BAZZANI, Luigi detto il Bazzanetto
Figlio di Alessandro, nacque a Bologna l'8 nov. 1836. Allieva dell'Accademia di Belle Arti di quella città, studiò prospettiva con F. Cocchi dal quale fu anche avviato alla scenografia. Completò la formazione artistica viaggiando in Francia e Germania e, rientrato in patria nel 1861, si stabilì a Roma. Nel 1862 collaborò con C. Fracassini alla reayzzazione del sipario del Teatro Apollo (Apollo e Fetonte)e in quello stesso anno entrò nell'organico stabile del teatro, restandovi fino alla chiusura (1888), quale pittore associato ma senza una vera limitazione di categoria: dipingeva infatti sia le architetture sia gli esterni naturali o gli interni decorativi. Lavoravano con lui scenografi di una certa notorietà come G. Ceccato, G. Magnani, G. Malagodi, T. Azzolini, gli altri due Bazzani, Carlo e Alessandro, e, in un secondo tempo, T. Liverani e A. Cicognani.
Furono anni di solerte attività che videro il B. impegnato nei maggiori avvenimenti della vita teatrale del tempo: alcune prime assolute, molte novità per Roma e soprattutto interessanti riprese dei repertorio tradizionale. Collaborò alla prima esecuzione in Italia della Forza del destino di G. Verdi (1863, col titolo Don Alvaro)e ideò alcune delle scene per Gli Ugonotti (1864) e l'Africana (1868) di Meyerbeer, per Anna Bolena di Donizetti (1870), il ballo Brahma di I. Monplaisir (1870; musiche di C. D'all'Argine), Virginia di S. Mercadante (1872), Il Conte Verde (1873) e Sardanapalo (1880) di G. Libani, Freischütz di K. Weber (1873), Lohengrin (1878, la prima opera di Wagner a Roma), Il Re di Lahore di J. Massenet (1878).
Nel 1884 dipinse il nuovo comodino del teatro, in rosso scuro, con una decorazione geometrica di scudi rossi e azzurri in campo bianco.
Lavorò nel frattempo per altri teatri, a Roma (all'Argentina e al Costanzi, inaugurato nel 1880) e in altre città italiane: Catania, Viterbo, Spoleto, Fabriano, Vigevano, Cento, dipingendo per queste ultime soprattutto scene di dotazione. A Orvieto, nel 1866, aveva collaborato con Fracassini all'esecuzione del nuovo sipario. Per il Teatro Argentina di Roma firmò assieme a G. Ceccato le scene della Vendetta slava di P. Platania (1867-68) e delle Due amiche di Teresa Seneke (1869), mentre non è documentabile, ora, la sua attività presso il Costanzi. È inoltre tradizione (De Angelis) che egli abbia ideata e realizzata la dotazione di scene che servì alla Ristori in una sua tournée americana (probabilmente quella del 1874-75).
Cognato di C. Fracassini, del quale aveva sposato la sorella Elena, il B. fu da lui avviato alla tecnica dell'affresco e impiegato per l'esecuzione degli sfondi nel ciclo di S. Lorenzo fuori le Mura a Roma (1867-68: Storie di S. Lorenzo e s. Stefano, terminate da C. Mariani per l'improvvisa morte di Fracassini).
Dopo il 1881 il B. si dedicò soprattutto alla pittura e all'insegnamento. Ripeté con ottimo risultato l'esperimento della collàborazione nell'affresco, dipingendo le prospettive di fondo nei grandi cicli di C. Maccari: la cosiddetta sala Maccari a palazzo Madama sede del Senato (con scene di storia romana, 1882-88), la cupola del santuario di Loreto (con figurazioni angeliche, 1888-1895) e il salone del palazzo di Giustizia a Roma (1896, 1900). Sempre per la parte decorativoprospettica collaborò con gli architetti più in voga in quegli anni a Roma: P. Piacentini, G. Koch, G. Sacconi.
