COMEL, Luigi
Nacque a Gorizia il 21 giugno 1866 da Stefano, titolare di una locanda, e Maria Visin. Frequentate le scuole medie e superiori, venne ammesso all'Accademia di belle arti di Venezia, dove rimase quattro anni, passando quindi, nel 1891, alla scuola industriale d'arte di Vienna. L'anno successivo ebbe l'incarico dell'insegnamento del disegno allo istituto magistrale femminile e al ginnasio di Gorizia. Nel 1895, conseguita l'abilitazione valevole per le scuole medie tanto di lingua tedesca quanto di lingua italiana, venne assegnato alla scuola superiore di Rovereto, dove, tre anni dopo, ottenne la qualifica di professore ordinario. Nel 1913 ebbe il trasferimento a Gorizia presso il ginnasio italiano. Allo scoppio della prima guerra mondiale si recò a Vienna, assumendo la cattedra di disegno in una scuola media per profughi italiani. Nel 1918, rientrato a Gorizia, riprese l'insegnamento, prima al ginnasio e quindi all'istituto magistrale, dove ricoprì anche l'incarico di vicepreside. Morì a Gorizia il 2 ag. 1934.
Educatore sensibile e appassionato, il C. è noto soprattutto per la vocazione artistica, in cui rivela una sensibilità ottocentesca, ignorando le problematiche moderne, portato com'era all'imitazione della natura e a fermare le sembianze umane, più che alla creazione personale. I ritratti del periodo veneziano dell'Accademia (1887-1891) si caratterizzano per il rigoroso impianto formale e per la minuzia descrittiva degna di un fiammingo: non a caso egli eseguì la copia di un Autoritratto di Rubens e ricalcava opere di altri pittori olandesi.
A Rovereto (1895-1913), una cittadina lontana dai centri culturali più attivi e dinamici, il pittore si rifugiò nostalgicamente nel passato, facendo copie di opere di Raffaello, del Reni, del Murillo, del Tiepolo e di altri artisti. Abbandonato il ritratto per non cedere alle imposizioni dei committenti, predilesse la natura morta e il paesaggio, resi con un linguaggio descrittivo e realistico, secondo il concetto platonico dell'arte-mimesi. Mentre le nature morte sposano alla forma calligrafica il colorismo sensuale di tipica matrice veneta, le vedute alpestri tradiscono una disponibilità romantica, legata a suggestioni oltremontane. La tendenza oggettivante del C. emerge anche negli acquerelli con Lo studio (o Il proprio atelier) e con Interni del duomo di Grado, di una evidenza fotografica appena ravvivata dal tocco impressionistico.
Nel successivo periodo (1918-1934), il pittore non abbandona la costituzionale fedeltà alla natura e il contatto del vero, con esiti sempre animati da una tecnica incisiva e puntuale, come certifica Il pulpito del duomo di Grado, del 1933: testimonianza di una commovente fedeltà ad un ideale casalingo e borghese di timbro provincialistico, condito con un pizzico di accademia e di letteratura. Il C. ignora le proposte della Secessione viennese divulgate da P. Marussig e il messaggio liberty del cartellonista M. Dudovich, ambedue operanti a Trieste, così come rimane estraneo alla ventata novatrice del futurismo, anche se ha il merito di aver educato all'arte, a Rovereto, F. Depero. Il decentramento geografico, le metamorfosi politiche e soprattutto la natura contemplativa e assorta costituiscono gli elementi moderatori della sua vicenda figurativa. Il Damiani osserva che "Luigi Comel si mantenne su una linea di buona correttezza tecnica come disegnatore e colorista, secondo un'impronta di eclettismo storico con inflessioni preraffaellite". È un onesto artigiano, dunque, fermo nel tempo. La raccolta più cospicua di opere del C., tra cui quelle citate, è presso i Musei provinciali di Gorizia.
Fonti e Bibl.: G. Caprin, Pianure friulane, Trieste 1892, passim (ill.con disegno del C.); R. M. Cossar, Storia dell'arte e dell'artigianato in Gorizia, Pordenone 1948, p. 431; A. Comel, L. C., Udine 1976; L. Damiani, Arte del Novecento in Friuli, I, Il Liberty e gli anni Venti, Udine 1978, p. 143.