ARCOVITO, Luigi
Nato a Reggio Calabria il 29 maggio 1766 da Santo, buon intagliatore in legno e tornitore, e da Margherita Dito, studiò nel collegio per piloti in S. Giuseppe a Chiaia in Napoli.
Nel 1784, come pilota, si recò in Svezia; trattenuto dai rigori invernali a Stoccolma, prese a frequentarvi la Scuola di artiglieria. Distintosi, re Gustavo III lo volle nella marina svedese, dove raggiunse il grado di luogotenente colonnello e aiutante di campo del comandante la flotta, prendendo parte valorosamente alla guerra contro la Russia e l'Olanda (1788).
L'Acton lo richiamò in patria nel '92. Venne imbarcato sull'"Aretusa" come tenente di vascello, e prese parte alla spedizione contro Tolone. Gli aristocratici ufficiali della marina borbonica, però, mal tollerarono il collega che proveniva da famiglia artigiana, e l'A. fu trasferito nella fanteria col grado di luogotenente colonnello, e messo a capo del corpo volante dei Cacciatori di Calabria Ultra, che faceva parte dell'avanguardia del generale E. di Bourcard nella campagna del 1798.
Proclamata la Repubblica partenopea, venne chiamato a far parte del nuovo esercito dal ministro G. Manthoné, su consiglio del Caracciolo. Caduta poi la Repubblica, l'A., che era tra i patrioti rinchiusi a Castel S. Elmo, poté sottrarsi alla condanna a morte e riparare in Francia, dove fu amico del Massena, del Mathieu, del Murat. Tornò nell'Italia meridionale nel 1806, quale addetto di Stato Maggiore nell'esercito francese, e prese parte alla conquista di Scilla (1808). Si distinse nell'azione murattiana per l'espugnazione di Capri; nel 1809 prese parte all'azione che rimosse il papa da Roma; nella campagna per la progettata conquista della Sicilia (1810) fu colonnello comandante del reggimento "Reale Calabro" ed aiutante di campo di Murat. Nel 1811 fu nominato barone e maresciallo di campo. Godette anche la fiducia dei patrioti, tanto da essere impiegato nelle segrete trattative di casa Gravina con gli agenti inglesi di lord Bentinck, e in seguito, nel 1814, insieme al Rossarol, coi patrioti romagnoli e di altre parti d'Italia. Nell'ultima campagna murattiana fu attivo e valoroso luogotenente generale e aiutante di campo generale del re, come può dedursi dalle Memorie del Pignatelli (che pure non pare avesse troppa simpatia per lui) e più ancora dal libro del Weil. Messo in disponibilità al ritorno dei Borboni, dopo il moto rivoluzionario e la concessione della costituzione fu richiamato in servizio il 9 luglio 1820 e nominato comandante del forte di S. Elmo e poi della fortezza di Capua. Nel piano di guerra, preparato per iniziativa del parlamento napoletano a difesa del Regno dagli Austriaci, era previsto l'impiego dell'A., che invece, con discutibile provvedimento, fu allontanato dal Colletta, allora ministro della Guerra.
Nel periodo di reazione seguito, fu per circa due mesi chiuso in carcere; fu liberato poi insieme con Borelli, Poerio e Pedrinelli, e con quest'ultimo confinato a Graz. Il ministro di polizia Canosa affermò che fossero stati i plenipotenziari esteri a volere l'allontanamento dal Regno dell'A.; ma il Metternich smentì la cosa, e ciò fra l'altro determinò la rimozione del Canosa dal suo posto. Certo è che l'imperatore d'Austria concesse all'A. 100 fiorini mensili di sussidio.
Nel 1822 ottenne di tornare in patria; ma fu fermato in Toscana da un contrordine, e dovette vivere a Firenze in condizioni modestissime. Nel 1825 Francesco I, salendo al trono, tolse il divieto, e gli assegnò una pensione di 300 ducati annui. Passò gli ultimi anni tra infermità e sventure familiari, trovando solo conforto negli studi scientifici. Morì in Reggio Calabria il 19 marzo 1834.
Bibl.: M. d'Ayala, Vite dei più celebri capitani e soldati napoletani, Napoli 1877, pp. 111-127; M. H. Weil, Joachim Murat, roi de Naples. La dernière année du Règne, Paris 1909-10, I, p. 58; II, p. 351; III, p. 320; IV, pp. 37, 61, 380, 470; V, pp. 174, 475 s.; F. Pignatelli di Strongoli, Memorie di un generale della Repubblica e dell'Impero, a cura di N. Cortese, II, Bari 1927, pp. 121, 242, 246, 356-358, 381; G. Tivaroni, L'Italia durante il dominio francese, II,Torino 1889, pp. 282, 285; III, ibid. 1894, pp. 38, 75, 76, 85, 93; R. Palumbo, Risorgimento Salentino, Lecce 1911, p. 170; R. Moscati, Il regno delle Due Sicilie e l'Austria, Napoli 1937, I, p. 63; II, pp. 82-87, 92; W. Maturi, Il Principe di Canosa, Firenze 1944, p. 165; A. Valente, Gioacchino Murat, Torino 1941, pp. 194, 211, 337; Diz. del Risorgimento naz., II, Milano 1930, ad vocem.