COLLI, Luigi
Nato a Villa Poma (Mantova) il 14 maggio 1838 da Guglielmo e da Cesira Parmeggiani, esercitò il mestiere di calzolaio. In un profilo sul quotidiano socialista La Provincia di Mantova (2 nov. 1906) A. Frizzi affermò che il C. emigrò nel '59, che seguì Garibaldi nelle campagne del '59, '60 e '66, rimanendo anche ferito in combattimento; il suo nome però non risulta negli elenchi di compromessi politici, ex garibaldini, militari del Mantovano negli ultimi anni del dominio austriaco. Autodidatta, dopo la liberazione di Mantova nel '66 divenne una delle figure più tipiche dell'ambiente popolare, legandosi di amicizia con esponenti democratici come P. Suzzara Verdi, F. Siliprandi, V. Guastalla, A. Sacchi, P. Mongè e altri, collaborando a periodici di intonazione repubblicana e socialista, facendosi promotore di associazioni operaie e politiche, di meetings e conferenze, combattendo l'ignoranza e la "passività" della plebe cittadina e del contado.
Il C., che nel '67 teneva, e pubblicava a Mantova, in chiave democratica, un Discorso commemorativo sui martiri di Curtatone e Montanara, partecipò con passione al vivo dibattito culturale e politico cittadino, dove ebbe una funzione di primo piano il periodico La Favilla (1866-79) del Suzzara Verdi, negli anni della Comune parigina e della diffusione dell'Intemazionale in Italia. Presidente del Circolo democratico nel '70, non risulta tra i componenti della "Giovane democrazia", sezione mantovana dell'Internazionale nel '71, mentre è gerente responsabile (dal 18 agosto al 29 settembre del 1872) de La Fratellanza operaia, organo della omonima societa operaia e giornale intemazionalista.
In questo settimanale, nel quale convivevano, con residui di carattere mazziniano (per es. l'adesione al congresso pel suffragio universale di Roma nel novembre 1872), espressioni umanitarie e socialiste, il C. cercava di interpretare in termini sociali e politici le esigenze di vita e di lavoro della parte più umile della società mantovana e di risvegliare un interesse concreto per la cosa pubblica, di stimolare il popolo a prender coscienza dei suoi diritti. Oltre ad articoli circa la rivoluzione e la questione sociale, l'affratellamento e l'associazione delle società operaie, i bassi salari ecc., interessano ad es. alcuni "pensieri" in cui il C., dopo la lotta per la libertà dallo straniero, prospetta" una rivoluzione, pacifica o no, la quale deve necessariamente inspirarsi a principii civili, equi e giusti anche pel lavoratore, così premetto, che è pel trionfo di questa classe che scrivo, per essa sento il dovere d'adoperarmi ovunque sia il bisogno" (La Fratellanza operaia, 1° dic. 1872).
Esemplare, anche per intendere l'azione del C. negli anni seguenti, è l'invito alle Società operaie della provincia (a firma di F. Siliprandi, C. Favalli, il C., E. Colorni e M. Madella) ad accogliere la deliberazione delle rappresentanze operaie (convocate in Mantova per la commemorazione dei martiri di Belfiore, 7 dic. 1872) di costituirsi in consociazione con l'apporto di tutte le società che, isolate, sarebbero risultate impotenti a conseguire lo scopo di redimere la classe lavoratrice (La Fratellanza operaia, 22 dic. 1872). Su questa linea si mosse anche in seguito, mantenendo sempre notevole asprezza anticlericale (ad es.: La Favilla, 18 ott. 1874) e seguendo con attenzione i problemi locali dell'economia e della finanza (ad es.: Sulla Banca Popolare, ibid., nn. 62, 64, 66-, 70, 72: febbraio-marzo 1876). Affiancando il Siliprandi nell'attività di propaganda e proselitismo a sostegno dell'associazionismo operaio e contadino, con fini di resistenza per l'azione rivendicativa e per l'aumento delle tariffe, il C. - in ambito cittadino - diede il suo apporto per la costituzione dell'Associazione generale dei lavoratori (1877-78) che tendeva a riunire in un solo organismo "tutti i lavoratori di ambo i sessi, di ogni arte e mestiere"; "suo scopo è il miglioramento della classe lavoratrice, promuoverne il lavoro e il benessere, e per conseguirne il fine proposto ammette come mezzi: la "solidarietà" la "libertà" e la "morale"" (LaFavilla, 18 genn. 1877). Nel febbraio del 1877, insieme con Siliprandi e Mongè, il C. rappresentò l'Associazione generale al II congresso della Federazione dell'Alta Italia dell'Internazionale.
