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CREDARO, Luigi

di Patrizia Guarnieri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)
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CREDARO, Luigi

Patrizia Guarnieri

Nacque a Colda, frazione di Sondrio, il 15 genn. 1860, primogenito di poverissimi contadini, Andrea e Maria Baldini, analfabeti, e per le condizioni economiche della famiglia, il C., date le eccezionali capacità mostrate, fu l'unico di sei fratelli a proseguire gli studi. Al liceo di Sondrio ebbe come professore di filosofia A. Martinazzoli, con cui diresse poi il Dizionario di pedagogia (Milano 1892-1903). Nel 1879 vinse il concorso per un posto gratuito di convittore interno al collegio Ghislieri di Pavia, dove trovò un ambiente molto vivo culturalmente e politicamente caratterizzato, specie tra gli studenti, da tendenze radicali e repubblicane. Si iscrisse all'appena ricostituita facoltà filosofica dell'ateneo pavese, dove ebbe come professori G. Canna, I. Gentile, G. Barzellotti, F. S. De Dominicis e C. Cantoni. A quest'ultimo, considerato il caposcuola del neokantismo italiano, si legò il C., come poi anche E. Juvalta, G. Vidari e G. Villa. Con Cantoni si laureò nel luglio 1883 discutendo una tesi su Alfonso Testa e i primordi del kantismo in Italia, rielaborata e pubblicata nel 1886-87 sui Rendiconti dell'Accademia nazionale dei Lincei (poi in volume, Catania 1913).

Attraverso il percorso intellettuale del Testa, presentato come il primo criticista italiano, il C. voleva mostrare il kantismo come alternativa di pensiero sia al dogmatismo materialista ed utilitarista, sia a quello spiritualista e soggettivista. Rispetto alla posizione del Cantoni, proveniente da una formazione spiritualistica, nel C. c'era maggiore coerenza antimetafisica. Al posto di una filosofia del vero e del bene egli tendeva ad affermare un modello di pensiero dove il sapere scientifico e la morale hanno carattere relativo, ma validità.

Nell'83 iniziò l'insegnamento di filosofia al liceo "Nolfi" di Fano; nell'84 si sposò con Elisa Paini, maestra, di famiglia benestante, che molto lo aiutò nella carriera universitaria e politica; nell'86 si trasferì al liceo di Sondrio. Diventò collaboratore de La Filosofia delle scuole italiane di T. Mamiani e della Rivista italiana di filosofia di L. Ferri. Scrisse alcuni articoli per la diffusione del kantismo: Il kantismo in Italia (in Rassegna critica di opere filosofiche, scientifiche e letterarie di A. Angiulli, V [1885], pp. 225-38, 257-66), sull'Emanuele Kant di C. Cantoni (3 voll., Milano 1879-84); Questioni kantiane (in La Filosofia delle scuole it., XVI [1885], pp. 151-60), difesa dalle accuse di neoplatonismo mosse al Cantoni da E. Caporali; e, più importante, Il kantismo in G. D, Romagnosi (in Rivista it. Di filosofia, II[1887], pp. 34-60), rivelativo del contrasto fra certe affermazioni spiritualistiche riprese dal Cantoni e la tendenza propria del C. ad accentuare, con viva simpatia per Romagnosi, i caratteri realistici e sperimentali del criticismo.

Nell'87 vinse il concorso indetto dal Ghislieri per un anno di studi all'estero. All'università di Lipsia, che alla fine dell'800 era ancora un centro herbartiano, seguì L. Strümpell e soprattutto W. Wundt, di cui frequentò anche il laboratorio di psicologia sperimentale con O. Külpe. L'esperienza in Germania fu decisiva per la sua formazione; costituì un allargamento di interessi e lo spinse a cercare un maggiore legame tra filosofia e scienze, riconoscendo ai problemi del mondo umano una specificità non riconducibile né sotto la speculazione astratta, né sotto le scienze di tipo naturalistico. Sulla sua esperienza a Lipsia il C. scrisse vari articoli: Un'associazione di herbartiani (in Rivista it. di filosofia, II[1887], pp. 168-76); Gli scritti e la filosofia di L. Strümpell (ibid., pp. 253-81); I corsi filosofici all'università di Lipsia e il seminario di psicofisica del Wündt (ibid., III, [1888], pp. 153-70, 229-52), e infine I seminari pedagogici di Lipsia e la necessità di istituire una sezione di pedagogia pratica presso le nostre scuole di Magistero (in L'Università, II [1888], pp. 214-27, 263-83), rivelatore del nuovo interesse del C., pedagogico e scolastico, che diventò poi fondamentale nella sua attività di studioso e di politico.

