FAGIOLI, Luigi Cristiano (Gigi)
Nacque a Osimo (Ancona) il 9 giugno 1898, da Sisinio e da Maria Assunta Zoppi.
Il padre Sisinio, nato a Osimo da Vincenzo e da Rosa Alessandroni, il 13 giugno 1859, dopo le classi elementari e un corso nella scuola d'arte e mestieri aveva iniziato prestissimo a lavorare come piccolo imprenditore, appoggiandosi alla nascente Società operaia. Riuscito a trasformarsi in costruttore di case, poi di ponti e strade, nel 1888 aveva rilevato una fabbrica di laterizi, portandola presto da una condizione fallimentare a una florida solidità. A Gubbio impiantò un'altra fabbrica di laterizi, e varie fornaci da gesso e da calce nelle Marche e in Umbria. Entrò anche nella produzione di paste alimentari, nell'industria molitoria, nella produzione industriale di carriole e carrelli, e in quella agraria. Fatto cavaliere del Lavoro l'8 sett. 1907, morì a Osimo il 29 marzo 1926.
Giovanissimo il F. si trasferì a Gubbio (Perugia), dove un fratello maggiore si era radicato sposando l'ultima erede di una famiglia patrizia cittadina, e dove egli acquistò beni terrieri e un palazzo di abitazione. Diplomatosi presso il locale istituto tecnico, il F. frequentò la facoltà di agraria dell'università di Perugia, ma alla vigilia della laurea abbandonò gli studi per dedicarsi alle più varie attività sportive, dall'atletica alla boxe, alla lotta greco-romana, al ciclismo, al motociclismo, ottenendo in quest'ultima disciplina qualche affermazione, prima con una Borgo e poi con una Saar motore Bradslav (giro d'Italia, corsa della Mengara, corsa del Colle dell'Infinito, Tolentino-Colle di Paterno, San Giustino-Bocca Trabaria). Un grave incidente occorsogli nella corsa della Consuma spinse il padre a proibirgli il motociclismo, facendogli però dono, nel 1926, di un mezzo "meno pericoloso", una vettura sportiva franco-inglese, la Salmson - prima senza differenziale, poi con il compressore - con la quale, avendo già una lunga esperienza di guida su auto di famiglia, iniziò l'attività automobilistica. Nel 1928 acquisterà anche una Maserati tipo 26, 1550 cc., che per alcuni anni alternerà alla Salmson.
Nel 1927 partecipò alle sue prime gare, tutte su Salmson, ottenendo quattro secondi posti nella classe 500: la Targa Florio, la Coppa Perugina, il circuito di Bologna e la Coppa Acerbo. Nel 1928 le competizioni furono diciotto, con dieci primi posti di categoria (circuiti di Caserta, di Modena e del Mugello, Premio romano turismo e Coppa d'Abruzzo su Salmson; IV Reale Gran Premio Roma, in cui piazzandosi anche quinto assoluto attirò per la prima volta l'attenzione della stampa, Coppa Leonardi, Circuito di Senigallia, I Circuito Principe di Piemonte e VI Tolentino-Colle di Paterno su Maserati), ottenendo in quell'anno il primo riconoscimento ufficiale con il quarto posto nella classifica del campionato italiano, ex aequo con U. Borzacchini. Nel 1929 su Salmson fu primo assoluto nella Coppa della Mengara, primo della classe 1100 nel IV Circuito del Pozzo, e secondo nel V Gran Premio di Tripoli, dove ottenne anche il giro più veloce; su Maserati invece fu primo, categoria corsa, nella Tolentino-Colle di Paterno, e vinse la II Coppa Principe di Piemonte e la Coppa Pierazzi nella classe 1500. Nel 1930 su Salmson fu primo nella classe 1100 nel Gran Premio di Tripoli e nel Circuito delle Tre Province, mentre su Maserati (di cui aveva adottato il nuovo modello 2500 cc.) fu primo assoluto nella III Coppa Principe di Piemonte, nel Circuito del Montenero (Coppa Ciano) e nella Coppa Leonardi, mentre nella Coppa Acerbo a Pescara fu protagonista di un primo grande duello con T. Nuvolari, che terminò per il F. poco prima del traguardo per la rottura del pignone, lasciando la vittoria ad A. Varzi.
