DESANCTIS, Luigi
Nacque a Roma nella parrocchia dei Ss. Silvestro e Martino dei Monti il 31 dic. 1808, da Biagio e Camilla Forzi, primogenito dei ventiquattro figli che suo padre avrebbe avuto successivamente da quattro mogli. Entrato a sedici anni nei canonici regolari ministri degli infermi o camilliani perché mosso dall'alto ideale di carità cristiana proposto da quest'Ordine, iniziò il noviziato - caratterizzato da una severa regola - nella casa dell'Ordine annessa alla chiesa di S. Maria in Trivio e dopo due anni, divenuto professo, cominciò il triennio del secondo noviziato, il cui programma di studi prevedeva - oltre ai normali corsi di retorica, filosofia e teologia scolastica - gli insegnamenti opzionali dell'esegesi biblica e della storia ecclesiastica. Nel 1831, terminato il corso degli studi, fu ammesso al sacerdozio. Per le sue capacità intellettuali venne inviato all'Archiginnasio romano per conseguirvi il baccellierato (1834) e la laurea in teologia (1836). Il 23 aprile e il 10 maggio 1834 la consulta generale del suo Ordine l'aveva nominato, appena venticinquenne, prima lettore di filosofia e di teologia nella sede di Viterbo - dove era stato trasferito l'anno precedente - poi anche superiore ad interim della stessa casa. Incarichi, tuttavia, di breve durata poiché egli - forse nello stesso 1834 - venne inviato, sempre in qualità di lettore, alla casa di Genova.
Qui rimase per tredici mesi dedicandosi con grande zelo all'assistenza dei colpiti dall'epidemia colerica, attività in cui si distinse ancor più nell'estate 1837 nell'arcispedale del Ss. Salvatore in S. Giovanni in Laterano in Roma.
Accanto a questa profonda vocazione alla carità cristiana, conviveva nel D. un vivo interesse per la controversia teologica, che lo portò giovanissimo prima a partecipare alla vita dei circoli culturali romani, poi a ricoprire cariche di prestigio nella Chiesa cattolica. Già nell'aprile 1835, era stato eletto socio dell'Accademia di scienze e lettere, mentre il 9 gennaio divenne membro dell'Accademia di religione cattolica, grazie alla "dottrina e ingegno dimostrato nel difendere le dottrine cattoliche" (Vinay, L. D., p. 32). Facevano seguito, il 9 giugno 1837 la nomina a "qualificatore" del S. Offizio (col compito di esaminare gli scritti degli accusati); quindi, la partecipazione agli esami degli studenti del Collegio Romano; infine, dal 1838 al 1842, l'incarico di discutere numerose tesi di teologia presso la facoltà dell'Archiginnasio (dove egli acquistò il grado di censore emerito).
Le sue preoccupazioni dottrinali di tipo apologetico sono ben chiare durante l'attività delle accademie (nel 1837 leggerà una dissertazione contro le missioni protestanti), nel raggio delle amicizie (molti gesuiti, particolarmente G. Perrone, noto teologo, e J.P. Roothaan), nella discussione delle tesi di teologia (la maggior parte delle quali avevano per oggetto le asserzioni dei critici illuministi sulla Bibbia, le tematiche del sinodo di Pistoia del 1786 e le tesi della Riforma, cfr. elenco delle tesi in Biografia, pp. 14-21).
All'esperienza caritativa, assistenziale e d'insegnamento seguì quella del ministero parrocchiale: il 15 febbr. 1840 il D. fu nominato curato della chiesa di S. Maria Maddalena di Roma. Come parroco godette di una posizione di notevole influenza, ma risentì negativamente della commistione tra funzioni pastorali e mansioni burocratiche o perfino poliziesche che egli sarebbe stato costretto ad esercitare e di cui ha lasciato un quadro particolarmente critico in Roma papale.
