CARAFA, Luigi
Nacque nel 1511, primogenito di Antonio principe di Stigliano e di Beatrice di Capua dei conti di Altavilla. Alla morte del padre, avvenuta nel 1529, ereditò un patrimonio feudale le cui entrate erano valutate, a giudicare dal relevio, intorno ai 6.000 ducati.
Il patrimonio era composto dai feudi di Stigliano, Aliano, Alianello, Sant'Arcangelo, Roccanova, Guardia, Gorgoglione, Accettura, Satriano, Tito, Calvello, Laviano, Rapone, Castelgrande, San Chirico e Sarcone in Basilicata e dal ducato di Roccamondragone in Terra di Lavoro. Inoltre il C. ereditò 150 ducati annui di fiscali di Laurino, San Chirico, Sarcone e Moliterno venduti al padre dal duca di Somma, Sul patrimonio gravavano alcuni debiti che il C. dovette pagare, e cioè all'Erario statale 1.200 ducati di adoa arretrati, e allo zio Giovanni Vincenzo, in base agli accordi che erano stati presi tra quest'ultimo e il padre del C., alcune rendite arretrate sulla bagliva di San Paolo e sul feudo di Roccamondragone.
Il C. ampliò la sua già vasta fortuna con una serie di acquisti di terre. Nel 1544 comprò Riardo in Terra di Lavoro e, due anni dopo, per 100.000 ducati, Teano. Sempre in Terra di Lavoro acquistò Carinola per 60.000 ducati, il feudo detto di Madama Porpora e, nel 1550, Roccamonfina. In Terra di Bari acquistò Minervino, per 40.000 ducati, e, nel 1568, Torre di Mare, in Terra d'Otranto, e Rocca Imperiale, in Basilicata, per 48.000 ducati. Altri acquisti furono quelli di Voltura in Principato Ultra, Moliterno, Armento, Montemurro in Basilicata, Precina e San Nicandro in Capitanata, Pietra Vairano, Galluccio e Casafredda in Terra di Lavoro. Mediante una permuta di beni effettuata con uno dei suoi fratelli aggiunse ai suoi possedimenti anche Caivano. I feudi più redditizi di questo complesso patrimoniale erano Roccamondragone, Stigliano, Torre di Mare, San Nicandro, il cui reddito annuo era tra 13.500 e 15.000 ducati annui, e quelli di Sarriano, Calvello, Teano, Carinola che rendevano tra i 2.000 e 3.000 ducati.
Secondo l'Aldimari, storico della famiglia Carafai il C. avrebbe acquistato anche Torre del Greco con i casali di Resina, Portici, Cremano e Pietra Bianca che, però, non risultano dal relevio pagato dal suo successore, benché alcune di queste terre siano appartenute in epoca successiva ai principi di Stigliano. Lo Scandone (in Litta) include tra i possedimenti del C. anche Riccia e Supino, nel contado di Molise, che gli sarebbero pervenuti dall'eredità materna. Ma anche di queste terre non si ha notizia dalla significatoria del relevio.
Alla morte del C. le sue entrate feudali venivano liquidate per 44.468 ducati, circa sette volte e mezzo quelle calcolate nel 1529. Egli sposò in prime nozze Clarice Orsini - la cui madre, Felicia Della Rovere, era figlia naturale di Giulio II - e dal matrimonio nacque il figlio Antonio. In seconde nozze sposò Lucrezia del Tufo dei marchesi di Lavello, da cui nacquero Carlo e Maria. Le notevoli ricchezze permettevano al C. di tenere un tenore di vita molto elevato. Possedeva una scuderia di 100 cavalli e li condusse tutti con sé quando si recò a Bologna per l'incoronazione di Carlo V. In questa occasione si comportò "con tanto splendore... che superò particolarmente di cavalleria quanti signori... che in gran numero concorsero, di tutte le nationi..." (Aldimari, II, p. 381). La sua magnificenza lo spinse a donare parte dei cavalli all'imperatore e a distribuire gli altri tra i signori presenti. Questa generosità gli era abituale tanto che "teneva obbligati tutti i principi quasi dell'Italia e fuori e i cardinali col donare loro cavalli continuamente, di prezzo e di maestria" (ibid., p. 383). Da Carlo V fu insignito della dignità di grande di Spagna. Ebbe, evidentemente, una chiara inclinazione a spendere senza preoccupazione alcuna per tutto ciò che soddisfaceva il suo gusto per la grandiosità. Acquistò villa Sirena a Posillipo - futuro palazzo Donn'Anna - per 8.000 ducati e vi apportò modifiche e abbellimenti. Altrettanto fece per il palazzo Cellamare a Chiaia, ereditato dall'abate Giovan Francesco Carafa, che venne trasformato da casa di campagna in palazzo cittadino.
Morì il 17 luglio 1576.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Spoglio delle significatorie dei relevi, I, ff. 42, 477v; B. Aldimari, Historia geneal. della famiglia Carafa, Napoli 1691, II, pp. 391 ss.; Lodi di dame napol. del secolo decimosesto, a cura di G. Ceci-B. Croce, Trani 1894, p. 63 ; B. Croce, Il palazzo Cellamare a Chiaia e il Principe di Francavilla, in Aneddoti di varia letter., II, Bari 1953, pp. 3755, 377 ss.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Carafa di Napoli, tav. XLII.