GARIBBO, Luigi
Nacque a Genova nel 1782; nel 1802 si iscrisse all'Accademia ligustica di belle arti.
Si dedicò, in particolare, alla tecnica dell'incisione su rame. La sua produzione figurativa è legata inizialmente al vedutismo analitico di matrice settecentesca, ma egli raggiunse notorietà e popolarità grazie alla rappresentazione di eventi contemporanei documentati anticonvenzionalmente, in presa diretta. La Veduta della riva dritta del porto di Genova durante la burrasca memorabile del 25 dicembre del 1821 e la Veduta del ponte della Pila sul Bisagno presso alle mura di Genova, poco dopo il suo diroccamento per la gran piena del 26 ottobre del 1822, diffuse in città come incisioni, promossero il rigore prospettico e gli interessi storici oggettivi del G., che dedicò entrambi i lavori "a Sua Eccellenza il Sig.r Marchese d'Yenne", "Governatore e Comandante Generale del Ducato di Genova" (Genova, Museo di S. Agostino, Archivio topografico del Comune, dove sono conservati la maggior parte dei lavori dell'artista).
Una certa povertà di mezzi - il bulino, la tecnica ad acqua e, meno frequentemente, l'olio - evidenzia ancora meglio l'elaborata preparazione che, per studiare dal vero la vecchia Genova e farla rivivere, tende a smorzare le esigenze della fantasia e i contrasti di luce e di colore, pur efficaci in incisioni a seppia come la Veduta della città di Genova presa dalla base della Lanterna e la Veduta del porto di Genova, presa dal campanile della metropolitana (Ibid.).
Nel 1833 il G. si trasferì a Firenze, dove continuò l'attività documentaria e dove iniziò a interessarsi alle tecniche fotografiche.
Dei "nuovi trovati della fotogenia" contemporanea scrisse nel giugno 1853 sulle pagine del giornale fiorentino La Speranza (Alizeri, p. 470), proponendo perfezionamenti alla camera chiara che egli stesso adoperò per alcuni suoi lavori. Nelle riprese "scientifiche", che derivò dalla tradizione del vedutismo settecentesco veneto, il G. teorizzò un cannocchiale "armato di camera lucida", per disegnare soggetti distanti anche "circa 9 miglia in retta linea", come annotò alla base del Monte Senario visto da casa mia in Borgo degli Albizzi (Genova, Archivio topografico del Comune).
Il procedimento della camera lucida o camera chiara, ideato nel 1812, si avvale di un apparecchio al cui vertice si trova un prisma che permette di vedere il soggetto da ritrarre contemporaneamente al supporto su cui disegnarne i contorni "proiettati". Tale apparecchio venne impiegato dal G. già nel 1833 quando, a margine di una Veduta della chiesa di S. Salvatore al Monte di Firenze (Ibid.), trascrisse le note di lavoro: "eseguito coll'occhio sul prisma, ed altro non gli manca che di essere determinato precisamente, più dettagliato (comportandolo il cannocchiale) e meglio accordato". Anche nella Veduta della torre del Gallo in Arcetri ove dimorò Galileo e della villa… dalla mia finestra in Borgo degli Albizzi (Ibid.), datata 18 sett. 1833, "alle ore 10 di mattina", il G. confronta l'immagine ravvicinata con lo stesso scorcio ripreso attraverso la "camera lucida solamente", dove gli elementi della rappresentazione si confondono in un piccolo paesaggio.
A Firenze il G. realizzò, "dentro un casino in Borgo Ognissanti", il suo progetto di un Panorama di Napoli, cioè una veduta dipinta a tempera sulle pareti di una camera circolare che offriva, attraverso un sistema particolare di lenti e di luci, un'illusoria e realistica riproduzione della città. Tentò di replicare tale "smisurato lavoro dove l'arte del prospettico si mescolava ai computi della meccanica e alle finezze dell'ottica" (Alizeri, p. 470) con il Panorama di Firenze, di cui realizzò soltanto progetti parziali (Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni) e una prova di proporzioni ridotte, successivamente incisa e diffusa sul mercato.
Il viaggio a Napoli, documentato dal Cratere del Vesuvio addì 8 settembre 1844 (Genova, Archivio topografico del Comune), quelli a Roma e in Toscana, come la permanenza a Firenze durante gli ultimi decenni della sua vita, registrano altre rappresentazioni "tipiche" del paesaggio di quelle città e dei loro dintorni. La maggior parte delle opere del G., tuttavia, fu dedicata a Genova.
