PARISETTI, Ludovico
PARISETTI, Ludovico. – Nacque a Reggio Emilia il 6 settembre 1503 da Girolamo; è ignoto il nome della madre. Ebbe un fratello, Timoteo.
Gli studi, a cui fu avviato dal padre, furono organizzati secondo una ratio organizzata da un precettore: lo studio della Bibbia si accompagnò a quello del diritto e della medicina galenica. Da Giusto Capriani fu avvicinato alla lettura dei classici e alla poesia. Accanto a lui e al fratello si riunì un gruppo di amici con cui seguì questo primo itinerario di formazione. Fra tali sodali emergono le figure di Francesco Martelli (1508-1578), in seguito auditore del vescovo di Reggio, e di Ugo Rangoni. Reggio in questi anni costituiva un centro umanistico piuttosto vivace, che attirò umanisti di buon livello o offrì occasioni di affermarsi ai giovani distintisi negli studi. Nel 1513, da Roma, rivolgendosi ai Procuratores Regiensium, Pietro Bembo invitava a segnalare giovani che potessero soggiornare a Napoli per perfezionarsi nelle umane discipline. Nel 1515 comparve in città Filippo Decio, che aveva abbandonato Pisa per contrasti relativi agli insegnamenti di diritto civile e canonico, anche se nel suo trasferimento non si possono escludere le diatribe religiose sul concilio e il suo ruolo nella storia della Chiesa.
Un altro magister ad avere avuto influenza su Parisetti fu Lodovico Parisetti Seniore, autore di una storia di Reggio in versi latini e di un'epistola in versi Ad G. Ludovicum Parisetum patruelem (di cui Girolamo Tiraboschi ha rintracciato il manoscritto), nella quale ricorda al giovane Ludovico, suo nipote, l’aiuto prestatogli nell’apprendimento della poesia latina e lo invita a ritornare a Reggio da Napoli, abbandonando il costume di viaggiare per conoscere le consuetudini delle altre città.
Un primo frutto degli studi letterari si ebbe con la Sylva quae Hadrianus, pubblicata a Roma nel 1522 per Giacomo Mazzocchi, che mostra l’influenza delle Sylvae di Bartolomeo Pagello e di Erasmo.
Parisetti studiò diritto a Pisa, ma continuò a viaggiare e a frequentare altre università: fu a Siena, Bologna, Milano, Napoli. A Pisa nel 1527 conseguì la laurea in utroque iure con Decio, ritornato in questa Università, dove insegnò fino al 1528, dal 1523 in rapporto con Andrea Alciato, del quale nel 1507 era stato professore. Il legame con Decio e Alciato fu importante per Parisetti: sotto la loro guida non solo perfezionò la sua preparazione giuridica, ma approfondì la conoscenza canonistica e la storia della Chiesa attraverso i concili. Mediante Alciato gli divenne familiare l'Erasmo degli Adagia e delle Epistolae, al punto che è legittima l’ipotesi di un apprendimento dell'epistolografia sulle pagine di Erasmo tramite la mediazione di Alciato.
Dopo la laurea ritornò in patria e si dedicò alla poesia latina e al discusso problema dell’opportunità di una riforma della Chiesa. Nel 1529, dopo avere progettato di trasferirsi a Roma, assistette all’incontro a Bologna fra Clemente VII e Carlo V e fu colpito dalla corruzione di alcuni prelati. Nell'occasione presenziò alle discussioni sull’immortalità dell’anima tenutesi nei cenacoli letterari a latere degli eventi politico-diplomatici. Da questi incontri scaturì nel 1531 il De perfectiori humanae vitae foelicitate (Parma, A. Viotti).
L’opera è suddivisa in diciotto componimenti poetici accompagnati da introduzioni in volgare. Non mancano memorie di Orazio e di Lucrezio, ma le pagine di Parisetti non sono prive di originalità quando delineano l’ideale di vita da lui prescelto: «sed sinceram erga Deum religionem, virtutemque ipsam honestis et liberalibus copulans officiis, rectisque civiliter vivendi moribus et institutis annectens vitam constituimus quietam, liberam, sinceram, munificam, sanctam, minime ridiculam, ac omni penitus vitii contagione carentem» (c. Aiiir), dove è significativo il termine civiliter, tratto dagli studi giuridici e non estraneo a Erasmo, usato per definire l’ideale di vita proposto.
