BLANCH, Luigi
Storico, nato a Lucera (Foggia) il 29 marzo 1784, morto a Napoli il 7 agosto 1872. Avviato alla carriera delle armi, compì i suoi studî nell'Accademia militare della Nunziatella in Napoli. Dovette uscirne durante il tentativo repubblicano del 1799; tuttavia, non ebbe parte alcuna nei moti di quell'anno; e anzi, immune com'era da colpe politiche, nel 1801 fu ammesso nel nuovo esercito di Ferdinando IV. Ne seguì le sorti sino alla battaglia di Campotenese (9 marzo 1801), ove le truppe borboniche furono battute dalle napoleoniche, che fecero prigioniero anche il B. Sino al gennaio 1807 fu tenuto lontano dalla patria; ma poi, nel 1808, venne accolto tra le file dell'armata francese d'occupazione, ed al termine dello stesso anno passò nei quadri delle truppe nazionali organizzate da Gioacchino Murat. Prestò servizio in questo esercito sino al cadere della monarchia murattiana, prendendo parte alla spedizione di Sicilia del 1810, alle guerre di Russia e di Germania del 1812-13, alla campagna d'Italia del 1815. Alla Restaurazione conservò il suo grado di capitano, ma ebbe soltanto incarichi burocratici; ed anzi, nel 1818 e 1819 fece un lungo viaggio in Austria ed in Germania. Ritornò ad aver parte nella vita della sua patria durante la rivoluzione del 1820-21. Infatti, dall'agosto all'ottobre 1820, per ordine di Guglielmo Pepe, compì personalmente un'inchiesta in Italia per indagare lo "spirito politico" degli stati della penisola nei riguardi del moto napoletano; e, dipoi, addetto come ufficiale di stato maggiore all'armata del Carrascosa, ebbe parte di qualche importanza nella breve disgraziata resistenza alle truppe austriache. Nella nuova Restaurazione abbandonò definitivamente l'esercito, e si diede tutto ai suoi studî preferiti.
Continuando le indagini del marchese Palmieri e del generale Parisi, e seguendo l'eclettismo del Cousin, egli, militare nell'anima e figlio di militare, dall'amore per la sua arte fu tratto a considerarla come "scienza conservatrice e come parte dell'economia sociale", e ideò una "storia militare" come "storia della scienza nel suo senso compiuto", perché, essendo essa la vera "espressione della società", si dovevano "in essa e per essa scovrire le condizioni della società e lo stato del suo scibile". Infatti, diede subito un primo saggio di quest'opera in una serie di discorsi Della scienza militare considerata nei suoi rapporti colle altre scienze e col sistema sociale (1832-34; ultima ediz. a cura di A. Giannini, Bari 1910), che formano il libro suo più noto. E poi, persuasosi "che senza sviluppo per le scienze morali poteva essere contraddetto il principio che aveva impreso a svolgere, sentì la necessità di far precedere la composizione della storia, aggiornandola indefinitamente, da una serie di lavori parziali, ma rannodati dal loro scopo finale e dal nesso che in esso vi era, giacché questi offrivano sui varî rami dello scibile e sulle scienze belliche una larga ripruova di quanto nei Discorsi aveva esposto". Così scrisse un gran numero di saggi letterarî, filosofici, storici, economici, giuridici, che pubblicò nelle maggiori riviste napoletane del tempo, o lasciò inediti: saggi legati da un unico filo conduttore e che lo resero uno dei maggiori rappresentanti della cultura meridionale della prima metà dell'Ottocento; ma che egli, mancando dello spirito sistematico del filosofo, non riuscì mai a fondere insieme per dare l'opera da lui ideata. Tuttavia, e la profonda cultura, da lui acquistata, unita alla sua spiccata tendenza al filosofare, e l'esperienza fornitagli dagli avvenimenti d'Europa e di Napoli, gli permisero di dare grande sviluppo allo studio dei problemi politici del suo tempo e di divenire il più notevole teorico del partito liberale moderato napoletano, formato dai sopravvissuti al moto del 1799, divenuto partito di governo durante il regno di Gioacchino Murat, e rimasto sempre, per tutto il Risorgimento italiano, la più genuina espressione delle tendenze politiche dell'Italia Meridionale. Il B., che partecipò al moto del 1820-21 soltanto dopo il suo trionfo iniziale e nell'ancor giovanile speranza in una salda resistenza popolare, dopo la sua misera catastrofe finì per trincerarsi in un insuperabile municipalismo e per ritener possibile l'unità italiana non come il risultato di sforzi locali, perché si dichiarò contrario a ogni movimento rivoluzionario, sibbene come effetto d'un doppio ordine di fatti: d'una successiva lentissima trasformazione sempre più accentratrice dell'equilibrio della Penisola, e di contingenze europee che ne avrebbero provocata la sistemazione definitiva, nella quale, però, si sarebbe dovuto tener conto delle tradizioni secolari delle varie monarchie italiane. E il suo liberalismo, di derivazione illuministica, fu materiato di riforme economiche, di statuti più o meno costituzionali, di programmi finanziarî e sociali, da concedere o da ottenere solo legalmente, dovendosi rifuggire da ogni anarchica rivoluzione e invece aver fiducia nel sicuro progresso della società.
Quando nel 1848 il B. vide che una frazione rivoluzionaria mirava a imporsi al legale governo, che la Sicilia si era separata dal resto della monarchia, che la rivolta separatista serpeggiava nelle Calabrie, e credette di scorgere un gravissimo pericolo per l'integrità e per la sicurezza dello stato nell'allontanamento dell'esercito napoletano per partecipare alla guerra italiana, egli abbandonò il suo posto di deputato nella Camera e, richiesto di consigli dal monarca, sostenne la necessità di richiamare le truppe e di usarle per ricondurre l'ordine nel paese, affermando che "di fronte all'anarchia si accettano le più dure tirannidi, perché, una volta passato il pericolo, le tirannidi si trasformano". Dopo il 1849 tornò ai suoi studi, che continuò sino al 1860, quando - ormai vecchio e forse dolente per il modo con il quale s'era risolta la crisi italiana, ché nel suo municipalismo avrebbe finito per consentire all'unità soltanto ove questa fosse stata opera del Mezzogiorno - si ritirò a vita privata.
Bibl.: G. Gentile, Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi, 2ª ed., Milano 1930; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, Bari 1921; N. Cortese, L. Blanch ed il partito liberale moderato napoletano, in Archivio storico napoletano, XLVII (1922), pp. 255-310, che pubblica l'elenco delle opere edite ed inedite del B. Alcune opere storiche del B. sono state pubblicate dallo schipa e dal Cortese.