CANONICA, Luigi
Nacque a Tesserete nel Canton Ticino il 9 marzo 1762. Fu allievo del Piermarini all'Accademia di Brera, dove venne premiato nel 1783 per il progetto di una chiesa. L'influenza del maestro è molto evidente nel primo periodo di attività; in seguito, attraverso i viaggi, lo studio dell'architettura europea, in particolare modo quelle francese e austriaca, darà una nuova impronta alla sua progettazione.
Nei primi anni di professione il C. si dedicò a lavori di riassetto (l'interno di palazzo Orsini in via Borgonuovo: cfr. Sioli Legnani-Mezzanotte) e di arredamento (palazzo Resta). Una prima occasione di intervento sull'ambiente urbano gli venne offerta dal Piermarini, che lo elesse a suo collaboratore negli allestimenti per la festa della Federazione nel perimetro del lazzaretto (1797; tutto in Mezzanotte, p. 286). Intanto i suoi incarichi lo avevano portato sempre più a contatto con la vita pubblica, finché nel 1797 venne nominato architetto della Repubblica cisalpina e nel 1801 architetto nazionale della seconda Cisalpina.
L'avvio per la strutturazione della zona intorno al castello venne dato dal C., il quale, al decreto del Bonaparte del 23 gennaio 1800 di abbattere le fortificazioni spagnole di Porta Tenaglia, presentò come alternativa, il 13 luglio successivo, una specie di piano particolareggiato, che, conservando il castello, lo circondava di un insediamento residenziale. Il 9 sett. 1803, quando ormai era stato bocciato il progetto dell'Antolini - da una commissione di cui egli stesso faceva parte -, il C. riprese e approfondì lo studio del foro Bonaparte: dava molto rilievo alla fusione delle varie funzioni (residenziale, amministrativa, pubblica, di rappresentanza) previste dalla amministrazione civica. Il modello proposto si richiamava agli esempi francesi di C. Percier e P.-F.-L.Fontaine per la progettazione di rue de Rivoli e di rue de Castiglione; simile era anche la metodologia che proponeva schemi di facciate e lasciava libertà distributiva all'interno (cfr. Hubert, p. 227; Mezzanotte, pp. 244 s.).
Entrato a far parte della commissione d'ornato dalla sua fondazione (9 genn. 1807, il C. dovette controllare lo sviluppo edilizio delle zone di porta Vercellina e porta Comasina; il 1º dic. 1807 presentò, con G. Albertolli, L. Cagnola, P. Landriani e C. Zanonia, lo studio del piano regolatore (cfr. Ottino della Chiesa, pp. 29, 62 s.), la cui realizzazione ebbe subito inizio nelle sue indicazioni più celebrative: arena e arco del Sempione (più tardi l'abbandono del piano lascerà ancora luogo a suggerimenti del C., rivisti e corretti, riguardanti le zone residenziali).
Mentre l'arco del Sempione era del Cagnola, del C. era l'arena, nata dalla decisione di sostituire gli apparati provvisori eretti in occasione di celebrazioni (progetto del 1805). La costruzione venne inaugurata da Napoleone il 17 dic. 1807: tuttavia l'edificio fu concluso soltanto nel 1827. Il materiale da costruzione derivava dallo smantellamento delle fortificazioni del castello. L'arena, a imitazione del circo di Caracalla, presentava "10 ordini degradanti di sedili che doveano essere di pietra, ma per risparmio si fecero di zolla. Lo spalto è coronato d'alberi... Nell'asse minore la porta libitinaria fa fronte al pulvinare, sul quale sorge uno de' più insigni portici moderni, con otto colonne corinzie di granito rosso pulito. Quattro di queste furono tolte al monastero di S. Agostino" (il C. si era opposto all'uso delle colonne di S. Lorenzo); "pietre del demolito castello servirono al recinto"; e alla fronte delle Carceri, gli avanzi del Castello di Trezzo. Un rigagnolo scorrente tra il podio e l'arena offre acqua per allagare tutto il piano, sia per naumachie, sia per sdrucciolare sul ghiaccio" (Tatti, pp. 361 s.). Il C. aveva anche a cuore la salvaguardia del patrimonio artistico di Milano, con criteri a volte discutibili: oltre che opporsi alla spoliazione di S. Lorenzo, propose che le mitrie delle insegne pontificie sulla facciata del palazzo dei Giureconsulti fossero trasformate in berretti frigi, anziché distrutte (A. M. Raggi, Docum. sulla lotta contro gli stemmi in Milano, in Archivio stor. lomb., s. 8, VI[1953], pp. 287, 305 s.) e che non si trasformasse il seminario maggiore.
