FERRI, Luigi
Nacque a Bologna il 15 giugno 1826 da Domenico e Clementina Nicoli. Appena quattordicenne, seguì la famiglia in Francia, ove il padre, scenografo e architetto decoratore, era impiegato presso il théâtre Royal Italien di Parigi. Lì frequentò il collegio Bourbon, dove, nel 1845, ottenne il baccellierato, e poi la Scuola normale superiore, dopo aver vinto il concorso di ammissione. In quegli anni, durante gli studi superiori, entrò in contatto con le correnti filosofiche francesi ed in particolare con lo spiritualismo. Studiò le opere di V. Cousin, senza aderire all'eclettismo, e attraverso il Cousin ebbe modo di conoscere lo psicologismo dualistico di Maine de Biran. Conseguita la licenza in lettere (1850), insegnò per cinque anni nei licei di Chalons, Evreux, Dieppe, Blois e Tolone, per poi fare rientro in Italia.
Stabilitosi in Piemonte (ove si era trasferito il padre), il F. si adoperò per ottenere l'equipollenza della laurea, cosa che fece discutendo una dissertazione sulla filosofia del diritto in Aristotele (Della filosofia del diritto presso Aristotele, Torino 1855). Il riconoscimento del titolo gli permise di riprendere l'insegnamento, dapprima nel collegio di Annecy in Savoia e successivamente presso il liceo di Casale Monferrato, dove ebbe come allievo Carlo Cantoni.
Due anni più tardi, nel 1857, venne nominato dal ministero ispettore delle scuole secondarie, incarico che ricoprì per tre anni, fino a quando T. Mamiani, nominato da Cavour ministro della Pubblica Istruzione, lo chiamò presso di sé in qualità di segretario particolare. Tra i due si era instaurato un rapporto di amicizia e collaborazione i cui inizi risalivano a tre anni prima, al momento cioè della pubblicazione, da parte del Mamiani, dell'abbozzo delle Confessioni di un metafisico sulla Rivista contemporanea, edita a Torino. In quella circostanza il F. gli aveva indirizzato tre lettere (Lettere a Terenzio Mamiani, in Rivista contemporanea, X (1857), pp. 481-93; XIV (1858), pp. 336-54;XIX (1859), pp. 291-319), in cui appaiono già tracciate le linee fondamentali della sua elaborazione, improntata fin da allora a un deciso dualismo.
Partito dall'esame delle teorie della conoscenza per affermare l'importanza della scienza moderna in opposizione al platonismo di Mamiani, il F. giunse a prospettare un dualismo che tentava di conciliare idealismo e empirismo, rimanendo però impigliato nella contraddizione data dall'ammettere allo stesso tempo .la unità logica di natura e spirito, la unità logica ed ontologica del vero e l'esistenza di una pluralità di sussistenze sostanziali. Dopo questa iniziale interlocuzione, si avvertì negli studi del F. l'influenza dell'opera di Mamiani, anche se tra i due non mancarono le differenziazioni. Nonostante ciò i suoi critici di allora, e in parte, successivamente, anche G. Gentile, videro principalmente nel F. il discepolo di Mamiani, mentre i suoi allievi ed amici, primo fra tutti G. Barzellotti, tesero ad evidenziarne l'originalità.
Nel 1863 ottenne la cattedra di storia della filosofia presso l'Istituto di studi superiori di Firenze, dove rimase fino al 1871. La prolusione con la quale inaugurò il corso fu incentrata Sulle attinenze della filosofia, e sua storia, colla libertà e con l'incivilimento (Firenze 1863).
Gli anni dell'insegnamento fiorentino furono assai prolifici per il Ferri. I suoi interessi di storico della filosofia si concentrarono principalmente sull'età della Rinascenza e molti furono i saggi da lui pubblicati sulle diverse riviste, tra cui Nuova Antologia, rivista con la quale avviò un'intensa collaborazione che si protrasse fino al 1895, anno della sua morte. Nell'ambito di questi studi si sviluppò la polemica che lo vide contrapposto a F. Fiorentino a proposito dell'interpretazione del pensiero di P. Pomponazzi (La psicologia di Pietro Pomponazzi, in Atti dell'Acc. dei Lincei, s. 2, III [1875-76], pp. 333-544), del quale il F. aveva rinvenuto alcuni inediti sul problema dell'anima presso la Biblioteca Angelica di Roma.
Tralasciando le questioni strettamente filologiche che divisero i due autori, interessa rilevare che il Fiorentino contestava al F. l'erudizione priva di metodo della sua impostazione, che precludeva la possibilità di selezionare e attribuire la giusta valenza alle diverse affermazioni di un filosofo, e insisteva sulla esigenza di muoversi nell'ambito delle opere di un autore utilizzando il criterio speculativo.
Tra i molti lavori, il F. diede inoltre alle stampe nel 1869 l'Essai sur l'histoire de la philosophie en Italie au XIXme siècle, pubblicato a Parigi (1869) in due volumi. In origine l'opera era stata commissionata al F. nel 1866 dal ministro della Pubblica Istruzione D. Berti, il quale, aderendo alla richiesta del collega francese M. Duruy, voleva presentare alla Esposizione universale di Parigi (1867) un rapporto sullo stato degli studi umanistici e scientifici in Italia. Venuto meno il progetto originario, quelle che avrebbero dovuto essere le parti di un rapporto diedero vita ad un saggio. Nonostante il carattere erudito, l'opera mise comunque in luce nel F. una profonda conoscenza della filosofia a lui contemporanea.
