NECCHI, Ludovico
NECCHI (Necchi Villa), Ludovico (Vico).– Nacque a Milano il 19 novembre 1876 da Luigi e da Cecilia Frisiani, appartenente a un’antica famiglia milanese.
Il padre, capitano (fra quanti avevano preso parte alle battaglie di Solferino e Custoza), morì nel 1882 a causa della malaria contratta durante un trasferimento in Sicilia.
La madre, donna «esuberante e facile all’ansia» (Giovinezza e maturità..., 1942, p. 14), si unì in seconde nozze con lo scultore Federico Gaetano Villa, professore all’Accademia di Brera, che in seguito adottò Ludovico. Questi trascorse l’infanzia affidato alle cure di due zie materne, che lo educarono nel segno di una profonda religiosità, mentre la madre ne ostacolò l’impegno religioso e sociale fin quando lei stessa si riconciliò, negli ultimi anni di vita, con la fede.
A Milano, dopo aver frequentato il collegio S. Carlo, fu alunno del liceo-ginnasio Parini; come Filippo Meda, ebbe a direttore spirituale il gesuita Guido Mattiussi, divenuto poi celebre per le posizioni antimoderniste e per le XXIV tesi della filosofia di s. Tommaso d’Aquino apparse a puntate, tra il 1914 e il 1916, sulla rivista dei gesuiti Civiltà cattolica. Nel 1896 si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Pavia e frequentò il locale seminario, retto dal canonico Pietro Maffi, poi arcivescovo di Pisa e cardinale, fondatore nel 1900 della Rivista di fisica, matematica e scienze naturali. Determinante per la sua formazione fu anche l’amicizia col sacerdote Ferdinando Rodolfi, futuro vescovo di Vicenza e professore di scienze naturali.
Negli stessi anni diede un impulso decisivo, in qualità di presidente, al Circolo universitario cattolico intitolato a Severino Boezio, aprendolo anche a studenti non cattolici come Edoardo Gemelli. Per i meriti della sua militanza cattolica, appena ventiduenne ricevette la croce di cavaliere pro Ecclesiaet Pontefice da parte di Leone XIII; l’anno dopo, sostenitore delle istanze sociali di Giuseppe Toniolo, pubblicò La carità e le case dei poveri (Pavia 1899).
Luigi Sturzo raccontò di averlo incontrato per la prima volta a Roma nel 1900, in occasione di un congresso democratico cristiano dove era intervenuto come delegato di Milano. Chiamato a presiedere l’assemblea, Necchi gli era apparso «un uomo maturo, ben più dei suoi 24 anni» per divenire poi «uno dei più animosi e convinti propagandisti della Democrazia cristiana fronteggiando nelle pubbliche riunioni e nei comizi le folle con una calma e una serenità straordinarie». Con la crisi della Democrazia cristiana, rimase nell’ala «fedele alle direttive del Papa» e quando si costituì l’«organizzazione dell’Unione popolare» fu prima vicepresidente e poi presidente, dirigendo per tre anni il lavoro dell’Azione cattolica nella penisola (Sturzo, 1961, pp. 121 s.).
Nel 1901 il congresso della sezione giovanile del Comitato diocesano milanese, al Sacro Monte di Varese, assunse un rilievo nazionale grazie agli interventi di Necchi e di Meda e segnò un momento importante sotto il profilo ideologico e aggregativo del movimento cattolico. Da alcuni partecipanti, a cominciare da Meda, scaturirono le direttive per la nascita di una federazione lontana dall’intransigentismo cattolico e autonoma dall’Opera dei congressi. Necchi si espresse con parole di «decisa rottura con il passato» ed esortò i giovani cattolici a partecipare in «ogni occasione al movimento politico, amministrativo e sociale per ottenere la diffusione delle idee cristiane di libertà, di ordine e giustizia, in antitesi a quelle del liberalismo dottrinario e del socialismo materialista» (Ambrosoli, 1951, pp. 198 s.). Nella conclusione confutò l’assunto secondo il quale «la democrazia cristiana vera» non avrebbe dovuto «occuparsi di politica», precisando che l’unica politica «sanamente nazionale» era quella tesa a «continuare la storica missione d’Italia di fronte al Papato e alla Chiesa» (Perna, 2002, p. 59).