Il 1931 lo vide affermarsi ormai nettamente come pilota internazionale, con la partecipazione a dodici gare, due sole delle quali ancora sulla sua vecchia Salmson (Circuito delle Tre Province e Coppa Acerbo), mentre tutte le altre furono corse con il nuovo modello Maserati 2800 cc., usato per la prima volta nel Gran Premio di Francia, in cui fu costretto al ritiro per guasto, ottenendo però il giro più veloce a 136, 778 km/h. La sua vittoria nel Gran Premio di Monza, inaspettata e memorabile per uno spettacolare duello con Nuvolari e Varzi, suscitò entusiasmo e lusinghieri commenti della stampa. In quell'anno sposò a Torino Pia Clotilde Vercellone, di un'illustre famiglia biellese.
A tutte le gare del 1932 prese parte ormai sempre su Maserati, conquistando il primo posto assoluto nell'VIII Reale Gran Premio Roma (pilotandovi per la prima volta il poi mitico modello 16 cilindri 5000 cc. e battendo tutti i record del circuito) e nel Circuito di Senigallia; ottenne anche tre secondi posti di misura, fra cui quello nel X Gran Premio d'Italia a Monza, alle spalle di Nuvolari su AlfaRomeo, ma conquistando il giro più veloce a 180, 541 km/h, e quello nel Gran Premio di Monza dietro a R. Caracciola ma davanti a Nuvolari. Nel 1933, passato dalla Maserati all'Alfa Romeo (la monoposto P3), partecipò ad un limitato numero di gare (nove), ma tutte di primo rango, conquistando tre primi posti assoluti (IX Coppa Acerbo a Pescara, Gran Premio Comminges e Gran Premio d'Italia a Monza, quest'ultima gara caratterizzata da un altro famoso duello con Nuvolari, in cui conseguì il record sul giro col tempo di 3.13''3/5 alla media di 174, 740 km/h) e tre secondi posti assoluti (Gran Premio di Marsiglia, Circuito Masaryk e Gran Premio di Spagna). Questi risultati gli valsero il campionato assoluto conduttori per il 1933.
Nella stagione 1934, firmato un assai vantaggioso contratto con la casa tedesca Mercedes Benz (L. 300.000 alla firma, L. 1.000 al giorno e tutti i premi e gli ingaggi), passò a quella scuderia portandone la nuovissima monoposto 8 cilindri alla vittoria in tre delle principali competizioni: la Coppa Acerbo a Pescara (dopo un nuovo celebrato duello con Nuvolari e Varzi, pur usando una vettura da allenamento per aver danneggiato quella da gara nel corso delle prove), il XIII Gran Premio d'Italia a Monza ed il Gran Premio di Spagna. Nel 1935, sempre su Mercedes, ottenne di nuovo tre primi posti assoluti, nel Gran Premio di Monaco a Montecarlo, nel Circuito dell'Avus e nel Gran Premio di Peña-Rhin, nonché il secondo posto nel Gran Premio di Svizzera. Nel 1936 i rapporti con la casa tedesca si deteriorarono, a causa degli ordini di scuderia che la direzione sportiva tendeva ad imporgli per favorire l'altro pilota della casa, R. Caracciola, di nazionalità tedesca. I risultati non furono soddisfacenti, sicché nella stagione successiva il F. lasciò la Mercedes Benz per fare un tentativo con l'altra grande casa tedesca, l'Auto Union, senza raggiungere però più di un quarto posto nella XIII Coppa Acerbo.