Nei suoi interventi insistette sulla necessità di organizzare la propaganda fra i lavoratori dei campi, di indicare tutti i mezzi utili per un miglioramento immediato della classe che soffre, mettendo in rilievo la larghezza di vedute dello statuto dell'Associazione e delle Commissioni di propaganda che educano i compagni a idee di emancipazione, progresso e solidarietà. "È il popolo che farà la rivoluzione, e la farà di motu proprio, spontaneamente: noi non possiamo essere che le avanguardie dei proletariato, e tanto più utili quanto più ci sarà concesso di infiltrarci in mezzo ad esso, non solo, ma quanto più ci sarà dato da porgere a questi sofferenti qualche vantaggio inimediato". E contro il Circolo di Pavia, che come unico mezzo imponeva la rivoluzione, rendendo così impossibile ogni forma di organizzazione, il C., concordando con le posizioni del socialismo evoluzionista del Bignami, concludeva: "Io sono persuaso che la Rivoluzione è ora una idea fuori di posto, e ritengo che presentemente dobbiamo interessarci ad associare più vastamente e più durevolmente che sia possibile il proletariato dei campi, e ad avvicinare a questo l'operajo delle città, imperocché - bisogna pur dirlo - fra l'operajo della città e il lavoratore dei campi non c'è ancora quella solidarietà che è pur tanto necessaria". Sottolineando poi l'espansione dell'Associazione mantovana, non riteneva conveniente l'istituzione di società di arti e mestieri, preferendo ad esse associazioni generali di lavoratori di qualunque categoria in modo che essi si mescolassero e si fondessero insieme, meglio esercitando così fra loro la solidarietà, sviluppando il sentimento di fratellanza, sventando qualunque velleità di casta fra i lavoratori stessi. Analogamente, riaffermando la indipendenza del partito socialista rispetto ad altri partiti, rammentando la via battuta dai socialisti di Inghilterra e Germania ("i quali entrano nei Parlamenti, sfidano le persecuzioni, e difendono dalla tribuna le nuove idee sociali"), il C. non escludeva possibilità di alleanze in vista del conseguimento di uno scopo (ad es. il suffragio universale) e raccomandava al congresso "di interpretare l'indipendenza del partito, in modo che non si chiuda a noi qualche via che potrebbe esserci utile".
Collegandosi alle risoluzioni prese nel congresso della Federazione Alta Italia e alla linea evoluzionista, il socialismo mantovano si pose non sulla via della esplosione rivoltosa ma su quella della organizzazione, resistenza e associazione tramite il periodico Il Lavoratore (1877-1878), diretto dal Siliprandi ed al quale collaborò anche il C., che ribadì da un lato l'opposizione alla democrazia borghese e al sistema cooperativo (posto innanzi da A. Mario) e precisò dall'altro la sua concezione (non comunista) dell'Internazionale: "Noi siamo internazionalisti... Siamo però socialisti e respingiamo l'accusa di fomentare la guerra d'unaclasse contro l'altra, la guerra civile... Socialista di principii, crediamo nel collettivismo perché detronizza le usurpazioni; dà a ciascuno quello che gli spetta; afferma coi fatti il diritto a ciascuno... I destini del mondo sono legati più alla vita sociale che alla politica, né si possono cambiare le idee se non si cambiano i fatti" (Il Lavoratore, 21-22 luglio 1877).
