DAELLI, Luigi (Gino)
Nato a Como nel 1816 da Luigi, agiato possidente, le cui proprietà sarebbero in seguito finite sotto ipoteca, e da Maria Ostinelli, fece studi di ragioneria. Della oscura giovinezza del D., presto impiegato come contabile nell'amministrazione del vescovo di Como C. Romanò, una delle poche notizie riguarda una raccolta di canti popolari ellenici da lui approntata durante un viaggio in Grecia e Turchia, ma mai pubblicata per l'uscita di una analoga antologia del Fauriel (lettera del D. al Tommaseo, 24 apr. 1841: Firenze, Bibl. naz., Carte Tommaseo, b. 73/7).
A Milano, il 25 maggio 1848, il D., che nei due anni precedenti era stato amministratore dei beni del sen. G. B. Morosini a Lugano, diffuse un proclama a stampa in cui, premessa la propria fede repubblicana, invocava tuttavia, in risposta alla gravità del momento, l'unione di tutte le forze.
Tenuto conto che, a seguito del decreto del 12 maggio, mancavano solo quattro giorni alla chiusura del contestato plebiscito per la fusione, l'appello del D. assumeva un senso chiaramente filopiemontese, soprattutto nelle parole conclusive: "... il vangelo d'oggi è: Democrazia Regia; la massima eterna: Libertà nelle leggi". La formula mirava a prorogare quella tregua tra democrazia e monarchia sabauda che allo stesso Mazzini non appariva più sostenibile.
Nel marzo del '49 il D. era a Como, insorta contro gli Austriaci. a priopugnare il rapido armamento della popolazione e l'istituzione di un governo - provvisorio: risulta da un opuscolo, Moti insurrezionali e Comitato provvisorio di difesa a Como durante il marzo 1849. Capolago 1849., che costituì il secondo fascicolo dei Documenti della Guerra santa d'Italia e la cui stesura fu poi attribuita alla collaborazione dello stesso D. con L. Dottesio. Giunse a Capolago nell'aprile, inseguito da un ordine di cattura delle autorità austriache di Como per l'attività di agitatore; l'opuscolo sopra citato, se veramente suo, dovette rappresentare il primo suo impegno con la Tipografia elvetica, la casa editrice di A. Repetti, che si sarebbe segnalata, soprattutto nel '51, per la pubblicazione e la diffusione di importanti raccolte storiche e di testi originali a contenuto rivoluzionario e a indirizzo federalista-democratico. A conferire tale carattere all'Elvetica fu proprio il D., che dal 10 giugno 1849 divenne direttore amministrativo, impostando un ambizioso programma che ebbe la sua maggiore realizzazione nell'Archiviotriennale delle cose d'Italia.
La collezione documentaria, affidata a C. Cattaneo, doveva individuare nelle paure dei moderati da una parte e nella miopia dell'unitarismo mazziniano dall'altra le cause principali del fállimento del '48-'49. Per l'Archivio triennale il D. provvide di persona al reperimento delle fonti, stabilendo contatti con quegli esuli che, come il Crispi o il Correnti o il Maestri, per il ruolo avuto nel recente passato potevano essere entrati in possesso di una importante documentazione ufficiale. Era anzi intenzione dei D. di dar vita col materiale raccolto a un Archivio storico nazionale che servisse di base per la pubblicistica democratica, ma l'idea non piacque al Cattaneo che la giudicò troppo impegnativa e dispendiosa.
La politica editoriale del D. si rivelò precaria sotto altri punti di vista e scontentò più di un autore: il Gioberti, per es.; dopo avergli concesso la pubblicazione di due suoi scritti, non fu soddisfatto del trattamento e ruppe ogni rapporto. Oltre al tempo eccessivo richiesto dai contatti con autori lontani, un problema finanziario nasceva dalla difficoltà di vendere nell'Italia settentrionale volumi il cui contenuto era ostile all'Austria. Il D. fece ricorso al contrabbando e ad una fitta rete di rappresentanti, ma l'arresto e la successiva condanna a morte del mazziniano L. Dottesio (1851), agente dell'Elvetica, misero in crisi questa struttura.
