GENERALI, Luigi
Nacque a Modena l'8 sett. 1803 da Giovanni e da Isabella Giardini.
Il padre aveva occupato fino al 1796 il posto di impiegato nell'ufficio di revisione delle finanze ducali. Imbevuto di cultura letteraria, era stato in età giovanile autore di numerosi componimenti poetici e all'arrivo dei Francesi aveva ricoperto la carica di segretario del Comitato di governo di Modena e nel 1797 aveva avuto il compito di riorganizzare per conto della Repubblica Cispadana la Garfagnana e la Lunigiana. Poi era stato il factotum (segretario, cassiere, docente di storia e di lingue) della Scuola militare per l'artiglieria e il genio di Modena; quando questa fu chiusa, per volere del duca Francesco IV d'Austria-Este nell'agosto 1815, era tornato agli studi letterari pubblicando nel 1819, a Modena, Risposta alle Considerazioni al Tasso del Galilei, elogiata da V. Monti.
Seguendo le orme paterne, il G. frequentò nel 1817, dopo aver superato l'esame d'ammissione, i corsi di filosofia presso l'Università di Modena e due anni dopo si iscrisse a quelli di legge. Nel 1823 conseguì il notariato con pieni voti e la lode e il 10 luglio dell'anno successivo la laurea in giurisprudenza. Di due anni più giovane, il fratello Giuseppe si laureò in medicina e occupò la cattedra di anatomia e poi di clinica chirurgica presso l'ateneo modenese.
Nutrito di sentimenti liberali ereditati dal padre e dallo zio Agostino, insigne matematico e buon musicista, il G. aderì a un'associazione segreta fra gli studenti universitari, che doveva essere un tentativo di inquadramento delle forze giovanili da parte dei carbonari modenesi.
Pur non avendo preso parte attiva alle cospirazioni del '21 (nel Ducato di Modena il capo della polizia estense, l'odiato G. Besini, faceva retate di affiliati alle sette, tra cui Ciro Menotti), di quei rivolgimenti e della vita modenese di quegli anni il G. ha lasciato una lucida e preziosa testimonianza nelle sue Ricordanze, tramandando la memoria di un'embrionale organizzazione segreta studentesca fattasi viva il 6 apr. 1821 con una sommossa che era costata l'espulsione dall'ateneo ai protagonisti e la perdita di un anno a tutti coloro che non erano riusciti a provare di non essere stati sul posto quel giorno. Una sorte siffatta toccò, oltre che al G., a E. Misley, regista e indefesso tessitore della cosiddetta "congiura estense", al quale il G. si legò con un'amicizia profonda, cementata dalla comunanza degli ideali di libertà e indipendenza. Il Misley confidava spesso all'amico - che però non se ne mostrava convinto - che Francesco IV avrebbe potuto essere, per ambizione, ricchezza e posizione, "un buon capo per la nazione italiana".
Negli anni che vanno dal 1823 al 1831 il G. fu in relazione di amicizia con liberali e cospiratori come Nicola Fabrizi, Angelo Usiglio, Ercole Pio di Savoia, Luigi Tabboni, e si dedicò all'attività forense (era iscritto all'albo dei causidici della provincia di Modena come patrocinatore esercente) coltivando con amore gli studi letterari per i quali aveva, come il padre, una particolare propensione. Ne sono testimonianza anche alcune epigrafi da lui scritte per Maria Pedena, una fanciulla che il 1° luglio 1827 era stata uccisa con inaudita ferocia da un maturo spasimante respinto.
Nel 1831 il G. fu proposto come professore aggiunto presso la facoltà di giurisprudenza dell'ateneo modenese, magistero che non potè svolgere a causa dell'insurrezione menottiana del 3 febbraio e dei fatti che ne conseguirono. La mattina del giorno 9 sottoscrisse, insieme con altri 71 firmatari, la dichiarazione di decadenza della dinastia austro-estense.
L'adesione data procurò al G., oltre alle persecuzioni, i rimproveri di uno zio legittimista con cui si giustificò sostenendo di essere stato coinvolto in modo fortuito. Nella lettera al parente ricordava che, di passaggio per la via Emilia, era stato chiamato all'interno del palazzo comunale dove gli era stato chiesto di sottoscrivere la nomina di Biagio Nardi a dittatore della provincia di Modena. E aggiungeva: "Se una volta in vita mia sono escito dal proposito fatto di non immischiarmi in cose politiche, l'ho fatto per motivi scusabili [la riconoscenza nei confronti del Nardi, suo maestro di pratica legale]; io non ho partecipato nè parteciperò mai ai pranzi patriottici, club, clamori ecc., cose troppo diverse dalle mie inclinazioni". Di questa tesi difensiva esiste un'altra redazione, più dettagliata, che forse doveva servire al G. per esibirla nel caso in cui fosse stato necessario produrre una giustificazione alle autorità o a eventuali giudici.
La casualità del coinvolgimento (probabilmente un espediente difensivo, comune allora a molti patrioti), non impedì al G., uomo equilibrato nella passione patriottica e avverso al rivoluzionarismo democratico, di accettare due giorni dopo la carica di segretario del colonnello F. Maranesi, comandante delle forze armate rivoluzionarie della città e della provincia. Per sottrarsi alla dura reazione della polizia estense (con sentenza 6 giugno 1837 sarà condannato in contumacia dalla Commissione militare stataria a 10 anni di carcere), si rifugiò nella sua casa di campagna a Nizzola presso San Donnino, a pochi chilometri da Modena, poi a Firenze e quindi a Livorno da dove, non sentendosi ancora al sicuro, si imbarcò per la Corsica, terra ospitale e pertanto agognata dalla corrente migratoria degli esuli che, come il Mazzini, la consideravano terra italiana.