Lo studio assiduo dei fondamenti "positivi" biblici e patristici dell'edificio teologico e istituzionale cattolico, nonché la conoscenza delle opere riformate e tardo giansenistiche, unite alle deludenti esperienze pastorali e al deleterio quadro di corruzione morale diffusa tra lo stesso clero, lo dovevano indurre a constatare una distanza incolmabile tra il puro Vangelo e il cattolicesimo. "Volendo dimostrare ai miei allievi che il sistema religioso di Roma era quello della Bibbia - scriverà nella lettera al card. Patrizi, in L'Indicatore, III, 1° genn. 1847, pp. 68 s. - incominciai a studiare accuratamente questo libro divino, e a mia grandissima sorpresa non solo non vi trovai i dommi di Roma, ma vi trovai dommi affatto contrari".
Un primo tenue riflesso della sua crisi interiore, iniziata dopo la laurea (ibid., p. 68), può essere visto nella richiesta di partecipazione - nell'ottobre 1841 - a un corso di esercizi spirituali tenuti dai gesuiti. Due anni più tardi essa si manifestò visibilmente nel processo e nella condanna chegli ebbe a subire dal S. Offizio per "aver esternato sentimenti di poco rispetto per il papa, di non crederlo vicario di Cristo, e di avere tendenze itahane". Ed è in questo triplice ordine di motivazioni (dottrinali, morali e patriottiche) che sono da rintracciare - secondo il Vinay, L. D., pp. 82-93 - i punti nevralgici della critica del D. al cattolicesimo e le ragioni del suo passaggio alla libera fede nel Vangelo.
L'11 sett. 1847, aiutato dal rev. Lowndes della chiesa di Scozia a Malta e tramite l'ex domenicano G. Achilli, il D. abbandonò la Chiesa cattolica, fuggì da Roma e raggiunse Ancona da cui s'imbarcò per Corfù, ove si trattenne alcune settimane per poi dirigersi, ai primi di novembre, alla volta di Malta, allora ambiente religioso assai ricco per la presenza di confessioni cristiane diverse. Qui svolse per poco più di due anni un'intensa opera di evangelizzazione (interrotta solo nel marzo-aprile 1848 da un invito della Chiesa libera di Scozia a predicare in Toscana), si dedicò all'insegnamento presso un istituto per ex preti finanziato dagli anglicani e, infine, s'impegnò a fondo in un'attività di controversista che doveva recargli grande popolarità nel protestantesimo italiano. Nel novembre 1848, intendendo "dare un corso di teologia cristiana alla portata di tutti", pubblicò il primo numero de IlCattolico cristiano, icui articoli - suddivisi in quattro sezioni (dogmatica, controversia, istorica, varietà) - formarono numerosi trattati dottrinali editi anche separatamente in tempi successivi.
A parte la grande risonanza suscitata dalla lettera aperta A Pio IX (12 marzo 1849), in cui il D. chiedeva al papa rifugiato a Gaeta la rinuncia al potere temporale in nome delle istanze evangeliche e patriottiche, gli interessi dell'ex prete romano si rivolsero costantemente verso i punti dottrinali controversi tra cattolici e protestanti: La confessione (Malta 1849), La tradizione (ne Il Cattolico cristiano, 1º giugno-15 sett. 1849), Il celibato de'preti (1 ed. 1850 s.l., altre ediz. Malta 1851, Livorno 1861, Torino 1862, Firenze 1883). Particolarmente violenta la serie di articoli È necessaria all'Italia una riforma religiosa (in Il Catt. Crist., 2 aprile-15 maggio 1849), con la quale il D. voleva richiamare "alla primitiva purità del Vangelo", identificando in modo schematico la radice di ogni male nel fenomeno del "papismo". Il pensiero dottrinale del D. si definisce, fin dal periodo maltese, come rigido rifiuto delle "aggiunte" che la Chiesa di Roma avrebbe indebitamente operato sulla Bibbia, secondo i dettami dell'evangelismo biblicista ("La formula generica di tutta la nostra dommatica teologica: tutto è nella Bibbia, nulla fuori della Bibbia", ibid., p. 81). Trovano accoglienza anche gran parte delle tesi soteriologiche ed ecclesiastiche del protestantesimo, attraverso la mediazione spiritualistica della "teologia del Risveglio" franco-svizzera.