Sull'episodio nacque un caso storiografico nel 1931, quando R. Caddeo pubblicò un ampio lavoro sulla Tipografia Elvetica di Capolago e, riprendendo voci già in circolazione all'epoca della condanna del Dottesio, accusò il D. di avere, in veste di segreto informatore dell'Austria, architettato il complotto mortale per provocare la chiusura dell'Elvetica e danneggiare gli esuli. L'ipotesi, suffragata da una serie di indizi, fu subito respinta da G. Aliati (Per la verità storica. I rapporti di G. D. con L. Dottesio..., Como 1931) e M. Cugnasca (G. D. nel volume di R. Caddeo sulla Tipografia Elvetica di Capolago, in Como, II [1931], estratto), che chiusero un ipotetico processo pronunziandosi il primo per l'insufficienza di prove e il secondo per la inesistenza di reato. In effetti tra il '50 e il '51 si sussurrò a più riprese negli ambienti unitari che il D., di cui si ricordava il passato di contabile di un vescovo austriacante, fosse una spia al servizio di Vienna; ma si deve rammentare che i mazziniani erano Molto prevenuti verso colui che nel '51 aveva cercato di qualificare la linea politica piuttosto incolore dell'Elvetica con la pubblicazione delle opere rivoluzionarie di un federalista come G. Ferrari.
L'accaduto compromise la posizione del D. e ne incrinò i rapporti col Repetti che cercò di appurare se le accuse fossero fondate. Il D., che già alla fine del '50 dirigeva, a Torino la Società patria, un deposito di libri con annessa libreria per lo smercio della produzione di Capolago, si trasferì quasi stabilmente in Piemonte, dove, mentre continuava a pubblicare opere storiche, progettò qualche iniziativa di prestigio, come l'edizione dei Rerum Italicarum Scriptores, che non attuò mai. Dopo la morte del Dottesio non gli fu facile tornare in Svizzera per la sorveglianza delle autorità locali che, insospettite anch'esse, gli concessero solo brevi soggiorni; la situazione economica, inoltre, si aggravò fino a spingerlo a rinunciare, dopo la chiusura dell'Elvetica (marzo '53), a ogni attività in proprio e a tentare speculazioni nel campo minerario.
Alla fine del '53 si imbarcò per l'America. Si stabilì prima a New Orleans, quindi a New York, e per qualche mese si tenne in contatto col Cattaneo, che informò della durezza della nuova esperienza. Si ignora cosa facesse successivamente ma è presumibile che continuasse a lavorare nel campo librario, dato che a New Orleans pubblicò un album (A Relic of the Italian Revolution of 1849)., con 50 incisioni riprese in gran parte dal Don Pirlone di M. Pinto e presentate con una introduzione di schietta ispirazione cattaneana. La richiesta e il conseguimento (11 febbr. 1859) della cittadinanza statunitense stanno forse ad indicare la sua intenzione di non tornare più in patria. Invece, al primo mutare della situazione in Italia, il D. era già a Milano (maggio '59). Col denaro guadagnato e la mentalità da speculatore affinata durante la permanenza all'estero apri un'agenzia commerciale italo-americana e per darle lustro le affiancò il lancio di una rivista caratterizzata sotto il profilo culturale. Fu così che da una ripresa dei rapporti col Cattaneo nacque il secondo Politecnico (la testata, di proprietà dei Cattaneo, aveva sospeso le pubblicazioni nel '45). il miglior esempio di giornalismo scientifico dell'epoca.
Il Cattaneo diresse il Politecnico fino alla fine del '62, quando si verificò la rottura col I).; dalla lite giudiziaria che ne seguì emerse la profonda differenza con cui fu intesa la funzione del periodico, di cui il D. ebbe a cuore soprattutto gli aspetti esteriori, come la puntualità e l'impeccabilità della veste editoriale, mentre il Cattaneo, timoroso di vederne compromessa l'immagine collegata con la rigida adesione all'empirismo baconiano, si riservò la revisione di tutti i contributi, un compito che la residenza in Svizzera non facilitava. Finché il Cattaneo tenne la direzione, il Politecnico ebbe un buon successo di vendite, il che provocò anche una serie di rivendicazioni finanziarie nei confronti del D., accusato, tra l'altro, di tenere gelosamente nascosti i dati relativi alle vendite; e quando questi gli rinfacciò alcune inadempienze, il Cattaneo arrivò a sostenere di aver firmato il contratto senza leggerlo.