Nell'88 insegnò per pochi mesi al liceo di Lucera, poi al liceo "Umberto I" di Roma, dove assunse anche l'incarico di filosofia e pedagogia all'Istituto di magistero. Pubblicò a Roma nell'89 il primo volume della rigorosa ricerca su Lo scetticismo degli Accademici, premiato dall'Accademia dei Lincei; il secondo volume uscì a Milano nel 1892. Il C. voleva mostrare che l'antico scetticismo, come il criticismo moderno, respingendo la metafisica del vero e del bene, non finiva però per respingere il valore della ragione e degli ideali etici, che concepiva piuttosto in modo nuovo e realistico.

Nel gennaio del 1890 il C, iniziò l'insegnamento di storia della filosofia all'università pavese, pronunciando una prolusione sull'importanza e sul metodo di quella disciplina (Il passato e il presente della storia della filosofia, in Rivista it. di filosofia, V[1890], pp. 3-24, 365-84). A Pavia dal 1891 tenne conferenze di didattica presso la scuola di magistero; e dal '99 fu consigliere comunale per l'estrema Sinistra, rappresentante del Consiglio provinciale scolastico, e assessore comunale alla Pubblica Istruzione (fino al luglio 1902), succedendo al radicale R. Rampoldi. Promosse varie iniziative, tra cui l'istituzione degli asili e della refezione scolastica (cfr. Critica soc., X [1900], pp. 75 ss., 90 ss.., 107 ss.). Nel 1900suscitò un certo scalpore l'ultima prolusione tenuta dal C. all'università di Pavia, riguardante La libertà accademica (ripubblicata polemicamente durante il fascismo, in Rivista di pedagogia, XXV [1932], pp. 696-729). Piacque anche ad A. Labriola, che pure apprezzò l'impegno del C. a diffondere in Italia l'herbartismo pedagogico.

A Roma nello stesso anno pubblicò La pedagogia di Herbart, che ebbe poi numerose edizioni. Il C. sosteneva che la pedagogia è scienza autonoma se pur legata ad altre scienze e alla filosofia, e che l'indirizzo herbartiano supera, senza negarle del tutto, le concezioni pedagogiche sia di tipo spiritualista o neoidealista sia di tipo positivista. Infatti l'herbartismo pedagogico - per cui educare è formare il carattere attraverso l'istruzione, secondo certe prospettive morali e civili - da una parte rivaluta le finalità ideali, e insieme, dall'altra, ricorre alla scienza per conoscere i processi psichici, che costituiscono il terreno d'intervento dell'educatore, e per elaborare un metodo efficace a raggiungere le finalità educative concretamente intese. Nel 1902 il C. fu chiamato, per interessamento di A. Labriola, alla cattedra di pedagogia, prima tenuta da quest'ultimo, presso la facoltà di lettere dell'università di Roma, dove fu preside dal 1903 all'11 e dal '18 al '20, e dove insegnò fino al '35.

Accanto all'impegno universitario, aveva assunto anche incarichi politici, oltre a quelli ricordati nel comune di Pavia. Nel 1895 si presentò per la prima volta candidato al Parlamento nel collegio di Tirano (prov. di Sondrio) dove fu eletto, superando il candidato moderato in carica, il conte e generale B. Torelli. Il programma del C. ottenne l'appoggio dei socialisti, che lo invitarono a passare dalle file radicali alle loro. Affrontò problemi centrali per il progresso della Valtellina: il rimboschimento, la pastorizia, la questione doganale, l'allevamento bovino; fece costruire strade e scuole; incoraggiò i contadini a organizzarsi in società di mutuo soccorso per la difesa dei loro interessi (Delle società comunali di assicurazione mutua, Sondrio 1896).

