STERN, Ludovico
– Nacque a Roma il 5 ottobre 1709 da Ignazio e da Maria Elena Clum.
Il padre, pittore di origine bavarese stabilitosi in Italia, giunse a Roma nel 1702 e fu il capostipite di una dinastia di valenti artisti e architetti operanti nell’Urbe per oltre due secoli. La madre era romana di nascita, ma di genitori tedeschi.
Nel 1713, a seguito degli impegni lavorativi del padre, con la famiglia si trasferì dapprima a Forlì e successivamente a Piacenza e a Parma. In quest’ultima città s’iscrisse all’Accademia di belle arti, per completare la formazione artistica che aveva avviato nella bottega paterna. Nel 1724, ritornato a Roma, proseguì gli studi presso l’Accademia di S. Luca.
Il 1° luglio 1731 sposò Agnese Anselmi, figlia di un calzolaio, e da lei ebbe dieci figli, tra i quali Martino e Vincenzo, che divennero pittori, e Giovanni, che fu architetto.
Visse stabilmente a Roma, dove svolse un’intensa attività dedicandosi a diverse tipologie e generi pittorici (l’esecuzione di pale d’altare, la decorazione di dimore nobiliari, la pittura da cavalletto, la ritrattistica, la natura morta) e conobbe un notevole successo collezionistico, potendo contare anche su una fitta rete di committenti internazionali.
Tra le sue prime opere documentate, il Ritratto di Richard Du Cane, datato 1733 (Londra, Bank of England museum; riprodotto in Petrucci - Marignoli, 2012, p. 48) costituisce uno dei più precoci esempi di ‘ritratto ambientato’, caratterizzato dalla veduta con monumenti romani che fa da sfondo alla figura dell’effigiato; mentre il Cestino con fiori e una cinciallegra e il Vaso con fiori e pettirosso (entrambi del 1734, ibid., p. 101) testimoniano l’interesse e la particolare predisposizione del pittore verso le composizioni floreali, non di rado arricchite con l’inserimento di volatili: peculiarità tipica di Stern, che si cimentò anche in qualità di animalista.
Tra il 1735 e il 1740 dipinse la Madonna in trono con il Bambino e i ss. Giovanni Battista e Nicola di Bari per la cappella Muti Bussi nella chiesa di S. Maria in Campitelli a Roma. Nello stesso periodo iniziò a collaborare con lo scultore Pietro Bracci alla realizzazione dei monumenti funebri del cardinale Innico Caracciolo (Aversa, duomo, 1736-38), di Maria Clementina Sobieska (S. Pietro in Vaticano, 1740-42) e del cardinale Giuseppe Renato Imperiali (Roma, S. Agostino, 1741-45), fornendo i disegni e i cartoni preparatori per i ritratti dei defunti, realizzati a mosaico da Pietro Paolo Cristofani.
Nel 1741 fu accolto nella Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e terminò i due teleri (Estasi di s. Carlo Borromeo e Meditazione di s. Carlo Borromeo) per la cappella Borromeo nella chiesa di S. Prassede a Roma. Qualche anno dopo dipinse il Ritratto del cardinale Francesco Landi Pietra (1743 circa, Roma, Galleria nazionale d’arte antica di palazzo Barberini). Nel 1746 ricevette i primi incarichi da parte del principe cadetto Paolo Borghese Aldobrandini, che gli fece decorare alcuni ambienti (stanze adiacenti alla camera da letto) nei mezzanini superiori del palazzo principale dei Borghese in Campo Marzio a Roma (cinque composizioni con ghirlande di fiori come soprafinestre e ornamentazioni parietali; quattro lunette affrescate con putti che giocano con festoni floreali). In seguito, a partire dal 1748, don Paolo avviò i lavori di rinnovamento dell’appartamento che abitava al secondo piano, e per la decorazione di questi e di altri ambienti si avvalse per oltre un ventennio dell’operato di Stern, il quale divenne un salariato fisso di casa Borghese, ricevendo pagamenti con scadenza mensile.
Nel corso degli anni Cinquanta Stern ottenne numerose e importanti commissioni sia pubbliche sia private, soprattutto in ambito ecclesiastico, lavorando per diversi Ordini religiosi. Nel 1750 dipinse su incarico del conte Christoph Anton von Migazzi (uditore della Sacra Rota romana e ambasciatore dell’imperatrice Maria Teresa presso la S. Sede) due tele (Nascita della Vergine e Morte della Vergine) sistemate nella tribuna di S. Maria dell’Anima (chiesa nazionale tedesca); inoltre portò a termine la pala d’altare (Madonna in trono col Bambino e i ss. Giuseppe da Leonessa e Margherita da Cortona) per la chiesa di S. Francesco a Ronciglione (Viterbo). Nel 1752 realizzò per la Congregazione dei chierici regolari minori la pala d’altare raffigurante S. Francesco Caracciolo che adora l’Eucarestia (cappella di S. Giovanni Battista in S. Lorenzo in Lucina a Roma) e consegnò al vescovo di Würzburg il Ritratto di Benedetto XIV destinato al locale Episcopio (attuale ubicazione ignota). Nel 1753 completò il Ritratto del barone Franz Ludwig von Erthal (Monaco di Baviera, Neue Pinakothek).
Nel corso della sua attività Stern si dedicò costantemente alla ritrattistica. In quest’ambito il Ritratto del barone von Erthal può considerarsi un capolavoro, nel quale l’autore compendia il genere del ritratto con quello della natura morta grazie al motivo del vaso di fiori con le rose dai petali larghi e sfrangiati (peculiarità iconografica tipica della sua maniera). Nell’opera, inoltre, l’attenta registrazione fisionomica e la qualità della resa pittorica dell’incarnato e delle stoffe dell’abito si coniugano con l’originalità della posa, di sorprendente vivacità espressiva.