Una migliore condizione economica gli permise di soddisfare il desiderio di crearsi una famiglia. Il 7 giugno 1849 sposò Marta Sommerville, scozzese, figlia del governatore di Gozo. Ma il mutato clima politico, le difficoltà incontrate nell'evangelizzazione e la chiusura del giornale, lo costrinsero presto ad abbandonare l'isola e ad accogliere l'invito del Comité Italien-Suisse - un'associazione non denominazionale, emanazione del Risveglio - a trasferirsi a Ginevra per predicare agli esuli italiani. La famiglia Desanctis vi giunse il 12 marzo 1850, appena in tempo per accogliere il primo dei tre figli. Il culto domenicale, la spiegazione biblica settimanale, le lezioni di teologia evangelica ad alcuni ex preti sulla Confessio Helvetica posterior (1566), nonché una feconda attività culturale, segnarono i tre anni del suo soggiorno ginevrino. Negli anni 1851-52 tenne conferenze di storia religiosa italiana nel palazzo municipale, scrisse la sua opera maggiore, a carattere autobiografico, Popery and Jesuitism at Rome (trad. it. Roma papale, Firenze 1865) per combattere le tendenze filocattoliche del puseysmo inglese e Ilprimato del papa (s. n. t. 1851), polemicamente discusso sulla base della Bibbia poco dopo la restaurazione del potere temporale. Sebbene il D. rimanesse spiritualmente legato alla Eglise évangélique libre, la sua ammirazione per la Chiesa valdese, i vincoli d'amicizia con l'esule B. Mazzarella a essa vicino e con alcuni suoi membri (P. Geymonat e G.P. Meille), lo indussero ad aderirvi. Il 31agosto 1852 fuconsacrato pastore, con l'incarico di collaborare col Meille all'opera di evangelizzazione a Torino, ove giunse il 23 sett. 1852. Dopo un breve periodo iniziale assai costruttivo, anche il D. risentì delle dispute ideologiche che cominciavano a frantumare il nascente movimento evangelico italiano. Negli Stati sardi si era giunti, infatti, nel 1854, alla scissione tra valdesi e "liberi". Il D. si distaccò momentaneamente dalla Chiesa valdese (5-15settembre), continuando a partecipare all'altro raggruppamento dei "liberi", la Società evangelica italiana di Torino. Si apriva per lui un nuovo periodo di incertezze nella scelta del modello concreto di chiesa cui aderire: sebbene, infatti, sentisse l'esigenza di evitare ogni condizionamento istituzionale nell'opera di evangelizzazione, riteneva indispensabili per le chiese evangeliche precise forme di organizzazione e definizione dottrinale, come mostrano i Principii di fede e di disciplina ... (1855), per la chiesa di Torino, ispirati a quelli dell'Eglise libre di Ginevra e critici verso le posizioni radicali darbiste o plymuttiste.
Durante il soggiorno torinese, il D. ridusse di molto l'attività di pubblicista. Nel 1858 accettò la redazione del periodico L'Amico di casa e curò traduzioni di testi classici della Riforma. Due anni più tardi rieditò a Firenze l'apologia Ivaldesi e scrisse Si può leggere la Bibbia? sulla necessità della lettura del testo sacro "proibita" dal cattolicesimo. Di un certo successo gli scritti polemici Ilpurgatorio (Torino 1861) e La messa (ibid. 1862).
