RICCOBONI, Luigi Andrea
RICCOBONI, Luigi Andrea. – Nacque a Modena il 1° aprile 1676 da Antonio Riccoboni o Riccobuono, detto Pantalone, capocomico della compagnia al servizio del duca di Modena, e da Nastasia Miglioli dedita a crescere i cinque figli.
In un documento di archivio, la donna supplica il duca per la condizione di miseria in cui versava nel 1679, quando il marito era a Londra al seguito di Alfonso d’Este.
Luigi studiò presso i gesuiti sino a tredici anni con una tale intensità spirituale da indurre il padre ad avviarlo alla professione teatrale, pur di distoglierlo dalla vocazione religiosa. Nel 1690 calcò per la prima volta le scene della Commedia dell’Arte. Nel 1696, alle avances di Gabriella Gardellini, chiamata Argentina, pregò Cesare Rangoni, protettore della compagnia del duca, di consentirgli di ritirarsi in un monastero. Invece la sposò, e i due divennero i secondi amorosi della troupe, diretta ormai dal ventiduenne Riccoboni, ben presto rimasto vedovo. Le uniche notizie di questi anni riguardano l’aver fatto parte della compagnia di Teresa Corona Costantini, detta la Diana, che gli fece modificare il nome comico di Federico in quello di Lelio, poi assunto in via definitiva come suo nome d’arte, e l’aver recitato a Venezia quasi stabilmente dal 1703 al 1715.
Nell’incompiuto Discorso della commedia all’improvviso (edito postumo), rievoca i dodici anni passati a Venezia e le difficoltà nel voler modificare il repertorio della Commedia dell’Arte, come aveva tentato Pietro Cotta. Questo cambiamento fu influenzato dalla frequentazione del marchese Giovan Gioseffo Orsi, volto a difendere il rilievo della tradizione italiana contro i francesi, dal rapporto con l’erudito modenese Ludovico Antonio Muratori, e dall’incontro nel 1706 con Elena Virginia Balletti, dal cui matrimonio nacque l’anno dopo il figlio Francesco Antonio Valentino, anche lui teatrante di successo. Elena, figlia d’arte, era una letterata che condivise le ambizioni teatrali di Riccoboni. I due fondarono una compagnia e stipularono un contratto con la famiglia Vendramin per recitare al San Luca, ma anche al San Samuele e altrove. Stampò molti testi recitati attorno al 1707 con dedica a personaggi influenti: Tito Manlio di Matteo Noris, la traduzione del Britannico di Racine, Caio Marzio Coriolano di Pietro Pariati; ancora: la Griselda di Apostolo Zeno, gli adattamenti da tragicommedie spagnole fatti da Giacinto Andrea Cicognini, le traduzioni da Molière, Pedro Calderòn, Lope de Vega e altri ancora. Tramite Vendramin conobbe nel 1710 Scipione Maffei, nobile erudito, amante del teatro, che faceva la spola fra la sua città, Verona, Venezia e Roma negli anni dei conflitti in Arcadia, cui anche Elena fu iscritta.
Con Maffei, Luigi ed Elena rilanciarono le tragedie italiane del Cinquecento contro il primato dei francesi. Memorabili le recite della Sofonisba di Gian Giorgio Trissino, dell’Oreste di Giovanni Rucellai, allora inedito, dell’Edipo re tradotto da Orsatto Giustinian, della Semiramide di Manfredi, del Re Torrismondo di Torquato Tasso, forse della Cleopatra di Giovanni Delfino. Poi si volsero alle moderne: l’Ifigenia in Tauris e la Rachele di Pier Jacopo Martello, e soprattutto la Merope di Maffei messa in scena alla corte del duca di Modena Rinaldo I d’Este nel giugno del 1713, appena rientrata in città dopo i preliminari di pace che misero fine alla guerra di successione spagnola. Il trionfo di Merope, accolta a Verona e a Venezia con tributi straordinari, pur se orchestrati dallo stesso Maffei, si intrecciava con il clima festoso della pace. Riccoboni si spinse più in là con l’Artaserse di Giulio Agosti e il Catone di Joseph Addison, che tradusse dal francese: tragedia eroica, allusiva al superamento dei conflitti fra whigs e tories. Il buon gusto teorizzato da Muratori nel Della perfetta poesia italiana (1706) si era affermato nel tragico, ora toccava al comico: così Riccoboni scelse la Scolastica di Ariosto, ma la recita trovò impreparato il pubblico.
