BORRO, Luigi
Scultore e pittore, nacque a Ceneda (Treviso) il 29 luglio 1826. Analfabeta, venne mandato a Venezia su segnalazione del pittore Giovanni Demin: qui imparò a leggere e a scrivere e fu iscritto all'Accademia alla fine del 1842. Nel 1844 fu proposto dallo Zandomeneghi per una delle pensioni che l'imperatore d'Austria assegnava "agli studenti distinti ma poveri". Ottenne nel 1845 un sussidio triennale che gli permise di continuare gli studi e successivamente ne ebbe un altro per un soggiorno a Roma, dove rimase fino al 1852. Rientrato a Venezia e sposatosi, iniziò in solitudine un'attività intensa e abbastanza fortunata, svolta prevalentemente nell'ambito della scultura celebrativa, commemorativa e funeraria (Venezia, Treviso), e del ritratto. Con l'esecuzione del monumento a Daniele Manin (1874, Venezia) la sua fama cominciò a declinare, mentre la passione per i dipinti antichi contribuiva a rendere sempre più difficili le sue condizioni economiche. Morì, povero, deluso e amareggiato, il 6 febbr. 1886 in Venezia.
La diligenza e l'impegno che il B. rivela negli anni dello studio a Venezia e a Roma, il rigore di una ricerca che quasi sempre si attiene alla disciplina del manierismo accademico (lo confermano i numerosi disegni della Biblioteca Comunale di Treviso) valgono a dotare l'artista degli strumenti necessari a un lavoro che ha inizialmente (1851) riferimenti sconcertanti e significativi (Liberazione di un ossesso, Museo d'Arte Moderna di Venezia) alla scultura rinascimentale veneta della scuola dei Lombardo, ma che denota, in un periodo e in un ambiente di confuso eclettismo e di inerte ripetizione di schemi canoviani, una personalità capace di accenti realistici, ora bonari, ora ironici, spesso acuti e penetranti. Se molto discusso e non certo felice è il monumento a Daniele Manin, alcuni dei ritratti, nell'ambito di una produzione non abbondante e qualitativamente diseguale, testimoniano la validità dell'artista: tra questi il Natale Schiavoni (Museo d'Arte Moderna di Venezia) del 1856, sorprendentemente vivo, di una cordialità quasi goldoniana, realizzato nella felice dimenticanza di ogni formula accademica, e l'Antonio Catullo (Museo Civico di Treviso) del 1864, esempio di un realismo spregiudicato e arguto.
Del B., quasi sconosciuto come pittore, meritano invece d'essere ricordati diversi finissimi ritratti (Giovanna Marina Dolcetta, 1864, Museo Civico di Treviso).
Bibl.: N. Barbantini, Lo scultore L. B., Treviso 1955 (con bibl. prec.); E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, II, pp. 633 ss.; G. Marchiori, Scultura italiana dell'Ottocento, Verona 1960, pp. 88 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, pp. 375 s. (con ulteriore bibl.).