FERGOLA, Luigi
Capostipite di una famiglia di artisti attivi lungo quasi tutto l'arco del XIX secolo, nacque a Napoli l'11 febbr. 1768, come risulta dai "libretti di vita e costumi" degli impiegati del Reale Officio topografico. Ebbe due mogli, Teresa Conti, romana, e Francesca Aquilano, e nove figli, tra cui figurano Salvatore, personaggio di spicco nell'ambiente artistico napoletano (vedi in questo Dizionario, s. v.), Francesco (cfr. questo Dizionario, s. v. Salvatore), Filippo, incisore calligrafò, nell'Officio topografico (vedi le notizie in chiusura di questa biografia). Secondo il Grossi (1821) il F. era nato intorno al 1790 ma, correttamente, l'Ortolani, sulla scorta della produzione già nota, riteneva che la data dovesse "ritrarsi d'un ventennio" (Ortolani, p. 131).
Allievo di J. P. Hackert, il F. è stato definito da M. Causa Picone (1974, p. 68) "pedissequo hackertiano legato ad una minuziosa micrografia che non esclude, tuttavia, una vena felice di acquerellista".
Illustrò una decina di tavole del Recueil des vues les plus agréables de Naples et ses environs, incise da Vincenzo Aloja tra il 1804 ed il 1805.
L'opera fu distribuita dal mercante Nicola Gervasi e procurò una certa notorietà ai due artisti sebbene il disegno sia abbastanza stereotipato nel cogliere le classiche vedute della città di Napoli e dei resti archeologici dell'area flegrea e soprattutto la qualità dell'incisione sia dura e schematica.
Entrato nel Gabinetto topografico di Napoli nel marzo 1806, all'indomani della venuta a Napoli di Giuseppe Bonaparte fu inquadrato nel rango dei disegnatori topografi.
La sua abilità nel ritrarre il paesaggio e nel rendere in maniera evidente la morfologia del terreno, la sua configurazione ed i suoi colori fece si che egli potesse essere fruttuosamente utilizzato nell'allestimento dei disegni cartografici. Va ricordato che nell'Officina topografica di Napoli, tra il XVIII ed il XIX secolo, agli artisti era demandato il delicato compito di inserire l'orografia e la relativa coloritura nelle bozze cartografiche. A tale proposito risulta quanto mai sintomatica la presenza nel laboratorio cartografico di Napoli del pittore di corte A. D'Anna, chiamato già dal 1784 con il preciso compito di realizzare le montagne dell'Atlante geografico del Regno di Napoli. Da un documento d'archivio del 1810 (cfr. Valerio, 1985, p. 24 n. 8), risulta che nel Burò topografico erano impiegati soltanto quattro disegnatori dei quali uno, Pietro Venditto, era addetto alla "topografia militare" - cioè al disegno di carte e piani militari -, un altro, Gaetano Montefuscoli, era principalmente calligrafo ed incaricato dell'allestimento dei frontespizi, mentre il F. risultava essere l'unico, insieme con l'ormai anziano D'Anna - maestro e guida del F. in tale mansione -, che potesse svolgere i compiti di vero e proprio disegnatore topografico, attività alla quale dovette dedicarsi con maggior impegno dopo la morte dello stesso D'Anna, avvenuta nel settembre del 1810 (ibid.).
Per le spiccate capacità pittoriche e soprattutto a causa di una maggiore definizione dei ruoli introdotta nella cartografia napoletana sotto il Murat, il F. venne nominato "disegnatore vedutista" nel Deposito della guerra col decreto del 29 sett. 1814. Con l'istituzione dell'Officio topografico, nel 1817, il direttore Ferdinando Visconti non volle rinunciare all'abile "vedutista" e sebbene tale ruolo non fosse più previsto nell'organico, il F. venne nominato, il 22 genn. 1817, disegnatore di prima classe "aggregato" all'Officio finché non si fosse reso vacante un posto di disegnatore (Archivio di Stato di Napoli, Ministero della Guerra, Comando generale ordini del giorno, 35).
