SARRI, Luigi Egisto
SARRI, Luigi Egisto. – Nacque a Figline Valdarno il 6 novembre 1837. Nel registro delle anime della collegiata di S. Maria si legge che il padre, Raimondo, lavorava come «imbianchino» e che la madre, Carlotta Ruggini, era «servitora di fulminanti», cioè venditrice ambulante di fiammiferi.
Frequentò la scuola creata da Raffaello Lambruschini per i bimbi delle classi più povere del paese, come si apprende da una memoria dello stesso Sarri, datata 1874 (Cassano d’Adda, Archivio Sergio Sarri, Diario, pagine senza numerazione). Tra il 1847 e il 1849, aiutò il padre imbianchino nel lavoro, manifestandovi i primi segni della sua precoce abilità nell’arte del disegno e dell’affresco.
Nel 1850, s’iscrisse all’Accademia di belle arti di Firenze e venne ammesso alla scuola di disegno e figura; nello stesso anno, eseguì il disegno raffigurante l’Ecce Homo di Guercino (Roma, Galleria nazionale di palazzo Corsini). Da questa data abitò a Firenze e visse grazie all’aiuto economico di alcune persone di Figline e dei confratelli della Misericordia. Al concorso per i premi di emulazione del 1852, superò l’esame e venne premiato nella classe elementi di disegno e figura. Il 5 dicembre 1853, passò alla Scuola delle statue di Benedetto Servolini e, il 2 dicembre 1854, alla Scuola di pittura di Giuseppe Bezzuoli. Nel 1855, alla morte di Bezzuoli, Sarri passò definitivamente alla Scuola di pittura di Antonio Ciseri.
Ai concorsi annuali per i premi d’emulazione del 1856 e del 1857, Sarri risultò primo nelle classi di bozzetto d’invenzione in acquerello (Firenze, Archivio storico dell’Accademia di belle arti, 1856, n. 72), di bozzetto a olio d’invenzione e di accademia a olio del nudo (1857, n. 59). Nonostante gli elogi dei professori e il sussidio agli studi di dieci zecchini annui, che percepì dal 1853 al 1861 (1853, n. 42; 1854, n. 82; 1855, nn. 7, 77), il giovane artista rimediò alla mancanza di denaro dividendo il proprio tempo in due parti: «Una parte – scriveva di quegli anni – l’adoperavo a far copie in Galleria, qualche ritratto a pochissimo prezzo, e qualche piccolo lavoro a fregio [...]. Una parte del tempo l’adoperavo per imbastire qualche quadro a soggetto storico per potere con questo mezzo giungere al mio ideale. Essendo abbastanza giovane e lavorando molto mi sembrava nonostante questa divisione di tempo potessi arrivare alla meta» (Diario, cit., pagine senza numerazione).
Dal 1858, iniziò l’apprendistato diretto nello studio di Ciseri. Al concorso per i premi triennali dell’Accademia del 1857, nella classe di pittura, Sarri eseguì Lorenzo de’ Medici che sfugge al pugnale dei congiurati nella sagrestia del duomo di Firenze (Firenze, Archivio storico dell’Accademia di belle arti, 1857, n. 59). Il 12 settembre, nel suo Diario, Ciseri scrisse che, dopo molte discussioni, il premio venne assegnato «a chi non lo meritava [...]. I sacrificati furono il mio scolare Sarri e un giovane del Puccinelli» (Spalletti, 1975, p. 605).
Nel 1859, iniziò l’attività pittorica vera e propria con il S. Stanislao Kostka (Figline Valdarno, collegiata di S. Maria, sagrestia) e il Ritratto di Angelo Maria Bandini per il palazzo vescovile di Fiesole (la commissione arrivò per il tramite di Ciseri e di Giovanni Duprè). Il 2 aprile 1861 all’Esposizione solenne della Società promotrice delle belle arti Sarri espose il dipinto eseguito nel 1858 raffigurante Lorenzo de’ Medici (catalogo n. 176 della Promotrice): acquistato dal «dott. Giovan Battista Trombetta di Pontassieve», è stato rubato, nel 1987, ai suoi eredi.
In questi primi dipinti, il giovane artista sembrò mediare i toni e la luce livida che Ciseri stava elaborando per il Martirio dei Maccabei (Firenze, chiesa di S. Felicita), con gli esempi pittorici di Domenico Morelli, Francesco Saverio Altamura e Vincenzo Cabianca. Il loro esempio riuscì a creare in Sarri incertezze e a stimolare soluzioni pittoriche per fargli superare gli intralci residui del Romanticismo storico e metterlo anche in condizione di comprendere il dichiarato naturalismo di Ciseri e il rinnovamento del quadro di storia di Morelli.