Anche in questo caso, il diario di lavoro dell'artista traccia veritiere e scenografiche vedute di quartieri, che saranno trasformati nella seconda metà dell'Ottocento. Il valore "fotografico" di queste vedute, reso maggiormente vivo dal contemporaneo D.P. Cambiaso, risiede sì nella "salvaguardia dell'immagine dei luoghi visitati e visitabili" (Bruno, p. 13), ma soprattutto nella conservazione della memoria del tempo. Come ricorda Alizeri, "se alcun luogo o monumento si trasformava o cedeva d'innanzi alle novità, […] egli non avea pace finché in disegno o in colore non ci serbasse l'apparenza del vecchio" (p. 470). Diversi acquerelli del G. - tra i quali Strada e bastioni di S. Teodoro, Genova dal giardino del principe D'Oria, Palazzo Pallavicini detto delle Peschiere, Antica porta e bastioni dell'Acquasola, Ponte di Carignano e Rovine dell'antica chiesa di S. Domenico (Genova, Archivio topografico del Comune) - permettono di ricostruire contesti paesaggistici, urbani e architettonici del capoluogo ligure.
Dal 1855 al 1867 il G. partecipò alle esposizioni annuali organizzate dalla Società promotrice di belle arti di Genova, mentre il 13 febbr. 1859 venne insignito del titolo di accademico di merito. Il riconoscimento per le benemerenze artistiche del G. era stato inizialmente proposto da Maurizio Dufour, animatore della vita genovese nel campo delle arti, al quale si devono anche le più importanti vendite realizzate dal vedutista in patria. Nel 1868 il G. donò alla sua città l'Album artistico ossia raccolta di acquerelli, disegni, abbozzi, schizzi e studj fatti sul vero… (Ibid.).
I cento fogli numerati di cui si compone la raccolta costituiscono una documentazione, oltreché della sua perizia, di un modo di intendere il rapporto tra arte e dimensione urbana. Vi emerge "lo stile de' suoi dipinti […] cotale che più vi si paia il prospettico che il colorista; luce schietta e diffusa, niun contrasto di toni, niun prestigio di tinte: cura di linee, gradazioni giuste ne' terreni e ne' cieli" (Alizeri, p. 471).
Colpito da cecità, il G. morì a Firenze, in solitudine e miseria, il 12 genn. 1869.
Nel corso della sua vita sembra che egli abbia avuto interessi di carattere teorico e scientifico, oltre che artistico. Alizeri scrive del "buon genovese" suo contemporaneo che fu non soltanto "virtuoso ingegno […] ma vario ed industre". Un "trattato di prospettiva" stilato dal G. - scrive sempre Alizeri - rimase inedito a causa delle "strettezze di fortuna che l'amareggiarono sempre"; sembra abbia scritto anche un trattato di tecnica aeronautica e, attraverso studi effettuati sull'acustica e le tecniche musicali, realizzato un harmonium, che riportando "con sapiente modulazione i suoni, rendeva immagine di molti strumenti" accordati tra loro (pp. 469 s.)
Fonti e Bibl.: F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazione dell'Accademia, III, Genova 1866, pp. 469-471; M. Staglieno, Memorie e documenti sull'Accademia ligustica di belle arti, Genova 1862-67, p. 253; A. Merli, Appendice al sunto storico delle arti del disegno e dei principali artisti in Liguria, Genova 1866, pp. 32 s.; Mostra di pittura ligure dell'Ottocento (catal.), a cura di M. Labò, Genova 1926, p. 43; E. Poleggi - F. Poleggi, Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova 1969, passim; G. Giubbini, Genova nelle vecchie stampe, Genova 1970, pp. 56-83; F. Sborgi, Pittura e cultura artistica nell'Accademia ligustica a Genova 1751-1920, Genova 1974, pp. 48, 63 s.; Pittura neoclassica e romantica in Liguria 1770-1860 (catal.), a cura di F. Sborgi, Genova 1975, pp. 158-160; G. Bruno, La pittura in Liguria dal 1850 al divisionismo, Genova 1981, pp. 12 s., 17, 450; L. Perissinotti, Il porto di Genova: l'ottica dei pittori nell'Ottocento, in Genova, la Liguria, il Mediterraneo (catal., Genova), a cura di A. Agosto - G. Bruno, Milano 1985, pp. 85, 88-90; F. Sborgi, in La pittura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1987, pp. 411, 427; Il Museo dell'Accademia ligustica di belle arti. La pinacoteca, a cura di E. Baccheschi, Genova 1988, pp. 129 s.; Magasin pittoresque - una Genova del primo Ottocento (catal.), a cura di G. Marcenaro, Genova 1989, pp. 76, 96, 113-115, 117; F. Sborgi, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, p. 28; P. Millefiore, ibid., II, p. 842 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 198.