Il prestigio goduto dal C. nel suo collegio fu incontrastato, anche se la partecipazione elettorale venne diminuendo, fino al 1909, quando si presentò un nuovo candidato, il moderato A. Mauri, che ottenne una buona percentuale di voti su un eccezionale aumento di votanti. Il C. fu rieletto, ma tra le accuse di anticlericalismo dei cattolici e di eccessivo moderatismo - specie a proposito della tanto discussa questione dell'insegnamento religioso - dei socialisti. Alle elezioni del 1913 la sua conferma apparve seriamente messa in pericolo dal Mauri, che poi, all'improvviso, si ritirò, per intervento - si disse - di Giolitti, accordatosi coi clericali. Fu così rieletto, con la debole opposizione del socialista R. Rinaldi, e rimase alla Camera fino al 1919, quando divenne senatore.

Negli incarichi politici e organizzativi assunti il C. si occupò spesso di problemi riguardanti la scuola e l'educazione. Nel 1900, eletto presidente dell'Associazione della stampa scolastica, fu incaricato di porre le basi per un'organizzazione dei maestri, tesa ad ottenere il miglioramento delle loro misere condizioni economiche, giuridiche e culturali. Fondò così, nel gennaio 1901, l'Unione magistrale nazionale, e perché avesse le più larghe basi possibili la dichiarò associazione apolitica, del tutto diversa da quelle operaie. Sua prima preoccupazione fu scongiurare il pericolo che tra i maestri - ai quali è affidata, con l'educazione delle masse, la riproduzione sociale del consenso - si diffondessero posizioni troppo critiche del governo, che doveva perciò venire incontro alle loro rivendicazioni. Il significato politico della apoliticità presunta dal C. per l'Unione fu denunciato a Perugia nel 1904 da G. De Robbio al suo quarto congresso, dove decise di appoggiare i partiti di Sinistra, e dove il C. abbandonò la presidenza.

Al programma generale dell'Associazione pel miglioramento delle condizioni dei maestri, definito dal C. fin dal 1901 (Unionenazionale delle maestre e dei maestri italiani, Pavia 1901), furono legate altre sue iniziative tese alla preparazione degli insegnanti. Nel 1904 fondò a Roma la Scuola pedagogica, con annesso nel 1906 il Museo di istruzione e di educazione, già diretto per molti anni da A. Labriola, e dove con il direttore C. insegnarono, fra gli altri, G. Sergi, S. De Sanctis, M. Montessori e G. Gentile, il quale poi nel '23 soppresse le scuole pedagogiche, sorte in tutte le facoltà di lettere e filosofia del Regno, integrando solo quelle di Roma, Firenze e Messina negli Istituti superiori di magistero. Nel 1907 fu eletto presidente dell'Associazione pedagogica professionale fra gli insegnanti delle scuole normali (poi Associazione nazionale per gli studi pedagogici). Ad organo di questa fondò a Roma, e diresse quasi ininterrottamente, la Rivista pedagogica (1908-'39) a cui collaborarono esperti di problemi pedagogici e scolastici di ogni orientamento, ma in particolare herbartiani e positivisti, poiché il periodico, pur dichiarandosi aperto a tutti gli indirizzi, sostenne sempre la concezione della pedagogia come scienza, contro l'idealistica riduzione della pedagogia a filosofia. Già sottosegretario alla Pubblica Istruzione nel 1906 durante il breve gabinetto Sonnino, il 1º apr. 1910, durante il gabinetto Luzzatti, successe al ministro della Pubblica Istruzione E. Daneo, e nel marzo 1911 fu confermato da Giolitti.