In realtà il D. voleva estendere la propria attività anche ad altri settori. Una scelta che certo il Cattaneo non gradì fu la pubblicazione della prima raccolta degli Scritti del Mazzini, il quale tra il '61 e il '64 curò di persona quella che sarebbe passata alla storia come l'edizione daelliana: lungi dall'esserne l'ideatore, come pure è stato sostenuto, il Cattaneo, dopo aver pubblicamente difeso l'iniziativa, rimproverò al D. di aver usato il Politecnico come veicolo pubblicitario per operazioni di cui non condivideva il significato ideologico. Ma, ad onta delle lagnanze, il Cattanco riassestò le sue finanze, mentre il D. non riuscì a coprire con gli incassi di opere molto vendute, come i Miserabili di V. Hugo e la Vita di Gesù di E. Renan, le perdite causate dal fallimento di due collane messe in cantiere dopo il '62, la "Biblioteca rara" e la "Biblioteca nuova": due audaci tentativi di coprire programmaticamente i settori più vasti dell'editoria, dal classico al moderno fino all'intervento di taglio quasi giornalistico sull'attualità.
Ebbe così fine, nel 1865, la sua carriera di editore. Il D. si ritirò nel Canton Ticino e quindi emigrò in Francia, dove nel '72 lavorava come impiegato presso la casa editrice Lacroix: "Dovendo lavorare per vivere, sono ancora fortunato di lavorare in una sfera che è secondo i miei istinti" (in G. D. Dati biogr. ..., p. 51) scriveva da Parigi al fratello sacerdote nel '76; e poco dopo gli inviava il frutto dell'ultima sua sortita nell'editoria: un opuscolo di Lettere di Ugo Foscolo a Sigismondo Trechi, Parigi 1875, da lui dato alle stampe.
Morì a Bois Colombes, vicino Parigi, il 18 ott. 1882.
Fonti e Bibl.: Lettere del D. sono conservate a Firenze, Bibl. naz.: Carte Tommaseo; Carte Vieusseux, 31/1-9; Carte De Gubernatis, 33/12; Carteggi vari, 10/16 e 480/120; Nuovi arrivi, 885/1; a Roma, Museo centr. del Risorgimento: bb. 658/12 e 723/11/5; Archivio centr. dello Stato: Carte Crispi-Palermo, b. 6/II; e soprattutto a Milano, Museo del Risorgimento: Carte Ferrari e Carte Cattaneo (su quest'ultimo fondo v. Le carte di C. Cattaneo, Milano 1951, ad Indicem). Indic. di altro materiale in Le carte di A. Bertani, a cura di L. Marchetti, Milano 1962. Tra le fonti edite, fondamentali per l'analisi della sua lunga relazione con Cattaneo, 14 voll. dell'Epistolario di C. Cattaneo, a cura di R. Caddeo, Firenze 1949-56, ad Indicem ove, oltre alle molte lettere di Cattaneo, il curatore riproduce spesso in nota lunghi brani delle risposte del Daelli. Per i rapporti con Mazzini, molte notizie sulla edizione daelliana, in Edizione naz. degli scritti di G. Mazzini,:. I, pp. VII-VIII e XXIV-XXXIII; LXXVII, pp. XXI-XLI; LXXIX-LXXXI, ad Indicem; Appendice VI, ad Indicem. Quanto a V. Gioberti, si veda l'Epistolario, a cura di G. Gentile - G. Balsamo Crivelli, X, Firenze 1937, adIndicem. Altro materiale è stato pubbl. da R. Caddeo, Le ediz. di Capolago. Storia e critica, Milano 1934, ad Indicem, e Perché l'Austria immolò Dottesio, in La Martinella, III (1954), pp. 11-15. Per le notizie biografiche, oltre al Diz. del Risorgimento naz., II, ad nomen, utilissimo è l'opuscolo G. D. (1816-1882).Datibiografici e rapporti con la Tipografia Elvetica di Capolago. Como 1929. Per valutare il filofederalismo del D. qualche spunto in F. Della Peruta, Idemocratici e la rivoluzione ital., Milano 1958, adIndicem, e in C. M. Lovett, G. Ferrari and the Italian Revolution, Chapel Hill 1979, ad Indicem. Informato, ma suscettibile di molte correzioni, è A. Monti, Pensiero e azione (Cattaneo-Mazzini-Romagnosi), Milano 1926, pp. 63-132 e 149-198, che dedica particolare attenzione al secondo Politecnico, argomento ripreso da A. Stegagnini, Il pensiero polit. di C. Cattaneo attraverso il Politecnico, in Nuova Riv. storica, XXV (1941). pp. 22 ss.; e da N. Bobbio, Una filosofia militante. Studi su C. Cattaneo, Torino 1971, ad Indicem.