LUGO
(lat. Lucus Augusti)
Città della Spagna, nella regione atlantica della Galizia, e capoluogo dell'omonima prov., L. è situata sul limite meridionale dell'altopiano di Terrachá e domina la vallata del fiume Miño.L'antica Lucus Augusti fu fondata da Augusto intorno al 25 a.C. nel corso delle guerre cantabriche; subito dopo l'epoca flavia L. diventò capoluogo del conventus Lucensis e raggiunse un considerevole sviluppo urbano in età tardoimperiale (Tranoy, 1984). Alla fine del sec. 3° sono datate le mura, che, pur avendo subìto vari rifacimenti, conservano parte delle strutture originarie, con massicce cortine rettilinee o lievemente curvilinee, munite di torri semicircolari rompitratta, e cinque porte, tra le quali la Miña e la Toletana a delimitare il tratto urbano della via XX, la strada che collegava Bracara Augusta (od. Braga) con Asturica Augusta (od. Astorga; Itinerarium Antonini, 424, 7; 430, 8); dalla porta Nova aveva invece origine la via che portava a Brigantium (od. La Coruña; Arias Vilas, 1973).Le fonti del sec. 5° forniscono le notizie più antiche relative alla cristianizzazione di L.; il Chronicon di Idazio cita un vescovo Agreste ed è possibile che, sebbene nei concili toledani non si faccia esplicito riferimento a L., durante questo secolo la città avesse acquisito il titolo di sede vescovile (Diaz y Diaz, 1977; Tranoy, 1984). La riforma dell'amministrazione ecclesiastica, promossa da s. Martino di Braga, trasformò il vescovado di L. in conventus sotto la cui giurisdizione si trovavano le diocesi e i territori dell'od. Galizia, mentre Braga, che teneva unita la Gallaecia meridionale (Portogallo settentrionale), conservava la sua condizione di metropolitana, così come attesta il Parochiale Suevum (Divisio Theodomiri, Conc. Lucense 569; David, 1947; Torres Rodriguez, 1977). L'invasione araba e l'inizio della Reconquista dovettero causare un consistente spopolamento della città; l'autenticità di uno dei quattro documenti relativi al ripristino della sede vescovile lucense alla metà del sec. 8° per mano del prelato Odoario, proveniente da una colonia cristiana nordafricana, consente di accertarne la personalità storica e la consistenza della sua missione (Sanchez Albornoz, 1981). Con il passare del tempo si finì con il venerare la figura di Odoario, come testimonia la memoria eseguita alcuni secoli dopo e oggi inserita nel portale sud della cattedrale di Santa María (Ares Vazquez, 1984). Alfonso II il Casto, re delle Asturie e di León (791-842), in un gesto conforme alla sua politica di restaurazione delle tradizioni visigote, conferì alla sede di L. autorità su quella di Braga - città allora in mano musulmana - di modo che L. si sarebbe poi trasformata in Chiesa metropolitana dall'861 fino al sec. 11°, quando Braga si venne di nuovo ripopolando (Sanchez Albornoz, 1981); per garantire a L. i suoi pretesi diritti metropolitani e la sua giurisdizione sulla stessa Braga non si esitò a falsificare i documenti chiamando archiepiscopus il prelato Odoario (Sanchez Albornoz, 1981).Nonostante ciò, agli inizi del sec. 10° L. continuava a essere scarsamente abitata e il coinvolgimento dei conti di Galizia nelle lotte interne al regno di León influì negativamente sulle sorti cittadine. La rivolta di Rodrigo Ovequiz contro Alfonso VI il Valoroso, re di Castiglia e di León (1065-1109), alla fine del sec. 11°, si concluse con il consolidamento della signoria vescovile su L.; nei secoli seguenti si succedettero diverse sommosse cittadine contro il potere ecclesiastico, alle quali dovettero aggiungersi, nella seconda metà del sec. 14°, le conseguenze della contesa dinastica, episodi che influirono anche sulle vicende di alcune imprese architettoniche.Una ricca documentazione ha consentito