Il C. dimostrò competenza e doti politiche nel portare avanti il progetto giolittiano teso a conquistare il consenso delle masse e a favorirne la partecipazione graduale al progresso del paese nel consolidamento della stessa classe dirigente. A tale progetto - sostenne il C. al quarto congresso nazionale dell'Unione (Riforme urgenti della scuola, in Rivista pedagogica, III [1910], pp. 3-16) - molto poteva contribuire la scuola, specie quella elementare che educa il popolo; e ad essa infatti attribuì la maggiore importanza (Sulle condizioni della scuola e dell'amministrazione scolastica, in Atti parlamentari, Camera, Discussioni, 14 dic. 1910). Della sua attività ministeriale è principalmente ricordata la legge Daneo-Credaro (4 giugno 1911, n. 487) che attuò il contrastato passaggio della gestione delle scuole elementari dai comuni, eccetto quelli capoluogo di provincia, allo Stato. Per ovviare alla crisi magistrale, il ministro C. istituì i corsi magistrali biennali, a carattere didattico e pedagogico, nei comuni privi di scuola normale e dotati di ginnasio isolato (legge 21 luglio 1911, n. 861).Altri provvedimenti riguardarono le scuole per maestre giardiniere, l'assistenza e il patronato scolastico, la riabilitazione dei minorati psichici, le biblioteche popolari, le scuole italiane all'estero, i convitti, lo sviluppo dell'edilizia scolastica. Nel campo dell'istruzione media, l'intervento più importante dei C. fu la creazione dei licei moderni o scientifici, ideati secondo le esigenze di progresso economico e scientifico del paese (legge 21luglio 1911, n. 860). Numerosi poi i provvedimenti legislativi per ampliare alcuni centri universitari (Torino, Bologna, Pisa, Genova, Sassari, Napoli, Firenze, Milano, Padova, Siena). Nell'ateneo romano ripristinò la cattedra di filosofia della storia - soppressa dopo la morte di A. Labriola - incontrando la dura opposizione di Croce (cfr. Atti parlamentari, Senato, Discussioni, 29 e 31 maggio 1913).

Alla caduta di Giolitti, anche il C. lasciò, il 19 marzo 1914, il suo incarico alla Minerva. Nel '17 fu nominato presidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, da cui nel '23 lo rimosse Gentile. Durante la guerra - assunto un atteggiamento neutralista e accusato di scarso patriottismo - offrì la sua opera per la riorganizzazione civile e per l'assistenza ai combattenti nella zona del suo collegio elettorale. Il 6 ott. 1919 divenne senatore; pochi mesi prima Nitti lo aveva nominato commissario straordinario, poi commissario generale civile per la Venezia Tridentina, in sostituzione del commissario militare G. Pecori Giraldi.

Il C. cercò di normalizzare la vita civile, e di promuovere la distensione dei rapporti fra popolazioni di nazionalità diverse, abitanti nello stesso territorio, e lo Stato italiano. Anche per questo, nel luglio 1921 presentò un disegno di legge sull'obbligo per i ragazzi italiani o ladini dell'Alto Adige di iscriversi a scuole italiane, che fu prima respinto, poi accolto (r.d. 28 sett. 1921)per evitare le dimissioni del C., ma sempre boicottato. Come del resto tutta la sua opera nel Trentino, circondata dall'indifferenza del governo, dalla diffidenza delle popolazioni e dei socialisti, e dall'opposizione dei clericali, del partito popolare e dei nazionalisti. Questi ultimi accusarono il C. di antitalianità; specie E. Tolomei, quando il commissario curò la prefazione al volume di L. Grabmayr, La passione del Tirolo innanzi all'annessione (Milano 1920), coll'intenzione, approvata da Giolitti, di farlo conoscere, proprio per criticarlo. Simili accuse contro il C. furono lanciate nel gennaio 1921 in Parlamento da Mussolini, Federzoni e Rocco, e nel febbraio all'Assemblea dei fasci combattenti trentini da A. Starace.Quando nell'autunno '22, dopo varie avvisaglie, le squadre fasciste attuarono a Trento la prova generale dell'occupazione politico-militare, il C. cercò di trattare con Buttafuochi, De Stefani, Farinacci e Starace; ma fu costretto a mettersi in salvo, ufficialmente destituito dall'incarico il 28 ott. 1922. Durante il regime il C., che non si iscrisse mai al partito fascista, rimase sempre più ai margini della vita politica; comunque si pronunciò contro la politica scolastica di Gentile (La riforma degli studi giudicata dal Senato, in Rivista pedagogica, XVIII [1925], pp. 94-107) e contro il concordato (L'insegnamento della filosofia in Italia dopo il concordato colla S. Sede, ibid., XXII [1929], pp. 89 ss., 169 ss.). Dedicò le ultime energie alla Rivista pedagogica, dove apparirono molte sue pubblicazioni, e alla cattedra di pedagogia a Roma, dove tenne anche dei corsi sulla psicanalisi di Freud. Nel '32-'33 diresse la scuola di perfezionamento di pedagogia e insegnò presso quella in filosofia con G. Mosca e G. Calogero. Nel giugno 1935, raggiunti i limiti di età, tenne l'ultima lezione in cui ribadì, alla presenza di Gentile, che la pedagogia è autonoma dalla filosofia (L'ultima lezione di C., in Rivista pedagogica, XXVIII [1935], pp. 518-33).