Il 1902, anno della laurea in medicina e della candidatura alle elezioni amministrative, fu anche quello in cui presiedette il convegno democratico cristiano per l’alta Italia a Milano. Tra 1902 e 1903 svolse il servizio militare come soldato di sanità nell’ospedale militare di Milano presso l’ex monastero di piazza S. Ambrogio dove frequentò il sacerdote Giandomenico Pini. All’ospedale incontrò padre Arcangelo Mazzotti, futuro arcivescovo di Sassari, e ritrovò l’antico compagno di scuola e di studi universitari Edoardo Gemelli. Il suo esempio si rivelò decisivo per la conversione di Gemelli che abbracciò la vita religiosa e diventò poi noto come padre Agostino. Nel corso della vita militare, il 17 luglio 1903, grazie anche alle conversazioni con alcuni giovani minori francescani, Necchi scelse di diventare terziario francescano.
Tra il 1903 e il 1904 si specializzò a Berlino in neuropatologia, continuando l’impegno tra i soci della congregazione mariana di Niederwaldstrasse. Al termine di quella esperienza rifiutò un incarico di professore presso l’Università svizzera di Friburgo. Rientrato a Milano, si decise al matrimonio e, nell’aprile 1905, sposò Vittoria, figlia di Violante Castiglioni e Giovanni della Silva, conosciuta tramite Pini e dalla quale ebbe tre figli.
Nel 1908 fu eletto nel Consiglio comunale di Milano, dove rimase fino al 1920 dedicandosi, fra l’altro, ai problemi della scuola primaria. Fu lui a presiedere il convegno Pro-schola del 16 aprile 1912 organizzato a Milano per elaborare strategie nuove che arginassero le conseguenze della legge Daneo-Credaro, avversata negli ambienti cattolici, che avocava allo Stato la scuola elementare.
Il sodalizio con padre Gemelli si concretizzò nel 1909 nella fondazione della Rivista di filosofia neo-scolastica, palestra intellettuale all’interno della quale presero forma le prospettive teoriche, i metodi, i riferimenti storiografici e concettuali di quanti, alcuni anni dopo, avrebbero dato inizio alla scuola filosofica dell’Università cattolica. Punto di riferimento fu la Revue néoscolastique de philosophie dell’Università cattolica di Lovanio; l’affinità del titolo racconta la consonanza di intenti, il comune collegamento con una facoltà di filosofia e con un’università cattolica e infine la volontà di confronto con il pensiero moderno e le sue esigenze. In tale prospettiva, Necchi si dedicò soprattutto al rapporto con la biologia e le altre discipline scientifiche.
Gli fu affidata la vicepresidenza poi la presidenza, dal 1910 al 1912, dell’Unione popolare fra i cattolici d’Italia, una delle tre unioni cattoliche costituite nel 1906. Organizzò la Settimana sociale di Assisi e quella di Venezia del settembre 1912, dedicata alla questione scolastica, durante la quale si diffuse la notizia delle sue improvvise dimissioni da presidente dell’Unione popolare «conseguenza di un giudizio sfavorevole della Santa Sede sulla sua ortodossia» (Vecchio, 1987, p. 96).
La notizia fu ufficializzata dall’Osservatore romano del 2 ottobre 1912 che attribuì le dimissioni a «ragioni di famiglia e professionali». Gli succedette il conte Giuseppe Dalla Torre, particolarmente caro a Pio X. Nelle pagine della stampa antimodernista, poco soddisfatta della precedente gestione, la nomina di Dalla Torre fu interpretata come una vittoria dell’indirizzo papale, come affermò, per esempio, il giornale cattolico La Riscossa del 12 ottobre 1912.
Nel 1914, ancora con Gemelli e monsignor Francesco Olgiati varò la rivista Vita e Pensiero, che ebbe un taglio più divulgativo e interessi più ampiamente culturali rispetto alla precedente. Nelle pagine del primo fascicolo (dicembre 1914), esprimeva così la sua opinione sulla guerra in corso: «Noi guardiamo con suprema tristezza a questo miserando spettacolo. E pensiamo che la felicità dei popoli, come quella degli individui, poggia su basi che non si possono impunemente scuotere o minare. L’individuo umano e l’aggregato sociale hanno anzi tutto e soprattutto bisogno di principi».
Chiamato alle armi nel maggio 1915, mentre era presidente dell’Azione cattolica milanese da un mese e ancora consigliere comunale, rimase al fronte per 18 mesi prestando servizio medico in un ospedale da campo sul Carso. La sua attività politica riprese dopo la guerra nelle fila del Partito popolare quando si candidò, «per spirito di disciplina» (Tavola, 1937, p. 47), alle elezioni politiche del 1918 e del 1921 senza essere eletto; dal 1923 proseguì il suo impegno a Milano nell’amministrazione provinciale.