Il C. fu ritenuto dai contemporanei un maestro riguardo alle costruzioni teatrali, tanto che gli sono stati attribuiti molti edifici, ma la documentazione pervenutaci è scarsa al riguardo.
Benché le guide contemporanee facciano il suo nome per il teatro Filodrammatici (un tempo teatro Patriottico; 1798-1801), dai documenti rintracciabili nell'Archivio di Stato egli risulta soltanto come perito: un disegno molto sommario, riproducente la pianta del teatro e degli edifici annessi, è allegato all'incartamento relativo a una disputa sulla proprietà di locali dell'area. Al C. si attribuisce anche la progettazione del teatro Carcano (demolito nel 1903); in realtà i documenti nominano un Canonica (spesso indicato come Giuseppe Antonio), ma non sappiamo nemmeno se fosse parente dell'architetto; anche per il teatro Re, del 1813, e per il teatro Gerolamo non esistono documenti per l'attribuzione. Più sicuro è l'intervento del C. per l'ampliamento del palcoscenico e della zona dei servizi del teatro alla Scala, compiuto nel 1814. Egli lavorò spesso anche fuori Milano: al teatro della Concordia a Cremona (1808); alla ristrutturazione del teatro grande di Brescia (1811); a Mantova (1818-22) e a Sondrio (1820-24) per i rispettivi teatri sociali. Collaborò anche come consulente per il teatro Carlo Felice di Genova, e a Monza costruì il teatrino della Villa reale.
Gli intenti trionfalistici, per i quali in parte era stata costruita l'arena, ritornano nell'erezione degli archi trionfali: uno provvisorio fuori porta Romana (15 dic. 1807: Comandini, p. 266, ripr. 267). Dell'arco a porta Vercellina (1805), dopo la distruzione, rimane il disegno (Racc. Fraschina alla Bibl. cantonale di Lugano; ripr. da Mezzanotte). Tuttavia questo arco fu unicamente un episodio di tutta una serie di festeggiamenti che si svolsero nell'intera città nel maggio del 1805 per l'incoronazione di Napoleone, sotto la direzione del C.: "In quest'occasione si mostrò interamente la sua duttilità e versatilità: dovette farsi architetto aulico, arredatore, costumista. Questi compiti del resto gli erano ormai usuali per essere spesso impegnato ad arredare edifici pubblici e privati" (Mezzanotte, p. 293).
Con quest'attività, cui si dedicò con molta più attenzione rispetto ai suoi colleghi (è in questo periodo che nasce l'architetto degli interni), il C. mostra la sua apertura nei confronti dei movimenti europei, soprattutto francesi. Arredo urbano, architettura degli interni, arte dei giardini: partecipò alla sistemazione del parco di Monza con la collaborazione di L. Villoresi, del giardino Perego (trasformato poi dal Villoresi: cfr. Sioli Legnani - Mezzanotte, p. 18) in via Borgonuovo a Milano; del giardino botanico a Pavia. Ancora a Milano si occupò di architettura industriale, disegnando la fabbrica di tabacchi in via della Moscova ora distrutta (Bossi, I, p. 204; Tatti, II, p. 392); costruì l'albergo Gran Bretagna (demolito); mise mano alle modifiche per il Collegio elvetico (l'attuale palazzo del Senato), realizzate in minima parte; curò, a partire dal 1808 l'ampliamento (iniziato nel 1812) del palazzo reale verso via Larga; per questo lato disegnerà anche la facciata. Al 1822 risale la costruzione del terzo cortile.
Dopo la caduta di Napoleone, benché le sue opinioni politiche non fossero mai state eccessivamente impegnate, cominciò per il C. un periodo di "disgrazia"; sospettato di disonestà, finì col ritirarsi dagli incarichi pubblici e lavorò soltanto per committenti privati, anche ecclesiastici: facciata della chiesa, ora demolita, del Crocifisso a Como; arretramento della facciata e altare in S. Maria presso S. Celso a Milano; altari nella sua parrocchia di Tesserete. Le opere principali dell'ultimo periodo della sua attività sono case patrizie per le maggiori famiglie di Milano (casa Porro Lambertenghi, facciata del palazzo Brentani-Greppi e corpo anteriore del palazzo Anguissola-Antona Traversi: 1829-31), oltre alla sua abitazione in via S. Agnese, ville in Brianza tra le quali meritano di essere ricordate la villa Archinti di Monza e la villa Nava poi Radice Fossati a Monticello. Numerose inoltre le cascine progettate nel territorio milanese.