Morì a Roma il 15 febbr. 1939.

Fonti e Bibl.: La biblioteca del C. è conservata presso la Bibl. Pio Raina di Sondrio; moltissime carte inedite sono nel Fondo Credaro (coll. 1-27, 1892-1922) all'Arch. centrale dello Stato; alcune sono conservate dagli eredi; altre presso l'Istituto di storia moderna dell'università di Pavia; cinquantotto lettere del C. a G. Marcora sono nelle Carte Marcora, nelle raccolte storiche del Comune di Milano. Si veda anche il Fascicolo personale Credaro (1892-1902) nell'Arch. generale dell'università di Pavia. Per la bibliografia, specie politico-legislativa, cfr. E. Santamaria Formiggini, L. C. con documentazione, in Riv. Pedagogica, XXIV (1931), pp. 668-98; parzialmente autobiografico è L. Credaro, La scuola di Pavia di C. Cantoni e G. Vidari, ibid., XXVII(1934), pp. 653-73. Cfr. inoltre G. M. Ferrari, A 50anni dalla laurea di un pedagogista: L. C., ibid., XXVII (1934), pp. 129-37; L. C. L'uomo e Cenni biografici, ibid., XXVIII (1935), pp. 153-62; L. Cappiello, Il trentennio della "Riv. pedagogica". Il fondatore, ibid., XXX (1937), pp. 1-34; A. Banfi, L. C. Parole commemorative, Milano 1939, pp. 1 ss.; M. T. Gentile, Il pensiero e l'opera di L. C., Roma 1948, p.115 e passim; U. Suraci, L. C. nella scienza, nella scuola e nella vita, in Rass. di pedagogia, VII (1949), pp. 205-24; D. Morando, L. C., in Riv. rosminiana, XLV (1951), pp. 44-54; G. Adami, Un po' di storia dei primi quattro anni (1919-22) seguiti all'auspicata attesa unione del Trentino alla madre patria. Cenni alla vita e opere di L. C., Trento 1958, p. 31 e passim; D. Bertoni Jovine, La scuola ital. dal 1870 ai giorni nostri, Roma 1958, ad Indicem;B. Credaro, L. C. nel centenario della nascita, Pavia 1961, pp. 3-8; L. Ambrosoli, La Federazione naz. insegnanti scuola media dalle origini al 1925, Firenze 1967, ad Indicem;L. Della Briotta, Mezzo secolo di vita politica in Valtellina, Sondrio 1968, pp. 97-103, 116-21, 157-66, 180-84, 189-92 e passim;A. Galante Garrone, I radicali in Italia, Milano 1973, p. 385; S. Benvenuti, Il fascismo nella Venezia Tridentina, Trento 1976, pp. 70-77, 82-85, 118-27, 148-51, 248-51, 263 ss., passim; P. Guarnieri, L. C. Lo studioso e il politico, Sondrio 1979, pp. 5-83; Id., L. C. tra filosofia e pedagogia, in La Nuova Antol., ott-dic. 1979, pp. 274-84; Id., L. C. e C. Cantoni attraverso il carteggio inedito, in Annali dell'Istituto di filosofia, Firenze 1979, pp. 321-58: delle novantasei lettere, provenienti dall'Arch. Cantoni, alcune sono riprodotte e curate da Id., Lettere di L. C. a C. Cantoni (1883-1900), in Giorn. critico della filos. ital., LIX (1980), pp. 141-66; L. C. nella scuola e nella storia, Sondrio 1984 (contiene la bibliografia degli scritti del C., a cura di P. Guarnieri).

Vedi anche
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luigi lüigi s. m. [dal nome proprio Luigi; fr. louis]. – 1. Moneta d’oro, del valore di 10 lire, coniata in Francia nel 1640 per ordine di Luigi XIII, con il busto del sovrano al dritto e una croce formata da 8 L addossate e coronate al...
beato lüigi
beato luigi beato lüigi locuz. usata come s. m. – Nome delle monete d’argento di mezzo ducatone (4 lire e 80 soldi) e di un quarto di ducatone (2 lire e 40 soldi) fatte coniare nel 1626 da Vincenzo II Gonzaga duca di Mantova, nel rovescio...
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