di ricostruire il tessuto cittadino tardomedievale (Manso, 1993). Quantunque la cinta muraria romana, con le cinque porte ancora in uso, le conferisse il rango di civitas (Lopez Alsina, 1977), L. rimase scarsamente popolata fino alla metà del 13° secolo. Gli abitanti erano insediati nel quadrante urbano sudorientale, intorno alla cattedrale e lungo l'asse viario principale, la via Miña, che attraversava la città da porta San Pedro fino a porta Miña e coincideva con il tracciato della strada di pellegrinaggio verso Santiago de Compostela (Jimenez Gomez, 1988). L'arteria proseguiva per il ponte romano sul Miño, in uso anche in epoca medievale, al pari dell'antico acquedotto, crollato nell'Ottocento, e del sistema di fognatura che la città continuava a utilizzare.Nell'ultimo quarto del sec. 13° lo sviluppo urbano dovette avere nuovo impulso, favorito dall'insediamento dei conventi mendicanti - San Francisco, Santo Domingo e Santa María La Nova - all'interno del recinto murario, la cui disposizione nell'area meno densamente abitata avrebbe generato nuovi quartieri (Manso, 1993). Oggi non resta nulla dell'antico palazzo episcopale situato di fronte alla cattedrale, né dei palazzi fortificati dell'infante Felipe (1237), presso la porta San Pedro, e di don Fadrique, risalente al sec. 15°, riflesso quest'ultimo del progressivo protagonismo della nobiltà nella vita cittadina sul finire del Medioevo. La cattedrale, anche se decentrata e quasi a ridosso della cinta muraria, costituiva sempre il punto di riferimento dell'insediamento urbano.La vicenda della fabbrica della cattedrale di Santa María risulta ancora problematica. La scoperta di una piscina cultuale decorata con mosaici nelle vicinanze della cattedrale ha indotto a supporre una sua originaria destinazione a battistero di un complesso paleocristiano (Arias Vilas, 1981). La controversa documentazione relativa all'edificazione della cattedrale altomedievale ha fatto ipotizzare l'esistenza di una basilica, ricca di dodici altari, alla quale si sarebbe ispirato Alfonso II per le sue committenze nella civitas regia di Oviedo (Pita Andrade, 1967; Nuñez Rodriguez, 1978). L'unico manufatto altomedievale che la cattedrale ancora ospita è un sarcofago non lavorato con l'epitaffio del vescovo Pedro (m. nel 1056).L'attuale cattedrale, anche se ha subìto pesanti trasformazioni, conserva una parte considerevole della costruzione romanica. Tra il 1129 e il 1155 - periodo che coincise soprattutto con il governo del vescovo Guido, di origine francese - è attestata la prima campagna costruttiva, diretta da un maestro Raimondo, probabilmente formatosi in Guascogna e Linguadoca. Allora vennero costruiti il coro a tre absidi, sostituite nel sec. 14°, le parti basse del transetto, tre o quattro campate delle navate, il portale nord - ne sopravvive l'archivolto lobato conservato nella sagrestia (D'Emilio, 1988) - e un portale aperto sulla terza campata della navata settentrionale, ornato da una serie di modiglioni con allegorie della lussuria e di altri vizi (Moralejo Alvarez, 1981). Le rivolte cittadine di metà secolo lasciarono il cantiere nelle mani di un ristretto numero di scalpellini locali, che solo occasionalmente contò sull'apporto di scultori già attivi nel cantiere di Santiago de Compostela (D'Emilio, 1988).Diversi pezzi montati nel mutilo e restaurato portale settentrionale - un Pantocrator, un capitello con l'Ultima Cena e le imposte del fianco destro - sono opera di una bottega borgognona (ca. 1165-1170), che eseguì o ispirò sia alcuni capitelli della cripta di Santiago de Compostela sia la plastica architettonica del portico di San Vicente ad Ávila, secondo uno stile che si ritrova anche in altri monumenti del Tardo Romanico castigliano-leonese, come