CASALNUOVO, Luigi
Nacque a Cosenza a metà circa del sec. XV. La prima notizia che si ha di lui è che nel 1482 aveva la prebenda di S. Croce di Aprigliano. Non sappiamo se a quell'epoca fosse già segretario di Alfonso d'Aragona, duca di Calabria. ma lo era sicuramente due anni più tardi. Anche Ferdinando I evidentemente si giovava dei servizi del C., poiché questi fu nel 1484 inviato a Roma, allorché, dopo la morte di Sisto IV (12 agosto), le fazioni dei Colonna e degli Orsini scatenarono nella città i tumulti che ebbero termine solo con l'elezione di Innocenzo VIII il 29 agosto. L'anno dopo il C., che aveva compiuto intanto altre missioni all'interno del Regno, veniva proposto dal duca di Calabria quale ambasciatore regio presso Lodovico il Moro, ma egli non si recò mai nella città lombarda. Iniziatasi la rivolta dei baroni e scoppiata la guerra fra il re di Napoli ed Innocenzo VIII che la sosteneva, il duca di Calabria era a capo dell'esercito napoletano nella campagna romana, quando Ferdinando il 16 maggio del 1486 gli inviò il Casalnuovo.
Egli doveva, oltre che ragguagliare Alfonso sulla situazione delle operazioni belliche e diplomatiche nel Regno, anche invitarlo a procurarsi la collaborazione e di Guidubaldo da Montefeltro e di Giulio Cesare Varano, signore di Camerino, magari per mezzo di un matrimonio fra il figlio di quest'ultimo ed una figlia naturale del duca stesso. Per di più il primogenito del re era invitato a mostrare una maggiore aggressività nell'offensiva contro Roberto Sanseverino, capitano generale pontificio, tenendo però sempre presenti le norme di prudenza che regolavano la strategia dell'esercito regio.
Conclusa poco dopo la pace fra il pontefice ed il sovrano (11 agosto), il C. fu inviato il 24 settembre presso il cardinale Giuliano Della Rovere, che era stato uno dei più accesi propugnatori della guerra. L'ambasciatore doveva ignorare la malevolenza del porporato e cercare di attenuarne la fiera opposizione agli Aragonesi. Nel Regno intanto stava per essere soffocata la rivolta quando il C. fu inviato, il 19 novembre, presso Antonello Sanseverino, principe di Salerno, per imporgli la consegna della città e delle fortezze, prima dell'intervento armato del duca di Calabria. Pochi mesi dopo, nel marzo del 1487, un altro Sanseverino, Girolamo, principe di Bisignano, anch'egli come l'altro sul banco degli accusati nel secondo processo contro i baroni ribelli che ebbe inizio nel giugno del medesimo anno, era costretto dal duca di Calabria a concedere allo stesso C., che da Benevento lo aveva tradotto a Napoli prima del procedimento giudiziario, un feudo in Calabria.
Nell'agosto il C. fu inviato di nuovo a Roma presso il papa.
Il suo compito era quello di blandire il pontefice e di professargli la devozione del re, eludendo però ogni accenno ai tributi che Ferdinando, pur essendosi impegnato l'anno prima a farlo, non aveva intenzione di pagare. Oltre a ciò egli doveva pacatamente dimostrare al papa che le insinuazioni da lui fatte riguardo alla fedeltà di alcuni baroni al re non avevano menomamente scalfito la fiducia di cui essi godevano presso il sovrano.
I contrasti fra Innocenzo VIII ed il re di Napoli andarono acuendosi negli anni successivi, fino a culminare nel giugno del 1489 nella scomunica lanciata dal papa contro Ferdinando.
Alla fine di quello stesso anno il Pontano, che era già stato l'artefice della precedente pace, si recò a Roma e con la sua solita abilità e devozione, coadiuvato dall'appoggio mediatore di Lorenzo de' Medici, iniziò la sua opera pacificatrice per arrivare ad un componimento fra le parti avverse.
Sul finire dello stesso mese di dicembre anche il C. fu inviato a Roma. Quale sse la sua missione diplomatica in questa occasione non si sa, certo è però che l'arrivo del C. nell'Urbe suscitò lo sdegno del Pontano, del quale peraltro il C. sposò, probabilmente poco dopo, la figlia Eugenia.
Il grande umanista si sentì spiato e controllato ed avvertì la diffidenza nei suoi confronti del re, cui pure aveva dato grandi prove di fedeltà e di abnegazione; indirizzò allora una vibrante protesta al duca di Calabria ed anche alla regina. La pace fu conclusa il 28 genn. 1490, ma la missione del C. ebbe rapidamente termine nello stesso mese di dicembre.
Alla fine del 1493, quando l'avvenuto riavvicinamento di Alessandro VI a Ferdinando parve per un momento arrestare quell'irreversibile processo di disgregazione degli Stati italiani, che si attuerà successivamente sotto i ripetuti colpi dei transalpini, il C. fu inviato presso Virginio Orsini, per invitarlo - non era più il momento di fomentare discordie - alla moderazione ed al rappacificamento con i Colonna.
Morto Ferdinando (25 genn. 1494), mentre iniziava l'avventura italiana di Carlo VIII, il C. divenne cortigiano del nuovo sovrano Alfonso II e l'anno successivo sottoscrisse l'atto di conferma da parte di Ferrandino del testamento e dell'abdicazione del padre. Successivamente fu consigliere di re Federico.
Caduta definitivamente la dinastia aragonese, il C. entrò nell'ombra, emergendone solo per la concessione di 300 moggia di terra, che ricevette nel territorio di Aversa dal cardinale Giorgio d'Amboise nel 1502.
Morì senza figli non prima del 1516.
Fonti e Bibl.: Codice aragonese, a cura di F. Trinchera, II, 2, Napoli 1870, pp. 338 s., 366, 432; Regis Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 3, 9, 36, 53, 89, 109, 147-50, 299, 313, 368, 377, 417, 432 (con ult. bibl.); Regesto della cancell. aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 163; E. Percopo, La vita di Giov. Pontano, in Arch. stor. per le prov. napol., s. 2, XXII (1936), pp. 158, 180, 235.