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CARDINALI, Luigi

di Nicola Parise - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)
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CARDINALI, Luigi

Nicola Parise

Nato a Velletri il 6 ag. 1783 da Domenico Antonio e da Anna Maria Barberi, compì i primi studi frequentando le scuole pubbliche ed il collegio dei padri della Dottrina Cristiana. Passò quindi nel seminario vescovile. Avviato dai suoi maestri allo studio della filosofia e delle lettere classiche si iniziava da sé a quello della fisica, industriandosi in sperimentazioni che i pochi mezzi a disposizione gli consentivano. A quattordici anni gli morì il padre, e con la madre fu costretto ad occuparsi degli affari domestici, massime della formazione del fratello Clemente. Con l'aiuto di funzionari pontifici in servizio a Velletri si dedicò allora agli studi giuridici. Contemporaneamente si approfondiva, però, nella ricerca antiquaria, e per il tenore delle sue indagini, soprattutto di storia patria, fu ascritto all'età di sedici anni alla Società letteraria volsca veliterna. A quest'epoca, secondo Angeloni (al 1801 secondo Bauco), risale l'incarico di direttore generale della segreteria del comune di Velletri. In quest'ufficio ed in quello di notaio e bibliotecario comunale, che gli sarà affidato di lì a pochi anni, il C. attese al riordinamento di tutto l'archivio del municipio ed alla formazione di una biblioteca civica, di cui si adoperava ad incrementare i fondi e che progettava di aprire al pubblico.

Dalla frequentazione di antichi documenti veliterni il C. traeva materia per le sue indagini storiche ed archeologiche, che meritavano l'approvazione del protettore della Società volsca, il cardinale Stefano Borgia, di cui il giovane studioso dirà un elogio "alla memoria" pubblicato senza indicazione di luogo nel 1806. Per la sua attività al municipio il C. si ebbe, invece, i riconoscimenti del vescovo Gianfrancesco Albani e dei suoi successori, Henry Stuart card. di York e Leonardo Antonelli, il quale ultimo lo nominò, benché laico, "particolare limosiniere della diocesi".

Dopo la deportazione di Pio VII e l'annessione di Roma all'Impero napoleonico, i Francesi affidarono al C. la carica d'ispettore del bollo e registro, e lo elessero membro del Collegio elettorale, "non per forza d'impegno e studio di parte, ma per sola capace virtù", come avrebbe enfaticamente sottolineato Angeloni, quasi fosse necessario dissipare sospetti di collaborazione con lo straniero, che nessuno tuttavia aveva dovuto avanzare. In realtà, durante il quinquennio in cui tenne la carica d'ispettore il C. si comportò più da funzionario pontificio che da ufficiale dell'amministrazione francese e si adoperò a che non si verificassero attentati all'integrità dei patrimoni ecclesiastici. Del che gli fu dato atto dopo la Restaurazione da Ercole Consalvi, che gli affidò l'incarico di amministratore della Legazione di Bologna e dal pontefice, che nel 1819 lo nominò direttore generale della segreteria di quella stessa provincia.

Continuava intanto la sua onesta, e mai di primo piano, attività di studioso, e non solo di antichità. Segretario della Società letteraria volsca veliterna e socio corrispondente (dal 1818) della Pontificia Accademia romana di archeologia, collaborava alla redazione del Giornale arcadico e delle Effemeridi letterarie di Roma, senza registrare il distacco e l'opposizione fra l'una e l'altra rivista, ma certo meno vicino del fratello Clemente alle posizioni del Giornale e di Salvatore Betti, per i quali "letterato e antiquario" erano divenuti "perfettamente la stessa cosa" (secondo l'espressione di Giacomo Leopardi nella lettera al padre del 9 dic. 1822). Il 18 dic. 1823 presentava alla Pontificia Accademia (della quale era ormai diventato socio ordinario) una dissertazione sul sigillo capitolare della cattedrale veliterna di S. Clemente (Di un antico sigillo capitolare, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, II [1825], pp. 293-367). Nel 1824 pubblicava a Pesaro un Elogio detto alla memoria di Ercole Consalvi ed a Roma il testo delle sue discussioni con Angelo Uggeri Di alcuni edifizi veliterni del secolo XI, mentre in collaborazione con il fratello Clemente, con Giuseppe Melchiorri e con Pietro Ercole Visconti dava inizio alla pubblicazione delle Memorie romane di antichità e di belle arti. Nei quattro volumi, che ne furono stampati, il C. pubblicò nelle Memorie osservazioni su di un Sarcofago antico rappresentante la favola di Marsia (I [1824], pp. 49-77), la versione italiana di un'introduzione allo studio dell'esemplare di Stratonicea dell'edictum da pretiis di Diocleziano (Corpus Inscript. Lat., III, 2, pp. 804-811) letta alla Pontificia Accademia il 14 apr. 1825 (II [1825], pp. 29-84: il testo latino di Prodromus ad illustrationem lapidis Stratonicensis nuper inventi, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, II [1825], pp. 681-732) ed interventi diversi di storia dell'arte medievale e moderna.

