ALBRIZZI (Albrizio, Albrici), Luigi
Nacque a Piacenza il 10 marzo 1579. Entrò in noviziato nella Compagnia di Gesù a Novellara nel novembre 1594. Perfezionò a Ferrara (1597-99) gli studi letterari e compì poi quelli filosofici a Parma e quelli teologici a Padova. Nel 1606 lo troviamo a Roma, prefetto degli studi al Collegio Germanico. Ritornato nella sua provincia, raggiunse presto fama di grande oratore. Dal primo quaresimale tenuto a Piacenza nel 1608, per ben quarantadue anni predicò nelle principali città d'Italia. L'anno santo 1625 fu uno degli oratori prescelti da Urbano VIII per la città di Roma e fece, il quaresimale al Gesù. Urbano VIII lo nominò predicatore del Palazzo apostolico e Innocenzo X lo confermò nel medesimo incarico, che egli esercitò per dodici anni, dal 1639 al 1651.
Pare che aspirasse al titolo di teologo del principe Leopoldo de' Medici (Galilei, Opere,ediz. naz., XVI, p. 424).
Secondo il Moroni, l'A. avrebbe perduto le grazie di Urbano VIII, intorno al 1643, a causa delle sue spiccate simpatie per Odoardo Farnese, al quale era legato, oltre che per lealismo dinastico, anche per amicizia personale, e, per questo motivo, sarebbe stato'dispensato dall'incarico di predicatore apostolico; ma il p. Mauro da Leonessa dimostrò tale notizia priva di fondamento.
Dal 1637 al 1642 l'A. fu rettore del Collegio germanico di Roma, dove pure fu oggetto di critiche e di denunzie a causa della sua troppo spiccata francofilia. In questo caso, però, godette l'appoggio di papa Barberini, il quale seguiva le stesse tendenze politiche. Nella decima congregazione generale, che i gesuiti tennero nel 1652 dopo la morte del generale Gottifredi, l'A. fu eletto oratore ufficiale. Trascorse gli ultimi anni nel noviziato di S. Andrea al Quirinale a Roma, dove morì il 27 marzo 1655.
Si hanno a stampa tre sue orazioni: due funebri, Delle lodi di Margherita d'Austria regina di Spagna...(Parma 1612), recitata nel duomo di Parma in occasione delle esequie fatte celebrare da Ranuccio Farnese il 5 marzo 1612, e Delle lodi della sereniss. Infanta Isabella di Savoia Principessa di Modena...(Modena 1626); la terza per l'incoronazione di Gian Stefano Doria doge di Genova (ibid. 1634).
Le sue Prediche (quaresimali), stampate la prima volta a Roma nel 1645,con dedica ad Innocenzo X, ebbero numerose edizioni (Venezia 1645, 1659, 1665, 1671, 1676, 1677; Roma 1665) e una traduziozione latina a Magonza nel 1669. Le Prediche fatte nel Palazzo Apostolico,date in luce a Roma nel 1652, apparvero a Venezia più volte (1652, 1658,1663). I Panegirici sacri uscirono postumi a Roma e a Venezia nel 1655 per cura del confratello Domenico Vanni. Si conserva inedito (Arch. Rom. Soc. Iesu: Vitae 143, ff. 5 ss.) un discorso recitato a Roma il 23 sett. 1639 per il centenario della fondazione della Compagnia di Gesù.
I contemporanei riconobbero nell'A. doti oratorie addirittura eccezionali: Daniello Bartoli ricorda che fu "nell'arte del dire e nella maestà del rappresentare incomparabile al suo tempo"; e l'Aguilera e il Marracci concordano in altissimi elogi. Innocenzo X lamentava come, dopo che l'A. aveva dovuto lasciare per l'età l'incarico di predicatore apostolico, non fosse riuscito a trovargli un degno successore (cfr. Döllinger-Reusch, II, p. 326).
Tali elogi vanno, naturalmente, messi nel quadro del tempo; spetta però all'A. fra i predicatori barocchi un posto a parte. Nelle sue prediche v'è sempre una impostazione seria, logica, lineare; bella e interessante la trama, nutrita'di dottrina teologica, scritturale e patristica. Non mancano ridondanze retoriche, immagini ardite ed anche bizzarre, ma non senza una sobria ritenutezza. Certo, fu un caposcuola. Orazio Grassi, in una sua lettera diretta al generale M. Vitelleschi del 6 genn. 1624 (1625), quando si aspettava l'A. a Roma come predicatore dell'anno santo, scriveva: "Lo stile che si va ora seguendo nelle prediche e che dai giovani viene imitato, è quello del P. Albritio, e pefme stimoch'egli, se ben non volendo, sia stato grande occasione di queste vanità, con le quali viene adulterata la parola di Dio; e pertanto giudico parimente, che non vi possa esser mezzo più potente per isviare da questa mala strada la nostra gioventù di quello che a questo fu loro guida, e chi insegnò loro la cattiva, li rimetta nella buona" (Arch. Rom. Soc. Iesu: ER. NN. 96).È ben probabile quindi che le opere a stampa raccolgano le espressioni migliori di questa seconda maniera di predicare dell'Albrizzi.
Bibl.: Arch. Rom. Soc. Iesu, Ven. 7; Rom. 18-20,186 f. 59; Rom. 57, ff.28 e 57; EE.NN.96; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 346-347; E. Aguilera, Provinciae Siculae Soc. Iesu ortus et res gestae, II, Panormi 1740, pp. 82-83; D. Bartoli, Vita del P. Niccolò Zucchi, I, Napoli 1858, p. 14; J. v. Dollinger-F. H. Reusch, Geschichte der Moralstreitigkeiten in der römische katholischen Kirche..., Nördlingen 1889, I, pp. 597, sgg; II (docc.), pp. 323-327; C. Sommervogei, Bibliothèque de la Compagnie de Yésus, I, Bruxelles-Paris 1890, coll. 138-139; VIII, ibid. 1898, col. 1600; A. card. Steinhuber, Geschichte der Collegium Germanicum Hungaricum In Rom, 'I, Freiburg i. B. 1895, pp. 347-348; E. Santini, L'eloquenza italiana dal Concilio tridentino ai nostri giorni. I. Gli oratori sacri, Milano 1923, p. 86; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XIII, Roma 1931 p. 600; P. Mauro da Leonessa, Il Predicatore apostolico, Isola del Liri 1929, pp. 97-100; Diction. d'Hist. et de Géogr. Ecclésiastique, I, col. 1738.