Dal 1920 si dedicò alla cura delle malattie nervose e dei fanciulli ‘anormali’ prestando servizio nell’ambulatorio medico-psicologico, voluto e diretto da padre Gemelli, presso l’Istituto S. Vincenzo che monsignor Luigi Casanova, allora rettore del Pio istituto per sordomuti di Milano e poveri di campagna, nel 1897 aveva deciso di dedicare ai ragazzi non completamente sordi o affetti da ritardi mentali gravi. Presso l’ambulatorio Necchi maturò la sua esperienza clinica tanto da pubblicare Lo studio e la classificazione dei fanciulli anormali secondo i principi della biologia generale. Per un orientamento biologico nel campo della neuropsichiatria infantile (Milano 1924), che era la specialità a cui in Italia più di tutti stava lavorando Sante De Sanctis. In quel volume indicò «i criteri fondamentali» che informavano l’attività dell’Ambulatorio per bambini nervosi e anormali annesso all’Istituto, definito non «un ricovero per anormali troppo profondi, ma una vera e propria scuola per soggetti educabili» (p. 69), e di cui esistevano modelli avanzati come l’Umberto I fondato a Firenze nel 1899. Dai precedenti studi a carattere medico-psicologico, tra cui Soggetto ed oggetto nell’analisi psicologica (in Rivista di Filosofia neo-scolastica, VII [1915], pp. 280 ss.), Necchi passò ad approfondire le Ricerche medico-statistiche sui fanciulli anormali (in Contributi del laboratorio di psicologia e biologia, Milano 1928) e, con il francescano Arcangelo Galli, Ricerche sui fanciulli instabili (Milano 1931).
Sostenendo «la necessità di un indirizzo biologico nel campo della neuropsichiatria infantile», faceva propria la raccomandazione lanciata dagli specialisti in pediatria, a considerare il bambino «un essere speciale e non, come troppo comunemente si pensa, un piccolo adulto». Affermava infine che «così come la psicoanalisi freudiana si studiava di risalire all’infanzia per indagare attraverso le vicende dei complessi il costituirsi della personalità patologica dei soggetti presi in esame, l’odierna patologia costituzionale con rigore scientifico ben maggiore, ricerca alla luce delle leggi biologiche, i legami che avvincono una personalità patologica alle generazioni precedenti» (Lo studio…, cit., pp. 95 s.).
Nel febbraio 1920 si unì al sodalizio – composto da padre Gemelli, Olgiati, Armida Barelli ed Ernesto Lombardo – che diede vita all’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, ente fondatore e garante dell’Università cattolica, inaugurata ufficialmente il 7 dicembre 1921 con due facoltà: scienze sociali e filosofia. Il corpo docente della facoltà di scienze sociali era composto da sociologi ed economisti della scuola di Toniolo, alcuni dei quali – Antonio Boggiano-Pico, Angelo Mauri, Vincenzo Tangorra, Federico Marconcini – erano anche deputati popolari o, come Mauro Roberti, tra i fondatori del Partito popolare italiano, mentre la facoltà filosofica era basata in gran parte sul gruppo dei collaboratori della Rivista di filosofia neo-scolastica. Necchi assunse l’insegnamento di biologia generale, ottenendo in seguito la libera docenza e rimanendo sempre un membro del consiglio di amministrazione.
Dopo l’avvento del regime fascista, partecipò ancora alle Settimane sociali che andavano assumendo un tono sempre più accademico con tematiche affrontate in maniera speculativa in base a saperi teologici, giuridici, pedagogici, filosofici. Durante la XIII, a Genova nel 1926, alla presenza di rappresentanti del governo con i quali vi era convergenza sulle tematiche familiari, espose una «commossa meditazione sulla cultura religiosa della famiglia e sulla fondamentale importanza della preghiera comune che distingue la famiglia dei cristiani dalla famiglia cristiana» (Duchini, 2003, p. 90).
Un tumore maligno, autodiagnosticato, lo condusse alla morte il 10 gennaio 1930 a Milano.
La salma fu tumulata nella tomba di famiglia a Schianno presso Varese e poi traslata nel 1934 presso l’Università cattolica di Milano nella cripta della cappella Sacro Cuore. L’università commissionò una lapide in sua memoria, eseguita da Giacomo Manzù nel 1938. Nel 1933 l’arcivescovo di Milano cardinale Ildebrando Schuster aveva avviato la pratica per la beatificazione che, solo nel 1942, venne trasferita a Roma per l’apertura del processo canonico. Il 14 gennaio 1971 fu dichiarato «venerabile» con decreto della Sacra Congregazione pro causis Sanctorum.