Tra il 1817 ed il 1825 egli risulta costantemente addetto all'esecuzione di vedute; nell'ottobre del 1822, in uno stato dei lavori, è esplicitamente dichiarato che egli "disegna vedutine per lo smercio": in quel mese ne aveva consegnato sei della misura di 7 × 5 once, cioè 15 × 11 cm (Ibid., Ufficiotopografico I, fs. 1; Ibid., Ministero d. Guerra, fs. 1457). Nelle lettere che accompagnavano gli stati di lavoro della prima sezione dell'Officio, trasmessi dal maggiore Giovanni Melorio al direttore Giuseppe di Brocchetti, negli anni 1823, 1824 e 1825, compare sempre la specifica notazione relativa all'invio delle vedute eseguite dal Fergola. Il 7 marzo 1821 era stato confermato nell'incarico con il mensile di 30 ducati.
La principale attività del F. si svolse nell'ambito della Litografia militare, annessa all'Officio topografico nel 1823, che finì con l'essere una vera e propria scuola di disegno per i giovani vedutisti e pittori napoletani. Negli anni 1823 e 1824 preparò i disegni per la serie di dodici vedute di Napoli, pubblicate dalla Litografia militare; suoi sono il Sepolcro di Virgilio (1823), le Vedute di Napoli da Capodichino (1823), dal Carmine (1823), dalla nuova strada di Posillipo (1823) e dalla nuova strada di Capodimonte (1824).
La serie risulta di valore artistico nettamente più elevato di quella eseguita un ventennio prima e ciò va attribuito, oltre che alla maturazione dell'artista, al sapiente uso dei toni chiaroscurali della litografia di Gennaro Aloja, che tradusse su pietra i disegni del Fergola. Alcuni disegni ad acquerello, riconducibili a tale periodo, sono conservati nella Società napoletana di storia patria (cfr. Causa Picone, 1974); al F. è stato attribuito anche il dipinto Capodimonte e le ville site lungo la strada dei ponti Rossi (Napoli, coll. priv.; ma cfr. Gouaches napoletane..., 1985).
Un'attività didattica, all'interno dell'Officio, è attestata da alcuni "elementi di paesaggio consistenti in quattro tavole" realizzati nel mese di giugno del 1825 (Arch. di Stato di Napoli, Ministero d. Guerra, fs. 1457).
Le notizie sull'ultimo decennio di vita sono piuttosto scarse: continuò a svolgere i compiti di vedutista e di maestro nell'Officio topografico. Morì prima del 4 ag. 1835, quando fu accordata una pensione di 100 ducati annui da dividere metà alla vedova, Francesca Aquilano, e metà ai figli Maria Concetta, Enrico e Nicola.
Data la particolare collocazione che Filippo ebbe nell'Officio topografico come incisore, è molto probabile che egli sia uno dei nove figli di Luigi. Comunque, sappiamo per certo che nacque a Napoli il 20 dic. 1802 e che fu nominato incisore di terza classe il 18 nov. 1827. La sua attività principale fu di incisore di caratteri, di reticoli geografici e di comici: ricoprì, insomma, un ruolo prettamente tecnico.
Relativamente agli anni dal 1827 al 1836, sappiamo soltanto che incise una serie calligrafica per Gabriello de Sanctis e la scrittura per la carta della Columbia (1835) inserita nell'atlante geografico di Luigi Galanti. Dal giugno 1836 e per tutto il 1837 fu addetto all'incisione delle scritture sul primo dei tre fogli componenti la carta del Mare Mediterraneo (Arch. di Stato di Napoli, Ufficiotopografico I, fs. 50); ancora sullo stesso foglio, dal novembre 1838 all'agosto 1839, incise il porto di Algeri e gli scandagli intorno a Gibilterra, mentre nell'ottobre del 1839 iniziò ad incidere il porto di Tolone (Ibid., fs. 6). Intanto, il 5 dic. 1837, era stato nominato incisore di seconda classe al posto di Antonio Rossi, passato, nella stessa data, alla prima classe.