Scrisse Sarri sull’Esposizione nazionale del 1861 a Firenze: «Era incominciata una lotta fra gli artisti riguardante il risveglio che doveva nascere nei più giovani avendo avuta una Esposizione Italiana nella quale vi erano esposti dei bellissimi quadri fra i quali primeggiavano quelli del Morelli di Napoli» (Diario, cit., pagine senza numerazione).
Il successo che ottenne in questa esposizione Stefano Ussi con La cacciata del Duca di Atene (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) e la sperimentazione in atto sui soggetti contemporanei furono alla base della lunga gestazione del Corradino di Svevia che ascolta la condanna a morte, il dipinto commissionato a Sarri dal re Vittorio Emanuele II nel 1863 e che egli consegnò incompiuto solo nel 1867 (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti). L’aggiornamento del pittore avvenne sugli aspetti del realismo introdotti a Firenze da Altamura e Serafino De Tivoli, che, appena tornati da Parigi, nel 1855, avevano proclamato l’urgenza di una più libera sperimentazione della luce e del colore. Ma l’aver abbandonato il disegno a vantaggio degli effetti luministici non convinse fino in fondo Sarri, che cercò sempre di mediare questa novità, a cominciare dal dipinto con Savonarola che spiega l’Apocalisse nel chiostro del convento di S. Marco del 1865 (Figline Valdarno, collezione privata), poi nel Duello di Ludovico Martelli e Giovanni Bandini al tempo dell’assedio di Firenze del 1867 (Firenze, collezione privata), fino al tardo Marsilio Ficino che spiega la filosofia platonica alla famiglia Serristori del 1877 (Firenze, collezione privata). Qui si nota la voglia di sperimentazione sul colore e sulla luce, vicina a Cabianca, a Odoardo Borrani e ad Auguste Gendron. La luce nei dipinti di Sarri non fu, come in questi tre ultimi artisti, eseguita in contrasti luminosi, ma più atmosferica e velata: sospesa quasi in quel ton gris di cui parlava spesso Altamura nelle riunioni al caffè Michelangelo assieme al chiaroscuro e al colorire di Paul Delaroche. In Sarri, comunque, il metodo compositivo rimase sempre quello dell’Accademia, con i soggetti storici vicini a Ussi e a Ciseri.
Una fotografia del 1861-62 ritrae Sarri al centro con accanto gli amici pittori della Società promotrice di belle arti: Cesare Bartolena, Odero, Borrani, Telemaco Signorini, Giuseppe Moricci, Vito D’Ancona, Nicola Cianfanelli, Giuseppe Bellucci, Bernardo Celentano, Filippo Palizzi, Giovanni Mochi, De Tivoli e Morelli. Al di fuori della cerchia di Ciseri, il pittore fu presente alle discussioni presso il caffè Michelangelo sul nuovo nell’arte. La stessa Società promotrice rappresentò, fin dal 1855, la risposta innovativa e aggiornata al modo convenzionale di professare l’arte a Firenze.
Dal 1863, iniziò per Sarri, intensa, l’attività di ritrattista, nella quale convissero l’osservazione del dato reale e il segno nobile del disegno che sostiene la forma secondo i modelli puristi italiani e francesi. Nel 1863, egli ritrasse dal vero Alfredo Serristori (collezione privata) e Aleardo Aleardi (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti). Spesso la figura in posa fu mediata dall’impiego della fotografia, come nel Ritratto di Gioacchino Rossini del 1866 (collezione privata), ripreso da quello del fotografo Mario Nunes Vais, e in quelli con Vittorio Emanuele II di Savoia (1870 circa, Firenze, Galleria Palatina di palazzo Pitti), Agostino Nuti (1900, Firenze, Istituto degli Innocenti) e Giuseppe Verdi (1901, Figline Valdarno, Ridotto del Teatro comunale Garibaldi), tutti realizzati da fotografie dei fratelli Alinari.
Nel 1864, Sarri si sposò con Giustina Barlacchi (1836-1907); il 5 maggio 1866 nacque Corrado, il primo figlio, che divenne pittore come il padre, e l’8 settembre 1868 Ciro, il secondogenito, che ebbe una vita molto breve.
Sarri eseguì gli affreschi nel piano nobile di casa Crispi a Firenze (1865), ma dopo il 1867 non sembrò partecipare più attivamente alla vita artistica fiorentina e si ritirò nella sua casa studio. Ritornò poi a frequentare il maestro Ciseri che lo ritrasse nel 1870 (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti).
Fra il 1873 e il 1874, dipinse i ritratti di Raffaello Lambruschini, di Niccolò Tommaseo (che replicò nel 1877 su commissione del ministero della Pubblica istruzione, ora alla Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti) e di Gino Capponi per l’Accademia della crusca di Firenze.
