ANELLI, Luigi
Uomo politico e scrittore, nato a Lodi il 7 gennaio 1813, morto a Milano il 19 gennaio 1890. Era figlio del nobile Giuseppe e di Anna Maria dei conti Barni, fratello del magistrato Carlo Annibale, che ebbe pure qualche rinomanza letteraria. Fu ordinato sacerdote nel 1835 ed iniziò subito dopo l'insegnamento dell'umanità nel ginnasio, della filosofia nel liceo comunale di Lodi. Fu anche posto a capo della Biblioteca civica della sua città. Nel 1842 pubblicò una traduzione di orazioni scelte di Demostene e, ristampandola nel 1846, vi mandò innanzi una prefazione ricca di allusioni in odio alla tirannide, che possono testimoniare come fin da quel tempo egli fosse un convinto repubblicano. All'indomani delle Cinque Giornate di Milano fu delegato (8 aprile 1848) dal comune di Lodi a rappresentarlo nel Governo centrale provvisorio della Lombardia e vi agì in conformità alle sue opinioni nettamente repubblicane ed ostili alla legge di fusione della Lombardia col Piemonte. Quando nell'agosto gli Austriaci giunsero alle porte di Milano, che il re Carlo Alberto riuscì a mala pena a difendere da un primo attacco, la maggior parte dei membri dell'antico Governo provvisorio abbandonarono la città, riparando in Piemonte. L'A. fu il solo, col conte Pompeo Litta Biumi, che rimanesse in mezzo al popolo in quell'ora tragica, a rappresentare la Consulta straordinaria nella quale si era trasformato il Governo provvisorio di Lombardia dopo la legge di fusione. Se da un lato l'A. protestò contro le trattative avviate dal re Carlo Alberto per una capitolazione ormai inevitabile, rimase accanto al re minacciato dalla plebaglia nel palazzo Greppi di via Giardino, e la sera del 5 agosto si risolse a firmare col Litta e con Cesare Cantù un proclama che, sia pure in termini ambigui, annunciava la resa ed invitava i patrioti ad emigrare. Solo la mattina del 6 agosto l'A. si rassegnò a lasciare Milano: ma rifiutò di far parte della Consulta lombarda, riorganizzatasi a Torino, e si recò a Nizza presso i nipoti Giletta, trattenendovisi fino al 1859 e dedicandosi agli studî e all'insegnamento privato. Nel 1859 rientrò fugacemente a Lodi, ma, deluso dall'armistizio di Villafranca, era già ritornato a Nizza quando fu eletto deputato della città nativa. Esasperato per la cessione di Nizza e per quello ch'egli chiamava il mercanteggiare del conte di Cavour, si levò a parlare nella Camera dei deputati il 19 maggio 1860 contro il trattato con la Francia che sanzionava quella cessione. La violenza del suo attacco al governo provocò tale reazione da parte della maggioranza dei deputati, che il presidente gli tolse la parola e il discorso non fu conosciuto nella sua integrità che per la pubblicazione che ne fece il Diritto. Sconfessato dagli stessi suoi elettori, l'A. tornò a Nizza, vivendovi appartato fino al 1872. Tra il 1864 e il 1868 ripubblicò in sei volumi una Storia d'Italia dal 1814 al 1850, proseguita poi sino al 1867, di cui aveva già stampato un'edizione ristretta in due volumi nel 1856. Reduce in Lombardia nel 1872, stampò anonima una Storia della chiesa per un vecchio cattolico italiano, che, non sottoposta alla revisione canonica, fu condannata dall'autorità ecclesiastica. Più accesa è l'opera: I riformatori del secolo XVI, apparsa postuma nel 1891.
Bibl.: G. B. De Capitani, L'Ab. Luigi Anelli, Milano 1890; A. Ottolini, L'Abate Luigi Anelli, in La Lombardia nel Risorgimento italiano, VI-VII; A. M. Pizzagalli, Alcune lettere inedite dell'ab. L. Anelli, Milano 1908.