare la disapprovazione del Phillips de Lisle.
Dal 1843 le missioni assunsero un carattere itinerante (formalizzato il 9 sett. 1845 da un decreto del Rosmini). Accompagnato da un predicatore irlandese, M. Furlong, il G. portò la sua parola appassionata, i suoi esercizi spirituali e il canto gregoriano in tutta l'Inghilterra, da Loughborough a Sheepshed, da York a Liverpool, da Huddersfield a Newcastle e Sunderland; a Coventry fece sfilare in processione l'immagine della Madonna mentre i protestanti celebravano con una cavalcata profana la leggenda di lady Godiva; nel 1844 era ad Alton Towers, nello Staffordshire, e poi a Banbury, a Grantham, ancora a Liverpool; nel 1845 a Londra dava gli esercizi spirituali al clero cittadino presso il St. Edmund's College. Il suo inglese era tutt'altro che perfetto, eppure "his was the first popular preaching of Catholicism to the English masses, and elicited extraordinary scenes of religious enthusiasm, which crowded churches and confessionals" (Norman, p. 228); e le conversioni arrivavano a migliaia (più di 3000 dal 1844 in poi). La vera novità era rappresentata dalle dimensioni di massa delle sue prediche, alla base delle quali c'era ora la presa di coscienza delle drammatiche condizioni di vita delle moltitudini sradicate dalle campagne e abbandonate a se stesse nelle città in piena rivoluzione industriale; in particolare la sensibilità del G. andava alle comunità irlandesi e alle loro sofferenze, cui offriva il riscatto di una carità che, ove possibile, non era solo spirituale, ma prestava qualche minimo sollievo e si misurava con problemi quali l'alcolismo. Quando a Roma, nel 1847, il prefetto della congregazione di Propaganda Fide avvertì l'esigenza di saperne di più sulle reali condizioni dei fedeli e del clero in Inghilterra, fu appunto il G. a essere incaricato di raccogliere le informazioni richieste: nei cinque lunghi rapporti che egli inviò era disegnato il quadro abbastanza allarmante di una società dalle incolmabili sperequazioni sociali e di un clero disordinato, ribelle e malato di spirito antiromano.
L'ultimo teatro delle missioni del G. fu l'Irlanda, da lui già visitata nel 1842. Vi ritornò nell'aprile del 1848, chiamatovi dall'incrudimento della miseria, conseguenza diretta delle grandi carestie del 1846-47. Per tutto il mese di maggio fu impegnato a predicare nelle chiese di Dublino, evitando tuttavia di eccitare gli animi e raccomandando anzi ai fedeli esasperati contro l'amministrazione britannica di mantenersi nella piena legalità, ciò che addirittura gli procurò da parte degli elementi più radicali l'accusa di "essere in lega col governo britannico" (Lockhart, p. 335).
Un'altra missione in uno dei quartieri più poveri della città, nel settembre 1848, gli fu fatale: ammalatosi di febbre tifoidea, il G. morì a Dublino il 26 sett. 1848. Dopo un funerale seguito da una folla commossa, fu seppellito nel locale cimitero di Glasnevin; la sua tomba, oggetto della venerazione dei cattolici anglosassoni, è tuttora meta di pellegrinaggi.
Fonti e Bibl.: Il percorso spirituale del G. e le vicende della sua vita inglese possono essere ricostruite attraverso A. Rosmini Serbati, Epistolario completo, III-X, Casale Monferrato 1888-92 (per la consultazione v. l'indice dei destinatari annesso a ciascun volume); brani delle lettere del G. al Rosmini sono stati pubblicati da G.B. Pagani, La vita di L. G., Roma 1904 (nell'originale inglese Life of the rev. Aloysius G., LL. D., father of Charity and missionary apostolic in England, London 1851). Del G. si hanno inoltre molte altre biografie, tra le principali: F. Puecher, Vita di don L. G., Lugano 1850; H. Collins, Life of the rev. father G., priest of the Order of charity, London-Leicester 1861; D.R. Gwynn, Father L. G. and his mission, 1801-1848, Dublin 1951; J. Mac Hugh, Father G., priest and missionary, Dublin 1958; C. Leetham, L. G.: a sower for the second spring, London 1965 (vi sono utilizzate le relazioni del G. a Propaganda Fide, già analizzate in Id., G.'s reports to Rome, in Wiseman Review, 1963-64, n. 498); una ricostruzione fondata su una testimonianza diretta è quella di W. Lockhart, Vita di A. Rosmini prete roveretano…, Venezia 1888, pp. 311-316, 323-335, 337 s.; inserisce l'azione pastorale del G. nel risveglio del cattolicesimo inglese E. Norman, The English Catholic Church in the nineteenth century, Oxford 1985, ad indicem; Dict. of national biography, VII, coll. 1006 s.; Enc. cattolica, VII, s.v.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, sub voce.