Sbarcando a Bastia il 3 luglio 1831, il G. trovò ad accoglierlo alcuni suoi conterranei (Luigi Fabrizi, Giuseppe Castelli, Pietro Zoccoli, Agostino Mucchi) e un gruppo di bolognesi, romagnoli, parmensi e fiorentini. Dell'esilio corso, durato undici mesi, avrebbe poi lasciato un diario che costituisce una fonte preziosa perché non solo consente di ricostruire le vicende personali del compilatore e degli altri rifugiati politici, ma fornisce anche notizie interessanti sui luoghi e sui costumi dell'isola, nonché sulle sue istituzioni e sulla diffusione della carboneria fra tutti i ceti della popolazione corsa (Morselli). Numerosi erano gli emigrati che, privi d'ogni mezzo di sostentamento, col solo sussidio mensile di 45 franchi passati dal governo francese, conducevano vita grama adattandosi ai mestieri più umili. Provenendo da famiglia agiata, il G. non visse le penose sofferenze di tanti suoi compagni e, preso alloggio in un casino di campagna non lontano da Bastia, accolse spesso alla sua mensa altri profughi, fino a quando, costretto dalle disposizioni governative a partire, il 31 maggio 1832 salpò per Tolone e poi, su consiglio di un impiegato di polizia, per Marsiglia. Nei quattordici anni vissuti in Francia, e particolarmente nei nove in cui dimorò a Parigi, condusse - come scriverà al marchese Giuseppe Campori il 30 giugno 1864 - una vita "ora dissipata, ora volta quasi esclusivamente a cose politiche". Nella capitale francese aveva una frequentazione diuturna col mazziniano Giuseppe Lamberti e spesso incontrava Atto Vannucci al caffè di Francia, ritrovo abituale degli esuli italiani.
Dopo il lungo esilio, alla vigilia del 1848 tornò in Italia e come altri liberali fuorusciti svolse un ruolo importante nel governo provvisorio di Modena costituito a seguito della fuga (il 21 marzo) del duca Francesco V d'Austria-Este. Membro della commissione speciale istituita per elaborare un progetto di legge elettorale sulla base del suffragio universale, in qualità di rappresentante della guardia nazionale fece parte della delegazione che il 31 maggio si recò a Valeggio, dov'era il quartier generale di Carlo Alberto, con l'incarico di presentare al re l'atto di unione del Ducato modenese al Regno sabaudo. Dopo lo scioglimento del governo provvisorio, fu tra i dodici nuovi governanti eletti dalla guardia nazionale (risultò terzo con 35 voti) nella Municipalità modenese sino all'arrivo (24 giugno 1848) del regio commissario piemontese, il conte L. Sauli d'Igliano. Nel 1859 invece, per divergenze di carattere politico dal dittatore L.C. Farini, non assunse alcun pubblico ufficio limitandosi al ruolo di osservatore degli avvenimenti. Smise allora di occuparsi di politica per dedicarsi agli studi letterari, alla stesura delle proprie memorie e di una storia della Scuola militare del genio, che - come scrisse all'amico Campori - non portò a termine perché "trattenuto dall'accidia, dalla certezza che quasi nessuno l'avrebbe letta e anche dall'essere scontento io stesso, perché, per non so quale anormale disposizione d'animo, mi pareva, contro al mio solito, d'aver sdottorato troppo, d'aver voluto sottilizzare in tutto e per tutto".
Dopo aver trascorso molti anni nella solitudine del suo podere presso San Donnino, fece ritorno nella casa paterna di Modena dove, assistito amorevolmente dal fratello Gaetano e dai nipoti (rimase sempre celibe), morì il 31 ott. 1884.
Fonti e Bibl.: Modena, Arch. storico comunale, Registro-bollario dei nati (25 giugno-31 dicembre 1803), atto n. 460; Censimento napoleonico, f. 127; Registro di stato civile, morti, 1884, atto n. 1039; Arch. di Stato di Modena, Arch. Austro-Estense, Alta Polizia, b. 50, Processo dei 72; Ibid., Ministero Buon Governo, Atti segreti 1837, filza 23, f. 1013; Arch. del Governo provvisorio del 1848, b. 12, f. 4, prott. 1996, 1999; Modena, Biblioteca Estense, Fondo A. Sorbelli, n. 1496: Lettere e scritti di L. G., letterato e patriota modenese; Ibid., Mss., alfa Q 10, 5, n. 28; Ibid., Museo del Risorgimento, Fondo manoscritti.
Diario modenese, 25 aprile, 5 giugno, 23 giugno 1848; L'Italia centrale, 31 maggio e 6 giugno 1848; Il Panaro, 1 e 3 nov. 1884; G. Canevazzi, Ricordanze di L. G., in Arch. emiliano del Risorgimento nazionale, I (1907), pp. 22-42, 91-122; II (1908), pp. 134-167; III (1909), pp. 46-68; G. Ruffini, Le cospirazioni del 1831 nelle memorie di Enrico Misley, Bologna 1931, pp. 18-42; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano 1934, II, pp. 292-294; L. Dalzini, I giornali politici modenesi durante il governo provvisorio del 1848, in Rass. stor. del Risorgimento, XXVII (1940), pp. 980, 983; A. Morselli, Patriotti modenesi esuli in Corsica (1831-1859), in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 8, IV (1952), pp. 174-197 (pp. 15 s. dell'estratto); G. Bertuzzi, Giuseppe Malmusi e lo scioglimento del governo provvisorio modenese nel 1848, Modena 1966, p. 30; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. biogr. e bibliografica "Italiana", F. Ercole, Gli uomini politici, II, sub voce.