ROMAGNANO, Ludovico
(da). – Nacque in data imprecisata, nella prima metà del Quattrocento, da Orsino di Romagnano, fratello del vescovo di Torino Aimone; il nome della madre è ignoto.
Orsino e Aimone erano figli di Antonio, marchese di Romagnano; in quel momento erano peraltro noti a Torino come conti di Carignano e Pollenzo; lo si ricava dalla Oratio funebris per la morte di Ludovico, redatta dall’oratore sforzesco Franceschino da Voghera (de Vicheria).
I da Romagnano esercitavano in quella congiuntura una forte influenza sulla Chiesa diocesana, poiché Aimone da Romagnano, a suo tempo canonico regolare nella fondazione di Oulx e poi preposito del monastero di Moncenisio (1403), era stato scelto direttamente dall’antipapa Giovanni XXIII come vescovo di Torino il 13 luglio 1411 (e consacrato nell’autunno, per mano dell’arcivescovo di Milano Francesco Crippa).
L’Oratio funebris di Franceschino da Voghera propone un vero panegirico di Aimone da Romagnano (morto nel 1438). La sua amministrazione, a vantaggio anche delle rendite del clero diocesano, fu impeccabile; prevalse sulle pretese esenzioni decimali rivendicate dagli abitanti di Cuneo, chiese e ottenne nel 1422 da papa Martino V l’incorporazione e l’incameramento della canonica, da tempo abbandonata, di S. Giacomo di Stura, riportò all’ordine l’abate di S. Mauro di Pulcherada che rifiutava alla familia episcopale l’omaggio del bue grasso, difese i diritti giurisdizionali dell’episcopio nel territorio di Chieri contro i monaci di S. Pietro di Breme (1428) e contro il comune stesso di Chieri. Celebrò inoltre due sinodi (1427, 1431), ribadendo l’obbligo della comunione pasquale per i fedeli e l’impegno per il clero beneficiato di redigere inventari dei beni (immobili e mobili) delle chiese. Aimone infine non eluse la funzione di rappresentanza, presenziando alla pace del 1435, in conseguenza della quale il marchese di Monferrato consegnò Chivasso al duca Amedeo VIII di Savoia.
Alla morte di Aimone, Ludovico, che all’epoca possedeva una laurea in utroque ed era già esperto di questioni ecclesiastiche, e soprattutto era arcidiacono del capitolo torinese, fu spontaneamente e all’unanimità eletto vescovo dai colleghi canonici, prima ancora che l’inviato del concilio di Basilea giungesse in città a sollecitare la sua elezione, che subito confermò. La consacrazione, per mano del metropolita milanese Francesco Pizolpasso (Andenna, 2013; Somaini, 2015), avvenne nella prima metà del 1439, non si sa se a Torino o a Basilea, e fu approvata (con pagamento della ‘annata’, peraltro proibita da un decreto conciliare) da Eugenio IV.
Pochi mesi dopo (tra giugno e novembre 1439) Romagnano ruppe con Eugenio IV e col Pizolpasso, e partecipò (coi vescovi Guglielmo di Vercelli e Giorgio di Aosta) alla condanna e alla deposizione del papa, e alla successiva elezione papale di Amedeo VIII duca di Savoia (Felice V).
I suoi rapporti col concilio di Basilea furono rabberciati nei mesi successivi: dapprima Romagnano ottenne una sentenza favorevole contro il comune di Chieri che pretendeva di imporre tasse agli uomini della signoria vescovile di Santena (23 dicembre 1439), successivamente fu processato per aver pagato l’annata a papa Eugenio IV (contravvenendo al decreto conciliare del 1435) e alla fine assolto (5 giugno 1440).
Negli anni Quaranta, Romagnano fu impegnato su vari fronti. Preparato come era a trattare affari religiosi e diplomatici, secondo la testimonianza di Franceschino da Voghera (de Vicheria, 1863, col. 1658), Felice V nei pochi anni del suo papato lo utilizzò come legato a latere presso il re di Aragona, il duca Filippo Maria Visconti e i principi tedeschi. Nel governo della diocesi, iniziò una intensa attività di visite pastorali e continuò le sue battaglie per ridurre alla disciplina le due riottose abbazie dipendenti (S. Solutore Maggiore a Torino, visitata sin dall’8 novembre 1440; i SS. Pietro e Andrea a Rivalta, già canonica regolare sottoposta al controllo del vescovo diocesano e successivamente passata ai cistercensi di Staffarda, dai quali Romagnano cercò di recuperarla mediante due lunghi processi tra 1447 e 1449, rivendicando soprattutto la cura spirituale di alcune parrocchie rurali e urbane, e ottenendo vittoria solo nel dicembre 1449, grazie ai giudici imposti da Niccolò V). Sul piano del fiancheggiamento diplomatico e di rappresentanza del ducato sabaudo, Romagnano partecipò alle trattative di pace per conto del duca Ludovico (figlio di Felice V) dopo la sconfitta che Bartolomeo Colleoni gli aveva inflitto a Borgomanero (20 aprile 1449). Suo antagonista nella trattativa fu, per la parte milanese, il vescovo di Novara Bartolomeo Aicardi Visconti (già aderente di Felice V); la pace fu firmata il 20 febbraio 1450.