Tra i suoi scritti, postumi Cultura e vita religiosa, in La famiglia cristiana, Settimane sociali d’Italia, XIII sessione, Milano 1931, pp. 151-263, e Pensieri religiosi, a cura di P. Bondioli, Milano 1935.
Fonti e Bibl.: Il fondo denominato Carte L. N., 1884-1960, con originali delle corrispondenze e manoscritti, è conservato nell’Archivio per la Storia del movimento sociale cattolico in Italia Mario Romani presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano; nello stesso archivio, in relazione all’attività, si possono vedere i fondi di istituzioni e associazioni cattoliche e, in particolare, il Fondo archivio FUCI di Pavia 1884-1919 (copie) e il Fondo documenti Settimane sociali dei cattolici italiani 1907-1913 (originali e copie). A. Gemelli, La vita interiore di L. N., in Vita e Pensiero, XV (1930), pp. 136 s.; F. Meda, L. N. nel primo anniversario della morte. Discorso commemorativo, Milano 1931; A. Mazzotti, L’anima francescana del dott. Vico N., in Rivista degli amici dell’Università cattolica, gennaio 1931, pp. 11-14; G. La Pira, L’anima di un apostolo, Milano 1932; Id., Uno sguardo all’anima di Vico N., in Vita Cristiana, V (1933), pp. 803-810; G. Cazzani, Ricordando Vico N. nel terzo anniversario della sua morte, in Vita e Pensiero, XIX (1933), pp. 16-50; H.L. Hughes, L. N. and Italian catholic action, in New Blackfriars, XIV (1933), n. 155, pp. 128-135; S. Vismara, L’apostolato laico di Vico N., Milano 1934; P. Bondioli, Vico N.: fedel servo di Dio, Milano 1934; S.P. Delany, Married saints, New York-Toronto 1935, pp. 329-334; M. Ryan, L. N., in Studies: an Irish quarterly review, XXIV (1935), 96, pp. 642-653; F. da Tavola, Vico N. terziario francescano, Firenze 1937; E. Lucatello, Vico N.: un uomo, Milano 1940; Giovinezza e maturità di Vico N., a cura di P. Bondioli, Milano 1942; D. Ferroli, A model of Catholic action: L. N., 1876-1930, Bangalore 1948; F. Olgiati, Un maestro di fede e di vita: Vico N., Milano 1952; G. Andrisani, Vico N. della università cattolica di Milano, Napoli 1955; N. De Robeck, Vico N., Chicago 1960; L.S. Filippi, L. N. servo di Dio, Roma 1967; M. Sticco, L. N.: la sua vita e la sua associazione, Milano 1980; O. Petrosillo, L. N., Milano 1995; P. Vanzan, Vico N.: un laico precursore del Vaticano II, in La civiltà cattolica, CLII (2001), 1, pp. 464-478. Cenni su aspetti diversi in L. Ambrosoli, La tradizione del Risorgimento e l’atteggiamento dei cattolici dopo l’Unità, in Rassegna storica del Risorgimento, XXXV (1951), pp. 198 s.; L. Sturzo, Problemi spirituali del nostro tempo, Bologna 1961, pp. 121 s.; G. Cosmacini, Scienza e ideologia nella medicina del Novecento, in Storia d’Italia.Annali, VII, Malattia e Medicina, Torino 1984, pp. 1254-1259; E. Franceschini, Uomini e fatti dell’Università Cattolica, Padova 1984, pp. 20, 158; G. Vecchio, Alla ricerca del partito: cultura politica ed esperienze dei cattolici italiani nel primo Novecento, Brescia 1987; G. Perna, Il convegno-sfida del 1901 e la propaganda dei democratici cristiani nel varesotto, in Lombardia Nord-Ovest, 2002, n. 2, pp. 49-60; F. Duchini, Le Settimane sociali nell’esperienza della Chiesa italiana. Dal primo dopoguerra all’interruzione degli anni Trenta, in Francesco Vito: attualità di un economista politico, a cura di D. Parisi - C. Rotondi, Milano 2003, p. 90; A. Scattigno, Famiglie religiose e modelli cattolici nelle professioni e nelle istituzioni pubbliche e civili. Il terz’ordine francescano, in Famiglia e nazione nel lungo Ottocento italiano. Modelli, strategie, reti di relazioni, a cura di I. Porciani, Roma 2006, pp. 243-279.