DRAGHICCHIO, Luigi
Nacque a Pola (Istria) da genitori, ambedue di Parenzo, il 12 luglio 1890.
Studiò al ginnasio reale (liceo scientifico) di Pisino d'Istria e quindi nelle università di Vienna e di Padova. Fin dal 1913 assunse un incarico d'insegnamento della lingua tedesca a Trieste, nella scuola reale e nel ginnasio di S. Giacomo. Fece parte allora di organizzazioni irredentistiche e svolse qualche attività giornalistica, senza farsi notare in modo particolare, ma trovando poi il modo di farsi chiudere in prigione per dieci giorni per partecipazione a manifestazione proibita (dicembre 1912).
Nel 1918, su designazione del Comitato nazionale italiano di Trieste, fu addetto al Governatorato militare della città, come traduttore, e poi nominato vicecommissario civile per Tarvisio, Longatico e Idria, quindi commissario straordinario al Comune di Tarvisio. Successivamente (1920) ritornò in Istria all'amministrazione provinciale, chiamato da A. Pogatschnig al reparto economico-finanziario. Nel 1921 fu delegato della stessa amministrazione provinciale e della Camera di commercio dell'Istria alla conferenza fra gli Stati successori dell'Austria per la regolazione delle pendenti questioni economico-finanziarie. L'anno successivo accompagnò V. Scampicchio in qualità di delegato della Provincia nella commissione presieduta dal prefetto F. Crispo Moncada per la nuova ripartizione provinciale della Venezia Giulia: in tale occasione, anzi, svolse funzioni di segretario, tanto che l'operato della commissione è riferito direttamente con le sue parole sulla Gazzetta ufficiale.
Nel 1924-25 fu segretario della commissione interministeriale presieduta da G. Banelli, sottosegretario all'Economia nazionale, per le condizioni dell'Istria e di Pola; fra il '24 e il '30 ebbe pure funzioni di delegato principale del re nella seconda commissione mista italo-iugoslava per la ripartizione degli enti autarchici divisi dal confine in applicazione del trattato di Rapallo e di Roma. Tale esperienza amministrativa e legale gli valse nel 1926 la nomina a direttore della Cassa circondariale di malattia di Pola e poi della Cassa provinciale di malattia per l'Istria, enti modello per modernità ed efficienza, più tardi assorbiti dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie (INAM).
Intanto il Comune di Pola era una volta di più affidato a un commissario prefettizio. Dall'annessione all'Italia la città era passata attraverso una grave crisi, determinata dallo smantellamento del grande arsenale militare, che dava lavoro a migliaia di operai, dalle agitazioni del dopoguerra, dall'avvento del partito unico. Poi ebbe avvio una lenta ripresa economica con la nasèita di alcune industrie e l'elevazione della città a capoluogo di provincia (1923). Vi furono traslocati da Parenzo gli uffici provinciali e l'istituto di credito fondiario e iniziato il riassetto urbano. Vennero messi in miglior luce alcuni monumenti romani, venne ricostruito il duomo dopo l'incendio, riaperto al culto il tempio di S. Francesco, costruita la chiesa di S. Antonio; sorsero palazzi, edifici scolastici, il campo sportivo. La città riprese slancio e la popolazione tornò ad aumentare. Ma l'amministrazione comunale fu spesso in crisi, affidata per qualche anno al commissario straordinario L. Amelotti, ufficiale della r. marina, poi dal 1922 al '23 al sindaco elettivo G. Carvin, ancora ai commissari prefettizi L. Rizzi e G.A. Merizzi. Solo nell'aprile 1928 Pola ebbe un podestà, nominato dall'alto com'era consuetudine, ma cittadino noto per la sua attività d'irredentista, di volontario di guerra, d'animatore del Fascio di combattimento: Luigi Bilucaglia. Durante il suo podestariato venne aperto nella chiesa della Madonna del Mare il Famedio del marinaio italiano, inaugurato il Museo provinciale dell'Istria, iniziati gli spettacoli all'aperto nell'Arena romana. Con il 10 sett. 1934 il Bilucaglia volle dedicarsi prevalentemente alle cure parlamentari e l'amministrazione passò nuovamente ad un commissario prefettizio, G. D'Alessandro. Questi cambiamenti frequenti tolsero coerenza all'amministrazione, affidata a funzionari ma priva d'una guida riconosciuta e senza rapporti di collaborazione effettiva con la popolazione locale.
Fu perciò salutata con generale soddisfazione la nomina a podestà del D., proposta dal prefetto O. Cimoroni nel novembre 1935. Persona nota nel campo culturale e amministrativo, proveniente dal nazionalismo e fascista legalitario, egli rispondeva alle aspettative. Dinamico ed energico organizzatore, il D. si mise all'opera con giovanile alacrità. Volle essere presente dovunque e rendersi conto personalmente dei bisogni cittadini, del funzionamento dei servizi pubblici, dei lavori in regia comunale. L'aspetto urbano se ne avvantaggiò, con lavori d'asfaltatura delle strade, la pulizia e l'illuminazione accresciute, la cura dei giardini, l'introduzione di linee automobilistiche, l'efficienza dei servizi di vigilanza urbana. Venne sollecitata l'erogazione di fondi governativi per sanare il deficit del bilancio e per l'erezione di edifici pubblici: il palazzo delle poste, del genio civile, della Banca d'Italia. Presso l'Arena sorsero le statue d'Augusto e della Lupa capitolina, nella piazza Alighieri la fontana ai Caduti, mentre il piano regolatore della città era allo studio del ministero dei Lavori pubblici. Il podestà con memoriali e proposte pensava all'avvenire della città e alla sua funzione morale di capoluogo. Perciò anche, alla morte del vescovo di Parenzo e Pola, mons. L. Pederzolli (1941), mentre la sede vescovile era vacante, iniziò a fare istanze affinché la S. Sede istituisse un'autonoma diocesi polese che comprendesse l'Istria meridionale e le isole di Cherso e Lussino. Con le crescenti difficoltà della guerra, tali pratiche divennero inattuali e lo stesso D., ai primi del settembre 1942, diede le dimissioni dalla carica per motivi personali.
Negli ultimi anni del conflitto egli si trasferì a Venezia, dando vita all'Istituto per gli studi sull'Italia nord-orientale e sostenendo l'azione di difesa nazionale contro le rivendicazioni territoriali iugoslave. Continuò tale opera nel dopoguerra, a Bari (ove fu dirigente della Società dei servizi pubblici), quale vicepresidente dell'Associazione nazionale per la Venezia Giulia e Dalmazia (1948-51). Visse poi a Padova, dedicandosi a studi e ricerche storiche, e infine a Torino, dove improvvisamente venne a morte il 30 genn. 1961.
Fonti e Bibl.: Necr. in Difesa adriatica (Roma), 4 febbr. 1961; L'Arena di Pola (Gorizia), 8 febbr. 1961; Padre Alfonso Orlini, istriano di Cherso nel giubileo sacerdotale, Padova 1959, pp. 125-153 passim; S. Cella, Figure di podestà di Pola: L. E. D., in Pagine istriane (Trieste), 54, XI (1961), pp. 303-307; L'Istria fra le due guerre, contributi per una storia sociale, Roma 1985, pp. 70, 98.