Si dedicò in particolare alla pittura vedutistica, guadagnandosi una notevole popolarità per le sue composizioni, con rovine classiche (Roma, Pompei) e di paesaggi urbani (Viterbo, Lucca e la Roma umbertina). Espose più volte in Italia e all'estero: a Roma (1893), a Vienna (1893, 1895), a Berlino (1896, 1900), a Monaco (1900, 1901), a Parigi (1900). Un suo quadro molto noto raffigurante L'Arco di Settimio Severo è conservato presso il Museo Revoltella di Trieste, mentre alla Galleria d'arte moderna di Roma si trova un olio con La Colonna Traiana e un altro con il Portico di Ottavia; al Museo Naz. Romano si conserva una serie di 27 disegni e acquerelli sulla Casa dei Vetii a Pompei; al Museo Nazionale (archeologico) di Napoli vi sono 36 acquerelli sugli scavi di Pompei. Suoi bozzetti scenografici, fra i quali figurano l'Otello, la Norma, la Gioconda e Gli Ugonotti, si trovano al Museo artistico-industriale, di Roma; gli altri, già nelle raccolte private Mulé e De Angelia di Roma, Certani di Bologna, sono andati dispersi.
Insegnò per molti anni prospettiva nelle scuole comunali di Roma e tenne le cattedre di prospettiva e scenografia presso l'Istitutol di Belle Arti di questa città. Fu socio dell'Accademia di S. Luca e delle Accademie di Belle Arti di Bologna e di Perugia.
Morì a Roma il 2 febbr. 1927.
Quale scenografo il B. rappresenta la migliore tradizione tardo ottocentesca. Dalla giovanile formazione bolognese aveva imparato a costruire la scena con severo rigore prospettico; la consuetudine di pittore vedutista gli aveva insegnato a considerarla più come un quadro potenziale che come una "scatola" illusionistica. Preferiva perciò risolvere la maggior parte della composizione sul fondale, riducendo quanto, possibile il numero delle quinte e degli spezzati. Costruiva la scena con esattezza metodica, utilizzando opportunamente qualsiasi piantazione (simmetrica, su diagonale unica a forte lontananza, senucircolare), ma senza concessioni virtuosistiche e mirando poi a dissimulare la macchina costruttiva e prospettica, dissolvendo il disegno nel gioco violento dei colori e nei contrasti effettati delle luci. La trovata scenica verteva infatti quasi sempre sull'impiego imprevedibile dell'elemento luce-colore: ora è la grotta della Norma, battuta da luci ineguali, a macchie; ora l'interno rustico della Favorita a grandi supeffici di luci chiarissime e di ombre compatte; ora il "viale dei leoni" dell'Aida tuffato in una luminosità intensa e diffusa, senza ombre.
Per questa insolita violenza di mezzi pittorici il B. fu considerato dai suoi contemporanei un rivoluzionario e in quanto tale troppo applaudito o troppo criticato. In realtà, non uscì mai dallo spirito e dai mezzi della tradizione romantico-realistica: fedele nella ricostruzione ambientale, preciso nella scelta dei particolari, insistente nella definizione dei luoghi e dei tempi, solo forzò lo stile espressivo tradizionale, con un'emotività pittorica sincera, che ai nostri occhi non riesce però a- raggiungere il piano della vera innovazione.
In pittura impiegò mezzi analoghi a quelli conquistati sulla scena, smorzandone l'enfasi e la teatralità. Si lasciò, però, prendere la mano dal gusto documentaristico indulgendo a un compiacimento aneddotico che invalida le sue sostanziali e genuine doti pittoriche.
Bibl.: A. R..Willard, History of modern italian Art, New York 1902, p. 583; P. Scarpa, L. B., in Il Messagero, 2 nov. 1926; C. Ricci, La scenografia italiana, Milano 1930, p. 28; V. Mariani, Storia della scenografia italiana, Firenze 1930, pp. 88 s.; A. M. Comanducci, I pittori italiani dell'Ottocento, Milano 1934, pp. 41 s.; A. De Angelis, Scenografi italiani di ieri e di oggi, Roma 1938, pp. 41-43; A. Cametti, Il Teatro di Tordinona poi di Apollo, Tivoli 1938, passim; U.Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 108; Encicl. dello Spett., II, p. 93.