L'analisi del F., convinto che fosse propria della tradizione filosofica italiana la vocazione a conciliare ideale e reale in modo da pervenire alla identificazione dei principi teoretici e morali, si incentrò principalmente su sei autori: Gioia, Romagnosi e Galluppi, accomunati dalla ispirazione problematica al criticismo kantiano, Rosmini, Gioberti e Mamiani (anche se non mancano ulteriori riflessioni su Genovesi, sugli hegeliani di Napoli, Ferrari e altri) e cioè su coloro che, attraverso la propria elaborazione, costituivano, per il F., l'evoluzione del pensiero verso la realizzazione dell'idealismo obiettivo. Un idealismo che, liberato della sua "parte cattiva... quella che confonde la ragione e l'intelletto con l'esperienza", non trascura i risultati delle scienze, e che anzi si fonda sulla funzione della ragione nella scienza.
Il lavoro fu recensito, tra gli altri, dal Fiorentino (in Rivista europea, II [1870-71], pp. 592-96), che lo accolse favorevolmente come testimonianza di impegno civile ma ne contestò decisamente l'impianto analitico spiritualistico e il "platonismo fuori tempo", anacronistico, che pregiudicavano al F. l'adeguata comprensione dei diversi autori. Di parere opposto, più di recente, N. Abbagnano (Storia della filosofia, Torino 1982, III, p. 261), per il quale il F., contestualizzando la filosofia italiana in un ambito europeo e mettendone in luce connessioni ed intrecci, si distaccava da quel giobertismo esasperato proprio di larga parte della filosofia italiana della seconda metà dell'Ottocento.
Nel frattempo il F. prese a collaborare con la rivista La Filosofia delle scuole italiane, fondata da Mamiani nel 1869, e proprio su diretto interessamento di quest'ultimo nel 1871 lasciò Firenze per assumere la cattedra di filosofia teoretica a Roma, dove ricoprì per molti anni l'incarico di preside della facoltà. Nello stesso anno si recò in Germania, accompagnato dal Barzellotti, per un viaggio di studi attinenti ai problemi pedagogici e ai sistemi di insegnamento della filosofia. Contemporaneamente intraprese lo studio del tedesco e dell'inglese allo scopo di affrontare i testi filosofici nelle lingue originali. La notorietà di studioso gli aprì nel 1876 le porte dell'Accademia dei Lincei, nella quale divenne segretario della classe di scienze morali, storiche e filosofiche.
Mentre stava già lavorando a una delle sue opere più interessanti sulla psicologia dell'associazione (La dottrina psicologica dell'associazione considerata nelle sue attinenzecon la genesi delle cognizioni, in Atti dell'Acc. dei Lincei, cl. di sc. mor. stor. e fil.,s. 3, II [1877-78], pp. 769-858), ritornò sul rapporto tra Ilpositivismo e la metafisica con un saggio uscito sulla rivista Filosofia delle scuole italiane, XXII(1880), 3, pp. 319-43.
Nel 1883 uscì in Francia La psychologie de l'association depuis Hobbes jusqu'à nos jours, Paris 1883 (tradotta in Italia nel 1894, con un ulteriore ampliamento e rifacimento), dopo che un primo abbozzo era già comparso, come si è visto, nel 1878.
Il lavoro, scritto dietro sollecitazione dell'Accademia delle scienze morali e politiche dell'Institut de France, fu molto apprezzato e valse al F. la nomina a socio corrispondente.
Alla morte del Mamiani il F. assunse la direzione di Filosofia delle scuole italiane che trasformò (1886) in Rivista italiana di filosofia. Il titolo non fu l'unico cambiamento: il F. ne estese, infatti, gli interessi alla pedagogia e accentuò quelli per la sociologia e la letteratura.
La sua riflessione filosofica si arricchì ulteriormente quando, tra il 1885 e il 1888, pubblicò negli Atti dell'Accademia dei Lincei (cl. di sc. mor. stor. e fil.) quattro memorie che si riallacciavano direttamente alla psicologia dell'associazione: Analisi del concetto di sostanza e sue relazioni con i concetti di essenza, cause di forza, s. 3, XII (1885), pp. 303-335; Il fenomeno sensibile e la percezione esteriore, ossia i fondamentidel realismo, s. 4, II (1886), 1, pp. 251-75; Dell'idea del vero e sue relazioni con l'idea dell'essere, s. 4, III (1887), 1, pp. 5-42; Dell'idea dell'essere, s. 4, IV (1888), 1, pp. 38-77.
Gli ultimi anni della sua vita furono segnati da problemi di salute, dovuti agli sforzi a cui si sottoponeva per adempiere a tutti i suoi incarichi e portare avanti i suoi studi, impegno che gli procurò anche un sensibile calo della vista.
Morì a Roma il 17 marzo 1895.
Oltre agli scritti citati vanno ricordati: I limiti dell'idealismo, in La Filosofia delle scuole italiane, XVII (1878), 1, pp. 57-67; L'idea, analisi dei suoi caratteri, ibid., pp. 131-1466; Il monismo nella filosofia contemporanea, in Rivista ital. di filosofia, II(1887), 1, pp. 217-27.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Rendiconti d. Acc. dei Lincei, cl. di sc. mor., s. 5, IV (1895), pp. 577-594; G. Tarozzi, La vita e il pensiero di L. F., Palermo 1895; Per L. F. nel II anniversario della sua morte, Roma 1897; G. Alliney, I pensatori della seconda metà del XIX sec., Milano 1942, pp. 223-227, 382-386; G. Gentile, Le origini della filosofia contemporanea in Italia, Firenze 1958, pp. 127-136; E. Garin, Storia della filosofia ital., Torino 1966, pp. 1199 s., 1222; L. Malusa, La storiografia filosofica ital. nella seconda metà dell'Ottocento, Milano 1977, pp. 178-181, 198-204.