In seguito, una grave e persistente forma di sciatalgia, ribelle alle cure allora esistenti, lo spinse a sospendere l'attività, unitamente al desiderio di dedicarsi di più alla numerosa famiglia ed agli amatissimi sport venatori, per i quali aveva fatto acquisto di una grande riserva di caccia a Pietramelina di Umbertide. Aggiuntasi l'interruzione di ogni attività agonistica causata dalla guerra, rimase lontano dalle competizioni fino al 1947, quando fu sollecitato a riprendere, sia pure con partecipazioni saltuarie. In quell'anno fu primo nella categoria oltre 1100 e quarto assoluto nella seconda Fasano-Selva su Fiat Monaci, e nel 1949 primo della categoria 1100 sport nel Gran Premio di Pescara, su Osca. Nel 1950 la casa Alfa Romeo costituì il team detto "dei tre Fa" (F., Fangio, Farina) ed il F. ottenne in quell'anno cinque secondi posti assoluti (Gran Premi d'Inghilterra, di Svizzera, del Belgio, di Reims e di Pescara), che col terzo nel Gran Premio d'Italia a Monza gli valsero il terzo posto nel campionato del mondo. Partecipò anche alla Mille Miglia, vincendo il primo premio di categoria 1100 sport con la sua Osca. Nel 1951 fu primo assoluto, alternandosi con Fangio, nel Gran Premio di Reims, ed ebbe l'identico risultato dell'anno precedente nella Mille Miglia. Nel 1952, infine, ottenne in quest'ultima gara il risultato tecnico forse più straordinario della sua carriera, conseguendo con una Lancia Aurelia G. T. il primo posto nella classe 2000 cc. categoria turismo internazionale, ma anche uno sbalorditivo terzo posto assoluto, davanti a innumerevoli vetture di cilindrata e potenza assai superiori, in 12h 40'05", alla media di 123, 460 km/h.
Fu la sua ultima corsa. Il 31 maggio successivo, durante la seconda giornata di prove di una gara GT connessa con il Gran Premio di Monaco, ebbe un incidente, mai spiegato, nel quale riportò gravi fratture, che non destavano però eccessive preoccupazioni per la sua vita. Invece, operato il 20 giugno 1952 all'ospedale Albert Ier di Montecarlo, cessò di vivere subito dopo l'intervento, per cause mai ben chiarite.
Fonti e Bibl.: Fonti giornalistiche sono in generale tutti i quotidiani del giorno seguente ai principali Gran Premi cui partecipò, e quelli del 21 giugno 1952. In particolare si ricordano G. Stellingwerf, F. su Maserati vittorioso alla presenza del re nel G. P. del Decennale, in Il Giornale d'Italia, 26 apr. 1932, p. 7; Il Littoriale, agosto 1933; La Gazzetta dello sport, 5-6 ag. 1933; Ibid., 19-20 ag. 1933; C. Canestrini, F. vince su Nuvolari il G. P. d'Italia, ibid., 11 sett. 1933; Stadio, 10 giugno 1952. Necrol. ibid., 21 giugno 1952; Motor e Avanti!, 21 giugno 1952; Il Resto del carlino e Stadio, 24 giugno 1952. Si vedano inoltre L'Automobile e Stadio, 20 giugno 1953 (primo anniv. della morte); Il Resto del carlino, 29 giugno 1959 (per lo scoprimento di un busto ad Osimo). Notizie utili anche in Cosmos (Milano), 1934, n. 63; G. Lurani Cernuschi, Corse nel mondo... (1920-35), Milano 1935, passim; O. Rogari, Valore e cuore di L. F., Gubbio 1952; Prontuario dell'automobilismo sportivo, s. l. 1956, pp. 54 ss. (catalogo delle corse 1927-1947); C. Grillantini, Storia di Osimo, II, Pinerolo 1957, p. 900; G. Canestrini, Uomini e motori, Monza 1957, pp. 65, 89, 96, 98, 140, 143, 147, 150, 157 ss., 165, 167, 181 ss., 191 ss., 196 ss., 208, 232, 292; R. Walkerley, L. F., in Great racing drivers, London 1966, pp.165-76; Diz. dei piloti, a cura di T. Tommasi, Milano 1977, p. 62 (biografia); W. Boddy, Storia delle corse automobilistiche, Novara 1977, pp. 150, 152, 157 s., 213; P. Montagna, Il leggendario G.P. d'Italia, Milano 1989 p. 228 (biogr.) e passim.
Per il padre Sisinio, si vedano anche Artefici del lavoro italiano, a cura dell'Istituto d'arte e mestieri "F. D. Roosevelt", s.n.t. (Roma 1956), p. 251, e F. Amatori, Per un dizionario biogr. degli imprenditori marchigiani, in Le regioni dall'Unità ad oggi - Le Marche (Einaudi), s.n.t., p. 500.