Accademico di Brera, il C. dal 1786 insegnò in sostituzione del Pollak, e poi nel 1798 sostituì il Piermarini quando, dati i nuovi eventi politici, l'architetto, che aveva servito fedelmente la casa d'Austria, venne allontanato. Nel 1833 curò la selezione delle opere per la mostra annuale alla quale parteciparono anche suoi allievi. Il suo profondo legame con l'Accademia è testimoniato dal testamento, in cui è previsto un legato di quarantamila lire annuali per la migliore opera di pittura, di architettura o di scultura. Nel 1810 era stato nominato cavaliere della Corona ferrea.
Morì, celibe e senza eredi, a Milano il 7 febbr. 1844.
Il C. improntò la sua architettura di un perfetto livello tecnico, di moduli semplici e di decorazioni misurate, progettando più per superfici che per volumi. In questo senso fu senz'altro allievo del Piermarini e molto lontano invece dal modo di progettare del Cagnola, al quale aveva strappato la nomina ad architetto nazionale della Cisalpina nel 1801. Lontano come il maestro da qualsiasi disputa a carattere erudito, non si conoscono suoi scritti: in realtà non affrontò mai di petto situazioni complesse e preferì mantenersi sulla via di un corretto professionismo.
Fonti e Bibl.: Oltre ai documenti di archivio citati in Bertoliatti, 1939, Mezzanotte, 1966, e, per i teatri, Ricci, 1972, si veda: C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 407; L. Bossi, Guida di Milano, I, Milano 1818, ad Ind.; A. Comandini, L'Italia nei cento anni del sec. XIX… giorno per giorno illustrata, I, 1801-1825, Milano 1900-1901, date cit.; G. Caselli, Nuovo ritratto di Milano in riguardo alle belle arti, Milano 1827, pp. 22, 77, 83, 107, 143, 162, 169, 191, 193; G. Amati, Ricerche storico-scient., I, Milano 1828, pp. 27, 47; C. Cantù, Storia della città e della dioc. di Como, II, Como 1831, p. 340; L. Tatti, in Milano e il suo territ., Milano 1844, I, pp. 356, 359, 360 ss.; II, pp. 300, 316, 338, 392, 414, 416, 419; C. Cantù, Grande illustr. del Lombardo Veneto, I, Milano 1857, pp. 238, 243, 263, 264; A. Amati, Dizionario corogr. dell'Italia, Milano 1878, V, pp. 115, 121 s., 124, 127, 128; G. Strafforello, La provincia di Milano, Torino 1894, pp. 203, 210, 241, 269, 270; S. Monti, Storia ed arte della prov. ed antica diocesi di Como, Como 1902, pp. 419 s.; A. Bertarelli-A. Monti, Tre secoli di vita milanese..., Milano 1927, ad Indicem; A. Calzoni, Per la storia di alcuni teatri milanesi, Milano 1932, pp. 18, 40; E. Filippini, G.Piermarini..., Foligno 1936, pp. 158, 209, 211, 234, 261; F. Bertoliatti, Notizie e docum. sull'architetto L. C., in Riv. stor. ticinese, II(1939), pp. 170-177; E. Sioli Legnani - P. Mezzanotte, Il Borgo Nuovo, Milano 1945, ad Indicem; A. Ottino della Chiesa, L'età neocl. in Lombardia (catal.), Como 1959, pp. 27-29, 62 s., 76-79; E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, Torino 1961, pp. 78 ss.; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem;G. Canella, Il sistema teatrale a Milano, Bari 1966, ad Ind.; G. Mezzanotte, Architettura neoclassica in Lombardia, Napoli 1966, ad Indicem; Storia di Milano, X, XII-XVI, Milano 1957-62 (cfr. Indice, ibid. 1966, p. 150); D. Manzella-E. Pozzi, I teatri di Milano, Milano 1971, ad Ind.;G.Ricci, 1776-1815:teatri a Milano (catal.), Milano 1972, pp. 65 s., 69, 70, 74 s., 77-81, 86, 89-91; A. M. Brizio, Interv. urbanistici e architett. a Milano durante il periodo napol., in Napoleone e l'Italia, Roma 1973, I, pp. 413-426; Mostra dei maestri di Brera (catal.), Milano 1975, pp. 67 s., 70 ss.; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p.513; Encicl. univ. dell'arte, IX, Venezia-Roma 1963, s. v. Neoclassico.