Stroncata dal ministro dell'Interno Nicotera l'Associazione generale (1877), venuta meno la pubblicazione del Lavoratore (1878). il C. accentuò negli anni Ottanta i suoi interessi di "organizzatore di cultura" in direzione pubblicistica, dando vita ad una agenzia giornalistica, promuovendo, come editore, la stampa del primo volume, in due tomi, delle Opere filosofiche di R. Ardigò (Mantova 1882), pubblicando alcuni suoi studi sociali e infine dirigendo il settimanale L'Affarista alla berlina (6 dic. 1880-24 ag. 1882) e poi il bisettimanale La Comune (27 nov. 1882-12 febbr. 1883).
Nato con intenti di polemica contro affaristi ed usurai per tutelare i bisogni della grande massa di operai e contadini esclusi dalla cosa pubblici, L'Affarista alla berlina si rivolgeva in particolare all'approfondimento della questione sociale; avendo di mira il sovvertimento della società borghese e la rivoluzione sociale, il periodico era espressione di un socialismo tutt'altro che coerente, perché da un lato con la violenza e il semplicismo delle argomentazioni e l'insistenza di alcuni motivi sembrava indulgere all'anarchismo, e dall'altro con le notizie sul Circolo socialista rivoluzionario, la propaganda per la partecipazione alle elezioni politiche o amministrative e per la coalizione con altri partiti sembrava volgersi al socialismo evoluzionista e umanitario. Molteplici poi furono le polemiche contro la Destra e il partito "clericale", le prese di posizione a favore dell'Ardigò e di uomini politici democratici o socialisti, i sequestri subiti ed i contatti con altri periodici come La Plebe, L'Avanti!, Lo Scamiciato, La Lega ecc. Se in molte occasioni scrive che il proletariato deve emanciparsi per opera propria, il settimanale non esprime ancora una chiara coscienza del concetto politico di lotta delle classi, essendo il mondo semplicisticamente diviso in due parti: sfruttatori e affaristi da un lato, oppressi e miseri dall'altro. Continuazione del precedente è il bisettimanale La Comune, il cuisottotitolo "Urlo della canaglia" in vista dell'auspicata rivoluzione sociale sembra dettato per impaurire la classe borghese. D'impostazione internazionalista, anche questo periodico affronta temi già in precedenza discussi: opposizione al governo Depretis; affermazione di completa autonomia dei comuni dal governo centrale; esposizione del programma dell'Internazionale; rivendicazione dei diritti del lavoro, con particolare riguardo al mondo operaio mantovano, ecc. Il periodico "imprende la ricostituzione delle Società dei lavoratori di città e provincia" (La Comune., 7 dic. 1882), per le quali rivendica inoltre il diritto all'appalto delle opere pubbliche.
Negli anni seguenti, proprio quando emergeva in modo drammatico nel Mantovano la questione contadina sfociata nelle agitazioni del 1884-85 (cfr. La Boje!, a cura di R. Salvadori, Milano 1962) e nel processo di Venezia, in cui per altro non fu direttamente implicato, il C. si dedicò attivamente, insieme con R. Romei, G. Negri, N. Fiaccadori e altri, alla organizzazione di società cooperative di ispirazione democratica, dando luogo nel dicembre del 1887 ad una Federazione di lavoro e credito (ben distinta dalla Federazione cooperativa di lavoratori appaltatrice di pubblici e privati lavori presieduta dal Sartori) la quale, mentre escludeva "qualsiasi idea di odio o di guerra fra le classi", sottraeva i braccianti agli intermediari, cercava di far affluire il credito alle associazioni e ad artigiani bisognosi, cercava di ottenere la concessione di lavori direttamente alla Federazione che ne avrebbe garantito la regolare esecuzione. Tra i promotori nel '91 della Federazione delle cooperative e di tutte le società operaie mantovane, il C. risulta residente a Roma dal 1889 al 1900 e, dopo una breve dimora in Mantova, dal giugno 1901 in poi, negli anni della crisi edilizia di fine secolo e nell'età giolittiana. "Si portò a Roma e da bel principio ritornò operaio calzolaio, quale era prima di essere editore e giornalista. Poi nella Capitale quando prese enorme incremento l'edificazione di quartieri, si dedicò all'arte muraria; dal manuale fece tutta la scala tanto che in breve tempo occupò il posto di sorvegliante tecnico di importanti edifici in costruzione per conto del Municipio di Roma e dello Stato" (Frizzi). Continuando ad interessarsi dell'associazionismo operaio e delle condizioni dei lavoratori negli anni della febbre edilizia, il C. venne eletto presidente dell'importante sindacato degli edili della Camera del lavoro di Roma, partecipò a convegni e ad agitazioni politiche, e si iscrisse al partito socialista nel 1901, presentandosi candidato nel collegio di Civitavecchia (dove ottenne, pur non eletto, una inaspettata notevole votazione), ed entrando infine, nella nuova direzione del partito socialista, col prevalere delle correnti riformista e integralista (1906).