Contemporaneamente, Romagnano si impegnò per risolvere il problema della presenza dei Valdesi nelle valli di Angrogna, Fenile, Torre Pellice, Luserna che tra il 1448 ed il 1452 si erano ribellate contro i parroci del territorio. Dopo il fallimento della missione di un inquisitore (con scorta armata), intervenne personalmente (sempre difeso dai soldati ducali) e ottenne prima del 1452 alcune forzate conversioni, prontamente ritrattate dopo che egli rientrò in città. Romagnano reagì alle defezioni confiscando i beni dei fedifraghi, ma ciò provocò la migrazione di un certo numero di famiglie oltre lo spartiacque o nelle località più alte e meno accessibili.
Va ricollegata al problema dei valdesi anche la valorizzazione del miracolo verificatosi a Torino nel giugno 1453, quando un gruppo di ladri, che avevano rubato arredi sacri e un ostensorio in una chiesa di Exilles e che avevano caricato la loro refurtiva su di una cavalcatura, videro che l’animale piegò le ginocchia a terra, mentre dall’ostensorio usciva, alzandosi in alto, l’ostia consacrata. L’evento infiammò lo zelo di Romagnano.
Negli ultimi anni di governo, Romagnano volle anche raccogliere i canoni sinodali dei suoi predecessori. L’impegno fu deciso nel Sinodo del 1465 e fu portato a compimento in quello del 1467; il liber sinodalis fu poi inviato al presule, che lo approvò il 7 ottobre 1468, e un mese più tardi a Roma papa Paolo II ratificò il documento che avrebbe guidato per più di un secolo la vita dei canonici della cattedrale.
Infine, sempre per testimonianza del panegirista Franceschino da Voghera, Ludovico avrebbe aumentato le entrate della mensa episcopale, tanto da spendere gran parte degli introiti nella costruzione di palazzi, chiese e case per poveri, rinnovando nel contempo gli arredi liturgici.
La morte lo colse nel novembre del 1468, prima di poter ricevere la lettera di Paolo II che approvava i risultati del suo impegno canonistico.
Fonti e Bibl.: Torino, Archivio Arcivescovile, Sez. VI, prot. 30, 1424-1438; prot. 154 (Rubriche degli Instrumenti). Benvenuto di San Giorgio, Cronica, Torino 1780, p. 290; Franceschini de Vicheria, Oratio funebris in exequiis Ludovici Romagnani episcopi taurinensis, in A. Bosio, Illustrazioni e documenti a G. F. Meyranesio, in Pedemontium Sacrum, in Historiae Patriae Monumenta, XI, Scriptores, IV, Augustae Taurinorum 1863, coll. 1635-1637, 1652-1659.
S. Guichenon, Histoire génénealogique de la royale Maison de Savoye, I, Lyon 1660, p. 512; G.B. Semeria, Storia della Chiesa metropolitana di Torino…, Torino 1840, pp. 204-213; G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale, degli Stati di Sua Maestà, Torino 1847, pp. 576-577; G. Briacca, I decreti sinodali torinesi di Goffredo di Montanaro (anni 1270-1286), Torino 1985, pp. 121-124, 128-132, 138 s.; G.G. Merlo, La Chiesa e le chiese di Torino nel Quattrocento, in Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa, a cura di R. Comba, in Storia di Torino, II, 6, Torino 1997, pp. 766-794 (in partic. pp. 778-779); G. Ricuperati, Storia di Torino, III, Torino 1998, p. 491; A. Olivieri, Il Sinodale del vescovo Ludovico da Romagnano e la tradizione sinodale nella diocesi di Torino, in Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino, CIII (2005), pp. 201-224, 553-594; G. Andenna, Il problema delle valli ticinesi nel testamento di Attone e nell’eredità del capitolo maggiore di Milano (secoli XI-XV), in Alle origini del cantone e delle Tre Valli: il testamento di Attone da Vercelli (secolo X). Omaggio…, a cura di G. Andenna - G. Margarini, Milano 2013, pp. 349-380; F. Somaini, Francesco Pizolpasso, in Dizionario biografico degli italiani, LXIV, Roma 2015, pp. 330-333.