Intanto il Farnese gli propose di recarsi a Parigi, su richiesta del Reggente, per riaprire, all’Hôtel de Bourgogne, il teatro della Comédie Italienne, fatto chiudere da Luigi XIV. Aveva inizio così la nuova vita di Riccoboni, secondo una parabola che anticipa quella di Carlo Goldoni. Salutato dai letterati italiani come il riformatore dei teatri, appena arrivato a Parigi entrò subito in rapporto, grazie a Maffei, con il cosmopolita Antonio Conti, che lesse nel salotto di Elena, il Cesare scritto in Inghilterra, dove aveva scoperto William Shakespeare. Questo e altri tentativi, come, ad esempio, le due recite della Merope alla presenza di Maffei, non ebbero seguito. Nel maggio del 1716 inaugurò con successo la riapertura dell’Hôtel de Bourgogne, e avviò la pubblicazione del Novo teatro italiano/Nouveau Théâtre Italien (riedito ampliato), con una Prefaccio in cui si dichiarava costretto, per piacere al pubblico, a recitare azioni senza regole, ma di buoni costumi. I registri del teatro attestano un ritmo serrato con il ricambio di canovacci ogni due o tre giorni. Il divieto di recitare tragedie, monopolio della Comédie Française, fu vissuto con frustrazione da Luigi ed Elena, costretti a recitare come Lelio e Flaminia. Solo nel 1723 assunsero lo status di commedianti del re, con precisi obblighi fra cui recitare in estate a Versailles e in autunno a Fontainebleau.
Sin dal suo arrivo ricevette vari aiuti (prestito di libri, correzione dei suoi lavori ecc.) da parte di Thomas-Simon Gueullette, dell’abate Sallier, di Nicolas Fréret traduttore della Merope; nel 1725 conobbe il duca di Mortemart, gentiluomo di camera del re, che proteggeva la Comédie Italienne. Per servirlo nei suoi interessi di bibliofilo, riallacciò lo scambio epistolare con Muratori. Intanto, fra il 1721 e il 1722, aveva iniziato un discorso sulla commedia, da pubblicare insieme ai suoi scenari con il titolo Il teatro italiano.
Nel proemio rivolto a Muratori, indicato come guida della riforma, dichiarava bellissime le commedie italiane del Cinquecento, ma non utilizzabili per i cattivi costumi, denunciando la mancanza di commedie adatte all’uso, come invece erano le francesi. Mai terminato, il testo registra vari interventi sino al 1743 in vista di una pubblicazione veneziana andata in fumo.
L’esperienza del teatro lo guidò a un graduale affrancamento dalla cultura alta e al recupero del vituperato Molière, considerato esempio di vizi. Prima di lasciare definitivamente le scene nel 1729, era andato due volte a Londra, la seconda nel 1728 con l’incarico di agente informatore del cardinale di Fleury in cambio di favori mai ottenuti. Qui fece stampare Dell’Arte rappresentativa, poemetto dedicato a Lord Chesterfield, gran maestro della loggia inglese: la dedica, insieme a qualche passo del testo, ha fatto pensare a legami con la massoneria, che non si possono escludere dati i rapporti con Maffei, Fréret, Conti.
Nel 1728 l’Histoire du Théâtre italien dedicata alla regina d’Inghilterra, in cui erano compresi il poemetto e la Dissertation sur la tragédie moderne, gli procurò minacce di perdere il teatro da parte dell’abate Desfontaines. Per sottrarsi a tale condizione, chiamato da Antonio Farnese duca di Parma e Piacenza a gestire il teatro ducale, accettò. Nel gennaio del 1731, un mese dopo l’arrivo dei Riccoboni, il duca morì e i tre dovettero rientrare a Parigi.
A differenza del figlio e della moglie, Luigi non recitò più, scegliendo la scrittura come un mestiere. Ripubblicò l’Histoire, con un secondo tomo aperto dalla lettera del poeta Jean-Baptiste Rousseau. Da qui iniziò la difesa di Molière culminata nelle geniali Observations sur la comédie et sur le genie de Molière (1736). L’anno dopo indirizzò a Muratori la Lettre sur la comédie de L’école des amis mostrando interesse per il comico serio. Raggiunse l’equilibrio fra cultura nazionale e prospettiva europea nelle Réflexions sur les differents théâtres de l’Europe (1738): un testo all’avanguardia per lo sguardo al teatro inglese e tedesco. Nel De la réformation du théâtre tratteggiò un teatro di Stato basato su rigidi costumi, quasi un ritorno a Muratori che gli chiese nel 1746 la memoria autobiografica per un libro sugli uomini illustri di Modena. Negli ultimi anni, immerso in pratiche devozionali, ritoccò il suo Teatro italiano, senza riuscire a pubblicarlo.
Morì a Parigi nel 1753.
Opere. Mss. Lettere: al duca di Modena, Archivio di Stato di Modena, Speciali comici: Riccoboni Luigi; a L.A. Muratori, Modena, Biblioteca Estense, Archivio Muratoriano, filza 76; varie: ivi, Autografoteca Campori, n. 12; a Th. Gueullette, Parigi, Bibliothèque de l’Opera poi edite in T.-S. Gueullette, Notes et souvenirs..., Genève 1976, pp. 179-186; Novo Teatro Italiano/Nouveau Théâtre Italien, I-II, Paris 1716-1718; I-III, 1723; I-VIII 1729 e 1733; Histoire du Théâtre Italien, I, Paris 1728, I-II, 1730-1731, rist. anast. Torino 1968; Dell’arte rappresentativa, Londra 1728, 2a ed., Londra 1728; Lettre écrite au sujet de la Critique du comédien François…, Paris 1728; Dissertazione sopra la Tragedia moderna, trad. it. Venezia 1729; Observations sur la comédie et sur le génie de Molière, Paris 1736; Lettre sur l’École des amis, Paris 1737; Lettre de M. Riccoboni à M. l’Abbé Desfontaines sur le Mérite Vengé, Paris 1737; Réflexions sur les differents théâtres de l’Europe, avec les Pensées sur la Déclamation, Paris 1738, trad. ingl. Londra 1741, ripr. anast. Bologna 1979; De la Réformation du Théâtre, Paris 1743, nuova ed. 1767; rist. anast. Bologna 1969, Genève 1971; Discorso della Commedia all’improvviso e scenari inediti, a cura di I. Mamczarz, Milano 1973.