Il C. morì a Roma il 6 dic. 1915.
Del C. ricordiamo inoltre: Gli usurai alla conquista del mondo, Mantova 1880; sotto lo pseudonimo di Giuda Iscariota, I lupanari di Mantova. Studio sociale con coda di Caino, Mantova 1880; il necr. per P. Suzzara Verdi, con scritti di R. Ardigò, L. Colli, A. Nobis, F. Siliprandi, Mantova 1880.
Fonti e Bibl.: Notizie e docum. relativi al C. sono a Roma, Arch. centr. dello Stato, Minist. dell'Interno, relaz. del prefetto di Mantova per il primo sem. 1882, primo sem. 1884, secondo sem. 1885; Imola, Bibl. comunale, FondoCosta (al Costa, 1° ott. 1906); Milano, Bibl. Feltrinelli, Fondo Gnocchi-Viani; Arch. di Stato di Mantova, Polizia ital. (1866-98), bb. 150-152; Mantova, Arch. comunale, Anagrafe. Intorno al C. ed all'ambiente culturale politico mantovano cfr.: A. Loria, Ricordidi uno studente settuagenario, Bologna 1927, pp. 5 ss.; R. Giusti, Noteper la storia del giornalismo mantovano nel XIXsec., Mantova 1953, pp. 64-67; Id., Atti dellapolizia ital. nell'Archivio di Stato di Mantova (1866-1897), in Movim. operaio, VI (1954), 1, pp. 121-45; F. Siliprandi, Scritti e memorie, a cura di R. Giusti, Mantova 1959, ad Ind.; Mantova. Le lettere, III, Mantova 1963, ad Indicem; La Federazione ital. della Associazione internaz. dei lavoratori, 1871-1880, a cura di P. C. Masini, Milano 1964, pp. 152-90; R. Salvadori, La Repubblica socialista mantovana. Da Belfiore al fascismo, Milano 1966, pp. 29 s., 40, 59, 74 s.; D. Perli, I congressi del Partito operaio ital., Padova 1972, pp. 41 ss.; O. Gnocchi-Viani, Ricordidi un internazionalista, a cura di L. Briguglio, Padova 1974, p. 36 n.; L. Giglioli, Il Vessillo..., Mantova 1977, pp. 384, 459; Il Movimento operaio ital. Diz. biografico, 1853-1943, II, pp. 66 ss. Per l'ambiente culturale e religioso mantovano, cfr. ora - anche se non è esplicitamente menzionato il C. - l'ampio saggio di G. Landucci, Mons. Luigi Martini e Roberto Ardigò, in Mons. LuigiMartini e il suo tempo (1803-1877), Mantova 1980, pp. 117-233. Sulla situazione di Roma alla fine dell'800 cfr.: L. Cafagna, Anarchismo e socialismo a Roma negli anni della "febbreedilizia" e della crisi (1882-1891), in Movimento operaio, n. s., IV (1952), pp. 729-89; A. Caracciolo, Roma capitale, Roma 1956, pp. 173 ss., 234 s.