DARDANI, Luigi (Carlo Luigi Baldassarre)
Figlio di Antonio e di Caterina Giovannini, nacque a Bologna, nella parrocchia di S. Giovanni in Monte, il 20 sett. 1723 (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Battezzati, ad annum, p. 194). Come avvenne anche per i fratelli Angelo e Francesco, ancora fanciullo egli apprese le prime nozioni di disegno sotto la guida del padre, alla morte del quale, nel 1735, entrò nella schiera degli allievi del pittore Giuseppe Pedretti. Fattosi sacerdote secolare, e divenuto in seguito mansionario del capitolo della basilica di S. Petronio, non lasciò mai lo studio e la pratica dell'arte.
Terminati gli studi del curriculum ecclesiastico, attratto forse da interessi per l'indagine anatomica che ferveva intorno all'Istituto delle scienze, fu a contatto con il pittore, scultore e plastico bolognese Ercole Lelli, che dal 1742 aveva avuto l'incarico di modellare in cera le statue e i preparati anatomici per la camera anatomica dell'Istituto. Tra il 1745 e il 1746 iniziò questo rapporto di stretta collaborazione col Lelli essendo il D. subentrato, nella schiera degli scultori plastici, a Giovanni Manzolini. Non c'è dubbio che la preparazione artistica e tecnica in campo plastico posseduta dal D. doveva essere tutt'altro che elementare, se venne invitato a sostituire il Manzolini tra artisti quali Domenico Piò, Ottavio e Nicola Toselli e lo stesso "direttore" Lelli.
Non si sa con precisione quali siano i lavori di ceroplastica che furono eseguiti dal D., in quanto il Lelli tendeva a comparire come autore principale lasciando in ombra il lavoro dei collaboratori (Ferretti, 1979): era stato certamente l'atteggiamento accentratore del Lelli a provocare il risentimento e il distacco del Manzolini. Il D. tuttavia operò con una certa autonomia, anche se non in posizione emergente, avendo come diretto consulente "incisore chirurgo" il dottor Boari e al termine dei lavori per la camera anatomica, patrocinata da Benedetto XIV, proseguì a produrre in proprio modelli anatomici in cera per il celebre chirurgo Pier Paolo Molinelli e per altri committenti italiani ed esteri.
L'esperienza pluriennale nelle opere plastiche di cera e di creta fu di intensità tale da costituire per il futuro dell'artista il mezzo espressivo pressoché esclusivo per il quale verrà ricordato ottenendo unanime riconoscimento: i contemporanei lo menzionano infatti come "scultore" e non si hanno notizie di altri suoi lavori se non plastici (Oretti).
Il D. si dedicò anche all'esecuzione di ritratti, modellati in cera per le parti anatomiche e completati, per le restanti parti, con vesti di stoffa, parrucche e ogni accessorio.
Appartengono a questo tipo di opere i due ritratti di Monsignor Francesco Zambeccari, uno conservato nel Museo d'arte industriale Davia Bargellini di Bologna, l'altro, con qualche variazione soltanto nell'abbigliamento, di proprietà privata (Riccomini, 1965, tavv. 98, 99). Un terzo busto di cera "vestito di panni" sarebbe il ritratto del Decano Garofali, di cui oggi non si conosce l'esistenza o la collocazione. Secondo l'Oretti plasmò con cera a colori anche diverse immagini sacre, non più rintracciabili: un S. Filippo Neri, inviato alla Casa dei padri filippini di Roma, un S. Francesco Saverio e un S. Onofrio per privati e, ancora per i filippini di Bologna, le figure di S. Filippo e di S. Carlo "vestitedi panni veri che sembrano vere". Viene ricordato inoltre un presepio fisso, pure di cera, e si accenna sinteticamente ad una serie di altre immagini a soggetto religioso "che lungo sarebbe il rammentarle tutte" come afferma l'Oretti.
Tra le opere del D. l'Oretti ricorda anche un consistente numero di lavori plastici in terracotta, in stucco e forse in cartapesta. Per il giardino di casa Japelli a Bologna fece di terracotta quattro statue dedicate alle Stagioni e altre quattro di figure decorative "due Bianchi e due Mori" di grandezza "al naturale" (scomparse); gia nella Guida di Bologna del 1792 sono citati come suoi i Cherubini e i Serafini in stucco, ancora perfettamente conservati, dell'altare della Madonna del Carmine in S. Martino Maggiore.
Il D. lavorò frequentemente per committenti ecclesiastici della città di Bologna e delle diocesi limitrofe, che gli richiedevano statue di santi adatte ad essere collocate con facilità nelle nicchie degli altari e ad essere trasportate in processione. Si ha notizia (Oretti) di lavori di tale genere forniti alla Compagnia della Morte di Faenza, di un S. Giuseppe per la chiesa parrocchiale di Consandolo (Ferrara), di un S. Zenone e di un'Immacolata per i frati minori di Argenta e, per quelli di Porto Maggiore (Ferrara), di un S. Pietro d'Alcantara.
Il D. svolse anche attività nel campo plastico che gli ottenne, oltre al compiacimento dei committenti laici, professionisti e religiosi, il riconoscimento dell'ambiente accademico bolognese. In considerazione della apprezzata produzione - anche se formalmente ritenuta da dilettante - e del fatto che era figlio di "un defunto accademico", il consesso clementino, il 2 genn. 1766, lo acclamò "accademico d'onore".
Molto legato ai parenti, il D. possedeva quattro quadri del cugino Paolo (Oretti) e raccolse e forse indirizzò agli studi del disegno e dell'architettura Angelo Venturoli quando, rimasto orfano ancora ragazzo, si trasferì a Bologna con la madre (parente dei Dardani) e il fratello dalla nativa Medicina.
Il D. morì a Bologna nel 1787.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. comunale dell'Archiginnasio, ms. B 134: M. Oretti, Notizie dei professori del disegno..., c. 51;Ibid., Accad. di belle arti, Atti dell'Accad. Clementina, II, (1764-1782), p. 33; L. Crespi, Felsina pittrice, Roma 1769, p. 328; Guida... di Bologna..., Bologna 1792 (cfr. Indice, in Ist. per i Beni artist della Regione Emilia Romagna, Documenti, 8, Bologna 1979, p. 67); A. Bolognini Amorini, ElogiodiA. Venturoli, Bologna 1827, p. 4; E. Riccomini, Scultura bolognese del Settecento, Bologna 1965, pp. 108, 119; V. Busacchi, Le cere anatomiche dell'Istituto delle scienze, in I materiali dell'Istituto delle scienze (catal.), Bologna 1979, p. 231; M. Ferretti, Il notomista e il canonico, ibid., pp. 100,106; R. A. Bernabeo, La suppellettile anatomica dell'Accademia delle scienze, in Le cere anatomiche bolognesi del Settecento, Bologna 1981, p. 32; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII,p. 395.