nella chiesa di Santiago a Carrión de los Condes e in quella di Santa María ad Aguilar de Campóo (prov. Palencia; Bushbeck, 1919; Porter, 1923; Pita Andrade, 1955; Moralejo Alvarez, 1973; D'Emilio, 1988; 1992). Nella stessa orbita vanno collocati un rilievo con un angelo (Lugo, Mus. Diocesano; Varela Arias, 1983) e il sepolcro della leggendaria s. Froila (Moralejo Alvarez, 1985); a botteghe locali sarebbe da ascrivere, invece, l'archivolto lobato del portale nord della cattedrale, allestito dalla bottega diretta dal maestro Raimondo, i cui modelli sono da ricercare nei timpani dei portali della Sainte-Foy a Morlaàs e della Sainte-Marie d'Oloron, nella Francia sudoccidentale (dip. Pyrénées-Atlantiques; D'Emilio, 1992). Fonti grafiche del sec. 18° consentono soltanto di riconoscere nella facciata occidentale della cattedrale, demolita nel 1770, un'apertura a doppia luce, tipologicamente affine ai portali del transetto della cattedrale compostellana, sopra la quale si aprivano finestre, ciascuna completata da oculi (Yzquierdo Perrin, 1984-1986).A partire dal 1308 si iniziò l'acquisizione di terreni situati sul lato orientale della cattedrale, con l'intenzione di dotarla di un nuovo capocroce gotico con deambulatorio e cappelle radiali, ispirato al rinnovato blocco orientale della cattedrale di Burgos. Le rivolte cittadine dovettero di nuovo vanificare la conclusione della fabbrica, il cui impulso definitivo ebbe luogo nella seconda metà del secolo. Nell'impresa, che incluse la costruzione di una torre e del tiburio sul transetto, sono state distinte due botteghe locali che reinterpretarono con linguaggi propri la tradizione di Orense (Manso, 1993). L'appartenenza del patrocinatore, il vescovo Pedro López de Aguiar (1349-1390), all'Ordine domenicano può spiegare l'intervento delle stesse botteghe nei cantieri delle tre chiese mendicanti cittadine, i cui tipi architettonici derivano da precedenti esperienze maturate in Galizia a Ribadavia e Orense (Manso, 1993). Il repertorio figurativo dei capitelli è alquanto ridotto e nei portali le botteghe di L. sperimentarono composizioni a decoro geometrico, nelle quali è possibile riconoscere l'ispirazione agli schemi polilobati dei portali romanici della cattedrale. Nei capocroci sono ospitati i sepolcri nobiliari che, pur appartenendo a personaggi della fine del sec. 14° o degli inizi del 15°, furono eseguiti soltanto alla fine del Quattrocento.La cattedrale custodisce una scultura in legno della Madonna del Latte, soggetto ampiamente diffuso in Galizia in età gotica, databile alla prima metà del 14° secolo. Il Mus. Diocesano ospita un'importante collezione regionale di pezzi paleocristiani e altomedievali, tra i quali il Crismón de Quiroga, una mensa per le offerte decorata con il monogramma di Cristo, datata all'epoca teodosiana (Schlunk, 1977) e riutilizzata come altare nella chiesa di Nuestra Señora de la Hermida (prov. Lugo), e alcuni rilievi preromanici provenienti da Saamasas, che parte della critica colloca in epoca visigota per la loro dipendenza da modelli bizantineggianti di Mérida (Schlunk, 1947; 1977; Schlunk, Hauschild, 1978), anche se di recente si è proposto di inquadrarli nell'arte asturiana (Caballero Zoreda, 1991). Il Mus. Arqueológico Prov., insediato nel chiostro francescano della seconda metà del sec. 15°, ospita un'importante collezione di vestigia archeologiche romane, una statua del Salvatore proveniente da San Pedro de Muxa, di fattura grossolana e risalente al sec. 12° (Varela Arias, 1983), alcuni capitelli dello scomparso chiostro domenicano e i resti della chiesa di Santa María la Nova, appartenuta alla comunità femminile domenicana (Arias Vilas, 1981).
Bibl.:
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