CAMPOGALLIANI (Rimini), Luigi
Nacque a Carpi (Modena) nel 1775 (non si conoscono il mese e il giorno, né il nome del padre e della madre) da una famiglia di ebrei convertiti di cognome Rimini. Il marchese Rango d'Aragona, direttore dell'Opera dei catecumeni di Modena, lo tenne a battesimo, ed i genitori assunsero da allora il nuovo cognome Campogalliani. Poco si sa della giovinezza del C.: dopo aver esercitato il mestiere di carrozzaio, contrasse amicizia con un orbo cantastorie ambulante. In epoca posteriore al 1795, lasciata a Carpi la moglie Maria Filippelli, lavoratrice di truciolo, diventò burattinaio girovago: ispirandosi alla figura del padre del compagno di lavoro, avrebbe creato il burattino "Sandrone", un tipo di contadino zotico e sproloquiante, con faccia bitorzoluta, bocca sdentata e voce avvinazzata, nato e presto diventato popolare a Modena (ma questa affermazione, di G. Preti, genero del C., non è condivisa, e il burattino è ritenuto originario di Reggio nell'Emilia). Intelligente e ambizioso, il C. si propose una maggiore dignità del teatro dei burattini, di fatto fino allora in mano a improvvisatori di scarso talento e di vita miserabile.
Si usava acquistare sedie dall'alto schienale terminante con pomi lavorati al tornio; segati, questi erano trasformati in teste di burattini, con due fori per gli occhi e un foro per l'indice che li muoveva. I burattinai coprivano lo schienale con un panno a simulare il boccascena; dietro questo, seduti per terra, davano le rappresentazioni. Il C. si fabbricò un casotto o castello alto all'incirca 2 metri, col boccascena a un'altezza sufficiente a che il burattinaio potesse manovrare senza esser visto, con un siparietto, con fondali di scena (forse anche delle quinte rudimentali), e fece in modo che le teste dei burattini fossero meno rozze, più lavorate e più espressive. Diminuì le "legnate" e, sull'esempio dei contemporanei marionettisti Gerolamo e Gianduia, raccolse, tradusse, o addirittura compose, commedie di carattere storico e mitologico la cui rappresentazione ebbe crescente successo.
Chiamata con sé la moglie, andò in giro con lei e con una Maria Angiola di Brescello, della quale s'era invaghito, dividendo con loro dapprima gli stenti e quindi il benessere, che non tardò a giungere insieme con l'ammirazione e il plauso del pubblico dei villaggi emiliani. Quando Maria Angiola si sposò con un giocoliere, tra i quattro si strinse un legame particolare, che cessò soltanto con la morte del giocoliere e l'allontanamento di Maria Angiola. Sempre innamorato della compagna, il C., dopo averla ritrovata a Reggio dove faceva la locandiera, fuggì con lei una prima volta nel 1812, poi una seconda volta consenziente la moglie, che fu abbandonata in questa città con i figli Francesco, Paolo, Maddalena ed Ermenegilda. Il C., che nel frattempo si era dato a esercitare ilmestiere di flebotomo e cavadenti ambulante, avviò alla professione del burattinaio prima il figlio maggiore Francesco, che esordì in zona reggiana con l'azione sacra La Passione di Gesù Cristo di P. Metastasio, poi il secondogenito Paolo, che raffinò il repertorio e perfezionò la messinscena. Questi, oggi considerato il rigeneratore del teatro dei burattini in Italia, riuscì a risollevare le proprie condizioni economiche, e la madre e la sorella Ermenegilda, che aveva sottratte alla miseria, divennero sue collaboratrici, e recitarono con lui presumibilmente a Padova e a Venezia.
Il C. intanto, ritornato ad esercitare la professione che gli era più congeniale, si mise in società col genero G. Preti di Modena (marito di Ermenegilda), e con lui toccò le piazze di Reggio nel 1831 e di Modena nel 1837. Mortagli nel frattempo la moglie, si risposò con Maria Angiola, e visse con lei per qualche tempo. Tormentato dalla podagra, veniva trasportato a braccia sul luogo di lavoro che eseguiva stando seduto. Cessò di vivere la sera del 19 febbr. 1839 nell'Ospedale civico di Modena.
Bibl.: Yorick figlio di Yorick [P. C. Ferrigni], Vent'anni al teatro, I, Introduzione - La storia dei burattini, Firenze 1884, pp. 207 ss.; F. Castellino-I. Ferrari, Baracca e burattini, Torino 1936, pp. 65, 168; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 1603 s.