Tra il 1755 e il 1756 Stern ricoprì la carica di ufficiale di banca, ovvero reggente con il ruolo di secondo aggiunto, presso la Congregazione dei Virtuosi al Pantheon. Nel 1756 dipinse la Visione di s. Lorenzo di Brindisi (Perugia, Galleria nazionale dell’Umbria) e in novembre entrò come accademico di merito nell’Accademia di S. Luca. Presso la medesima istituzione, nel 1758, fu nominato professore alla Scuola del nudo. Nel 1757 sistemò nella chiesa romana dei Ss. Michele e Magno (S. Michele in Sassia) il dipinto con i Ss. Pietro e Paolo.
Nelle opere giovanili la maniera di Stern risentiva del magistero paterno per l’aggraziato decorativismo e per i riferimenti a un moderato classicismo, memore della pittura secentesca emiliana, ma rivisitato in chiave rococò nelle scelte cromatiche dei toni pastello morbidi e delicati. Nel corso degli anni Cinquanta, invece, l’autore elaborò un linguaggio più personale, che di volta in volta seppe adattare alle differenti esigenze dei committenti e delle imprese approntate. Nelle pale d’altare e nei cicli decorativi reinterpretò in senso innovativo, in termini sia compositivi sia coloristici, gli schemi della tradizione del Barocco romano, recuperandone la magniloquenza formale e contenutistica.
Nel 1763 Stern firmò il contratto per la realizzazione dell’Estasi di s. Cecilia destinata alla chiesa di S. Giovanni Evangelista (duomo) di Montecelio nei pressi di Roma, per la quale, con una successiva convenzione stipulata nel novembre del 1765, gli furono richieste altre tre tele (S. Nicola di Bari, 1766; S. Luigi Gonzaga, 1768; Educazione della Vergine, 1771).
Nel 1766, dopo dieci anni di lavoro, portò a termine l’impresa di maggior rilievo condotta per il principe Paolo Borghese Aldobrandini: la decorazione della cosiddetta stanza delle Quattro parti del mondo, avente funzione di sala da ricevimento, nell’appartamento al secondo piano del palazzo di famiglia. L’impresa fu celebrata anche con la pubblicazione di un poemetto scritto da Ignazio Berducci e stampato a Napoli nel 1765: La nobil camera di sua eccellenza il signor don Paolo de’ principi Borghesi, rappresentante le parti del mondo, le stagioni e gli elementi, pensata e diretta dal medesimo, e dipinta mirabilmente dal signor Ludovico Stern. Ottave dedicate a sua eccellenza la signora donna Olimpia Borghese Panfili duchessa di Carpineto (per i tipi di Benedetto Gessari).
Per sviluppare il programma iconografico elaborato insieme al principe, Stern ideò per il soffitto e per le pareti una serie di raffigurazioni inquadrate da un complesso sistema di cornici intagliate e stucchi, che era stato realizzato da Pietro Bracci e bottega. Al centro della volta affrescò Giunone e Iride (Aria). Sulle pareti dispose quattro grandi tele con le personificazioni dei continenti allora conosciuti, raffigurate seguendo le indicazioni dell’Iconologia di Cesare Ripa. Come sovrapporte dipinse Nettuno (Acqua) e Cerere (Terra), e vicino a essi dispose due pannelli verticali con l’immagine di Fosforo e con Il carro di Apollo (Fuoco); infine, negli sguinci delle finestre sistemò quattro tele con putti che giocano con ghirlande di fiori raffiguranti le stagioni.
Morì a Roma il 25 dicembre 1777.
Fonti e Bibl.: A. Busiri Vici, Fiori, uccelli e farfalle dipinti da L. S., in Antichità viva, XIV (1975), 5, pp. 18-26; Id., Trittico paesistico romano del ’700. Paolo Anesi, Paolo Monaldi, Alessio De Marchis, Roma 1976, pp. 106-108; La pittura del ’700 a Roma, a cura di S. Rudolph, Milano 1983, pp. 646-648, 803; L. Salerno, La natura morta in Italia (1560-1805), Roma 1984, pp. 258, 274 s., 426; E. Fumagalli, L. S. decoratore, in Temi di decorazione. Dalla cultura dell’artificio alla poetica della natura, a cura di E. Debenedetti, Roma 1990, pp. 63-90; Ead., Palazzo Borghese. Committenza e decorazione privata, Roma 1994, pp. 120-122, 126, 129, 131, 134, 137 s., 140, 181-183; O. Michel, Vivre et peindre à Rome au XVIII siècle, Rome 1996, p. 56; La natura morta italiana da Caravaggio al settecento (catal., Firenze), a cura di M. Gregori, Milano 2003, pp. 440, 495; G. Bocchi - U. Bocchi, Pittori di natura morta a Roma. Artisti stranieri, 1630-1750, Viadana 2005, pp. 381-387; Il Settecento a Roma (catal., Roma), a cura di A. Lo Bianco - A. Negro, Cinisello Balsamo 2005, p. 139; F. Petrucci, Dipinti inediti del Barocco italiano da collezioni private. L. S.: Giuditta e Oloferne, Ariccia 2011; F. Petrucci - D.K. Marignoli, L. S. (1709-1777). Pittura rococò a Roma, Roma 2012; T. Gianni - M. Sperandio, L’attività di L. S. a Montecelio. Ricerche documentarie e analisi stilistiche, in Atti e memorie della Società tiburtina di storia e d’arte, XC (2017), pp. 183-215.