Molteplici motivi resero difficile la sua permanenza a Torino, cosicché, nel 1860, dopo essere stato inviato in missione in Lombardia per un breve periodo, il D. si trasferì nella comunità evangelica di Genova per sostituire il neodeputato Mazzarella e per dedicarsi alla formazione di una scuola per evangelisti (1862). Nel 1864 reagì con decisione contro le tendenze darbiste, avanzate da P. Guicciardini e da T. Pietrocola Rossetti, con una dichiarazione a L'Eco della verità (2 gennaio) e col libretto I plimuttisti (Firenze 1864). Posto in minoranza nella comunità di Genova, nel maggio si dimise da predicatore delle Chiese evangeliche italiane. Riavvicinatosi ai valdesi, i cui principi aveva più volte difeso, nell'estate seguente si trasferì a Firenze, lavorò con A. Gavazzi ad un Progetto di unione delle chiese evangeliche, prese la direzione di due periodici (L'Amico di casa e L'Eco della verità), tenne corsi di polemica nella facoltà valdese di teologia, dove dal 1868 divenne titolare di vari insegnamenti.
Morì poco tempo dopo, il 31 dic. 1869 a Firenze. Le Chiese evangeliche d'Italia gli eressero un monumento nel cimitero fiorentino di Porta Pinti.
Sebbene il D. non si possa definire pensatore religioso o teologo di particolare originalità - la sua teologia rimane sostanzialmente controversia col cattolicesimo, del quale non sempre sembra rivelare un'approfondita comprensione dottrinale - tuttavia egli rivestì (come nota loSpini, rec. a Vinay, p. 738), un posto di rilievo nella genesi del protestantesimo italiano risorgimentale, sia per l'impulso dato alla diffusione delle idee evangeliche, sia per il contributo di precisazione e definizione delle dottrine fondamentali degli evangelici italiani. Interessante inoltre la sua stessa vicenda personale che per certi aspetti esprime ed anticipa crisi più gravi del cattolicesimo ottocentesco.
Bibl.: Fondamentale l'accurato studio di V. Vinay, L. D. e il movimento evangelico fra gli italiani durante il Risorgimento, Torino 1965, che costituisce ben più di un semplice profilo biografico, avvalendosi di una ricca documentazione archivistica. Sempre in questo volume, si troverà la Bibliografia degli scritti di L. D. (pp. 353 ss.). Il Vinay aveva già trattato La crisi spirituale di L. D., in Protestantesimo, XIV (1959), pp. 145-62. Sugli studi del Vinay, cfr. B. Bertoli, L. D. e il movim. evangelico, in Humanitas, n. s., XXI (1966), pp. 1198-1201; L. Santini, rec. in Protestantesimo, XXI (1966), pp. 118 s.; G. Spini, rec. in Riv. stor. ital., LXXVIII (1966), pp. 737-40. Altri dati bibliografici: [T. Chiesi], Biografia di L. D., Firenze 1870 (la dedica è firmata Alete, pseudonimo del Chiesi); A. Gavazzi, Cenni biogr. del dott. L. D., Firenze 1870; Breve storia di un sacerdote romano dedicata ai suoi concittadini, Firenze 1874; M. Betts, The life of L. D., London 1905; F. Di Silvestri Falconieri, La conversione e la fuga di L. D., in Profili, ricordi, aneddoti di protestanti illustri, Roma 1920, pp. 205-144; T. Chiesi, Origine della propagazione del Vangelo in Toscana, in A. Gambaro, Riforma religiosa nel carteggio ined. di R. Lambruschini, II, Torino 1924, pp. 326 s., 329, 332; V. Vinay, Facoltà valdese di teologia (1855-1955), Torre Pellice 1955, pp. 74 s., 84-88; G. Spini, Risorgimento e protestanti, Napoli 1956, pp. 217 s., 263 e passim; P. Sanfilippo, Il protestantesimo ital. nel Risorgimento, Roma 1961, ad Ind.; V. Vinay, Evangelici italiani esuli a Londra durante il Risorgimento, Torino 1961, ad Ind.; T. van den End, P. Geymonat, Torino 1969, pp. 111-20, 134, 136, 170 ss., 184 ss.; G. Spini, L'Evangelo e il berretto frigio, Torino 1971, ad Ind.; D. Maselli, Tra risveglio e millennio, Torino 1974, ad Ind. Ulteriori riferimenti in P. Chiminelli, Bibliogr. della Riforma in Italia, Roma 1920e in A. Armand Hugon-G. Gonnet, Bibliogr. valdese, Torre Pellice 1953.