Negli anni 1847 e 1848 eseguì scritture e scandagli sul canale di Brest allontanandosene soltanto per assistere agli esami degli allievi (settembre 1847) e per colorare "le bandiere della marina" (novembre 1848; Ibid., fs. 54). Le richieste che provenivano da altri ministeri e da altre amministrazioni civili e militari erano molteplici e la direzione dell'Officio si trovava spesso costretta ad utilizzare il personale nelle mansioni più svariate.
Il 14 febbr. 1850 Filippo ottenne la nomina ad incisore di prima classe e nel luglio dello stesso anno iniziò ad incidere la scrittura del quarto ed ultimo foglio della carta itineraria. del Regno (Ibid., fs. 27). Il lavoro di incisione di tale carta lo impegnò per parecchi anni; terminato il quarto foglio pose mano al primo, lavorandovi negli anni 1857 e 1858. In quest'ultimo anno ebbe inizio l'incisione del terzo rame della carta del Regno per il quale Filippo eseguì "la rete" e zie verificò l'esattezza; contemporaneamente iniziò anche l'incisione del primo foglio della pianta di Palermo, pubblicata poi in quattrofogli nel 1864. Nel 1859 passò a lavorare all'interminabile carta dei dintorni di Napoli, iniziata nel 1817, per la quale incise le scritture nel secondo foglio, comprendente la città di Capua. Vale la pena di ricordare che tali ultimi lavori, di grande rilevanza nell'attività dell'Officio, erano demandati al personale più anziano e qualificato.
Filippo andò via dall'Officio nei primi mesi del 1860, probabilmente per malattia (poiché era ben lontano dai quarant'anni di servizio richiesti per il raggiungimento della pensione): il suo nome manca già nello stato dei lavori del giugno 1860 (Arch. di Stato di Napoli, Ministero d. Guerra, fs. 2490/2167).
Morì a Napoli il 14 apr. 1861.
Fonti e Bibl.: Per il F. documenti relativi alle attività istituzionali sono nell'Archivio di Stato di Napoli, Ministero d. Guerra e d. Marina, Libretti di vita e costumi, s. 2, nei "libretti di vita e costumi" superstiti è possibile ripercorrere la carriera amministrativa; nei fasci del fondo Ufficiotopografico sipossono trovare notizie sporadiche sulle sue attività e produzioni, mentre notizie sulla pensione alla vedova ed agli eredi sono in Ministero d. Guerra, Pensioni e matrimoni, fs. 330/8390. Molto di tale materiale è stato studiato e pubblicato da V. Valerio, Società uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d'Italia, Firenze 1993, pp. 523 s. (per Filippo), 527 s. (per il F.); cfr. inoltre G. B. G. Grossi, Ricerche su l'origine, sui progressi, e sul decadimento delle arti dipendenti dal disegno, Napoli 1821, p. XXXIII; F. Napier, Notes on modem painting at Naples, London 1855, pp. 86 s.; P. Calà Ulloa, Pensdes et souvenirs sur la littérature contemporaine du Royaume des deux Siciles, Genève 1859, I, p. 101; S. Ortolani, G. Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli e in Italia dal '600 all'800, Napoli 1970, ad Indicem;M. Causa Picone, Disegni della Società napoletana di storia patria, Napoli 1974, pp. 67 ss.; A. M. Negro Spina, L'incisione napoletana dell' 800, Napoli 1976, pp. 74 s.; P. Ricci, Arte e artisti a Napoli 1800-1943, Napoli 1981, p. 22; Gouaches napoletane del Settecento e dell'Ottocento (catal.), Napoli 1985, pp. 104, 213, 223; V. Valerio, L'Italia nei manoscritti dell'Officina topografica conservati nella Biblioteca nazionale di Napoli, Napoli 1985, p. 21; G. Alisio, Napoli nell'Ottocento, Napoli 1992, p. 197; M. Picone, in F.C. Greco-M. Picone-I. Valente, La pittura napoletana dell'Ottocento, Napoli 1993, p. 126.