Il De immortalitate animae ad Franciscum Martellum, un poema pubblicato a Reggio ancora per Viotti nel 1541, risente dell’influenza del Fedro di Platone e probabilmente del De animorum immortalitate di Aonio Paleario, risalente forse al 1535. Nel 1550 seguì la Ad varium Tolomaeum fratrem Theopoiae, in sei libri, pubblicata a Venezia presso gli Eredi di Aldo Manuzio. In questo quadro che si inoltra alla ricerca delle gerarchie dell’universo e dei movimenti dell’anima si inseriscono le Epistolae versibus exaratae, in sette libri, pubblicate a Reggio nel 1541 ancora per Viotti. Con le Epistolae Parisetti iniziò quella autobiografia religiosa che perfezionò con le Epistolarum posteriorum libri tres, apparse nel 1553 «apud Aldi filios». In ambedue le raccolte l’elenco degli intellettuali ai quali si rivolge è nutrito: Giulio Del Monte (futuro Giulio III), Francesco Martelli, Ugo Rangone, Marcello Cervini (futuro Marcello II), Girolamo Andreasi, Reginald Pole, Ludovico Beccadelli, Gian Matteo Giberti, Giovanni Morone, Paolo Giovio, Iacopo Sadoleto, Pietro Bembo. Si profila un gruppo nel quale si avverte una sensibilità religiosa dominata dal Giberti e dalla «amicitia» con il cardinale Morone.
Lo spirito erasmiano si ritrova all’interno di questi dialoghi epistolari che si indirizzano non solo verso una riforma della Chiesa, ma anche alla soluzione del problema se si potesse ottenere un’adesione alla Chiesa di Roma dei nuovi movimenti che prendevano avvio da Lutero. L’irenismo di cui è intriso porta Parisetti a riflettere sul problema della grandezza di Dio e della cosmografia che ne deriva nel De divina in hominem benevolentia atque beneficentia orationes tres (Venezia, Eredi A. Manuzio, 1552). Giovanni Pico della Mirandola e i testi ermetici appaiono qui come punti di riferimento in un'analisi che coinvolge il simbolismo dei sacramenti: in particolare, il battesimo e l'eucarestia.
Nel frattempo Parisetti si era trasferito a Roma insieme con Francesco Martelli e nel 1550-51 aveva assistito agli interventi di Giulio III in merito al controllo delle rappresentazioni teatrali. Nel 1560 pubblicò a Bologna (presso A. Benacci) i tre libri delle Epistolarum ad Pium IIII Pontificem Maximum, in cui sotto forma epistolare propose i lineamenti di una Riforma della Chiesa, che Pio IV accolse con interesse.
Il pontificato di Pio IV – scrive Parisetti – ha dimostrato di unire il diritto umano e divino per il bene della «Reipublicae Christianae nomine» fino a far attendere «insignis rerum novatio»: una retta amministrazione si rivolge alla «publicae utilitatis» e sviluppa una forma di «decorum» della religione di Dio. La Chiesa occorre salvaguardi la giustizia, abbandoni ogni forma di depravazione e il papa accolga le proposte del Concilio e le svolga. La Chiesa è stata creata a beneficio del genere umano e per mantenere al suo interno le forze che scaturiscono dai benefici di Cristo. Così la proposta di Parisetti racchiude una novità rispetto alle opere precedenti: una Ecclesia raccolta attorno a un papato rinnovato priva di forze ostili. L’Erasmo della Querela pacis e dell’Enchiridion militis Christiani lo consigliava: se togliere gli abusi è un dovere, analogo dovere è instaurare la pace nella Respublica Christiana.
Dopo avere trasformato Reggio in un grande centro erasmiano rinascimentale, Parisetti morì a Reggio nel 1570 e fu sepolto nella chiesa di S. Prospero, nel sepolcro eretto dallo scultore Prospero Clemente.
Opere. Oltre a quelle citate, si ricordano: De divina in hominem benevolentia atque beneficentia Orationes tres ad viros Regienses habitae, Reggio Emilia, A. Viotti, 1552; Pausithea, Venezia, Figli di Aldo, 1554. Tiraboschi (1783) segnala la presenza di un dialogo manoscritto sulla felicità morale e di un poema De obitu Homeri, manoscritto. Carmina di Parisetti sono nel ms. Parma, Biblioteca Palatina, Palatino, 555.
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