AEHRENTHAL, Ludwing Lexa von
Uomo politico austriaco, nato il 24 settembre 1854 a Gross-Skal (Boemia) da Giovanni Battista e dalla contessa Maria Thun-Hohenstein. La sua famiglia aveva ricevuto la nobiltà austriaca nel 1790 e il titolo baronale nel 1828. Cominciò la sua carriera diplomatica nel 1874, in qualità di addetto all'ambasciata austro-ungarica a Parigi: fu poi a Pietroburgo come segretario dal 1879 al 1883, e come consigliere dal 1889 al 1895: dal 1883 al 1885 fu a Vienna capo di gabinetto del conte Kálnoky, ministro degli affari esteri. Nel 1895 fu nominato ministro a Bucarest, e nel marzo 1899 tornò come ambasciatore a Pietroburgo, dove rimase fino a quando (21 ottobre 1906), fu nominato presidente del Consiglio comune e ministro degli affari esteri in sostituzione del conte Goluchowski, il quale aveva fatto una politica fiacca e molto remissiva di fronte alla Germania. Nel 1902 sposò la contessa Paolina Széchényi.
Spirito pratico, lavoratore indefesso, mente perspicace, egli cercò di rialzare il prestigio della monarchia, pur rendendosi conto delle grandissime difficoltà che doveva affrontare. Quando assunse il potere, era disposto a una stretta collaborazione con la Russia, di cui conosceva tutte le debolezze. Nel gennaio 1908 annunziò alle Delegazioni la conclusione di una convenzione con la Turchia per la costruzione di una ferrovia da Uvac a Mitrovica, che, attraverso al sangiaccato di Novi-Bazar, doveva unire la Monarchia all'Oriente ed essere una "nuova ed importante strada dall'Europa centrale verso l'Egitto e le Indie". Tale progetto fece grande impressione: l'Italia e la Russia vi contrapposero quello di una ferrovia dal Danubio all'Adriatico con sbocco nel Montenegro o in Albania.
Dopo la rivoluzione dei Giovani Turchi e l'introduzione del regime parlamentare nell'Impero ottomano. A. temette che la Turchia potesse tentare di riaccampare pretese sulla Bosnia-Erzegovina, e, per prevenirle, ritenne necessario proclamare l'annessione delle due provincie alla Monarchia. Ciò avvenne al principio d'ottobre del 1908, e provocò una viva reazione in tutta l'Europa. A. aveva cercato di accordarsi preventivamente con la Russia nel convegno avuto il 15 settembre a Buchlau con Isvolski, a cui aveva promesso di assentire all'apertura dei Dardanelli per la flotta militare russa. Al momento dell'annessione, Isvolski s'intese anche col ministro italiano Tittoni, il quale domandò la rinunzia dell'Austria-Ungheria al diritto di polizia sulle acque montenegrine, cosa a cui A. egualmente aderì. Ma la combinazione fallì per l'opposizione dell'Inghilterra all'apertura dei Dardanelli. A. riuscì poi ad accordarsi con la Turchia, la quale riconobbe l'annessione contro il pagamento di un'indennità da parte della Monarchia, che rinunciò ai diritti ottenuti col trattato di Berlino sul sangiaccato di Novi-Bazar (convenzione del 26 febbraio 1909). Dopo il noto passo comminatorio fatto a Pietroburgo dalla Germania il 23 marzo, Isvolski dovette piegarsi a riconoscere senz'altro l'annessione, e fu poi seguito dalle altre Grandi Potenze europee.
Anche la Serbia, dove s'era manifestata una violenta agitazione contro l'annessione, fu obbligata a ritrattarsi e a sottomettersi (31 marzo). In ricompensa del successo ottenuto, Francesco Giuseppe conferì all'A. il titolo di conte (18 agosto 1909).
Nel primo periodo del suo ministero, A., pur continuando formalmente la politica della Triplice Alleanza e incontrandosi col collega Tittoni, si era dimostrato poco favorevolmente disposto verso l'Italia, e in un pro-memoria all'imperatore, del 18 aprile 1907, ammetteva che potesse esserci una guerra col nostro paese a breve scadenza. Ma il suo atteggiamento mutò dopo la crisi che seguì l'annessione della Bosnia-Erzegovina: egli dovette allora convincersi che, se la Monarchia avesse voluto fare una politica attiva in Oriente, il conflitto con la Russia sarebbe divenuto inevitabile, e che occorreva quindi intendersi con l'Italia per prevenire un'alleanza italo-russa. Negoziò con Tittoni un accordo complementare, che fu poi concluso col conte Guicciardini nel dicembre 1909, secondo cui la Monarchia era tenuta a dare un compenso all'Italia qualora avesse dovuto rioccupare il sangiaccato di Novi-Bazar. Nel settembre 1911, quando l'Italia decise la spedizione di Tripoli, A., conformemente agl'impegni presi dall'Austria-Ungheria fin dal 1902, dichiarò che non aveva obbiezioni, ma fece riserve contro l'eventuale estensione della guerra alla penisola balcanica.
Durante tutto il periodo in cui fu al potere, l.'A. dovette sostenere un'aspra lotta contro il generale Conrad von Hötzendorf, nominato nell'autunno del 1906 capo di Stato maggiore e specialmente protetto dall'arciduca Francesco Ferdinando. Conrad riteneva che la guerra fra l'Italia e la Monarchia fosse fatale e dovesse quindi esser provocata al più presto, prima che quella avesse perfezionato la sua preparazione militare e stretto accordi con le Potenze dell'Intesa. Francesco Giuseppe, che appoggiò sempre A., finì col congedare Conrad sulla fine del 1911. Dopo di ciò, l'A., in un pro-memoria all'imperatore, scrisse di esser convinto di "poter tutelare gl'interessi della Monarchia, calmando la Russia, accordandosi con l'Italia e facendo nei Balcani una politica cosciente dei suoi fini". Ma questo increscioso conflitto e il lavoro intenso avevano minato la sua fibra. Fin dalla metà di gennaio del 1912, sentendosi mancare le forze, chiese a Francesco Giuseppe di essere sostituito, e morì a Vienna il 17 del seguente febbraio, il giorno stesso in cui il sovrano nominò il suo successore nella persona del conte Berchtold.
Bibl.: L. Molden, Graf Ae.: Sechs Jahre äussere Politik Öst.-Ungarns; O. Hoijer, Le comte d'A. et la politique de violence, Parigi 1922; F. Pribram, Der Konflikt Conrad-Aerenthal, nella Österreichische Rundschau del 1-15 agosto 1920; C. Avarna di Gualtieri, L'ultimo rinnovamento della Triplice, Milano 1924.