Fonti e Bibl.: Supplica: Archivio di Stato di Modena, Speciali comici: Anastasia Riccoboni; F. e C. Parfaict, Dictionnaire des théâtres de Paris, Paris 1756; A. Parisi, L. R. (a proposito di un carteggio inedito con L. A. Muratori), in Atti e Memorie della R. Dep. di storia patria per le province modenesi, VIII (1933), pp. 234-276; Th. Gueullette, Notes et souvenirs sur le Théâtre Italien au XVIII siècle, Paris 1938, Genève 1976; X. De Courville, Un artisan de la rénovation théâtrale avant Goldoni. L. R. dit Lélio chef de troupe en Italie (1676-1715), Paris 1945, Genève 1967; Id., Un apôtre de l’art du théâtre au XVIII siècle. L. R. dit Lélio, t. 2 (1716-1731). L’expérience française, Paris 1945, Gèneve 1967; t. 3, (1732-1753). La leçon, Paris 1958; G. Attinger, L’Esprit de la Commedia dell’arte dans le théâtre français, Paris 1950; C. Varese, L. R.: un attore tra letteratura e teatro, in Id., Pascoli politico, Tasso e altri saggi, Milano 1961, pp. 225-239; C.D. Brenner, The Théâtre italien. Its repertory, 1716-1793, Los Angeles 1961; G. Boquet, La Comédie Italienne sous la Régence: Arlequin poli par Paris (1716-1725), in Revue d’histoire moderne et contemporaine, XXIV (1977), pp. 189-214; I. Mamczarz, L’improvisation et les techniques du jeu théâtral dans la Commedia dell’arte, in Revue d’estetique, 1977, n. 1-2, pp. 113-138; A. Calzolari, L’attore tra natura e artificio negli scritti teorici di L. R., in Quaderni di teatro, 1985, n. 29, pp. 5-17; G. Luciani, Le compagnie di teatro in Francia nel XVIII secolo, ibid., pp. 18-29; S. Cappelletti, L. R. e la riforma del teatro. Dalla commedia dell’arte alla commedia borghese, Ravenna 1986; G. Guccini, Per una storia del teatro dei dilettanti, in Il teatro italiano nel Settecento, a cura di G. Guccini, Bologna 1988, pp. 177-203; C. Alberti, La scena veneziana nell’età di Goldoni, Roma 1990; B. Alfonzetti, R. vs Lelio. Arlecchino o il teatro che non si trova, in Arlequin et ses masque, Dijon 1992, pp. 93-106; P. Trivero, L. R., detto Lelio, non solo attore, in Franco italica, 1992, n. 1, pp. 101-118; Ead., Le riscritture sceniche di R., in Riscrittura, intertestualità, transcodificazione, Pisa 1992, pp. 301-316; B. Alfonzetti, Un Discours critique sur la tragédie françoise: il M*** è L. R.?, in Franco italica, 1993, n. 3, pp. 57-83; R. Tessari, Teatro e spettacolo nel Settecento, Bari 1995; B. Alfonzetti, Memoria e memorie teatrali in L. R., in Memorie di Goldoni e memoria del teatro, a cura di F. Angelini, Roma 1996; S. Di Bella, Pragmaticamente verso la teoria: le lettere di L. R. a Lodovico Antonio Muratori, in Teatro e storia, XVII (2002-2003), pp. 427-460; B. Alfonzetti, Paradossi del comico da R. a Goldoni e oltre, in Il comico nella letteratura italiana. Teorie e poetiche, a cura di di S. Cirillo, Roma 2005; O. Forsans, Le théâtre de Lélio: étude du répertoire du Noveau Théâtre Italien de 1716 à 1729, Oxford 2006; S. Di Bella, L’expérience théâtrale dans l’œuvre théorique de L. R., Paris 2009. B. Alfonzetti, Riccoboni, il comico prima di Goldoni, in Goldoni “avant la lettre”: esperienze teatrali pregoldoniane (1650-1750), a cura di J. Gutierrez Carou, Venezia, 2015, pp. 89-99; E. De Luca, «Un uomo di qualche talento». François Antoine Valentin Riccoboni (1707-1772): vita, attività teatrale, poetica di un attore-autore nell’Europa dei Lumi, Pisa-Roma 2015, pp. 9-78.