Richiamato a Roma, il C. fu deputato da Leone XII a segretario straordinario di ambasceria in occasione della missione di monsignor Tommaso Bernetti a Mosca per assistere all'incoronazione dello zar Nicola I. Partiti da Roma il 13 giugno 1826 il Bernetti e il C. giungevano il 19 a Vienna: ne sarebbero ripartiti il 5 del mese successivo dopo aver favorevolmente risolto la questione della nomina dei vescovi nelle sedi dalmate. Una malattia contratta durante il viaggio impedì al legato pontificio di essere presente alla incoronazione del 3 settembre e all'udienza generale del 5. I contatti con gli esponenti del governo russo sortirono esito negativo, e i due partirono il 23 ottobre dopo un'udienza affatto protocollare concessa loro dallo zar a Pietroburgo. Tornati a Roma, per Riga, Berlino e Parigi, Bernetti ricevé dalle mani del papa la berretta cardinalizia e il C. si vide affidare nuovi incarichi (presso le corti di Vienna, di Berlino e di Parigi), immancabilmente citati da Angeloni ed espletati da lui con buona soddisfazione delle autorità pontificie. Anzi per i meriti in essi acquistati si attribuì addirittura al papa la volontà di farlo cardinale, se avesse abbracciato lo stato ecclesiastico. Ma una "buffa d'invidia" avrebbe impedito la realizzazione del progetto (Angeloni). In ogni caso, lo svolgimento della sua attività diplomatica non sembra averne mai risentito, e per la sua competenza il C. continuò a crescere nella stima e di Pio VIII e di Gregorio XVI. E si poté dire che i suoi buoni uffici avevano influito non poco sulla decisione del papa d'istituire la nuova legazione di Velletri (1833).

Progrediva contemporaneamente l'opera di accademico e di studioso di quest'erudito, francamente poco originale, amico di Luigi Biondi, di Antonio Nibby e di Pietro Tenerani, sposato dal 1832 con Anna Maria Muti Papazzurri. Nel 1831 aveva pubblicato a Roma De Bartholomaeo card. Pacca inscriptiones temporariae Veliternae e aveva "ragionato" alla Società volsca (della quale era stato eletto censore) Intorno una lapide anfiteatrale veliterna (in Atti della Società letteraria volsca veliterna, I [1834], pp. 155-178). Ma per lui, funzionario governativo, era soprattutto la Pontificia Accademia il punto di riferimento e di coagulo delle sue ricerche e dei suoi impegni "culturali". Il 30 apr. 1835 vi leggeva l'elogio di Filippo Aurelio Visconti, e nelle tornate del 13 apr. 1837 e del 5 maggio 1838 presentava una lunga memoria su Le testimonianze scritte e figurate dell'antichità intorno a una violenza fatta da Ercole tebano al santuario di Delfo (in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, VIII [1838], pp. 435-560). Il 10 genn. 1839 venne eletto alla carica di censore (cui sarebbe stato confermato il 3 genn. 1843 e il 22 genn. 1846); il 10 febbr. 1842 riferiva le sue conclusioni "sulle condizioni del Senato romano nel basso impero"; e il 20 maggio 1847 leggeva una relazione sui fasti del collegium pontificum.

Nel marzo del 1851 il C. si ammalò di tisi, e morì a Roma il 31 maggio.

Oltre che della Pontificia Accademia e della Società volsca, alla quale collaborava ormai come socio corrispondente (nel 1839 gli Atti ne pubblicavano a pp. 189-250 uno studio Dell'autonomia di Velletri nel secolo XIV) era stato socio della Gioenia di Catania e della Tiberina (per la quale nel 1823 aveva tenuto la commemorazione di Canova).

Alla Biblioteca Angelica di Roma sono conservate manoscritte (ms. 2142) le sue Note di viaggio dal 12 giugno al 7 novembre 1826.

Fonti e Bibl.: Oltre alle notizie contenute in Dissertazioni della Pontificia Accademia romanadi archeologia, I (1821), p. 21; VII (1836), p. XX; X (1842), p. VII; XIII (1855), p. XIX; XIV (1864), pp. LIX, XCIII, CII; XV (1864), p. XVII, e nel Giornale arcadico, CXXIV (1851), p. 373; CC (1866), p. 228, vedi L. Angeloni, Elogio di L. C. detto... il dì 2 luglio 1851, Roma 1851; T. Bauco, Storia della città di Veletri, I, Veletri 1851, pp. 439 ss.; R. Colapietra, LaChiesa tra Lamennais e Metternich, Roma 1963, p. 452; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor-eccles., ad Indices.

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