Nei ritratti l’astrazione formale appresa da Ciseri fu arginata attraverso una più diretta caratterizzazione dei sentimenti e della psicologia del personaggio: l’Andrea Magherini del 1877-78 circa (collezione privata), i sei Principi degli studi del collegio alla Querce di Firenze effigiati a partire dal 1876, l’Angelo De Gubernatis del 1883 (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti) e l’Autoritratto del 1900-01 (Firenze, Galleria degli Uffizi). Incaricato dalle RR. Gallerie e Musei di Firenze, Sarri realizzò il Ritratto di Emilio De Fabris, ora alla Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti (1883), che replicò per il Museo dell’Opera del duomo di Firenze (1884). Di poco più tardo è il Ritratto di Luigi Leoni, ora alla Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti a Firenze (1886).
Iniziò, dal 1870, intensa, l’esecuzione di dipinti con scene di genere pompeiano e romano per il mercato francese, inglese e italiano. Sarri vi si dedicò, con discreto esito, anche economico, fino a tutto il 1880. Ricordiamo, fra i tanti soggetti ripetuti, quelli con: Interno pompeiano: donna con i due figli (collezione privata); Scena pompeiana: donna con bambino che dorme (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti) e Interno pompeiano: donna con pappagallo e cane (collezione privata).
La resurrezione di questi eventi del passato greco-romano ‘in toga’ fu tradotta da Sarri in scene di vita quotidiana dell’antichità nelle quali prevalse il verosimile e l’immaginario. Il pittore restituì i sentimenti domestici di un ‘eden lontano’, ritagliati in episodi secondari, ma credibili nella loro ricostruzione storica.
Nel 1872, Sarri realizzò il sipario per il teatro di Figline, andato perduto durante la seconda guerra mondiale. Terminò poi gli affreschi nel soffitto del teatro nel collegio alla Querce di Firenze (anche questi perduti durante la seconda guerra mondiale) e il sipario per il teatro del medesimo collegio (1876, collezione privata). Nel 1877, dipinse La Musica (collezione privata), un progetto pittorico sul tema delle Muse, mai terminato. Quando, verso la fine degli anni Settanta, si assisté al risveglio dell’interesse della critica per il quadro storico, che trovò conferma nell’Esposizione nazionale di Torino del 1880, Sarri compì i cinque ultimi dipinti della sua vita con quei temi: Napoleone Bonaparte che visita lo zio vescovo a S. Miniato al Tedesco o L’ingresso di Napoleone a San Miniato - 29 giugno 1796 (1876, San Miniato, Pisa, palazzo Formichini, collezione Cassa di Risparmio di San Miniato); Lucrezia Mazzanti (1878); Jacopo Guicciardini che rimprovera Clemente VII per l’assedio di Firenze (1880, collezione privata; dipinto che cercò di inviare all’Esposizione nazionale di Torino); Il duca d’Orange si prepara per la battaglia nella quale morì (1884, collezione privata) e Alessandro de’ Medici che rapisce una monaca (1885-95, donato dal figlio Corrado al Comune di Figline Valdarno nel 1904 e ora nel palazzo pretorio, sala dedicata al pittore).
Sarri eseguì inoltre per la numerosa committenza religiosa: Il transito di s. Giuseppe (1862, Viesca, chiesa di S. Piero), S. Agostino nello studio (1888, Figline Valdarno, monastero della S. Croce), il Ritratto del vescovo Luigi Corsani (1888, Fiesole, Archivio capitolare), la Madonna del Rosario (1889, Figline Valdarno, chiesa di S. Maria a Ponterosso), Il transito di s. Giuseppe (1891, Figline Valdarno, collegiata di S. Maria) e Santa Rita da Cascia per una sconosciuta chiesa del Sudamerica (1897). Continuò inoltre la serie dei ritratti degli uomini illustri: Ubaldino Peruzzi, che donò al Comune di Firenze (1892); Cesare Guasti, su incarico del ministro della Pubblica Istruzione, per l’Accademia della crusca di Firenze (1893); la sua copia e il Giuseppe Silvestri per il Comune di Prato (1894 e 1896, Prato, Comune, sala degli Uomini illustri).
Il pittore partecipò al concorso promosso da Vittorio Alinari nel 1900, con il dipinto Apoteosi della Madonna (Firenze, collezione privata) e nel 1901 terminò l’Autoritratto (1899-01), che il figlio Corrado donò alla Galleria degli Uffizi nel 1904.
Morì a Firenze il 15 novembre 1901 in via dei Della Robbia 12 e venne sepolto nel cimitero di Trespiano a Firenze.
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti conservati presso i discendenti di Sarri a Cassano d’Adda (Milano), esiste, nell’Archivio storico dell’Accademia di belle arti, in quello della Società promotrice delle belle arti di Firenze e nel Comune di Figline Valdarno (Firenze), vario materiale documentario e bibliografico di utile consultazione.
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